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Nome: Arcangelo Nocera Data: 09-09-2006 Cod. di rif: 2569 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Gusto e lusso, pubblico e privato - Al sig. Leopardi Commenti: Egregio Sig.Leonardi, mi permetto di intervenire sulla questione da Lei sollevata “ La griffe: tentazione pericolosa ?,sollecitato anche dall’invito presente nelle preliminare risposta del Gran Maestro alla Sua lettera. A mio giudizio, come ben rilevato dal Gran Maestro, il problema reale consiste nel conflitto tra due piaceri : uno pubblico offerto dalla riconoscibilità sociale e l’altro privato generato dalla qualità. Riferendomi soltanto all’universo maschile (il discorso per quello femminile è notevolmente piu’ complesso non esistendo piu’ un vero artigianato), se per griffe e capi firmati non si intendono le Case produttrici di grande tradizione ed i relativi articoli di grande qualità generalmente sprovvisti di un logo visibile all’esterno ( quali ad es.capi di maglieria della Drumhor o di altri produttori scozzesi od inglesi ,scarpe di ditte quali Edward Green ,Crockett & Jones,Greenson, Church e similari, capi “casual” di Ralph Lauren -logo visibile - o di Brooks & Brothers), allora ritengo che un uomo veramente elegante dovrebbe sempre rinunciare al gran ciarpame di capi firmati come quelli a cui si riferiva molto bene nella sua lettera (cod rif 2568) il Sig.Paolo Tarulli. Parallelamente la ricerca della riconoscibilità sociale , quando non è tesa ad affermare l’appartenenza ad un particolar mondo di tradizione ,di stile, di buon gusto ed educazione ,è analogamente sempre da evitare tendendo l’uomo elegante costantemente all’ assoluto understatement. Il percorso che porta a privilegiare la qualità rispetto alla riconoscibilità puo’ non essere facile: in molti casi ,soprattutto se non si sono avuti riferimenti e modelli (spesso familiari,talvolta nell’ambito sociale frequentato ) nel corso della propria crescita ed educazione, il percorso è lungo e procede a tappe come molto ben descritto dal Sig. Tarulli; in un numero piu’ ristretto di casi , per la presenza dei suddetti modelli, il percorso è quasi naturale. Esiste poi a mio avviso una terza situazione in cui lo stesso percorso ,pur in assenza di appropriati modelli familiari e sociali, avviene in maniera facilitata;tale situazione è data dall’essere cresciuti e/o vivere in una città dove era od è ancora estremamente diffusa la presenza di artigiani e di un artigianato di qualità.Un tale milieu infatti rappresenta una formidabile fucina estetica in grado di esercitare su chiunque un forte potere di educazione al buon gusto ed alla qualità, indipendentemente dalla sua ricchezza o status sociale. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 20-10-2006 Cod. di rif: 2639 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Canoni e fogge: due mondi a confronto Commenti: Stimato Gran Maestro, credo che la Sua lavagna cod Rif “2635 dal titolo” E se fosse cosi’?", come anche ben rilevato dal Cav. Villa nel Suo commento successivo “Il vestito dell’Italia che lavora “, piu’ che essere un iniziale tentativo di analisi, abbia fornito sul piano semeiologico tutti gli strumenti metodologici per affrontare il non trascurabile problema della scarsità, se non mancanza, nel Classico Internazionale di stilemi, poi canonizzatisi in fogge , derivanti dal panorama dell’abbigliamento maschile italiano. Tale argomento mi appare davvero degno di un ampio forum da supportare con il contributo di molti Cavalieri e Simpatizzanti. Individuando come possibile causa di tale fenomeno la mancanza in Italia di un riconoscimento estetico collettivo ad un diffuso sobrio “ben vestire”, Lei ne coglieva il contrasto con il Mondo britannico che dal proprio sentire collettivo e quindi dalla propria visione del mondo ricavava continui canoni in tutti i settori dell’attività umana compreso quello dell’abbigliamento maschile. A mio avviso tale grande diversità storica tra l’Inghilterra e l’Italia e direi tra l’Inghilterra e molti altri Paesi del Mondo Occidentale è derivata principalmente dal fatto che l’Inghilterra ,Centro di un vasto Impero, ha avuto la necessità di esportare nei diversi paesi a questo afferenti i propri modelli educativi ,sociali e culturali e per poter favorire questo processo di omogeneizzazione abbia dovuto concretizzare tali modelli in canoni. Il Nostro Bel Paese , pur ricco di cultura e di squisita sensibilità estetica , non avendo avuto una tale tradizione Imperial/Coloniale ,non ha mai sentito il peso storico di esportare i propri modelli culturali, che peraltro in un paese da poco diventato Nazione , avevano anche difficoltà ad essere riconosciuti come tali. Negli ultimi decenni è inoltre da rilevare come il fenomeno dei cosiddetti “ grandi stilisti” e di un malinteso “ Made in Italy” abbia contribuito in maniera determinante a distruggere, non solo nel campo dell’abbigliamento, il residuo patrimonio di buon gusto eleganza e cultura ancora presente nel Nostro Paese fino alla metà degli anni ‘60. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 07-11-2006 Cod. di rif: 2666 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Discorso dialettico sulle scarpe Commenti: Dear Dr. Ang-Angco, thank You very much for Your very interesting and exhaustive blackboard intervention on the peculiar features of the actual three major shoemaking schools i.e English , French and Italian ones . Your article illustrates in a superb manner the main differences existing among the above schools and gives a lot of useful technical details , that were at least for me not yet known. According to the evidences presented by You , the conclusion should be that the true Bespoke shoemaking tradition is actually hold entirely only by Italian shoemakers and I think that this is at this point unquestionable. However,although English shoemakers cannot be defined as “true shoemakers” as they depend for the major part of the shoemaking process on few artisans that do the work for most of them , these artisans still have an unique skill represented by the superb finishing of the english shoes that remains in my opinion until now unmatched. Indeed this skill could have been and could be still responsible of the general belief that England produces the finest, most elegant bespoke shoes in the world. , as it is immediately reflected in the light and warmth issued from a shoe that stimulate in any observer the first emotions and pleasant feelings. I will appreciate to receiving a comment from You on this last point. With my best knightly regards Arcangelo Nocera , Genova ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 16-11-2006 Cod. di rif: 2685 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Indirizzi di lavanderie Commenti: Egregio Cavalier Villa, la Sua idea di far circolare e diffondere su questa lavagna un elenco di lavanderie affidabili presenti nelle varie città italiane è estremamente brillante e credo debba essere fortemente supportata dai Cavalieri e simpatizzanti tutti. A questo punto ritengo di non essere l'unico ad avere una forte riluttanza nel mandare in lavanderia abiti e giacche ed a manutenerli , nel timore di vederli rovinati, semplicemente a colpi di spazzola e talvolta con oculate e localizzate strofinature con trielina. Con cavallereschi saluti Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 17-11-2006 Cod. di rif: 2689 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: L'importanza del ferro e del lavaggio Commenti: Stimato Gran Maestro, grazie per le Sue preziose precisazioni e gli utili dettagli sull'importanza di una stiratura professionale per il mantenimento nel tempo della bellezza di un capospalla. Resta comunque il fatto che mentre una cattiva stiratura è sempre riparabile, altrettanto non lo è l'eventuale danno indotto su tessuti di pregio da lavanderie incapaci con l'uso di solventi non appropriati. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 22-11-2006 Cod. di rif: 2714 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Scarpe nere di giorno Commenti: Gentile Sig.Corbey , Nel Suo ultimo contributo ( lavagna 2710) Lei individua molto puntualmente alcune situazioni, quali quelle delle cerimonie ,in cui anche di giorno è corretto indossare scarpe nere. Sono però d’accordo con il Sig. Caprari che in linea generale prima delle ore 18 e direi ancora meglio prima dell’imbrunire (in piena estate infatti con l’ora legale alle ore 18 v’è ancora intensa illuminazione)) sia preferibile evitare le calzature nere , proprio perché queste ultime conferiscono immediatamente un’aria solenne e direi drammatica (dovuta al fatto che l’uniformità di colore del nero , anche nelle calzature con burnishing raffinato , tolgono al pellame ogni effetto di tridimensionalità) che contrasta con il tono dell’ impegno giornaliero ,che anche se di tipo lavorativo per la gran parte delle persone , non è nè solenne né drammatico. Inoltre credo, ed in questo mi permetto di dissentire dalla Sua opinione, che non vi siano tonalità di grigio per quanto scure od anche di blu che non si adattino a calzature non nere quali quelle in marron scuro (dark brown ) o burgundy. Con cavallereschi saluti Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 24-11-2006 Cod. di rif: 2726 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Vexata quaestio:scare nere o scarpe marroni? Commenti: Gentili Cavalieri e simpatizzanti, ritorno sulla vexata quaestio scarpe nere/scarpe marroni non tanto per continuare un dibattito che con il contributo di molti ne ha già approfondito molti aspetti quanto piuttosto perché essa rimanda a mio parere ad una problematica ben piu’ profonda che è quello della visione filosofica che sottende la vera eleganza. Sotto questo aspetto direi che il dibattito ha assunto degli aspetti schizofrenici e per molti versi si è allontanato da alcuni suggerimenti fondamentali ,ribaditi a piu’ riprese negli interventi migliori presenti sulle varie pagine di questo Sito, sul tema dell’abbigliamento maschile. Mi riferisco in particolare all’esempio, del principe Carlo d’Inghilterra che ,tra pochi se non unico, cerca di rompere gli schemi di un universo ripetitivo di abiti scuri e tristi indossati come must nel mondo diplomatico , politico e finanziario a tutte le ore del giorno e delle notte e sotto tutte le latitudini, riproponendo in tutti gli incontri ufficiali cui partecipa abiti beige , grigio- chiari , azzurrini, persino bianchi a seconda del contesto climatico-politico e geografico in cui tali incontri si svolgono . Con tale tipo di di “visione del mondo”, additata continuamente su queste pagine come fulgido modello da perseguire , contrastano molti degli interventi relativi alla suddetta quaestio che in maniera apodittica hanno sottolineato come l’uso delle scarpe nere in molti ambienti( finanziario , politico , diplomatico e persino ecclesiastico) sia un inderogabile “ must”.che non ammette e non puo' ammettere defezioni. Sono proprio tali tipi di “ must” quelli che il Principe Carlo cerca di combattere , a questo punto sempre piu’ da solo, se anche da queste lavagne s’incomincia a non credere piu’ in tali nobili esempi. Con cavallereschi saluti Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 09-12-2006 Cod. di rif: 2778 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Una grande Savile Row, tante piccole Savile Rows Commenti: Preg.mo Gran Maestro , leggo che in occasione del bicentenario del primo insediamento sartoriale in Savile Row (da parte di James Poole , fondatore della Henry Poole & Co.) al prossimo Pitti Immagine Uomo sarà presente la mostra The London Cut Savile Row Bespoke tailoring (Pitti Immagine Uomo 71 Palazzo Pitti / Appartamenti della Duchessa d’Aosta Firenze, 10 gennaio - 4 febbraio 2007). Tale mostra costituirà il palcoscenico internazionale per rappresentare lo stile e l’eccellenza delle grandi case sartoriali londinesi ( tra le quali Henry Poole, Gieves & Hawkes, Ede & Ravenscroft, Anderson & Sheppard, Huntsman, Kilgour, Welsh & Jefferies Dege & Skinner) che recentemente si sono unite nel Savile Row Bespoke Group, per promuovere e far conoscere la superba qualità della Sartoria Inglese. A fronte di tali Titani ( basti pensare ai Warrants of appointments della Henry Poole che partendo dal 1858 includono, per citarne solo alcuni, l’imperatore Napoleone III, il Principe di Galles, il duca di Edinburgo ,il re Umberto I , l’imperatore Guglielmo I , lo zar Alessandro III, il Duca d’Aosta, il Principe Emanuele di Savoia, i re Edoardo VII, Giorgio V e Giorgio VI) sta la Sartoria Italiana che, pur essendo a mia avviso a partire dall’ ultimo dopoguerra ed almeno nelle sue espressioni migliori superiore per qualità tecnica e risultati stilistici , non è in grado di esprimere una cosi’ forte tradizione ed un ‘altrettanto grande coscienza storica. E’ possibile un ‘ associazione italiana simile al Savile Row Bespoke Group ? In Italia non esiste infatti un’ unica grande Savile Row ma solo tante piccole Savile Rows presenti soprattutto a Napoli, a Milano ed Roma ma non ancora unite da un unico filo rosso che ne sottolinei , pur nelle differenze , l’idenrtità e la specificità. Credo che in questo momento il contributo maggiore alla ripresa di una vera coscienza storica e dell’ identità della tradizione sartoriale italiana stia venendo, piu’ che dalle varie organizzazioni di categoria, da associazioni indipendenti di esperti /appassionati dell’abbigliamento maschile quali l’Ordine Cavalleresco dei Guardiani delle Nove Porte, impegnato da alcuni in prima fila nella difesa dei valori irrinunciabili del buon gusto e della bellezza. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 18-12-2006 Cod. di rif: 2800 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Ancora su Savile Row e la sua crisi Commenti: Stimato Gran Maestro , mi permetto di fare ancora alcune riflessioni su Savile Row e la sua attuale crisi, avendo indirettamente contribuito ad innescare il dibattito in corso con il gesso 2884 dal titolo “Una grande Savile Row, tante piccole Savil Rows". Pur concordando con il Suo Intervento e con quelli di altri Cavalieri e frequentatori che la parziale crisi di Savile Row sia da attribuirsi alla mancanza negli ultimi anni di una raffinata committenza , credo però che in questo processo di declino le grandi Sartorie di Savile Row abbiano moltissime colpe. Infatti pienamente convinto che il giusto rapporto sarto/ committente debba essere dialettico e non univoco e basarsi pertanto su di un feedback virtuoso in cui le mancanze momentanee dell’uno vengano compensate dalle capacità dell’altro ritengo grave che Savile Row abbia rinunciato , in presenza di una committenza volgare ed incompetente, a tale funzione di compensazione e direi anche educativa pur avendo un debito storico nei confronti di una una grandissima committenza da cui è stata supportata per piu’ di un secolo e che ne ha di fatto decretato la sinora Sua incontestata grandezza. Essendomi nutrito come molti dei frequentatori di questa Lavagna al mito di Savile Row,ho cercato in questi giorni di contrappore alle taglienti evidenze del Cavalier Pugliatti alcune immagini che testimoniassero ancora la grande qualità stilistica degli abiti usciti da Savile Row. L’impresa però è risultata vana non avendo trovato nei vari Siti delle grandi Case di Savile Row (dove sono presenti come in una vetrina abiti che dovrebbero sintetizzarne in maniera paradigmatica la grande qualità tecnica e stilistica ) nemmeno un’ immagine che valesse la pena di essere riportata sui Taccuini; unica eccezione un magnifico dinner suit della Henry Poole già mostrato al Taccuino 2765 dal Cavalier De Paz. Ho dovuto pertanto ripiegare e sottolineare ulteriormente con due immagini ai Taccuini 2920 e 2922 la superba qualità della sartoria italiana che in questo momento viaggia ,come già detto da altri, a distanze siderali da quella inglese che non puo’ piu’ continuare ad essere rappresentata unicamente dal Principe di Galles. Mi auguro che la recente costituzione del Savile Row Bespoke Group rappresenti la premessa per il superamento non solo della crisi economica in cui versa Savile Row ( e cio’ dimostra che non basta ,per sopravvivere, adeguarsi alle richieste imperanti di una committenza non solo sprovveduta ma anche talvolta cafona) ma anche della perdità di un’identità storica e di un enorme patrimonio stilistico e di gusto che se rivitalizzati avranno in futuro ancora molto da insegnare. Ai fortunati visitatori della Sezione- Mostra The London Cut Savile Row Beskope Tailoring a Firenze Pitti Immagine il prossimo Gennaio il compito di verificare se tale speranza sia realistica. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 22-12-2006 Cod. di rif: 2815 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Sui tentativi d'innovazione Commenti: Egregio Gran Maestro, non vorrei apparire in contrasto rispetto a quanto da Lei sostenuto circa la necessità e la legittimità dell’innovazione nel campo dell’abbigliamneto maschile nel Suo gesso “ Una bella giocata , forse una rete” che è per la grandissima parte da me condiviso , ma credo però che i tutti tentativi di innovazione se non raggiungono un risultato altrettanto valido sul piano estetico rispetto a cio’ che si cerca di innovare, se non addirittura superiore , vadano ignorati. Personalmente non ho mai apprezzato( mi si perdoni l’irriverenza) i tentativi di un ‘icona come l’Avvocato Agnelli di colpire l’immaginazione dell’osservatore ,simulando una ricercatissima sciatteria , quali ad esempio la gambetta della cravatta piu’ lunga o molto piu’ lunga della gamba e talvolta al di dentro della cintura dei pantaloni o la cravatta al disopra del golf sottogiacca. Tentativi quasi sempre poverissimi sul piano estetico e forse perdonati solo in virtu di molti altri risultati magistralmente perfetti , raggiunti nella maggioranza dei casi dall’Avvocato stesso. In relazione alla foto di Lapo Elkann da Lei introdotta come partenza per il dibattito in corso ritengo a mio modesto avviso che , a parte la bellezza del dinner suit in sé , il risultato complessivo dell ‘ abbigliamento in oggetto risulti modestissimo e che la dignità dell’abito ne venga notevolmente immiserita dall’uso di una cravatta tradizionale indipendentemente dal tessuto di cui è composta. Credo , anche se potro’ essere contraddetto da molti, che vi sia un ‘inconciliabilità assoluta (come anche sottolineato dal Sig. Corbey) sul piano della composizione e quindi strutturale tra la cravatta tradizionale ed il dinenr suit , la cui bellezza risiede tutta nei contrasti tra chiaro e scuro di cui una componente fondamentale è il contrasto tra lo sparato immacolato della camicia e la jacket scura sia essa blu o nera. Ho già due volte sui taccuini di questo sito cercato di portare l’attenzione sulla felicissima (sul piano del risultato estetico) innovazione introdotta dal Principe di Galles che molto spesso abbina a rigorosi dinner suits una pochette colorata al posto del tradizionale fazzoletto bianco. Come sempre al Principe di Galles và l’antico adagio :Ben scavato ,vecchia talpa! Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 14-02-2007 Cod. di rif: 2890 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Il doppio petto ideale: Al sig. Bellucco Commenti: Egregio Sig. Bellucco, ho piacere di esserLe stato in qualche modo utile per l'ideazione di una Suo futuro abito a doppio petto. Come già piu' volte sottolineato dal Gran Maestro in numerosi Suoi interventi è la consapevolezza del committente che rende grande un sarto; per cui avendo già in partenza idee chiare circa la progettazione di un abito e collaborando con lo stesso sarto per la loro attuazione è molto probabile che si possano ottenere ottimi risultati, anche lontano da Napoli . Mi è capitato di leggere recentemente da qualche parte la seguente definizione in lingua inglese che credo colga veramente l'essenza del rapporto committente -sarto: "Suits are conversations". Con cavallereschi saluti Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 16-02-2007 Cod. di rif: 2902 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Camicie cifrate- Al sig. Corbey Commenti: Egregio Sig. Corbey, avevo meditato oggi pomeriggio un intervento sull'argomento delle iniziali sulle camicie ,in risposta al quesito posto dal Sig. Zanin ,per significare su queste lavagne la mia avversione a tale uso , ma mi sono visto piacevolmente preceduto dal Suo. Di cio'infatti sono molto contento , in quanto credo che difficilmente avrei saputo esprimere e giustificare le ragioni di questa avversione meglio di quanto Lei , anche con fini argomentazione storiche e di costume , ha già fatto con il Suo intervento. Ritengo , come Lei, verissimo che l'uso di cifrare le camicie con le proprie iniziali sia privo ormai di ogni significato funzionale e che, non avendo peraltro nemmeno una benchè minima valenza estetica , voglia rappresentare solo l'espressione di uno "status symbol" , sempre deprecabile in una visione di understatement che ogni persona veramente elegante dovrebbe sempre perseguire. Ancora piu' deprecabile , e cio' la dice lunga su quanta valenza simbolica venga risposta nella cifratura di una camicia , è il fare apporre le proprie iniziali su camicie già confezionate e quindi non fatte su misura (servizio che alcuni negozi offrono oggi ai clienti). Un semeiologo definirebbe tale pratica come il kitch del kitch , in quanto falsificazione di uno status symbol che a sua volta esprime già un falso. Nel rinuciare ad altre considerazioni , in quanto ritengo il Suo contributo esaustivo sull'argomento, Le esprimo tutta la mia solidarietà e simpatia per aver per primo espresso un punto di vista ,credo condiviso da molti Frequentatori di queste Lavagne, ma mai emerso finora con chiarezza in quanto ritenuto probabilmente "fortemente eretico" Con cavalleresca stima Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 18-02-2007 Cod. di rif: 2905 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Camicie cifrate - Al Cav. Longo Commenti: Egregio Cav. Longo, La ringrazio molto per il gran garbo con cui ha espresso le Sue tesi a favore dell’uso delle iniziali sulle camicie e nel complesso per il Suo intervento molto articolato, perché a mio avviso tale tipo di discussioni , tese a comprendere le ragioni profonde e se vuole anche storiche di modelli e comportamenti culturali presenti oggi nel campo dell’abbigliamento maschile, rappresentano il sale e danno forza a tali Lavagne. Mi permetta pero’ di rispondere con alcuni rilievi alle principali argomentazioni da Lei al riguardo sostenute : a)tutti i dettagli sartoriali di un abito ,cosi’ come gli accessori dell’abbigliamento, hanno perso ogni loro significato funzionale. Cio’ e verissimo, ma tali dettagli ed accessori hanno sostituito tale perdita funzionale con un altissima valenza estetica , ormai talmente accettata e consolidata da essere diventata essa stessa a sua volta un autonomo valore funzionale. Infatti mentre sono esteticamente accettabili camicie senza cifre ritengo inimmaginabile (almeno nella pratica standard non stravagante ) confezionare giacche senza asola al bavero e senza taschino al petto o dalle maniche senza bottoni cosi’ come indossare camicie col colletto abbottonato senza cravatta . In aggiunta alcuni di tali dettagli, a differenza delle cifre, hanno conservato ancora qualche funzione non puramente estetica, come dimostrato ad es. :i) dall’uso abbastanza diffuso di distintivi all’asola del bavero (compreso quello di cui si fregiano i Cavalieri di questo stimato Ordine durante le adunanze generali);ii) dal taschino al petto che consente di riporvi un fazzoletto che, a parte il facile raggiungimento per eventuali emergenze , se delicatamente profumato puo’ svolgere una funzione non trascurabile (e credo che questo sia verificato da molti di noi ) di aromaterapia;iii) dalle pattine alla tasca che se fornite di trafiletto in sbieco nella parte superiore consentono di svolgere un qualche ruolo protettivo nell’evitare sia che il profilo inferiore delle tasche venga deformato da un uso non troppo gentile o che qualche usura sempre conseguente a tale uso vi appaia, sia sulla facile perdita di oggetti nel caso di sobbalzi o di appoggio in maniera brusca della giacca su letti, divani e poltrone. Mi sia consentito inoltre, a proposito dell’asola al bavero, di raccontare il seguente episodio capitato qualche tempo fa ad un mio amico: nella serata di ammissione formale ad un Club cittadino tale amico ha vissuto il grande imbarazzo, non avendo un ‘asola vera al bavero dell’abito confezionato che egli indossava , di aver messo in difficoltà il Presidente del Club che al momento di insignirlo personalmente non riusciva a mettergli il distintivo di appartenenza. b)status symbol. A differenza delle cifre sulle camicie ,tutti i dettagli sartoriali di cui sopra e gli accessori, sono presenti sia nella produzione artigianale che in quella industriale. Per tal motivo un risvolto ai pantaloni od un asola anche vera al bavero od il taschino al petto non denunciano “simbolicamente” lo stato sociale di un individuo. Come tutti sappiamo sono solo la buona fattura e la qualità del tessuto di un abito , la discrezione nell’uso degli accessori e la personalizzazione dell’intero insieme, dovuta ad un’ innata eleganza naturale ,ad essere colti da occhi esperti ed a fare la differenza sul piano dell’ appartenenza ad una sfera di buongusto e di educazione. Concordo pero’ con Lei chè è ugualmente censurabile il vezzo di portare le asole sbottonate alle maniche per simboleggiare ,anche in questo caso, l’appartenenza a un mondo che puo’ permettersi un abito bespoke; credo però che tale punto meriterebbe un maggiore approfondimento avendo l’asola nuda , se perfettamente eseguita , di per se stessa un alto contenuto estetico. c)Essere partecipi di una tradizione gentile. Porto da anni camicie non cifrate e credo di non aver mai tradito in tal modo almeno la ricerca , se non il raggiungimento, di risultati esteticamente validi e gradevoli e pertanto assimilabili a quella tradizione di eleganza e gentilezza cui Lei si richiama. Con cavallereschi saluti Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 05-03-2007 Cod. di rif: 2947 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Sulle asole vere delle maniche e sulle giacche primaverili - Commenti: Egregio Cav. Longo, innanzitutto i miei complimenti per il Suo bel gesso sull’origine e sull’evoluzione dell’abbottonatura delle maniche nelle giacche da uomo. Avendo affrontato nella nostra "cavalleresca " discussione sulla cifratura delle camicie anche la problematica del vezzo di mostrare asole sbottonate alle maniche della giacca e concordando con Lei che tale abitudine poteva essere considerata come una vanesia dimostrazione di status symbol ed in quanto tale da evitarsi , avevo pero’ rilevato che su tale particolare punto, prima di un definitivo giudizio di ostracismo, sarebbe stato utile portare alcuni elementi di approfondimento. Il Suo ultimo dotto intervento mi dà lo spunto per qualche ulteriore riflessione al proposito. E’ da premettere innanzitutto che l’uso di richiedere al sarto la confezione di asole vere con la conseguente abitudine di portare una o piu’ asole sbottonate alle maniche è di introduzione relativamente recente e credo proprio indotta dalla necessità di significare il proprio potersi permettere un abito su misura di fattura artigianle e quindi non di serie. Infatti,nella grande tradizione di Savile Row le asole vere alle maniche venivano richieste fino a ‘30 anni orsono solo da medici e veterinari che avevano necessità di potersi rimboccare le maniche sul campo nel caso di visite a pazienti od ad animali. A tale proposito è interessante leggere la simpatica testimonianza del sarto londinese Tomas Mahon (www.englishcut.com) che riferisce che nelle sue esperienze di apprendista a Savile Row negli anni '70 dapprima presso Redmayne e successivamente col leggendario head cutter Dennis Hallbery alla Anderson & Sheppard aveva sempre visto censurare severamente e con aria di disgusto le richieste di asole vere alle maniche che non venissero dalle suddette due categorie di clienti. Anche nella mia esperienza personale posso attestare che, persino in una città dalla vastissima cultura sartoriale come Napoli ,le asole vere alle maniche fino ai primi anni ‘ 70 erano una grande rarità e venivano confezionate dai sarti solo su esplicitissima richiesta del cliente e non di routine. Nonostante che alcuni membri della mia famiglia si servissero da sartorie come quella di Angelo Blasi non ricordo fino a quegli anni di aver visto asole vere alle maniche delle loro giacche né a quelle delle mie ( quest’ultime, essendo io molto giovane, cucite pero’ da sarti ben piu’ modesti). Del resto , come spiega anche Tom Mahon nel sopracitato articolo v’è una ragione tecnica in tutto cio’ : la grande difficoltà se non l’impossibilità , nel caso di asole vere, di accorciare e allungare le maniche di una giacca in caso di necessità e quindi l’assoluto obbligo di non sbagliare, al momento delle misure, la lunghezza di quest’ultime ( questo spiega anche perché sia quasi impossibile vedere asole vere alle maniche anche nelle giacche confezionate di grandissime pretese e con prezzi addirittura superiori alla media di abiti sartoriali, quali es. quelle di Kiton ). E’ solo dopo i primi anni '70 , con la grandisima diffusione delle confezioni industriali nell'abbigliamento maschile , che nasce il comportamento “culturale” di mettere in evidenza la fattura sartoriale di un proprio abito e pertanto richiedere asole vere nella necessità di distinguersi . Tale originaria motivazione pertanto ne tradisce la vera natura , ancor piu’ che per le cifre nelle camicie , di status symbol e puo’ determinare , alla luce delle suddette motivazioni, una possibile censura del comportamento di coloro che sbottonandole vogliano sottolineare la loro appartenenza al mondo del bespoke. A timida difesa pero’ di tale vezzo mi sia concesso di dire che un’asola talvolta sbottonata puo’ permettere di ammirarne la squisita fattura e pertanto puo’ richiamare l’attenzione dell’osservatore verso un universo piu’ ampio di valori estetici rappresentati dall’educazione al buon gusto e da una minuziosa ricerca di cose fatte con squisita sapienza artigianale. Mi sia concesso infine di chiudere questo mio intervento riveLandoLe come abbia risolto personalmente il problema da Lei Posto nel Suo gesso n° 2931, relativo alla scelta di giacche primaverili che non avessero piu’ i colori dell’autunno ed a cui ha già autorevolmente risposto il Rettore De Paz. Ho recentemente acquistato due tagli, di uguale fattura, in grisaglia della ditta William Halstead di peso leggero rispettivamente in una tinta airforce blue ed grigio ferro entrambi molto brillanti e dal disegno finissimo. I due relativi abiti , confezionati poi con giacche monopetto a 3 bottoni “ stirate a due”, vengono da me attualmente portati in questo periodo sia nella versione di abiti interi che di singolari “ spezzati “ costituiti rispettivamente da giacca blue (non il solito blazer data la non uniformità di colore tipica della grisaglia e la tonalità non scura) e pantaloni grigi e da giacca grigia e pantaloni blue.Naturalmente un doppio paio di pantaloni per ciascuna tonalità si rende obbligatorio nel caso si voglia garantire una giusta longevità ai capi. Mi permetta di salutarLa con cavalleresca simpatia e stima. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 17-04-2007 Cod. di rif: 3059 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Dandysmo vintage negli USA :una scelta obbligata Commenti: Egregio Pugliatti, credo che l’indossare abiti vintage senza alcuna modifica rappresenti per i dandies statunitensi non una scelta “ideologica” ma una scelta forzata , data la difficoltà ,se non l’impossibilità , di trovare negli USA artigiani in grado di modificare e adattare sartorialmente al nuovo cliente abiti di taglia diversa cosi’ come di confezionare ex novo abiti secondo gli stilemi degli anni ’30.Basta infatti seguire le discussioni su siti quali www.thelondonlounge.net o www.englishcut.com per capire come sia difficile per persone che non abitino in Italia, in Inghilterra e forse in Francia accedere ad un abito bespoke e come a tale scopo esse siano costrette a rincorrere in giro per il mondo sarti per un abito bespoke ,seguendo il loro calendario di spostamenti, quando questi non prevedano una tappa anche nel loro paese. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 18-05-2007 Cod. di rif: 3147 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Tasche a toppa e taschino a filo:quasi "una visione del mond Commenti: Egregio Cavalier Villa, in attesa di una risposta del Gran Maestro, che sarà come sempre illuminante ed esaustiva, mi permetto d’intervenire sul quesito da Lei posto(vedi gesso 3145) circa il significato culturale che sottende l’uso dell’associazione ,in una giacca , di tasche a toppa con taschino da petto a filo. A Napoli tale associazione non è una rarità ma di uso assai comune nelle giacche da spezzato, ivi compresi i classici blazers; a mio avviso essa è il riflesso nella pratica dell’abbigliamento di un atteggiamento culturale piu’ generale, tipico delle persone napoletane ben educate, che tende in ogni occasione sempre alla ricerca della via di mezzo. In particolare nel caso dell’abbigliamento maschile cio’ significa dare sempre un tono elegante (taschino a filo) anche alle giacche piu’ sportive e togliere ad ogni giacca non da completo un aspetto troppo ingessato e formale conferendole con le tasche a toppa un tono un po’dègagé. Credo pertanto, che almeno a Napoli, non si tratti di un’ indecisione quanto bensi’ di una scelta profondamente motivata ed anche intrisa di un qualche spunto filosofico. Con stimati saluti Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 18-05-2007 Cod. di rif: 3148 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Commenti: Per la limitatezza dello spazio dedicato all'oggetto il titolo del mio precedente gesso è risultato inserito in maniera non completa: esso è da leggersi correttamente......"una visione del mondo". Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 21-05-2007 Cod. di rif: 3160 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Non due o tre, ma il tessuto ed il taglio Commenti: Stimato Gran Maestro, nel premettere di non avere mai personalmente amato le giacche a due bottoni e di avere posseduto fin dalla seconda metà degli anni ’60 solo giacche a 2 bottoni + 1 di taglio napoletano , credo che ancora una volta Lei abbia, con il gesso n°1570 in cui cita l’esempio personale della Sua bella giacca di tweed a due bottoni , colto magistralmente l’essenza del problema. Non è infatti tanto la foggia di giacca a 2 od a 3 bottoni (strettamente legata al gusto individuale ) a determinarne la loro bellezza , quanto la qualità ed il disegno del tessuto e la perfezione del taglio. A Napoli che forse per deformazione affettiva ritengo che rappresenti ,per gusto nella scelta dei tessuti e qualità sartoriali, ancora il Centro dell’eleganza maschile in Italia, si possono ammirare soprattutto nelle stagioni in cui non è necessario l’uso del soprabito , splendide giacche sia a due che a tre bottoni, senza che l’occhio ne colga alcuna differenza in termini di eleganza da esse emanata. Con cavallerechi saluti Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 21-05-2007 Cod. di rif: 3161 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Refuso Commenti: Chiedo scusa per il refuso presente nel mio precedente intervento: il gesso del Gran maestro cui si fa riferimento è il n° 3156. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 25-06-2007 Cod. di rif: 3238 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Il valore di 10 dollari nel 1898:Risposta al Taccuino 3355 Commenti: Stimato Gran Maestro , la paga di un operaio del reparto macchine di un' industria siderurgica negli USA , quale ad esempio la Midvale di Philadelphia (produzione dapprima di rotaie e poi di armi per il Ministero della Difesa) dove trovo’ impiego agli esordi come vicecaporeparto , prima della laurea in ingegneria,il giovane Frederick Winslow Taylor(1856-1915) alle soglie del 1880 era di 2,5 dollari al giorno. Dopo il 1885, a seguito della riorganizzazione del lavoro ad opera dello stesso Taylor che introdusse “il cottimo differenziale”,la paga giornaliera degli operai che producevano un numero di pezzi corrispondente a quanto teoricamente previsto in base all’ottimizzazione dei tempi di lavoro poteva arrivare fino a 3,5 dollari. Negli stessi anni il taglio minimo di un francobollo negli USA era di 1 centesimo di dollaro. Se ne deduce pertanto che il raffinato soprabito di cui al Suo appunto 3355 ,fatto con materiali di ottima qualità e credo con molti passaggi a mano, poteva costare da 3 ai 4 giorni di lavoro di un operaio specializzato. Non ho un’idea precisa di quanto guadagni oggi un operaio specializzato , ma se consideriamo un salario medio di circa 2000 Euro mensili si arriverebbe ad un valore di circa 200-300 Euro,molto meno quindi di quanto un capo dalle stesse caratteristiche qualitative verrebbe a costare oggi. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 05-09-2007 Cod. di rif: 3527 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Cravatte Regimental: dietro una banda l' Uomo e la Sua stori Commenti: Stimato Gran Maestro, La ringrazio molto per avere con l’Appunto 3533 soddisfatto la mia curiosità circa una possibile anomalia della cravatta regimental 1st Royal Dragoons , indossata dal Principe Carlo nell’immagine allegata all’appunto 3528, la quale recava le bande discendenti in senso opposto (da destra a sinistra) a quello più comune (da sinistra a destra) e per avere chiarito con una splendida documentazione iconografica che tale tipo di cravatte , pur in percentuale minore, sono legittimamente rappresentate nella tradizione britannica. Considero particolarmente rilevante il Suo intervento che cogliendo magistralmente , dietro l’orientamento di una banda , la presenza di importanti radici socio-politico –giuridiche (vedi l’accenno alla legge salica e longobarda che potrebbero avere favorito nella tradizione nobiliare l’uso di bande orientate diversamente in senso discendente) fornisce lo stimolo per una piu’ ampia riflessione storica. La parte migliore di molte discussioni qui’ al Castello credo risieda proprio in quelle dove emerga una profonda interazione tra storia e cultura e che come in questo caso si avvalgano di un semplice “segno” o “stilema”(una banda) come di un occhio attraverso cui portare uno sguardo piu’ ampio sull’Uomo e la Sua storia. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 07-09-2007 Cod. di rif: 3539 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Commenti: Egregio Sig. De Giglio, mentre scrivo questo breve gesso sto indossando una camicia Brooks Brothers button down in cotone a righine bianche ed azzurre , acquistata a Boston nel 1986, durante un mio soggiorno negli USA per lavoro. Tale camicia è rimasta nel tempo quasi inalterata e forse, come tutte i capi di abbigliamento usati a lungo, è ancora piu' piacevole da indossarsi. Questa mia testimonianza credo dica abbastanza sulla qualità e sulla resistenza di tali camicie ( ne possiedo una quindicina di cui molte non button down ), che se indossate con oculatezza e manutenute con riguardo dureranno moltissimi anni senza che Lei debba mai riattacare un bottone perchè caduto ne vedere lisi colletto e/o polsi. Questa è una caratteristica comune ad altre classiche camicie di qualità prodotte da Ditte statunitensi , quali quelle di Ralph Lauren o di Jos.A. Bank. La caratteristiche di rigidità da Lei notate al colletto , ai polsini ed al cannoncino centrale , pur essendo presenti in tutte le camicie sono soprattutto evidenti nel tipo non iron ,come già sottolineato dal Sig. Barone; con il tempo e con l'uso comunque vedrà attenuarsi tali rigidezze.Inoltre credo di poter affermare con un certo grado di sicurezza che Brooks Brothers non abbia mai prodotto,come dimostrato del resto dagli investimenti fatti per ottenere una tecnologia non iron, camicie in tessuto sintetico od in tessuto misto cotone-poliestere , pur essendo tale tipo di camicie di uso comune negli USA per motivi pratici. Il limite di tali camicie è quello pero' di avere la tipica ampià vestibilità americana , totalmente lontana dal gusto italiano e di avere i polsini sempre troppi ampi e non provvisti, per motivi di contenimento di costi come mi spiegava qualche tempo fà uno dei commessi di un negozio B.B. negli USA, di un doppio bottoncino per regolarne l'ampiezza. Con cordialità Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 08-09-2007 Cod. di rif: 3541 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Camicie Brooks Brothers -Al Sig. Barone Commenti: Egregio Sig.Barone, La ringrazio molto per la Sua ulteriore precisazione relativa alla linea "slim fit" che completa ulteriormente questo breve "excursus" sulle camicie Brooks Brothers. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 31-01-2008 Cod. di rif: 3648 E-mail: angelonocera @yahoo.it Oggetto: Un notevole patrimonio. Al Sig. Signani Corsi Commenti: Egregio Sig. Signani Corsi, credo che gli abiti ricevuti in eredità da Suo nonno ed altri Suoi avi rappresentino un patrimonio inestimabile. La Sua scelta di recuperane una parte adattandoli alla Sua persona è da perseguire e potrà darle delle grandi soddisfazioni per i risultati ottenuti purchè , a mio personale avviso, Lei segua i seguenti criteri: a)scelga tra gli abiti solo quelli piu’ meritevoli per rarità di tipologia di tessuto e qualità ; b)si affidi ad un ottimo sarto e non esiti a pagare per ogni abito, se richiesto , il prezzo di un’intera manifattura .Infatti quasi sempre la qualità dei risultati ,nel caso di riadattamento di abiti , è legata alla scelta strategica di smontarli e ricucirli ex novo sulla figura del nuovo destinatario. Buona fortuna ! Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 12-03-2008 Cod. di rif: 3691 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Precisazione. Al Sig. Corbey Commenti: Egregio Sig. Corbey, solo per una corretta citazione delle fonti sempre auspicata dal Gran Maestro , mi permetto di precisare che il sito http://www.lordwhimsy.com/trifles/tutorials.html cui Lei si riferisce nel Gesso precedente è stato, diversamente da quanto da Lei affermato , da me citato all'Appunto 3263 dal Titolo : Pocket Squares apparso in data data 2007-04-28) sul Taccuino dell'Abbigliamento. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 20-03-2008 Cod. di rif: 3703 E-mail: angelonocera Oggetto: Al Sig. Corbey Commenti: Egregio Sig. Corbey, la mia era una semplice precisazione che credo non meritasse assolutamente delle scuse. Avendo Lei ritenuto ,per cortesia ed educazione, di farle me ne dolgo chiedendoLe scusa a mia volta. Cordialmente Angelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 21-04-2008 Cod. di rif: 3773 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Commento all'appunto 3939.Al Sig. Amateis. Commenti: Egregio Sig. Amateis , nell'appunto 3939 del Taccuino dell'Abbigliamento, in cui esprimevo interesse per i colori originali di summer Dinner Jackets(DJ)proposti nella primavera del 1955 dalla Casa Statunitens "After Six" , avevo completamente e non a caso tralasciato ogni commento sugli accessori(fusciacche e papillons) che si accompagnavano alle DJ raffigurate nell'immagine allegata. L'aver ignorato i suddetti particolari era infatti dovuto ad una ben precisa scelta, essendo essi privi di ogni rilevanza ed anzi costituendo, come già sottolineato dal Gran Maestro, la parte veramente "debole " degli insiemi proposti. La pretesa di innovazione tecnica e pertanto di originalità ,racchiusa nell'ibrido fusciacca-gilet e pubblicizzata in quegli anni dalla stessa Ditta come una grande novità con il nome di "cummervest" dalla sintesi di cummerbund(fusciacca) e vest(gilet) cosi' come le infelici fantasie dei papillons in coordinato sortiscono addirittura l'effetto opposto, indebolendo la grande forza espressiva rappresentata dai nuovi colori di DJ.Era proprio e solo su questi ultimi che l' appunto cercava di richiamare l'attenzione di eventuali appassionati. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 12-05-2008 Cod. di rif: 3796 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Foulards e cravatte alla vita- Al Cavalier Villa Commenti: Egregio Cavalier Villa, confesso di condividere la stessa esitazione e lo stesso senso di insicurezza da Lei provati (vedi Gesso 3786) nel Suo tentativo ,non portato a termine ,di indossare nella stagione estiva a mo' di cintura una cravatta alla vita dei pantaloni. Infatti mentre ritengo perfettamente naturale e di raffinata eleganza un tale uso nel caso dell'abbigliamento femminile (sono sempre colpito da ragazze e signore che portano coloratissimi foulards alla vita dei pantaloni), nel caso di un uomo tale vezzo risulta (rubando l'espressione al Gran Maestro) molto lezioso ed affettato ed al di là di quanto la mia riservatezza e sobrietà nel vestire mi concedano di osare . Non a caso però ho mostrato all'appunto 3980 del Taccuino dell'Abbigliamento un gentiluomo in shorts da spiaggia con un foulard legato in vita , perchè ritengo invece che in questo ambito tale scelta estetica perda ogni leziosità ed esprima invece in pieno il clima di spensierata leggerezza del momento di vacanza. Con cordialità Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 29-05-2008 Cod. di rif: 3810 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Tie Squares d'annata- Al sig. Corbey Commenti: Egregio Sig. Corbey, credo che il Suo gesso abbia ben espresso un’esigenza comune a molti di noi che condividono il giudizio sulla qualità non eccelsa , tranne rarissime eccezioni, delle cravatte presenti attualmente sul mercato anche quando fatte su misura. Di cio’ mi è già capitato di discutere con altri Appassionati cui ho confidato di avere negli ultimi tempi iniziato ad indossare preferibilmente cravatte personali o presenti nel patrimonio di famiglia risalenti agli anni sessanta con misura alla gamba non superiore agli 8 cm , o cravatte acquistate a Napoli presso la London House di Mariano Rubinacci che in quanto totalmente sfoderate o con interni leggerissimi presentano ancora caratteristiche uniche di leggerezza. Ad ulteriore sostegno di questa mia scelta Le confesso di preferire tra molte altre e di indossare con massimo piacere in quest’ ultimo periodo una cravatta in foulard di seta stampata risalente agli inizi degli anni ’60, da me acquistata in Inghilterra negli anni ‘80 in un negozio di” charity “di un villaggetto nei pressi di Brighton al prezzo di una sola sterlina. Per quanto riguarda il Suo quesito piu’ specifico non saprei dirLe se Marinella abbia a disposizione nei Suoi depositi dei tessuti d’annata in seta per cravatte (su questo punto il Gran maestro potrà sicuramente darle delle informazioni molto precise). Credo invece che Mariano Rubinacci abbia nel Suo caveau di Napoli , insieme ai numerosi tagli di tessuti inglesi vintage di cui qualcuno risalente anche a prima degli anni ‘50 , tie squares inglesi in seta ,anch’essi abbastanza datati, che potrebbero soddisfare le Sue esigenze. Approfitto di questa stessa sede per la seguente precisazione nel merito del quesito posto al gesso 3808 dal Sig. Lamanna circa le cravatte sette pieghe: a differenza di Marinella che per gusto e scelta personale non ama proporre , a quanto mi risulta , alla clientela sette pieghe che sono presenti infatti in numero ridottissimo nella Sua offerta di cravatte , Rubinacci pone invece alla vertice qualitativo della Sua produzione proprio quest’ultime realizzandole , con una sapienza artigianale conosciuta ancora da pochi, in leggerissimi foulards di seta totalmente sfoderati. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 03-07-2008 Cod. di rif: 3872 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Diplomazia ed Indipendenza coloniale. Al Sig. Pugliatti Commenti: Esimio Pugliatti. La ringrazio molto per la Sua precisazione, contenuta nel Post Scriptum dell'Appunto 4060 sul Taccuino dell'abbigliamento , relativa alla definizione da me usata per identificare lo status sociale del gentiluomo con turbante e morning tail coat raffigurato nell'immagine pubblicata all'Appunto 4058. Concordo pienamente con Lei che tale definizione sia del tutto errata.Infatti ,essendo il disegno apparso su Apparel Arts nell'estate del 1938 ,il personaggio in oggetto non poteva assolutamente essere un diplomatico indiano o pakistano come da me affermato , avendo entrambe queste Nazioni ottenuto, come da Lei già segnalato, l'indipendenza dall' Impero Coloniale Britannico solo il 15 Agosto 1947 a seguito dell'India Independence Act promulgato dal Parlamento Britannico nel febbraio dello stesso anno.In aggiunta pur essendo stati istituiti nell'India Britannica nel 1935( Government of Indian Act) ,a seguito di pressioni del movimento nazionalista indiano guidato da Ghandi, organi legislativi autonomi nelle varie provincie ed un 'Assemblea Legislativa (eletta per metà dagli Indiani e quindi formata da loro rappresentanti ) ed essendo stata costituita nello stesso periodo una Federazione di Stati Indiani , il Governo Inglese conservava ancora nel 1938 il controllo diretto della politica estera , cosi' come quello della difesa e del sistema giudiziario e finanziario. E' probabile pertanto che il gentiluomo in oggetto possa rappresentare un personaggio della classe politica od amministrativa indiana( comunque appartenente al gruppo di intellettuali filobritannici) od un alto personaggio della finanza indiana. Ricordo a tal proposito personaggi quali Jamsetji Nusserwanji, appartenente alla casta dei Parsi (un manipolo di rifugiati seguaci di Zoroastro che circa un millennio fa approdarono dalla Persia sulle sponde del Gujarat per preservare il proprio credo) e capostipite della Tata family , la famiglia industriale tuttora piu' potente dell'india , fondatore nel 1932 della Tata Airlines poi diventata Air India.Pur avendo ,nel mio commento all'immagine, voluto proprio riferirmi a tale tipo di personaggi altolocati (cui solo, soprattutto in quegli anni, poteva essere concessa l'ammissione alla Royal Enclosure), ho usato in maniera molto impropria e dilettantesca il termine “diplomatico” che ha invece un significato ben preciso e molto diverso. Le mie scuse pertanto a tutti i Cavalieri e Visitatori per una tale imperdonabile imprecisione: nemmeno ad un improvvido beginner è concesso un errato uso lessicale. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 25-09-2008 Cod. di rif: 3894 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Pantaloni da equitazione- Al Sig. Chianese Commenti: Egregio Sig. Chianese, monto a cavallo regolarmente da parecchi anni ,per cui mi sento di poterLe dare un consiglio anche con qualche competenza tecnica. I pantaloni da equitazione molto usati in Italia anche da grandi Cavalieri sono quelli fabbricati dalla Ditta Equiline. Tali pantaloni hanno notevoli pregi in termini di comfort e vestibilità (essendo ergonomici nei punti di maggior contatto) hanno una lunga durata ed sono anche di bella linea. Vengono realizzati sia in cotone elasticizzato che in tessuto di microfibra o microfibra e tecnopelle. Essendo pantaloni da concorso sono di colore bianco, ma nel modello "grafton" credo che vi siano anche in un colore scuro( blu) , potendo questi ultimi essere utilizzati perchè meno cagionevoli anche per il lavoro routinario di monta del cavallo. Il sito web della Ditta Equiline è ilseguente: www.equiline.it .Naturalmente potrà trovare pantaloni di colore diverso quali grigio scuro,marron,beige ,nero ed ancora blu che potranno essere utilizzati per" lavoro" presso i negozi specializzati in articoli da equitazione presenti in tutte le città, tra cui credo anche Napoli. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 28-01-2009 Cod. di rif: 3960 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Dinner jacket del Principe Filippo.Al cavalier Lucchetti Commenti: Egregio Cavalier Lucchetti, il Suo gesso sul dinner jacket del Principe Filippo, pur nella sua brevità , a mio avviso apre una discussione fondamentale sul modo d'intendere l'abbigliamento classico maschile e quindi sul nodo centrale di una Filosofia del vestire elegante. L'argomento di per sè di grande complessità ed interesse è stato ed è ancora oggetto di studi da parte dell'Ordine attraverso i Suoi vari Laboratori tra cui quelli relativi al Dress Code. Mi limitero' pertanto, avedo in qualche modo col mio appunto sollecitato una Sua opinione , ad alcune semplici osservazioni di cui una di ordine generale ed una di ordine particolare nel merito del Suo intervento: a)per quanto riguarda quella di ordine generale credo che si corra il rischio di peccare di presunzione quando si afferma di voler decontestualizzare gli abiti ( e non mi riferisco in questo caso soltanto al dinner jacket ma ad ogni possibile abito alle cui spalle vi sia una storia ) le cui tipologie trovano radici e ragione d'essere proprio nel contesto in cui essi sono nati.I risultati dei Laboratori di Dress Code fin qui effettuati dall'Ordine hanno permesso di chiarire a molti di noi almeno un punto fondamentale: nel percorso verso una concezione elegante della vità ( e qui mi permetto di ricordare una felicissima e veramente originale intuizione del Gran Maestro) risulta fondamentale comprendere che cio' che viene richiesto, non sia l'innovare creando qualcosa di nuovo ma il conservare e tramandare quanto ci è stato consegnato dal mondo “classico ed in questa opera di conservazione risultano ,nel caso degli abiti, importanti non solo gli stilemi ma anche il loro uso appropriato nei contesti in cui e per cui essi sono nati. AvendoLa conosciuta personalmente nell'incontro di Napoli dello scorso Dicembre ed avendo avuto modo di apprezzare molti dei Suoi punti di vista sull'abbigliamneto maschile ed in particolare le Sue notevoli conoscenze relative alle calzature, non mi permetto di credere che nel significato del termine “decontestualizzare” da Lei usato sia anche compreso quello di “sdrammattizzare”, termine abusato negli ultimi anni e di cui molti cosiddetti “creatori di moda maschile” si sono serviti per stravolgere un universo, quello dell'abbigliamento classico maschile , creato in quasi un secolo di buongusto. b))nel particolare ,come da me sottolineato negli appunti 4221,4222 e 4231 e nelle immagini degli anni '20 e 30' ad essi allegate, il dinner jacket con revers dentellati non è assolutamente da ritenersi “ fuori ordinanza” costituendo esso una tipologia classica , ma è da considerarsi nell'ambito delle tre possibili tipologie di monopetto come quella piu' informale o se vuole meno formale. Alla luce di cio', usando Lei tale tipologia a casa di amici, ne fà un uso perfettamente contestualizzato e quindi nel solco pieno della tradizione. Non posso commentare la Sua dichiarata decontestualizzazione relativa alle scarpe perchè non so quali scarpe Lei vi abbini , ma di certo il fatto di non scegliere le pumps in vernice (le pumps infatti sono adatte per occasioni molto formali e non non a caso vengono anche chiamate “opera pumps” ) ancora una volta riflette una scelta perfettamente contestualizzata ed adeguata. Con stima e cordialità Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 28-01-2009 Cod. di rif: 3961 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Refuso Commenti: Chiedo scusa per il refuso "sdrammattizzare" finito per fretta nel mio gesso precedente da intendersi naturalmente come "sdrammatizzare". Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 30-01-2009 Cod. di rif: 3965 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: "Decontestualizzazione". Al Cavalier Villa Commenti: Egregio Cavalier Villa , mi permetta alcune personali riflessioni in relazione al quesito da Lei posto alla fine del Suo gesso (n°3964). Tra le tante innovazioni introdotte dal Duca di Windsor nel campo dell'abbigliamento classico maschile, ritengo che non si possa annoverare alcun atto di “ decontestualizzazione”. Credo invece che il vero "Decontestualizzatore" possa essere individuato in suo nonno Edoardo, Pricipe di Galles e successivamente Re Edoardo VII , dovendosi infatti proprio a questi la realizzazione ed il consolidamento nella storia del costume di quella “rivoluzione” , vera fonte generatrice dell'abbigliamento classico maschile, iniziatasi a partire dal 1848 anno in cui il castello di Balmoral divenne residenza reale avendo la Regina Vittoria e il suo Principe consorte Alberto deciso di trascorrervi i periodi estivi. Attraverso questa rivoluzione l'abbigliamento di uso cittadino viene infatti ad essere fortemente influenzato , ispirandosi ad esso non solo nelle fogge e nelle caratterisriche stilistiche ,da quello usato in campagna dalle elitès aristocratiche nell'ambito dell'equitazione , della caccia e di ogni altra attività in outdoor (decontestualizzandosi in tal modo quest'ultimo. Approfitto di questa sede anche per un breve commento sul gesso del cortesissimo Sig. Tarulli (n° 3963). Avendo i Laboratori di Dress Code , guidati dal Gran Maestro e dall' Esimio Rettore De Paz , portato ad una presa di coscienza sulla definitiva morte del “Classico” (acquisizione teorica a mio giudizio di importanza centrale che vanifica e rende inutile ormai ogni tentativo ulteriore di decontestualizzazione) mi trovano perfettamente d'accordo le seguenti considerazioni del Sig. Tarulli che riporto testualmente:”...... avendo il tuxedo una storia ed una tradizione alle spalle, perché non avvicinare le persone a tale tradizione? Perché non far entrare gli uomini negli angusti confini nei quali è ora relegato tale abito, piuttosto che fare uscire questo “allo scoperto”. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 31-01-2009 Cod. di rif: 3966 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Commenti: L'inserzione elettronica del testo del mio gesso precedente ha purtoppo tagliato un punto interrogativo finale e le dovute espressioni di saluto e di stima al Cavalier Villa che qui accludo. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 31-01-2009 Cod. di rif: 3967 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Un imperdonabile scambio di cognomi Commenti: Prego il Cav.Bellucco di voler scusare il grave ed imperdonabile errore da me commesso nel commentare il Suo gesso N°3963 scambiando il Suo cognome con quello del Sig. Tarulli.Le stesse scuse al Sig. Tarulli per avere usato indebitamente il Suo cognome ed a tutti i Cavalieri per la confusione ingenerata nella comprensione del testo da tale errore. Al Cavalier Bellucco ed al Sig.Tarulli i sensi piu' profondi di stima ed i piu' cavallereschi saluti. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 05-02-2009 Cod. di rif: 3971 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Le forze in gioco . Al Cavalier Villa Commenti: Egregio Cavalier Villa , mi permetta innanzitutto di ringraziare Lei cosi' come il Cavalier Bellucco ed il Sig.Tarulli per le cortesi espressioni di stima che ricambio con pari convinzione. Lei si chiede nel Suo gesso n° 3970 quali siano le forze in gioco che, determinando un consenso sociale ,abbiano prodotto la storicizzazione di codici culturali che sono alla base del "Classico". A mio avviso oltre alle due citate da Lei quali l'uomo ed il tempo ve n'è certamente una terza rappresentata dalle organizzazioni politiche, sociali e culturali che l'uomo si è dato nel corso della storia ed a cui hanno sempre corrisposto determinati codici d'abbigliamento. Nel caso del Classico, cosi' come qui' da noi inteso , rimane paradigmatico l'esempio della Gran Bretagna,culla del "Primo Classico" nel periodo compreso tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX secolo. Essa infatti ,in quanto Grande Nazione , ha generato nello stesso periodo storico dal proprio sentire collettivo e quindi dalla propria visione del mondo esemplari modelli in tutti i settori dell’attività umana compreso quello dell’abbigliamento maschile. Centro di un vasto Impero, essa ha avuto la necessità di esportare nei diversi paesi ad essa afferenti i suddetti modelli e ,per poter favorire questo processo di omogeneizzazione, ha dovuto concretizzare tali modelli in canoni.Tra questi ruolo non secondario ha svolto quello dell'abbigliamento maschile , quale insieme di codici in grado di significare senso di appartenenza e veicolo immediato di riconoscibilita di una Società con alla base un sistema politico,,socio/culturale ed educativo condiviso. Epicentri di un feedback virtuoso, in cui tali modelli si integravano tra loro e perpetuandosi divenivano tradizione, furono le Università . Infatti dagli inizi del secolo scorso le grandi Università Britanniche quali Oxford e Cambridge e successivamente a partire dagli anni '30 ,sulla scorta delle prime ,anche quelle statunitensi ed in particolar modo le Università americane della costa orientale appartenenti all'Ivy League, rappresentarono non solo le grandi fucine del sapere e di educazione delle future classi dirigenti ma anche una grande palestra di eleganza dove queste assorbivano il dress code essenziale del'abbigliamento maschile che sarebbe stato loro necessario nella futura vita politica, sociale e professionale Nel corso della vita universitaria veniva ad essere usato per le piu' svariate occasioni ( da quelle di studio a quelle sportive, da quelle ludiche a quelle formali relative ai momenti accademici) l'intero spettro di capi di abbigliamento previsto dal dress code classico , inclusi dinner ed evening tail coats. E' importante sottolineare che l'uso di tali capi rientrava in un processo dinamico che da un lato assorbiva le regole dal mondo del city wear e del country wear e dall'altro ne esportava altre che, nate originariamente nei campus universitari spesso come infrazione del dress code sopracitato, diventavano successivamente fashion trend all'esterno .Naturalmente l'ingresso nel mondo del lavoro comportava , almeno in quegli anni, il rientro nelle regole cui si era stati in qualche modo educati nel corso della frequenza universitària con l'utilizzo di abiti appropiati per ogni occasione. Appare pertanto chiaro che l'educazione al gusto ed all'eleganza, nei modelli di Società che hanno generato il Classico, rientrava nell'ambito di un percorso educativo piu' vasto di formazione delle proprie Elitès. Con cordialità Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 06-02-2009 Cod. di rif: 3972 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Le forze in gioco:una considerazione finale Commenti: Stimato Cavalier Villa, mi permetto ancora una considerazione finale che potrà ritenere come una possibile risposta ai quesiti da Lei posti nel gesso n°3790. Le implicazioni necessariamente derivanti dalle argomentazioni esposte nel mio gesso precedente( n°3971), che seppure intuibili non sono state estrinsecate apertamente, porterebbero all'ipotetica conclusione, tutta ancora da verificare sul piano dell'analisi storica , che la morte del "Classico" abbia coinciso con la morte delle Elitès. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 10-07-2009 Cod. di rif: 4117 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Anni '50 e '60 e rifiuto del taglio modellato Commenti: Per una migliore comprensione del fenomeno di rifiuto del "taglio modellato" associato al ritorno negli anni '50/'60 a linee pulite ed asciutte, oggetto di recenti interessanti interventi sul Taccuino dell'Abbigliamento, rimando tutti gli Appassionati alla lettura di un estratto di un articolo di G.Bruce Boyer* riportato pochi giorni fà da Marc Chevalier in un post dal titolo "What Killed the '40 suits?" al seguente indirizzo: http://www.thefedoralounge.com/showthread.php?t=42240. In esso si sottolinea il contributo fondamentale, dato a tale svolta di stile, dall'Atelier Brioni di Roma a partire dalla sua costituzione nel 1945. G.Bruce Boyer, già fashion Editor di GQ ed Esquire , è autore di importanti saggi e pubblicazioni sulla storia dell'abbigliamento classico maschile tra cui i testi : "Elegance: A Guide to Quality in Menswear" (Norton 1985) e "Fred Astaire Style"(Assouline,2004). ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 12-07-2009 Cod. di rif: 4120 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Una visione non partigiana dell'eta' classica Commenti: La posizione del Sig. Pugliatti nel gesso 4119, relativa alla validità delle migliori espressioni delle varie tipologie estetiche di uno o di un altro dei diversi periodi dell' ”età classica “ dell'abbigliamento maschile che restano pertanto tra di loro in un rapporto di stretta continuità evolutiva, mi trova completamente d'accordo. Considerazioni molto simili erano da me già state espresse all'Appunto 4128 nel corso di un dibattito con lo Scudiero Mocchia di Coggiola avente ad oggetto un raffronto tra gli stilemi del periodo '10/20 e quelli degli anni '30 di cui riporto, ad ulteriore sostegno di quanto gia' brillantemente sostenuto da Pugliatti, alcune frasi: "è pienamente leggittima la posizione di altri appassionati , e tra questi pongo almeno per i loro interventi su queste pagine sia Mocchia di Coggiola che Pugliatti ,i quali hanno riproposto attraverso una pregevole serie di immagini la forza e la validità degli stilemi dell'abbigliamento maschile degli anni '10 e ' 20..... A tal riguardo ritengo sia un errore assumere posizioni partigiane verso questi ultimi o verso gli anni '30 considerando tali periodi in contrapposizione tra loro , mentre invece essi sono in un rapporto di continuità ed esprimono un' evoluzione storica del taglio e delle linee. Sensibilità e gusto individuali porteranno ognuno di noi ad apprezzare di piu' l'uno o l'altro periodo, anche cambiando preferenze in momenti diversi della propria vita". ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 05-08-2009 Cod. di rif: 4147 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Jeans Shoe: un chiarimento Commenti: Insuperato Gran Maestro, ritengo innanzitutto doveroso complimentarmi con Lei per il brillante excursus sulla derby norvegese e sui suoi tristi epigoni quali quelli da Lei definiti “jeans shoes ,in quanto esso, a mio giudizio, si configura quale esempio paradigmatico di una metodologia scientifica di analisi che dovrebbe essere preso a modello da chiunque si appresti ad analizzare un fenomeno culturale complesso qual’ è quello dell’abbigliamento. Avendo Lei stesso dichiarato di aver coniato la definizione di “ jeans shoe ,battezzando con tale termine “ una categoria mai individuata prima “, mi permetto di chiedere un chiarimento in relazione a questa nuova terminologia . Confesso al proposito la mia assoluta assenza di frequentazione degli ambienti yuppie milanesi nel periodo compreso tra la metà degli anni ’90 e la metà del primo decennio del terzo millennio , ma nella mia esperienza mi è capitato di osservare tale tipo di scarpe(ed in particolar modo quelle sgraziatissime ed a dir poco orribili con base a racchette da neve) non solo con jeans ma soprattutto in associazione a tristissimi abiti grigi gessati od in tinta unita , confezionati con tessuti miserrimi (come la maggior parte di quelli utilizzati dall’industria) ed indossati da giovani costretti ad indossare un abito con cravatta solo per motivi di lavoro (in genere nel settore del terziario e non in ruoli altamente dirigenziali).Tale peculiare associazione di abiti e scarpe con le caratteristiche sopracitate è sempre parsa ai miei occhi come una sorte di divisa, tipica di persone totalmente ignoranti dei criteri di base del vestire maschile, convinte di acquisire con essa un ‘immediato e rampante aspetto professionale. Alla luce di questa considerazioni, che non nego essere parziali ed incomplete, riesco a comprendere il significato del termine “ jeans shoe” laddove questo non voglia riferirsi a “ scarpe da jeans” ma intenda piuttosto significare un tipo di scarpe utilizzate da una generazione per la quale i jeans abbiano rappresentano l’indumento principe ed universale. Certo di Sue ulteriori precisazioni, La saluto con immutata stima. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 20-09-2009 Cod. di rif: 4173 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Dalla parte di Carlo: intervento sul gesso 4170 Commenti: Egregio Cavalier Lucchetti, ritenendo di avere in parte contribuito con l'Appunto 4897 “ Le scarpe rattoppate del Principe Carlo” a stimolarLa nel proporre il Suo interessante Gesso (n°4170) mi permetto di aprire ,con alcune personalissime riflessioni scusandomi fin da ora laddove esse dovessero apparire in qualche modo moraleggianti, la discussione da Lei auspicata. Innanzitutto credo che ,come per altri argomenti in cui con la finalità di raggiungere una sintesi si dibattano le validità di due opposte visioni del mondo, anche nel nostro caso(quello di un modo di vivere e di interpretare l'eleganza )sia necessario che i due opposti estremi della dissipazione - ostentazione e della sobrietà, da Lei evocati partendo dal semplice spunto della lucidatura e manutenzione delle scarpe ,trovino due difensori che illustrandone virtu' e difetti ne sostengano la validità. Non avendo visto ancora,dopo il Suo introduttivo , alcun intervento, mi propongo come sostenitore di una via sobria all'eleganza,cui naturalmente potranno aggiungersi le benvenute voci di altri Cavalieri e Frequentatori. Sono pienamente consapevole, e credo che cio' verrà ampiamente dibattuto a Montecosaro in Novembre nel prossimo Convegno Cavalleresco ad essa dedicata, che nella Vita Elegante vi siano sempre state presenti due principali anime di cui una dionisiaca e l'altra apollinea, variamente interagenti tra loro con esempi sia di contemporanea coesistenza e convivenza che di totale lontananza ed avversione. In una società non consumistica quale quella dell'età classica(cosi' come qui intesa) l'approccio dionisiaco ha avuto tra i suoi pochi meriti di tipo generale e se si vuole sociale quello di spingere gusto e morale verso limiti ancora non esplorati che una volta raggiunti hanno lasciato in un processo successivo di sedimentazione e di riflessione,la loro parte migliore depurata di ogni eccesso. Per contro l'approccio apollineo, intriso di sobrietà e di fatto intimamente connaturato all'essenza anticonsumistica dell'età classica,ha avuto tra i suoi meriti quello di restare agganciato, testimoniandoli, ai grandi motivi etici ispiratori della società borghese (per la gran parte con radici di “etica protestante” anche se non completamente assenti quelle pauperistico/cattoliche). Nella sua resistenza ad una dimensione di dissolutezza il secondo comunque veniva ad arricchirsi, filtrandole , delle nuove conquiste della sensibilità e del gusto raggiunte dal primo. Nella società attuale profondamente consumistica, a differenza della componente sobrio/apollinea che conserva a mio avviso intatte se non aumentate tutte le sue validità educative, quella dionisiaca( che nell' età classica pur nelle sue espressioni piu' estreme era comunque riuscita ad incarnarsi in non pochi esempi di vità elegante) ha a mio giudizio completamente perso ogni spinta propulsiva ed ogni capacità positiva di fornire contributi sul piano dell'arricchimento e dell'affinamento estetico,conservando esclusivamente i connotati negativi della triade apparire ,ostentare,dissipare. Alla luce di cio' l'esempio del Principe Carlo con le sue scarpe rattoppate credo che vada molto al di là del significato immediato di un uso parsimonioso di un oggetto ma esprima oggi tutti interi ed attuali il rispetto e l'amore non solo per se stessi e per le cose che si possiedono ma anche per gli altri che spesso possiedono poco o nulla. Passando da un piano piu' generale a quello piu' particolare di alcune problematiche da Lei poste ritengo che per sposare l'intrepretazione dell'eleganza suggerita dal Principe Carlo non si abbia bisogno di calzare scarpe rattoppate se l'usura di qualche nostro paio di scarpe non sia tale da richiederlo ma di non rifiutare per la paura di apparire snob , non solo per le scarpe ma in generale, azioni manutentive anche importanti che prolunghino quando necessarie la conservazione e quindi la vita di un nostro bene.Passando ad un altro esempio nel campo dell'abbigliamento confesso di indossare con la certezza di rifuggire da atteggiamenti snobistici e senza remora alcuna , per la capacità evocativa di emozioni e ricordi da esse evocate, vecchie cravatte lise alla gamba talvolta rammendate in casa. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 03-11-2009 Cod. di rif: 4192 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Tie squares degli anni'20 - Al Sig. Corbey. Commenti: Egregio Sig.Corbey, purtroppo non sono tra i fortunati possessori di uno dei cataloghi storici della Ditta Welch, Margetson & Co., molto apprezzati per la qualità delle loro illustrazioni a colori, i quali sono attualmente solo reperibili nelle librerie antiquarie o nelle aste specializzate in Gran Bretagna e negli USA a prezzi superiori ai 500 dollari. Sono pertanto spiacente di non essere in grado di fornire altre immagini relative a tie squares di quel periodo. La Welch, Margetson & Co. risulta presente nei National Archives -National Register of Archives del Regno Unito alla voce “ menswear manufacturers “ con records di vario tipo che vanno dal 1835 al 1963;tra questi appaiono molto interessanti le registrazioni di “patents” su alcuni particolari disegni per cravatte in seta, su tessuti per abiti, su colletti per camicie e su fazzoletti da taschino.Con certezza essa è attualmente non piu' esistente e non sembra essere stata rilevata da altra Ditta anche se non saprei precisare con esattezza la data della sua scomparsa,da riferirsi con probabilità dopo il 1963. Nel suo periodo di massima espansione (da individuarsi nei primi tre decenni del secolo scorso )la Welch, Margetson & Co. era una delle Compagnie leader a livello mondiale nel campo dell'abbigliamento maschile con otto Filiali in Gran Bretagna, sei in Australia ed altre in Irlanda, Nuova zelanda e Canada ed agenti presenti in tutto il mondo. La filiale di Londra era su 4 piani con alcune sezioni dedicate interamente a bretelle, giarrettiere ed ombrelli. RingraziandoLa per le Sue gentili espressioni di stima,La saluto con cordialità. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 17-11-2009 Cod. di rif: 4202 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Pantalonai a Napoli Commenti: Riallacciandomi ai recenti Appunti del Gran Maestro sul Taccuino dell' Abbigliamento (n°5035-5038) relativi a Salvatore Ambrosi mi permetto di segnalare al seguente indirizzo http://www.vimeo.com/7641103 una recente intervista fatta da Michel Alden a Salvatore ed Antonio Ambrosi nel loro laboratorio di Napoli. In questo momento Salvatore Ambrosi è senza dubbio il pantalonaio napoletano piu' famoso a livello internazionale, grazie anche a personaggi quali Michel Alden (titolare sito “thelondonlounge”) e Will Boehlke (titolare del sito “asuitablewardrobe” ) i quali ,il primo già da alcuni anni il secondo molto piu' recentemente , hanno contribuito attraverso i loro blogs a diffondere nell'ambiente internazionale dei loro lettori la fama dei pantaloni prodotti dalla famiglia Ambrosi. Negli ultimi tempi non è da ritenersi estraneo un certo interesse economico da parte di Alden nella pubblicizzazione della qualità (comunque eccelsa ) dei pantaloni prodotti dagli Ambrosi , tanto che Alden è attualmente lanciato nell'avventura commerciale di ricreare grazie agli Ambrosi “the real neapolitan trousers “ il cui nome sarà “The London Lounge Neapolitan Heritage Trousers “ e che verranno presentati a Londra il prossimo 26 Novembre ,come è possibile leggere sul sito The london Lounge. Nel riconoscere che il successo degli Ambrosi sia meritatissimo e che la qualità del loro prodotto sia certamente da porsi al vertice per quanto riguarda taglio,linea e raffinatezza dei dettagli sartoriali, da modestissimo conoscitore della sartoria napoletana mi permetto di segnalare che tale qualità ,pur con minime variazioni ,è ampiamente presente nell'intera realtà napoletana dove operano svariate botteghe artigiane di pantalonai, per la gran parte localizzate nella zona dei Quartieri Spagnoli a ridosso della centrale Via Toledo. A tali botteghe si rivolgono per la confezione dei pantaloni la grande maggioranza delle principali sartorie napoletane presso le quali vengono invece quasi esclusivamente tagliati e cuciti solo i capispalla. Credo che sia un'esperienza comune di chi si rivolge per il proprio guardaroba a sartorie napoletane di non avere in genere mai particolari problemi, anche al primo abito, per quanto riguarda i pantaloni di cui si apprezzano immediatamente la superiore qualità di linea e vestibilità. Non puo' invece dirsi altrettanto per i capispalla per quali invece , anche per la maggiore complessità tecnica richiesta per la loro realizzazione, si instaurano lunghe e talvolta piacevolmente estenuanti discussioni (familiari a molti di noi ) tra committente e sarto nel rincorrere e raggiungere il risultato ritenuto ottimale. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 26-11-2009 Cod. di rif: 4210 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: White dinner jacket. Al sig. Corbey Commenti: Egregio Sig. Corbey ,il Suo intervento sulla white dinner jacket (gesso 4208) contiene degli spunti interessanti che mi consentono alcuni chiarimenti in merito alla storia del summer o white dinner jacket che a mio avviso potranno essere utili per una migliore comprensione della precisa contestualizzazione e dell 'uso appropriato di tale capo. a)Pur essendo le origini e l'evoluzione della white dinner jacket già state ampiamente descritte , anche se in in maniera sparsa ,in svariati Appunti sul Taccuino dell'Abbigliamento tra cui molti a cura del Sig. Pugliatti, mi permetto di riportare testualmente alcune considerazioni da me già fatte a tale riguardo nell'Appunto 3704: "La comparsa del summer dinner jacket rappresento' la variante di completo formale maschile ideale per i climi tropicali che richiedevano tessuti leggeri e freschi e quindi chiari (white) a differenza di quelli neri (black), utilizzati fino ad allora per il tradizionale dinner jacket ,trattenenti calore e piu' pesanti. La diffusione di una giacca bianca per le occasioni formali nelle serate estive ,quali feste da ballo e parties in ville od a bordo di navi, puo' datarsi al 1933 con l' introduzione della popolare "mess-jacket " che rappresento' la controparte civile della giubba militare di gala e che venne rapidamente adottata dai facoltosi statunitensi che trascorrevano l'estate a Palm Beach e dagli aristocratici britannici durante le loro vacanze ai Caraibi. La "mess-jacket" era costituita da una giacca dalla linea attillata, come quelle dei tailcoats (morning dress ed evening dress), ma tagliata all'altezza della vita ed era confezionata in tessuto di lino bianco o gabardine di cotone.Essa veniva indossata con pantaloni neri dalla vita molto alta , con camicia con colletto wing rigido o turndown morbido ,con fusciacca sottogiacca in seta (cummerbund) stretta alla vita di colore nero, rosso o bluscuro , e con papillon nero. Quest'ultimo poteva talvolta anche essere in colore coordinato con quello della fusciacca. L'uso della mess jacket declino' rapidamente ed a partire dal 1936 essa venne sostituita da summer dinner jackets a singolo od a doppio petto in colore chiaro (bianco, panna,crema, sabbia e tan/burma) nei tessuti sopracitati (lino e gabardineo/drill di cotone ) e talvolta anche in tessuto tropical worsted in seta. Tali jackets , sia nella versione a petto singolo che doppio, avevano revers lanceolati o sciallati, non piu' rivestiti in seta , ma nello stesso tessuto della restante giacca. Associate a pantaloni in tropical che potevano essere neri od anche blumidnight , a fusciacca in seta ed a scarpe nere in vernice tipo pumps o con lacci divennero ben presto la quintessenza dell'eleganza formale maschile per le occasioni serali nel periodo estivo ed in località tropicali". Se tale ricostruzione storica non è errata , sebbene Wodehouse e la sua opera siano senza dubbio alcuno da considerarsi la quintessenza dell'Inghilterra per tutti gli aspetti di costume ,tra cui non ultimo quello dell'abbigliamento maschile che tanta parte ha avuto nella storia di questo Paese , le considerazioni espresse da tale Autore attraverso Jeeves e tratte dall'opera “ Right Ho Jeeves" scritta nel 1922 non possono a mio avviso essere ritenute espressione di una avversione britannica nei confronti della white dinner jacket(come da Lei affermato). Infatti in quegli anni tale capo era solo ai primissimi albori come mess jacket e quindi non nella sua configurazione stilistica finale raggiunta verso la metà degli anni '30. b)La Sua affermazione che “gli inglesi, che hanno notoriamente più familiarità con il protocollo di noi europei …....... utilizzano la mess jacket con una certa arroganza e sprezzo solo all'estero, in paesi che considerano esotici” mi sembra alquanto perentoria ed in parte contraddetta dall'immagine già presente all'appunto 4526 e da me ora contestualmente riproposta all'Appunto 5044 del Taccuino dell'Abbigliamento , in cui Anthony Eden, da considerarsi a mio avviso un intreprete insuperato del codice classico, indossa nel Luglio del 1955 a Ginevra al palazzo Eynard una white dinner jacket in occasione di un summit tra i quattro grandi Capi di Stato (URSS, Gran Bretagna , Stati Uniti e Francia ), organizzato dal Presidente della Federazione Elvetica.Non credo che Eden considerasse in quell'occasione Ginevra ed il contesto internazionale da essa rappresentato come un'isola caraibica . c)La Sua ultima dichiarazione che la white dinner jacket trovi il suo contesto d'uso molto appropriato in una casistica isolata e di rara frequenza mi trova perfettamente d'accordo avendo io affermato nell'Appunto 5042 che tali situazioni sono rappresentate “ dalle rarissime serate estive in cui venga richiesta la cravatta nera" e tra queste sono soprattutto da considerarsi eventi mondani od eventi culturali in località marine di vacanza od in città all'aperto nel contesto di ampi giardini e terrazze di cui non sono di certo sprovvisti , non solo al Sud , molte residenze e palazzi storici italiani. Con stima e cordialità Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 28-11-2009 Cod. di rif: 4213 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: White dinner jacket::una paternità non britannica Commenti: Egregio Sig.Corbey , a differenza della smoking jacket e del dinner suit la white dinner jacket non puo' considerarsi come una creatura squisitamente britannica. Lo stesso Principe di Galles (non ancora Edoardo VIII), che negli anni'30 rappresentava il grande punto di riferimento del mondo elegante internazionale e che nello stesso periodo introdusse per primo per il dinner suit (fino ad allora nero) la variante midnightblue, non ebbe alcuna influenza nell'ideazione di una variante bianca di dinner jacket adatta per le stagioni estive e per paesi dal clima caldo quali quelli tropicali. Come molto correttamente afferma il Sig. Pugliatti nell'ultimo suo intervento,la white dinner jacket si sviluppo' a partire dai primi anni'30 prevalentemente negli Stati Uniti come versione estiva del tuxedo ed a supporto di tale affermazione sta il fatto che negli Stati Uniti già dalla fine degli anni '20 incominciarono ad essere prodotti per il black dinner suit tessuti pettinati in lana piu' leggeri, adatti alla stagione estiva. Il passaggio successivo porto' come evoluzione naturale alla creazione di una dinner jacket nei colori del bianco panna ed avorio in tessuti tipicamente estivi quali drill di cotone, lino e seta.Tale nuova variante ebbe un ampio successo presso gli ambienti dei ricchi statunitensi che l'adottarono immediatamente per le loro serate mondane in famose località di vacanze in Florida quali Palm Beach.Quasi contemporaneamente tale moda si diffuse nel circolo degli aristocratici britannici in vacanza nei Caraibi. Tale mancanza di paternità britannica rende ,a mio avviso, assolutamente non contestuale (in senso storico)all'abito il must tutto inglese di indossarlo prevalentemente se non esclusivamente al di fuori della madre patria in colonie od ex colonie o comunque in paesi ritenuti economicamente ,socialmente e culturalmente inferiori.Da cio' la leggittimazione, perchè supportato dalla tradizione,di un uso piu' ampio negli appropriati contesti come già precedentemente da noi definiti durante la stagione calda non solo in località di vacanze. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 01-12-2009 Cod. di rif: 4220 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Unsuitability e mess jacket Commenti: Stimatisimo Gran Maestro , intendo innanzitutto ringraziarLa per le sue ponderate considerazioni relative alla white dinner jacket. Esse rappresentano in maniera molto felice una sintesi del dibattito suscitato intorno ad essa , sintesi che ritengo sia necessaria ad ogni discussione in cui vengano discusse delle opposte tesi: nel nostro caso probabilmente delle diverse “visioni del mondo” circa il significato simbolico di un capo di abbigliamento, la sua adeguatezza nell' esprimere i valori del “classico” e la sua attuale validità. Prima di congedarmi però mi sia permesso di fornire sull'argomento ancora un 'ulteriore notazione storica che credo possa costituire un utile spunto di riflessione. Come già ricordato, a partire dal 1936 la mess jacket venne totalmente rimpiazzata dalla white dinner jacket.I seguenti due principali motivi contribuirono alla sua rapida scomparsa: a)il taglio particolare della giacca era assolutamente non indicato per quanti non avessero un fisico piu' che atletico; b) essa venna rapidamente adottata come uniforme da fattorini d'albergo e dai musicisti di bande musicali di jazz ,causando in tal modo negli ambienti eleganti un prudente rifiuto nell'indossarla per il timore di essere confusi con uno dei suddetti personaggi. L'ultima causa è da ritenersi , a mio avviso, alla base dell'aristocratico criterio di “unsuitability“ espresso da Jeeves nei confronti di una mess jacket, corredata per giunta da brass buttons, come quella tipicamente indossata da fattorini d'albergo e da elementi di bande musicali. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 28-12-2009 Cod. di rif: 4237 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Personalissime considerazioni (rif. all'Appunto 5070 ) Commenti: In una mail privata (che ho il permesso di riportare )lo scudiero Tommaso Pandolfo Fanchin mi chiedeva quali fossero le motivazioni nascoste , oltre quella palese di una mia preferenza per camicie da dinner jacket molto semplici e prive di fronzoli, eventualmente sottese all'immagine dell'Avvocato Agnelli da me presentata nel collage allegato al laconico appunto n° 5070. Tale immagine, raffigurante Agnelli con un dinner jacket monopetto sprovvisto di fusciacca o gilet sottogiacca, suscitava infatti in Lui notevoli perplessità ed un sentimento di disappunto proprio perchè ,a causa della mancanza di tali accessori, rivelava un insieme per nulla ortodosso ed al di fuori di quanto suggerito dalla tradizione e da un corretto dress-code. Considerando tale Lavagna il luogo adatto per esprimere anche opinioni personali non necessariamente condivisibili da tutti,naturalmente sforzandosi di restare sempre nell'ambito di una ricerca che abbia alla base rigorosi criteri di analisi, mi permetto di riportare in questa sede le mie motivazioni, peraltro già discusse con l'ottimo Fanchin. Sono da tempo interessato a ritrovare nell'Avvocato Agnelli le tracce di una ricerca ,da Questi perseguita ,verso un'eleganza ispirata dalla filosofia del sottrarre piu' che dell'aggiungere fino ad arrivare ad una sintesi essenziale. Naturalmente solo alcune grandi personalità possono osare su tale terreno molto infido ed avventurandosi su di esso credo che l'Avvocato seguisse le orme del Duca di Windsor che ritengo abbia per primo inaugurato tale nuova sensibilità,,anche se in un periodo storico diverso (e quindi con una diversa sensibilità) e nella piena convinzione di una rigorosa aderenza agli obblighi dettati dal rango.L'Agnelli non piu' giovanissimo si trovava in una stagione diversa quale quella che si raggiunge alla fine di un lungo percorso di profonda conoscenza e rigoroso rispetto delle regole.In tale singolare stagione, privilegio di pochi,il dress code puo' essere ormai ignorato e violato nella continua tensione verso un nuovo semplice magico equilibrio che rifugga da insiemi fatti da abiti ed accessori impeccabili, perfettamente assortiti secondo la norma. Naturalmente , come in ogni percorso individuale verso l'eleganza , alcune scelte possono talvolta essere condizionate da motivazioni, che potremmo definire accessorie, quali quelle dell'apparire e della seduzione, non intrinsecamente connesse a quelle piu' proprie all'eleganza maschile cosi' sapientemente individuate ed elencate dal Gran Maestro nel recente gesso n° 4226. Tali motivazioni aggiuntive potrebbero aver avuto un influenza non secondaria nel caso dell'Avvocato ,come recentemente rivelatomi da un autorevolissima personalità nel campo della storia e della cultura dell'abbigliamento classico maschile , per la quale la tendenza verso un 'eleganza essenziale era formente amplificata in Agnelli dalla sua ossessione (poco nota al grande pubblico) di apparire estremamente giovanile per aumentare il suo fascino sul mondo femminile. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 28-12-2009 Cod. di rif: 4238 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Correzione di un refuso Commenti: Chiedo scusa per il refuso , causato dalla scrittura elettronica: il gesso del Gran Maestro cui mi riferisco nel precedente gesso è naturalmente il 4236 e non il 4226. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 30-03-2010 Cod. di rif: 4308 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Un plauso al Cavalier Pollicelli Commenti: Insuperato Gran Maestro, Illustre Rettore, Stimati Cavalieri, nel Recente Gesso 4302 “ Un sasso nello Stagno” il Cavalier Pollicelli rilancia con brillante decisione ( e di cio' gli va certamente riconosciuto gran merito) un'idea che, pur serpeggiando ormai da qualche tempo tra noi appassionati,non era stata sino ad ora mai proposta con la forza e la convinzione che a mio avviso essa merita. Anch'io. in una mia corrispondenza del 14/11/2006 dal titolo "Thelondonlounge"nella Rubrica Posta del Gran Maestro,avevo seppur timidamente auspicato un'iniziativa che permettesse,attraverso la costituzione nel Nostro Ordine di una sorta di Club del tessuto , di commissionare , per i Cavalieri che vi avessero aderito, a Case produttrici di nicchia l'esecuzione di tessuti riproposti su disegni e materiali tradizionali e di acquistare tessuti esclusivi difficilmente reperibili sul normale mercato perché vintage e in metratura limitata. Sono convinto che una simile iniziativa, se intrapresa con tale filosofia e quindi sicuramente lontana da ogni rischio di contaminazione commerciale giustamente sempre temuta dal Gran Maestro , potrebbe incontrare il favore di molti dei Cavalieri e Simpatizzanti centrando nel contempo un obiettivo da molto tempo auspicato altrimenti non realizzabile. Con cavallereschi saluti Angelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 09-06-2010 Cod. di rif: 4355 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Al Sig. Pugliatti sul gesso 4354 Commenti: Egregio Pugliatti, grazie per aver voluto condividere su questa Lavagna,trascrivendola pazientemente, l'intervista al Duca di Windsor del 1961: un autentico gioiello che permette di individuare ,con storica autorevolezza, proprio all'inizio degli anni '60 l'inevitabile declino dell'"uomo elegante", gia' in nuce nell'immediato dopoguerra Con stima Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 13-07-2010 Cod. di rif: 4369 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Sfilate di moda maschile a Roma negli anni '50 Commenti: Riporto per gli Appassionati, riprendendoli dal Sito-Blog" www.thefedoralounge.com", gli indirizzi web dove è possibile vedere due brevi filmati tratti dall'Archivio Storico della British Pathè relativi alle sfilate di moda maschile tenutesi a Roma nel 1950 al Palazzo dei Congressi dell'EUR (ed anche per le strade della Capitale) in occasione del VI Congresso Internazionale dei Maestri Sarti. I due filmati appaiono a mio avviso interessanti in quanto ci permettono di:a) conoscere che negli anni '50 si svolgevano in Italia dei Congressi Internazionali dei Maestri Sarti (una sorta di Pitti Uomo avanti lettera ) in cui erano presenti proposte di abbigliamento maschile non solo italiane ma anche di Scuole straniere tra cui sicuramente quella britannica come è possibile dedurre da alcuni insiemi tipicamente "british “ presentati nel filmato ;2) ammirare moltissimi scorci di una bellissima Roma degli anni 50 non invasa dalle auto.Degno di nota la presenza di un giovane Corrado in qualità di presentatore delle sfilate http://www.britishpathe.com/record.php?id=72572 http://www.britishpathe.com/record.php?id=72573 Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 13-10-2010 Cod. di rif: 4422 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: La flanella che non c'è Commenti: La presentazione da parte dell'Illustrissimo Gran Maestro e del Dottissimo Rettore De Paz, nel corso della VI sessione di “ Dress Code” tenutasi lo scorso Sabato (09/10) a Bologna nell' Old Shop De Paz, di un tessuto in harris tweed realizzato in Scozia esclusivamente per i Cavalieri dell'Ordine Cavalleresco dei Guardiani delle Nove Porte ha fatto rinascere in alcuni di noi la speranza che per iniziativa dell'Ordine possano essere ricreati altri tessuti ormai introvabili per caratteristiche di tessitura, peso e mano. Una tale iniziativa era già stata auspicata da numerosi Cavalieri in svariati gessi a partire dal n° 4307 ad opera dell'Illustre cavalier Pollicelli che per primo ,lanciando un grido di dolore, aveva sottolineato la necessità di riportare alla vita tessuti storici dei quali si è ormai perso ogni memoria quali “ flanelle di peso superiore alle 13,14 once, saxony e cheviot con mani asciutte e scattanti, lini pesanti e non cotonati”. Pur consapevole della grande difficoltà dell'impresa ,sicuro di intrepretare il desiderio di moltissimi Cavalieri , mi permetto insieme al Cavalier Pollicelli (da cui ho ricevuto pieno supporto) di reiterare alle attenzioni dell' Illustrissimo Gran Maestro e del Dottissimo Rettore la richiesta che almeno un altro grande tessuto possa essere riportato alla luce per iniziativa dell'Ordine.Il pensiero va immediatamente ad una flanella (tessuto considerato a pieno titolo tra i piu' nobili) dalle caratteristiche come quelle già sapientemente descritte dal Cavalier Pollicelli nel gesso 4307:”una flanella di peso medio, per capirci almeno 18 once, magari grigio perla chiaro, miscelata a qualche filo giallognolo per dare un effetto vissuto che, pur mantenendo la mano morbida che deve avere questo tessuto, non produca nei pantaloni quelle pieghette a raggiera vicino al cavallo, che riescono a guastare la migliore giornata e garantisca una piega a lama di coltello che dura anni, se i pantaloni vengono stirati con un ferro del giusto peso. Alla data della presente potrebbe sembrare la descrizione della flanella che non c'è e non è mai esistita........”. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 25-11-2010 Cod. di rif: 4457 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Un interessante filmato sulla Sartoria Napoletana Commenti: I molteplici riferimenti presenti qui al Castello sulla grande tradizione sartoriale Napoletana, di cui alcuni anche recenti, rendono attuale segnalare la presenza al seguente indirizzo "http://vimeo.com/16443611" del trailer di un film - documentario sulla sartoria Napoletana dal significativo titolo di “O’ mast” ( che tradotto in italiano sta per il Maestro artigiano Capobottega) ad opera del regista GianLuca Migliarotti , filmato che dovrebbe apparire nella sua versione completa nel prossimo anno ,essendo ancora in corso di completamento.Nel breve trailer, con l’intermezzo di belle vedute di palazzi storici della Napoli elegante,sono presenti stralci di interviste a Mariano Rubinacci e Maurizio Marinella ed a molti Maestri della Scuola Sartoriale Napoletana tra cui Antonio Panico, Ciro Palermo, Pasquale Sabino ,Claudio Attolini ed Antoni Leonelli che ci forniscono qualche ghiotto ricordo della loro attività artigianale e del periodo del loro apprendistato iniziato per tutti molto precocemente e per qualcuno anche in età pre- adolescenziale. Il link per il trailer è stato da me ripreso dal Sito “www.thelondonlounge.net “ in cui esso veniva segnalato alla “Sezione The Bespoke Forum” da Mr. andreyb nel post “Trailer of a documentary on Neapolitan tailors". Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 01-12-2010 Cod. di rif: 4458 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: ” Rubinacci and the history of Neapolitan Tailoring ” Commenti: Il 18 Novembre u.s. ,con un dinner-party offerto da Mariano Rubinacci, è stato presentato presso l'Ambasciata Italiana a Londra l'atteso libro di Nick Foulkes ” Rubinacci and the history of Neapolitan Tailoring ”. Sul sito-blog www.marianorubinacci.net/club , dove è comparsa tale notizia, è possibile ammirare in alcune foto relative agli ospiti dell'elegante serata svariate dinner e smoking jackets tutte, a quanto dichiarato nel relativo articolo, di fattura dell'Atelier Rubinacci. Speriamo che il libro possa essere presto reperibile anche in italia. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 01-12-2010 Cod. di rif: 4459 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: ” Rubinacci and the history of Neapolitan Tailoring ”. Commenti: Apprendo sullo stesso sito www.marianorubinacci.net/club, da una risposta di Luca Rubinacci ad un quesito sulla sua comparsa nelle librerie , che il suddetto libro ,di cui sono state tirate solo 1000 copie in lingua inglese, sarà in vendita come opera da collezione solo presso i negozi Rubinacci. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 07-04-2011 Cod. di rif: 4480 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Dinner Jackets e camicie azzurrine : alcune ulteriori consid Commenti: Mi permetto di intervenire con alcune considerazioni sul dibattito in corso suscitato dal mio recente Appunto ( n°5537), dibattito che attesta pienamente attraverso il dispiegarsi della discussione,la mai sopita vitalità del Castello. In particolare ritengo utile qualche ulteriore precisazione in relazione alle seguenti problematiche, parti delle quali sollevate nei vari interessanti contributi sin qui' avutisi: a) ruolo di Esquire ed Apparel Arts nel riportare , negli anni '30 le tendenze reali dell'eleganza maschile. A tal riguardo ritengo non del tutto precisa la posizione di chi sostenga che, a differenza di Vanity Fair degli anni '20, Esquire ed Apparel Arts non dessero negli anni '30 un 'immagine fedele dei nuovi trends dell' abbigliamento maschile cosi’ come essi venivano proposti negli ambienti eleganti internazionali dall’aristrocrazia, dalle upper classes ed in genere dal “bel monsdo”; al contrario è da ritenersi che i due Magazines abbiano contribuito come nessun altro a diffondere nel mondo ,a partire dagli USA, quanto poteva effettivamente osservarsi nei quartieri eleganti di grandi Capitali e prime fra tutte Londra, nelle località internazionali sedi di prestigiosi eventi sportivi legati al mondo dei concorsi ippici, della nautica , del tennis quali ad es. Ascot, Epsom, Cowes, Newport , Henley Regatta, Wimbledon, etc. ) ed in famosissime località di vacanza (dalla Florida ai Caraibi ed alla Costa Azzurra). L’intervento dei redattori e dei disegnatori era pertanto,nella grande maggioranza dei casi, principalmente quello di far rivivere sulla pagina per molti quanto si veniva effettivamente proponendo negli ambienti eleganti maschili e di cui solo un gruppo di pochi privilegiati risultava testimone diretto; b)White dinner jacket e summer dinner jacket. I colori accesi e brillanti delle località tropicali dove nacque il white dinner jacket hanno via via ,nel corso del tempo, legittimato l’introduzione per le giacche, in aggiunta a quelle primigenie di bianco, avorio e crema, anche della tonalità “ burma” che in alcuni casi poteva anche tendere al grigio perla (vedasi l'appunto 3723 nel Taccuino dell’Abbigliamento) ed a partire dagli anni 50 anche di altri colori tra cui quelli chiari dell’azzurro,rosa e giallo banana(Appunto n°3939).Tali nuove tonalità consentono da un lato di usare per tali giacche il termine piu’ appropriato di “summer” dinner jacket rispetto a quello di “white” e dall’altro giustificano a mio avviso, con l’introduzione di nuove note di colore, anche l'uso nelle località di vacanza e nel periodo estivo di camicie celeste chiaro ,in grado di creare con giacche non azzurrine un piacevole ed armonioso contrasto; c)dinner suit. Molteplici sono stati i tentativi nella storia dell’abbigliamento maschile di introdurre camicie non bianche tra cui anche quelle azzurrine /celesti con dinner suits ma nessuno di essi ,con l'eccezione di quelle avorio/crema in seta, ha mai avuto successo ed incontrato una reale diffusione. Tale riscontro , osservabile anche per altre varianti di capi ed accessori di abbigliamento, credo supporti pienamente la veridicità della tesi espressa nel dibattito secondo la quale non tutte le tendenze, riportate o proposte su Esquire ed Apparel Arts , abbiano poi avuto un reale successo e come molte di queste siano state presto abbondonate e non piu’ riportate alla luce.L’insuccesso nel nostro caso delle camicie celesti credo sia principalmente dovuto al principio/dogma, consacrato dalla tradizione e dalla storia del vestire maschile, secondo il quale (citando letteralmente quanto recentemente espresso dall’Illustrissimo Gran Maestro) “il candido è una soluzione non criticabile dettata in gran parte dalla fede” e “la camicia candida è la regina del guardaroba maschile cui ogni capo deve inchinarsi”. Per quanto riguarda i blue midnight dinner è sempre mia opinione che le camicie celesti si sposino perfettamente con essi creando anche in questo caso un abbinamento piacevole e per nulla vituperabile a meno che non ci si trovi in occasioni molto formali. Appannaggio di pochi ritengo invece che debba considerarsi il cimentarsi con l' uso di tali camicie in associazione a dinner neri. A loro supporto e sostegno ritengo utile riportare quanto scritto da Alan Flusser nel suo libro “Clothes and the Man; the Principles of fine Men’s Dress (1991) alla fine del capitolo Formal Wear , Paragrafo “Interesting Options “ : “The greatest modern dressers have always expressed their individuality by bending-though not breaking-the rules. This has been true even in formal wear. If your evening clothes are grounded in the classics, there is no reason you can't add your own particular stamp.If the whim strikes you, here are some possible interesting options you might try……………………… For a different formal shirt, one might try a pleated front in ivory, blue, pink, or yellow in cotton or silk. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 11-04-2011 Cod. di rif: 4485 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Camicie celesti e dinner jackets:ulteriori considerazioni Commenti: Il Gesso dell'Illustrissimo Gran Maestro(n°4484) in cui la problematica dell' associazione camicie celesti/dinner jackets viene superbamente inquadrata,attraverso un rigorosa metodologia di analisi,nella sua giusta cornice storica mi offre la possibilità per alcune ulteriori considerazioni utili per una piu' chiara estrinsecazione di quelli che ritengo fossero i due principali aspetti contenuti nel mio Appunto 5537 (Dinner Jackets e camicie azzurrine). Aspetto individuale: esso riguarda un personalissimo punto di vista estetico in cui uno scarso amore per le camicie bianche risulta alla base dell' ipotesi di un uso di una camicia celeste chiaro (questa si' amatissima) persino in occasioni serali in cui venga richiesta la cravatta nera. Il messaggio legato a tale aspetto puo' definirsi di minore rilevanza in quanto non ambisce di essere socializzato né di andare oltre la sfera individuale; Aspetto generale: questo si riferisce ad una visione dell'eleganza maschile tesa ad ottenere ,attraverso una lente che rifiuti di soffermarsi sull'ovvio, una prospettiva piu' ampia in cui il mondo classico possa essere osservato in tutte le sue piu' variegate sfaccettature comprendenti sia gli esempi piu' rigorosi di adesione alle regole del dress code sia quelli di un adattamento di tali regole alla sensibilità estetica individuale (bending the rules ) sia quelli di una loro violazione(breaking the rules).Tale aspetto,presente anche in altri miei recenti interventi quali gli Appunti 5507 ed 5522 ed il Gesso 4480,è stato a mio avviso pienamente colto dall'ottimo Mocchia di Coggiola nell'Appunto 5540. Poiché ritengo che il vertice dell' intera ricerca svolta sin qui'al Castello sull'abbigliamento classico maschile sia stato raggiunto con l'acquisizione teorica, ad opera del Gran Maestro,della consapevolezza della morte del classico e dell'individuazione della necessità storica di conservarne l'immenso patrimonio, tra i compiti di testimonianza spettanti a quanti hanno a cuore oggi la non dispersione di un tale tesoro credo non siano da ritenersi di minore importanza quelli finalizzati alla riproposizione, anche in assenza degli adeguati contesti, di esempi che pur restando nel grande alveo della classicità avevano indicato la via di una diversa sensibilità estetica. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 24-05-2011 Cod. di rif: 4501 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Nastrini rossi e braccialetti Commenti: Illustrissimo Gran Maestro, corrisponde perfettamente al vero quanto riportato dall'Illustre Cavaliere Villa sul significato dei nastrini rossi al polso di Mariano Rubinacci. Ricordo infatti che lo stesso Rubinacci, in uno degli Incontri Cavallereschi di qualche tempo fa presso la London House in Napoli, spiegò a noi presenti l’abitudine familiare di confermarsi nel giorno di Natale con un nastrino rosso unità ed affetto reciproco. A conferma di cio’ è possibile notare nelle foto disponibili in rete un analogo nastrino rosso al polso del figlio Luca (cosi’ come credo possa osservarsi anche a quello delle due figlie) . Per quanto riguarda il Principe di Galles Carlo ,raccolgo volentieri il Suo invito a contattarne la Segreteria per chiedere quale significato sia sotteso all’abitudine del Principe di indossare un braccialetto al polso destro. Per far cio’ occorrerà qualche tempo in quanto una tale richiesta potrà essere fatta solo attraverso lettera da inviare direttamente alla Clarence House; infatti sul Sito del Principe Carlo, data la notevole quantità di contatti e richieste che vi pervengono , non sono previste risposte individuali. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 25-01-2012 Cod. di rif: 4559 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Risposta all'Appunto 5778 “camicia celeste e dinner jacket”. Commenti: Il recente Appunto n° 5778 ad opera del Maestro Mocchia di Coggiola contiene alcune notazioni polemiche sulle quali, per educazione e sensibilità personali cosi' come per rispetto della Sede che ci ospita, preferisco sorvolare. Non posso esimermi pero' da alcune osservazioni di carattere piu' generale, rimandando per ulteriore precisazioni a quanto già da me espresso sull'argomento in questione nei Gessi 4480 e 4485 di questa Lavagna . - Gli “Orrori “ , non solo nel campo dell'Abbigliamento ma in tutte le attività dell'uomo , vengono a determinarsi a mio giudizio quasi sempre come conseguenza dell'associazione di due diaboliche qualità negative quali presunzione ed ignoranza.Le suddette caratteristiche ,che risultano accomunare sia i diretti generatori di tali “Orrori” sia coloro che in maniera diretta o indiretta li approvino od ammirino , sono per contro senza ombra di dubbio del tutto estranee a quanti in questo luogo si sforzano di tener vivi con i loro interventi l'interesse ed il dibattito sul tema dell'Abbigliamento classico maschile. -Dagli esempi cui mi sono sempre ispirato ho mutuato l'insegnamento di attenermi nella pratica personale costantemente ad un abbigliamento aderente alla tradizione classica con la sola deroga di introdurre (quando anche reso possibile da un contesto appropriato) in un insieme rigorosissimo non piu' di una nota per volta che qui potrebbe essere definita come piu' “ vivace” ,“smart” o “flamboyant”. Ed è proprio in quest'ottica che è da inquadrarsi la mia ipotesi di utilizzare l'unica variante della nota di colore delle camicia in associazione alle altre componenti di abito ed accessori, tutte pienamente rispettose del dress code richiesto per “black tie”. Alla luce di cio' sia l'idea di sperimentazione estetica che gli esempi iconografici da me portati sono da considerarsi sideralmente distanti dall' abbigliamento clownesco e volgare ritratto nell'immagine allegata all'Appunto 5778. -Influenzato dalla mia formazione scientifica ho sempre cercato di portare nei miei interventi lo stesso rigore di analisi, fino a sfiorare talvolta la pedanteria, pur nella consapevolezza di partecipare con essi ad un grande “Gioco” inteso nel senso piu' nobile del termine . I risultati ottenuti con tale metodologia analitica non sono mai stati uilizzati da me come da altri per giustificare personali ossessioni estetiche quanto piuttosto per comprendere quando possibile le radici dell'Abbigliamento classico maschile e documentarne le principali tappe evolutive. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 06-10-2012 Cod. di rif: 4651 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: La nuova sede in Napoli della Rubinacci-LH Commenti: Illustri Cavalieri,Egregi Visitatori, il giorno 11 Ottobre prossimo verra' ufficialmente inaugurato il nuovo negozio Rubinacci(con associata sartoria) nella nuova Sede in Palazzo Cellammare al n°149 di Via Chiaia, Napoli.Una boutique Prada aprira' a breve la sua attivita' negli storici locali della London House di Via Filangieri 26, ceduti in affitto dalla Famiglia Rubinacci.Sul significato profondo di un tale trasferimento si e' gia' discusso abbastanza qui' al Castello e quindi non credo siano opportuni ulteriori commenti. Presso il sito/blog www.gentlemansgazette.com, diretto dal Cavaliere Sven Raphael Schneider (vedi Appunto 5952- Taccuino dell'Abbigliamento), e' possibile ammirare in anteprima alcune foto della nuova Sede. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 25-02-2013 Cod. di rif: 4714 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Ulster e Polo Coat – Risposta al gesso 4708 Commenti: Egregio Sig. Lenzi, avendo cercato di delineare nell'Appunto 6120 dal titolo “The Wait Coat” “ una brevissima storia dell'evoluzione del Polo Coat mi permetto di rispondere alla Sua richiesta di chiarimento circa i rapporti tra Ulster e Polo Coat tentando di precisarne in qualche modo le similarità e le differenze. Per far cio' mi sembra utile riassumere in primo luogo le caratteristiche dell'Ulster o Great Coat, già piu' volte ricordate sia sul Taccuino che sulla Lavagna della Porta dell'Abbigliamento dal Gran Maestro e dal Rettore De Paz come da altri Cavalieri tra cui il Cavaliere Longo. Tale capo, prima di consolidarsi in stilemi ben precisi, nel corso del tempo ha conosciuto una principale tappa evolutiva intorno al primo decennio del XIX secolo essendo nei decenni precedenti rappresentato da un soprabito in tessuto pesante molto chiuso al colletto, provvisto di martingala e di una mantellina lungo sino alla vita. In breve tali le peculiarità dell'Ulster: 1)foggia militare dalla linea diritta (boxy) con abbottonatura lunga a doppiopetto a 6 od 8 bottoni, realizzato in tessuti di gran peso(principalmente tweeds ma anche altri cardati dal peso di 20 once in su) dai vari colori e patterns, quest'ultimi rappresentati principalmente da overplaids piuttosto marcati, Glen Urquharts, herringbones o piccoli quadri; 2)collo e revers, molto piu' ampi che nei normali soprabiti a doppiopetto, che danno luogo ad un'abbottonatura che si chiude sino al collo per poter garantire una protezione perfetta nella stagioni fredde. Tale configurazione viene definita come “reversible collar “ nella terminologia anglosassone e come “collo a doppio uso “nella terminologia italiana; 3) il collo ed i revers nei capi piu' tradizionali risultano terminalmente orientati in basso o si incontrano su di una linea orizzontale; 4)tasche a toppa od a filo con pattine , orientate orizzontalmente od obliquamente,,con presenza talvolta di taschino al petto ricoperto o meno anch'esso da pattina ; 5)giromanica verticale e paramani alle maniche; 6)presenza di martingala sbottonabile che raccoglie in due pieghe laterali l'ampiezza posteriore o si adagia su di una fonda che parte dal centro schiena con bottoncini sbottonabili nella parte terminale. Quando un Polo Coat (capo dal tessuto esclusivamente in camel hair ) viene realizzato con le caratteristiche sopracitate che sappiamo caratterizzare la versione definita "classic" introdotta negli USA da Brooks Brothers all'inizio degli anni'20 del secolo scorso, esso deve essere considerato come una variante dell'Ulster. Nelle altre configurazioni (cfr.Appunto 6120) esso risulta essere invece dotato di propria autonomia. In conclusione, per sommarizzare in maniera concisa le caratteristiche di ciascun capo, potrebbero essere usate le seguenti definizioni di reciprocità:l'Ulster si caratterizza per uniformità di foggia e per ampie variazioni nei colori e nei patterns dei suoi tessuti costitutivi; il Polo Coat possiede invece uniformità nel tessuto (il camel hair pur con leggere variazioni di tonalità piu' o meno chiare) ed ampie variazioni di foggia. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 25-02-2013 Cod. di rif: 4715 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Ulster e Polo Coat – Risposta al gesso 4708. Correzione di u Commenti: Per un refuso , di cui mi scuso, al sesto rigo del gesso 4714 è comparsa erroneamente , con una distorsione nella comprensione del testo ,l'espressione “secolo XIX “al posto di “secolo XX.” Ai fini di una corretta comprensione la parte di frase va cosi letta : “...... nel corso del tempo ha conosciuto una tappa evolutiva intorno al primo decennio del XX secolo essendo nei decenni precedenti .............................”. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 28-02-2013 Cod. di rif: 4717 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Risposta al Gesso 4716 Commenti: Egregio Sig. Volponi, la cintura con o senza fibbia nasce come componente funzionale nel Polo Coat a vestaglia/accappatoio in quanto necessaria a raccogliere in vita un capo molto ampio ed a chiuderlo in particolare quando esso era totalmente privo di abbottonatura. Con l'introduzione all'inizio degli anni '20 da parte della Brooks Brothers della versione a doppiopetto (configurazione poi sposata da altre Case sia statunitensi che britanniche), la cintura perde parte della sua importanza funzionale per acquistare una valenza prevalentemente estetica. A partire da quegli anni infatti compaiono sulla scena Polo Coats a doppiopetto sia con cintura che con martingala , come anche documentato dai 3 esempi di Polo Coats presenti nel collage dell'Appunto 6120, tutti privi di cintura e con martingala. Alla luce pertanto dell'evoluzione conosciuta dal Polo Coat dall'inizio degli anni '20 in poi, sembra corretto affermare che la cintura non possa più' essere considerata come un particolare costitutivo e caratteristico di tale soprabito. Per quanto riguarda invece i rapporti tra Polo Coat ed Ulster posso solo ribadire quanto già' affermato nel Gesso 4714 e cioè' che i Polo Coats a doppiopetto che presentino gli stilemi dell'Ulster ed in particolare collo e revers ampi con orientamento orizzontale od obliquo in basso delle parti terminali debbano considerarsi come varianti dell'Ulster o se si preferisce come Ulster nella configurazione di Polo Coat. Tutte le altre versioni quali quelle a vestaglia con cintura e quelle a doppiopetto con cintura o martingala ma con collo dalle dimensioni più' contenute e revers chiaramente a lancia ,come nell'inserto b del collage all'Appunto 6120 , debbano a mio giudizio essere identificati come "puri" Polo Coats. ritengo doveroso infine sottolineare, in ossequio ad una rigorosa metodologia di richiesta sempre richiesta qui al Castello, che tale mia analisi non sia da ritenersi esaustiva ma che possa essere arricchita ed affinata con il contributo di ulteriori interventi. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 17-04-2013 Cod. di rif: 4736 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: I migliori mohairs. Risposta al Gesso n°4735 Commenti: Egregio Sig.Gigante, i migliori tessuti in kid mohair sono da sempre realizzati dalla storica Ditta inglese William Halstead con sede a Bradford, cittadina localizzata nel West Yorkshire(UK),che li produce insieme ad altri tessuti worsted fin dal 1875. William Halstead è anche l'unico produttore al mondo che abbia la licenza di tessere, distribuendolo pertanto anche ad altre Ditte, il famoso Camdeboo mohair proveniente dalla omonima regione del Sud Africa, leader nella produzione mondiale di tale fibra. Nella tirella “British Mohairs “ di tale Ditta potrà trovare un'ampia collezione di tessuti worsted dal peso compreso tra i 200 e 400gm/mt con varie percentuali (a partire dal 14%) di fibre di summer kid (proveniente da caprette di 6 mesi), di kid (12 mesi), young (18 mesi)ed adult(dai 24 mesi in su) fino ai prestigiosi tessuti in 100% mohair con fibre pregiate e molto fini fino al diametro di 23 micron. Uno degli abiti che indosso con maggior piacere nel periodo Maggio-Settembre e' in un tessuto worsted sharkskin, dal peso di circa 280 gr.con una percentuale del 14% di summer kid mohair, prodotto proprio dalla Halstead ed acquistato circa 8 anni fa'. L'abito,in una tonalità royal blue, è monopetto a tre bottoni ,nella classica configurazione della giacca napoletana “three rolled to two”. Uniche le caratteristiche di comfort, resistenza alle pieghe e traspirabilità associate ai ben noti pregi di luminosità e risposta alla luce proprie del mohair. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo nocera Data: 23-04-2013 Cod. di rif: 4738 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Mohair primaverili - Risposta al gesso 4737 Commenti: Egregio Sig.Volponi, l'impiego di fibre di mohair miste a lane(in genere merinos)conferisce ai tessuti, cosi' composti, traspirabilità e quindi freschezza, corpo e resistenza alle pieghe, luminosità e brillantezza. Per tale motivo le alti percentuali di mohair, quali ad es. 60/40 ,70/30 (raccomandando che queste siano sempre di summer kid per attenuare la rigidità delle fibre e la loro mano pungente), a mio avviso sono piu' adatte alla stagione estiva, che richiede tessuti piu' freschi e consente l'uso di tessuti piu' luminosi, che alla stagione primaverile. Per quest'ultima ritengo invece ideali tessuti con percentuali di kid mohair intorno a 20/80 – 30/70 e con pesi che possono arrivare fino alle 11 once, che garantiscono traspirabilità, luminosità e corpo giusti per il periodo. Per quanto concerne la costruzione foderata o sfoderata ritengo, potendo le giacche sfoderate essere indossate in tutte le stagioni, che la scelta debba essere esclusivamente dettata dal gusto personale non dimenticando però che nel caso di tessuti un po' piu' rigidi quali quelli in mohair quella sfoderata possa dare alle giacche un effetto, citando una felice a espressione del Gran Maestro, piu' "svolazzante" non sempre a tutti gradito. