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Nome: Andrea Sperelli
Data: 23-08-2005
Cod. di rif: 2090
E-mail: sperelli8@email.it
Oggetto: Intervista sull'eleganza maschile a Ivano Comi
Commenti:
Esimî Cavalieri,
degni Visitatori,
nell'ambito di una prossima sezione del Castello dedicata alle opinioni ed ai dogmi dei grandi dell'eleganza maschile contemporanea, v'era già stata l'intervista del nostro impareggiabile Gran Maestro fatta al signor Joseph di Dusseldorf, già pubblicata su questo Taccuino e nel Caffè del Dandy. Pubblico ora la seconda intervista di questa lunga (si spera) serie: alle domande risponde Ivano Comi, personaggio che verrà presentato qui di seguito, ma che alcuni di voi già certamente conoscono per 'sentito dire':
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Ivano Comi si definisce un “dilettante” della scrittura con la stesso significato che Van Gogh dava al termine quando si riferiva a sé stesso come pittore: v’è implicita una costante ricerca di una perfezione inafferrabile. Colto bibliofilo e gran collezionista di libri antichi, Ivano Comi possiede altresì una vasta e probabilmente unica (a causa dell’argomento che la caratterizza) biblioteca, composta da decine di esemplari originali di rari volumi su Brummell, d’Orsay ed il dandismo in generale. Cultore del bello per passione e con competenza, Comi raccoglie con invidiabile classe oggetti di lusso, naturalia, artificialia e mirabilia, che vanno ad arricchire la sua Wunderkammer personale – un eremo nel quale si ritira a scrivere, sulle rive del lago di Como. E’ qui che custodisce pure la sua preziosa collezione di orologi Patek Philippe. Dopo aver pubblicato diversi libri sulle armi bianche e l’acciaio damasco, Comi ha abbracciato quel mondo che è suo di diritto: l’abbigliamento maschile. Ha riversato questa sua passione in un vademecum per l’uomo elegante moderno (“Conversevole week-end sull’eleganza maschile”), poi in un saggio sul dandismo che si avvale di splendide fotografie (“Universo figurato di un dandy”), e in un secondo trattato ancora in preparazione, il cui perno centrale è il fazzoletto da taschino. La sobria eleganza dei suoi abiti deve molto alla pulizia estetica di natura militare, caratteristica che si riscontra pure nelle profonde ricerche in cui s’addentra – ricerche ch’egli conduce con instancabile zelo e autentica passione per il dettaglio – per poter documentare fino in fondo ciò che metterà nei suoi scritti. Sebbene abbia le carte giuste per poter calcare le scene della mondanità internazionale (ottimo conversatore, si serve abitualmente da Caraceni in via Fatebenefratelli a Milano, ha un’Aston Martin Vanquish in garage), egli preferisce ambienti più riservati e discreti, così da poter coltivare indisturbato i suoi raffinati interessi.
(Intervista a cura di Massimiliano Mocchia di Coggiola).

Egregio Signor Comi,
nonostante la Sua particolare erudizione incentrata sul mondo del dandismo, Le porrò domande generali sul mondo dell’eleganza contemporaneo che sta cambiando, che esclude particolari e centenari valori ammettendone altri, certamente diversi per tradizione e profondità. A Lei che ha impiegato buona parte della Sua vita nell’esercizio dell’espressione estetica e della cura per il dettaglio applicato in ogni contesto a Lei caro, domando:

M.M.C.: Qualcuno disse che l’abbigliamento è il biglietto da visita per la nostra personalità. Appurando il fatto che è nello stile che un individuo distilla per sé stesso che si riconosce attuata tale massima, ci poniamo qualche domanda su quello stile che al contrario ci viene proposto da qualcun’altro: la moda. Seguendo il filo di un intuibile (e forse errato) sillogismo, è lecito pensare che esista una sorta di spersonalizzazione delle masse?

I.C.: Spettabile Signor Mocchia di Coggiola, l’eleganza maschile mi ha sempre appassionato, fin da ragazzo. Con il tempo, e maggiori possibilità economiche, ho potuto anche concedermi questa passione. Ciò che mi ha sempre spinto ad interessarmene è stata la curiosità: ovviamente di natura intellettuale. In questa Sua prima domanda mi si chiede il rapporto fra il singolo e la massa nei confronti del bel vestire. Ebbene, penso che la massa non abbia, e non provi, questo interesse e questa passione, e la curiosità che nutre è di natura totalmente differente: ad interessarla è la novità. Ad un abito sartoriale si possono dedicare molte ore del proprio tempo, se mossi da sincera passione e gusto del perfezionismo, a partire dalla scelta del tessuto sino alla fine del lavoro sartoriale. Di una parola, blazer, o brogue, mi possono affascinare l’etimologia, lo sviluppo storico del capo nella storia del costume, chi ha avuto una predilezione per indossarlo, l’etichetta galante che ha generato; questo mondo fatto di fantasmi del passato, e di persone reali, genera in me un senso di continuità, meglio, di appartenenza. L’abito ha grandi virtù, persino morali, e non è un caso che la sensazione immediata che suscita una persona elegante è quella di profondo rispetto e proprietà nei confronti di sé stesso e degli altri. Di tutti il libri che ho letto sull’eleganza maschile e il dandismo mi ha particolarmente colpito una storia particolarissima narrata da Jean Ziegler nel suo libro: La felicità di essere svizzeri, libro che con l’eleganza maschile proprio nulla ha a che fare. Però, Ziegler ci parla di un suo amico elegantissimo, di una discrezione rarefatta e potenzialmente fatale. Uso questo termine e poi si capirà perché. L’amico, Roger Bastide, insegnò filosofia e sociologia alla Sorbona di Parigi, poi sostituì Claude Lévi-Strauss all’università statale di San Paolo. Celebre studioso e saggista Bastide aiutò Ziegler, quando in difficoltà, in sudamerica. Ma lo straordinario di quest’uomo dotto ed elegantissimo, che mai fu visto slacciarsi giacca, cravatta o polsini, nei posti più remoti, inospitali e torridi della Terra, era che lui, bianco e sconosciuto, attraversava di notte le favelas più pericolose di Rio, o gli alagados più terrifici di Bahia, cenava nelle bettole più sordide delle città più pericolose protetto ‘solo’ dall’impeccabilità di un’eleganza che nessun delinquente avrebbe osato infrangere, attraversava le notti perigliose passeggiando a piedi e avviluppato da un evanescente carapace che, unito ad uno stile impeccabile, lo rendeva invulnerabile. Nessuna metafora, da quelle di Emilien Carassus ai raffinati finali sentimentali di Beerbohm (mi riferisco alla lezione morale alla fine di Dandies e dandies), da quelle di Roger Kempf sul dandismo francese agli psicologismi della Delbourg-Delphis, dai saggi della Natta alle artificiosità della Franci (non a caso il sottoitolo del suo libro è Arte e Artificio nell’Inghilterra fin-de siècle), dalle ricostruzioni d’ambiente di Ellen Moers alla lucidità indagatrice tutta americana di Jessica Feldman, ha mai espresso la realtà tangibile-e in questo caso lo possiamo affermare senza l’aiuto dei simbolismi- del potere apotropaico dell’eleganza maschile in termini così convincenti; poche righe che hanno confermato la convinzione del mio credo. È facile intuire quanta suggestione questa divisa estetica abbia potuto esercitare in un contesto così anomalo per essa, più difficile è immaginarla in azione in una situazione reale e quanto deve essere stato appassionante per Roger Bastide sentirla agire. Il mondo della moda non ha nulla da spartire con quello dell’eleganza maschile su misura, soprattutto se praticata ai vertici della bravura e della dedizione artigianali. Mi disturba poi la mancanza di ogni principio pedagogico-mi si passi la retorica scolastica-che invita a consumare e distruggere, ogni fall-winter, spring-summer collection, i capi acquistati. Potremmo da qui partire e cominciare a riflettere sulla mostruosa manipolazione delle masse da parte delle multinazionali del lusso, ma limitiamoci a questa laconica esposizione.

M.M.C.:. Brummell fu il primo ad affermare che un uomo autenticamente ben vestito dovrebbe passare inosservato tra la folla. Ma è evidente che in qualche modo, oggi, applicare questo dogma diviene sempre più difficile: la dicotomia che esiste tra il mondo dell’eleganza e quello del casual è forte, e la gente comune non è più abituata ai contatti con “l’altro mondo” senza stupirsi. A parer Suo la silenziosa battaglia del gentleman contemporaneo è davvero poi così silenziosa?

I.C.: In Vicenza, nell’anno1616, apparve un libretto, scritto da Giovanni Bonifacio, il cui titolo era: “L’arte de’ cenni con la quale formandosi favella visibile, si tratta della muta eloquenza, che non è altro che un facondo silenzio.” Probabilmente l’espressione - muta eloquenza - fu ispirata da un verso della “Gerusalemme liberata” (canto IV,ott.85) che recita: E ciò che lingua esprimer ben non puote, Muta eloquenza ne’ suoi gesti espresse. Si era già capito che il silenzio è un linguaggio, tanto più eloquente quanto più silenzioso. L’uomo elegante non ha oggi altra alternativa se non quella di tacere e agire attraverso il silenzio che nel caso dell’abito può diventare, secondo i casi, condivisione o protesta. È chiaramente un linguaggio che la maggior parte delle volte è riservato a degli iniziati. Cogliere le sfumature di un dettaglio, l’esatto accostamento di un colore, il perfetto abbinamento di un accessorio, la qualità degli oggetti indossati, la pertinenza con l’occasione e la situazione, non è cosa facile; pressuppone che si sia frequentata la stessa scuola con passione e costanza, e che gli allievi abbiano studiato sugli stessi testi. È un mondo ristretto ed elitario, inutile nasconderlo, non tanto per le possibilità economiche che presuppone quanto per la visione immaginifica ed educata che dagli allievi e maestri esige. Di qui il passo allo stoicismo, parola magica e argomento tanto presente e diffuso in tutti saggi sul dandismo, è breve e anche facile da farsi, ma meglio non tirare in ballo la figura del dandy in questo caso, meglio stare sulle generali e scivolare silenziosi nel rarefatto mondo dell’eleganza su misura. L’eleganza è come un’attrice di teatro: più la parte da recitare è complessa più ha bisogno di un pubblico preparato che la comprenda.

M.M.C.: L’evoluzione della moda maschile si è costruita con continue citazioni tratte dall’ambiente sportivo-popolare: un capo di abbigliamento e un accessorio varia nel tempo e di fatto diviene sempre più pratico adattandosi alle esigenze del momento. Al frac abbiamo tagliato le code, alla camicia abbiamo levato i pizzi, e ne abbiamo infine rovesciato il colletto. Un processo darwiniano che oggi si è rivelato deleterio, giacché con certi fronzoli sono scomparse anche molte regole comportamentali; abbiamo uomini politici in bandana, e capitani d’industria in scarpe da ginnastica pure in ufficio…

I.C.: Distruggere certi canoni stilistici fa ormai parte di un sistema di imposizione dell’immagine che certi dirigenti (abbiamo l’esempio di un noto rappresentante di una famosa Casa automobilistica nostrana) adottano per condizionare le masse. Calzare scarpe da ginnastica su un doppio petto blu formale, sostenuto da bretelle con mollette, è un espediente assai valido ma di estremo cattivo gusto. È chiaro che l’uomo elegante sa interpretare saggiamente questa malafede della semantica di comunicazione di massa e l’occhio critico è un suo fedele alleato. Ci sono equilibri che in abbigliamento è bene non far vacillare. La semplicità è un’arte difficile perché tende a mettere da parte il soggetto che la coltiva ma, nello stesso tempo è un’ombra che si muove nella verità. Il buon gusto la segue molto da vicino. Coprirsi il capo con una bandana (soprattutto se ad indossarla è un uomo politico e non un cantante rock) è un atto di disponibilità alla popolarità, non all’eleganza. In quell’esemplare lezione di stile dello scrivere che Cocteau ci dà nel breve saggio: Delle parole, contenuto nel testo: La difficoltà di essere, dice: «Le parole ricche di colore e di sonorità sono difficili da usare tanto quanto i gioellli vistosi e le tinte squillanti nel vestire. Mai una persona elegante se ne addobba». Le faccio notare poi, che, a parte la scena sociale, l’area geografica entro cui un tempo si esercitava un certo tipo di eleganza era assai ristretta. Baudelaire non si allontanò mai da Parigi, Brummell, addirittura, si mosse solo fra la residenza reale, i circoli esclusivi della Reggenza e, al massimo, durante le “migrazioni” estive, nelle residenza nobiliari di campagna. Riferimenti bibliografici al riguardo abbondano.

M.M.C.: Il denaro è la base fondamentale per costruirsi senza impedimenti una propria personalità estetica. Tuttavia Lei nei Suoi libri afferma sovente che conta molto la propria cultura. Dacché so di rivolgermi ad un gran divoratore di libri, domando: come vede Lei il contributo che i manuali sull’eleganza danno ad un aspirante uomo di gusto? Essi possono servire da soli a formare le necessarie basi?

I.C.: Mi scusi se Le cito ancora Cocteau (so che a Lei è caro) che dice: Ciò che vuole il lettore è leggersi. Dioguardi - Del furore di essere libro - e Manguel - Per una storia della lettura - ameranno sicuramente questa frase. Da ogni testo ci aspettiamo certi contenuti che quasi sempre troviamo in esso. Alcune volte il libro è una rivelazione: ci mostra quello che non ci aspettavamo, in positivo, di trovare. È quello che è successo a me leggendo, parecchi anni or sono, il Manuale di eleganza maschile di Tatiana Tolstoi(sic!). La lettura di questo Manuale mi svelò un mondo che non sospettavo esistere: la mistica del vestirsi. Scoprii che vestire poteva significare andare oltre il gesto. Il consiglio che posso dare è di leggere, come faceva Radiguet, anche le opere minori perché in esse cercava le tracce invisibili e mancanti che trovava invece nei capolavori. Certo, a distanza di anni il lavoro della Tolstoi mostra un po’ la corda e anche la scrittrice si avvicinò a quel mondo particolare completamente digiuna di informazioni circostanziate, ma consiglio comunque la lettura di questo libro unitamente ad altri-il libro di Mendicini, L’eleganza maschile. Guida pratica al guardaroba perfetto può essere una buona guida, un ABC che con la sua algebra noiosa almeno insegna a non indossare calze bianche con lo smoking-. Alcuni testi, ormai perduti, come, ad esempio, Il Petronio di Lucio Ridenti, ci raccontano di un mondo scomparso ma le regole in essi contenute, rilette in una dinamica contemporanea, sono valide ancora oggi. Rispondendo alla Sua ulteriore domanda, le possibilità economiche sono la chiave che ci introduce in questa stanza rara che è il mondo dell’eleganza maschile ‘su misura’. Guadagnarne l’uscita è tutta un’altra storia.


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Nome: Andrea Sperelli
Data: 22-11-2006
Cod. di rif: 2713
E-mail: sperelli8@email.it
Oggetto: Eleganza tutonica - Ignatious Joseph
Commenti:
Segnalo un articolo che pare interessante, redatto dal Signor Ignatious Joseph, personaggio che già il Gran Maestro aveva segnalato sul Brogliaccio dell'area del Dandy come un auspicabile dandy contemporaneo (Cod.rif.16). Purtroppo l'articolo è in tedesco, ed invito qualche volenteroso cavaliere od assiduo visitatore a tradurlo e mandarlo al mio indirizzo di posta privato, al fine di incrementare l'interese pubblico verso tali personaggi di grande interesse estetico; il volenteroso traduttore verrà ovviamente citato qualora si decidesse di mettere on-line l'articolo. Questo si può trovare a questo indirizzo: http://www.innovativ-in.de/c.2607.htm


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