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 26-08-2013 Cod. di rif: 4771 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: I "civilian tailors" del Principe Carlo. Risposta al Gesso 4 Commenti: Egregio Sig.Moradei, provero' a rispondere ai quesiti da Lei posti nel Gesso 4768 relativi alle motivazioni presenti alla base del temporaneo passaggio del Principe Carlo, per i suoi abiti civili e da città, dal bespoke rappresentato principalmente dalla Sartoria Anderson & Sheppard (A&S) al made to measure.Uso prudentemente il provero' in quanto sulle suddette motivazioni, sia sulla stampa specializzata britannica che nei vari blogs internazionali dedicati all'abbigliamento classico maschile, sono state fornite svariate ipotesi tra loro diverse. A mio giudizio tra queste è possibile isolarne due piu' importanti che sommate possono aver concorso alla momentanea interruzione del rapporto con A&S. La prima è costituita dalla situazione verificatasi intorno al 1995 in A&S con la perdità dei suoi tre principali head cutters nelle persone di Colin Harvey,Dennis Halberry e Brian Russell. Harvey infatti mori' proprio in quell'anno, Halberry(con il quale sicuramente Carlo ebbe i contatti piu' stretti in quanto cutter della gran parte dei suoi abiti) proprio in quel periodo si ritiro' in pensione mentre Russell passo' alla sartoria Tom Brown , fornitrice negli ultimi due secoli delle divise per gli studenti di Eton. La mancanza di referenti qualificati all'interno della A&S contribui' a suscitare sicuramente nel Principe Carlo una pausa di riflessione sulle sue future scelte sartoriali, rafforzata anche da quella che io considero la seconda principale motivazione, rappresentata dalla consapevolezza di poter disporre di un guardaroba estremamente ampio, manutenuto con grande attenzione ed amore e non necessitante di urgenti ulteriori arricchimenti. Di qui naturale il passaggio negli anni successivi alla reltà sartoriale del made to measure, sicuramente meno impegnativo per il numero di prove e probabilmente anche meno costoso.A tale riguardo la scelta non poteva non cadere che su di un Azienda britannica quale la Chester Barrie che nel corso delle sue varie trasformazioni ed acquisizioni negli anni aveva portato,a partire dal 1935, le conoscenze tecniche e stilitische del bespoke londinese di Savile Row nel mondo del ready to wear e piu' recentemente del made to measure , diffondendo a livello internazionale abiti già pronti dal taglio rigorosamente inglese attraverso numerosi punti di vendita quali Harrods, Selfridges , Turnbull & Asser ,Saks Fifth Avenue in New York ed a partire dal 1981 fornendo abiti dalle suddette caratteristiche per Huntsman e dal 1998 per la linea”purple label “di Ralph Lauren .La Cheshire Bespoke è attualmente l'Azienda dove si producono abiti, rigorosamente tagliati a mano, per il marchio Chester Barrie. Il lungo rapporto del Principe Carlo con la Turnbull & Asser, suo ufficiale fornitore di camicie con detenzione di specifico royal warrant e distributore di abiti ready to wear e made to measure prodotti dalla Cheshire Bespoke, ha sicuramente influenzato la scelta di Carlo di tale Azienda per i propri abiti non bespoke.Per quanto riguarda il ritorno di Carlo ad A&S, in aggiunta ad una certa continuità di rapporto con tale Sartoria garantita dal fatto che per la manutenzione e riparazione di abiti prodotti dalla A&S oltre che da Thomas Mahon alcuni di questi possano essere stati portati anche alla casa madre, mi limito a riportare il rumor che esso possa essere stato sollecitato dal fatto che il Principe Carlo abbia avuto in regalo intorno al 2009 un buono per un abito presso la A&S. In relazione alla sua ultima domanda se la Cheshire Bespoke abbia fornito al Principe gli abiti monopetto di cui si è recentemente parlato nella Porta dell'Abbigliamento non so darle alcuna risposta; non posso non sottolineare pero' che abiti e soprabiti bespoke per Carlo sono stati sempre anche forniti dalla Gieves and Hawkes che attualmente detiene, a differenza della A&S, il royal warrant del Principe di Galles come civilian tailor. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 22-09-2013 Cod. di rif: 4778 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Risposta al Gesso 4772 Commenti: Egregio Sig. Moradei , il quesito da Lei posto nel Suo recente gesso(n°4772) è di non poco rilievo, almeno per quanti si interessino alla realtà attuale del bespoke in Gran Bretagna (patria indiscussa negli ultimi due secoli dell'eleganza maschile) e richiede alcune premesse a mio avviso necessarie per affrontare in maniera non approssimativa la problematica di una caduta qualitativa , almeno per alcune tipologie di abiti, della Sartoria britannica ed in particolare di quella londinese rispetto a quella italiana: i)Dopo un lungo periodo di crisi a partire dall'inizio degli anni'80, dovuto sia ad una mancanza di domanda che alla progressiva carenza di artigiani qualificati per la scomparsa od il ritiro dall'attività di vecchi maestri,il mondo sartoriale di Savile Row, grazie ad un rinnovato interesse a livello internazionale per gli abiti bespoke e per la grande qualità artigianale, ha conosciuto una ripresa negli ultimi anni. Attualmente pero'a tale ripresa si stanno associando delle profonde trasformazioni nell'identità originaria e nella “mission” delle “Tailoring Houses “londinesi, dovute principalmente ad un fenomeno di concentrazione nelle mani di grossi investitori internazionali di alcune storiche Sartorie della Row. Tipico è il caso della Compagnia privata di Investimenti Fung Capital, con base ad Hong Kong, che ha attualmente acquisito tre storici marchi londinesi quali Gieves & Hawkes, Hardy Amies e Kilgour, costituendo un portfolio ad hoc denominato”Savile Row Brands”,con l'obiettivo di trasformarli in brands internazionali di abbigliamento maschile ready-to-wear (abiti ed accessori) in grado di competere con altri importanti Gruppi quali Ermenegildo Zegna, Hugo Boss e Brioni. A mo' di foglia di fico per questa grande operazione commerciale la suddetta Compagnia ha dichiarato di voler costituire in Savile Row un centro di eccellenza per la formazione di una nuova generazione di giovani sarti al fine di non fare estinguere l'enorme patrimonio di conoscenze tecnico-stilistiche e di capacità artigianali,storicamente creatosi in Savile Row. Inoltre altre Case Storiche quali Huntsman stanno sempre piu' espandendo il settore del ready to wear e del made to measure.Il fenomeno di assorbimento da parte di Gruppi stranieri non accenna a fermarsi e nel giro di qualche anno l'intera Savile Row potrebbe essere in mani cinesi e russe. ii)Non è aleatoria la minaccia dell'ingresso di stilisti e fahion designers,con le conseguenti contaminazioni, nelle realtà piu' rigorose e tradizionali del bespoke londinese. Ad es.la Huntsman ha recentemente acquisito(dal gennaio 2013)come Direttore Creativo e Comproprietario della Casa insieme al socio Pierre Lagrange,il fashion designer Roubi L’Roubi, apprezzato a livello internazionale anche,se non principalmente, come stilista nel campo della sartoria e della moda femminile. 3)indipendetemente dalla qualità del taglio e tralasciando la maggiore stiffness delle giacche inglesi (dovuta ad una diversa tecnica costruttiva) rilevabile anche negli esempi cosiddetti di “soft tailoring” quali quelli realizzati da Anderson & Sheppard, maggiori sono a mio avviso le differenze stilistiche tra la sartoria inglese e quella italiana per quanto riguarda le giacche monopetto rispetto a quelle doppiopetto.Le giacche monopetto inglesi presentano infatti delle pecularità stilistiche non presenti in quelle italiane, costituite principalmente da una tipica linea a clessidra per il punto di vita sempre molto segnato e da quarti anteriori in basso poco aperti e squadrati cui si associano spesso anche ,nel caso di revers dentellati,angoli d'incontro piu' ampi tra collo e baveri per una maggiore inclinazione in basso del margine superiore di questi ultimi.Tale tipologia, lontana dal gusto italiano, non viene sempre da noi apprezzata e cio' costituisce una sorta di pregiudizio (da cui non sono nemmeno io esente) che porta talvolta a considerare una giacca inglese monopetto,anche di grande linea e qualita', inferiore a quella italiana sul piano del risultato estetico. Alla luce di fenomeni attualmente presenti nel mondo del bespoke britannico quali quelli, espressi nei prini due punti,di grandi concentrazioni ed operazioni commerciali , di slittamento verso il ready-to-wear e di contaminazioni stilistiche, appare inevitabile la caduta qualitativa della sartoria inglese rispetto a quella italiana con l'eccezione degli abiti formali da sera e mattina dove Savile Row detiene ancora, a causa di una domanda interna ed internazionale mai crollata ,un 'indiscussa supremazia.La struttura del mondo sartoriale italiano, con l'esclusione di alcune importanti Sartorie note anche a livello internazionale soprattutto grazie alle grande visibilità loro offerta da Internet attraverso i numerosi blogs dedicati all'abbigliamento classico maschile, si compone per la gran parte di piccole realtà artigianali e cio'ne garantisce ancora una sapienza tecnica ed una qualità di notevole spessore. Non è un caso pertanto che gli esempi sartoriali migliori del mondo inglese, anche nel campo delle giacche monopetto, provengano da piccole sartorie condotte da artigiani formatisi nelle grandi Sartorie di Savile Row. Già noti su questo Taccuino i nomi di due discepoli della Anderson & Sheppard quali Thomas Mahon e Edwin De Boise. Gli abiti prodotti da quest'ultimo,titolare della sartoria "Steed", sono stati già commentati negli Appunti 5515, 5516 e 5517 a firma del Sig. Pugliatti e 5547 a firma del Gran Maestro. Mi piace qui aggiungere alla lista un altro astro emergente del bespoke londinese quale Karl Matthews (www.karlmatthews.co.uk), anche'egli formatosi alla scuola della Anderson & Sheppard presso cui aveva lavorato per dodici anni prima di mettersi in proprio.Di Matthews,in parallelo con tale gesso, riporto nel Taccuino quattro esempi recenti di giacche monopetto, a mio giudizio dal taglio apprezzabile e significativamente esemplari della sartoria inglese sul piano della linea e dello stile. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 03-10-2013 Cod. di rif: 4781 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Risposta al Gesso 4779 Commenti: Egregio Sig.Moradei, le Sue ultime osservazioni mi permettono di effettuare alcune ulteriori precisazioni circa il confronto sul piano qualitativo tra le giacche monopetto di fattura inglese e quelle di fattura italiana: a)Ritengo fuori di dubbio che confrontando gli esempi migliori delle due scuole non si possa assolutamente parlare di superiorità delle une verso le altre esprimendo esse stili e visioni di eleganza differenti. Nelle linee asciutte e pulite delle giacche inglesi monopetto, anche degli abiti completi, è sempre possibile cogliere infatti una matrice sportiva , derivando tali linee principalmente da quelle delle riding jackets del mondo dell’equitazione.Non è possibile notare una tale influenza nelle giacche italiane che, anche in quelle non napoletane, esprimono sempre una nota piu’ contemplativa e di maggiore rilassatezza. Gusto e sensibilità diverse sono pertanto alla base della scelta verso l’una o l’altra tipologia e ne guidano di conseguenza il maggior apprezzamento per una delle due. b)Il dato della presenza oggi di esempi piu’ felici di giacche monopetto nella sartoria italiana rispetto a quella inglese riflette a mio avviso, quando non si considerino le differenze stilistiche ma solo l’sapetto armonico del risultato finale, solo la maggiore ricchezza attuale, sul piano delle capacità tecniche e di qualita’ e finezza nella costruzione dei capi, della sartoria italiana( come già sottolineato nel mio gesso precedente). Tale differenza risulta maggiormente evidente nelle giacche monopetto rispetto a quelle doppiopetto richiedendo le prime, a mio personalissimo giudizio, una piu’ alta maestria per il raggiungimento di un risultato finale di eleganza ed armonia. L’effetto fasciante e maggiormente coprente, presente nelle giacche doppiopetto, permette infatti di nascondere eventuali difetti di costruzione non perdonabili nelle giacche doppiopetto. c)Per quanto riguarda la ormai pluridecennale preferenza del Principe Carlo verso le giacche doppiopetto, credo che tale scelta non esprima un giudizio di superiorità della scuola britannica nella realizzazione di tali giacche ma voglia piuttosto significare,anche nell’abbigliamento, il senso di appartenenza dei rappresentanti maschi della monarchia inglese verso il mondo militare ed in particolare il legame fortissimo con quella che viene considerata la “Senior Army” e cioè la British Royal Navy. Approfitto di questo gesso anche per rispondere ad un quesito, già insito nei Suoi gessi, recentemente riproposto dal Sig.Cattani e cioè se “ sia nel monopetto l'autentico stile inglese”. A tal proposito ritengo che la domanda non sia del tutto propriamente posta essendo predominante il contributo dato negli ultimi due secoli dal mondo britannico all ’eleganza classica maschile e quindi permeando lo stile inglese tutti gli aspetti del vestire maschile contemporaneo. In particolare è proprio sull’osservazione delle giacche doppiopetto del Duca di Kent e del Duca di Windsor che si è storicamente consolidata una gran parte dell’ammirazione del mondo elegante internazionale per gusto e sensibilità britanniche nell’abbigliamento maschile. Riformulerei pertanto la domanda chiedendoci se proprio nelle giacche monopetto l’altra grande scuola sartoriale e cioè quella italiana si sia storicamente maggiormente diversificata da quella inglese: naturalmente la mia risposta è si’. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 12-10-2013 Cod. di rif: 4785 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Risposta al Gesso 4783 Commenti: Egregio Sig.Moradei, due sono i mondi che hanno influenzato gli stilemi dei capispalla utilizzati nell' abbigliamento classico maschile : quello militare e quello degli sports . Per quanto riguarda le giacche, a differenza di quelle doppiopetto di chiara derivazione militare, quelle monopetto riconoscono la loro matrice, come gia' dicevo nel mio ultimo Gesso, nell' ambito delle attivita' sportive legate al mondo dell' equitazione , comprese quelle ludiche quali le uscite a cavallo in campagna , potendosi ricondurre le loro caratteristiche di stile e di linea alle riding e hacking jackets .Tali diverse origini ne hanno anche determinato i rispettivi diversi livelli di formalità' , consegnando alla giacca monopetto un attributo generalmente più' informale rispetto a quella doppiopetto ed assegnandole di conseguenza anche una vocazione particolare per tessuti corposi e/ o rustici quali i woolen Cheviots , gli shetlands ed i tweeds di chiara derivazione dal mondo country e dalle attività sportive in outdoo , tessuti soprattutto gli ultimi due pochissimo adatti se non del tutto inadatti alla tipologia doppiopetto. Per i suddetti motivi non e' possibile attribuire ai due i tipi di giacca , come da Lei ipotizzato , una matrice comune quale quella militare. E' doveroso pero' sottolineare un aspetto che nella Sartoria britannica le accomuna , gia' brillantemente colto dal Sig. Cattani nel suo ultimo Gesso, rappresentato dalla costruzione molto strutturata presente generalmente in entrambe le tipologie . Tale tipo di costruzione e la conseguente impronta di stiffness che e' possibile cogliere in tutte le giacche di fattura britannica sono si' dovute all' influenza del mondo militare , storicamente sempre presente nella Sartoria Inglese , essendo la gran parte delle principali " Houses " tradizionalmemte specializzate sia in "military " che in "civilian tailoring ". Cordial mente. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 23-10-2013 Cod. di rif: 4790 E-mail: angelonocera@yahoo.it Oggetto: Risposta al Gesso 4788 Commenti: Egregio Cavalier Villa, chiamato in causa da Lei per la mia assidua frequentazione di cravatte in maglia di seta , proverò a rispondere al Suo quesito, esprimendo il mio personalissimo punto di vista circa una loro eventuale appropriatezza per un esclusivo uso estivo. Il mondo classico ha affidato, in relazione alle cravatte, chiari attributi di stagionalità estiva ai seguenti materiali e tipi di tessiture: cotone, misti cotone /seta tra cui le stoffe con tessitura seersucker,lino anche in associazione a cotone o seta e le cosiddette “raw silks” quali shantung e tussah.Per quanto riguarda quella particolare famiglia di cravatte in sete tinte in filo, rappresentata da quelle in garza a giro inglese, da quelle con tessitura grenadine (queste due entrambe woven) e quelle in maglia (knitted), pur avendo esse una vocazione per la bella stagione non possono a mio avviso, con l'eccezione di quelle in tonalità chiare e di quelle in maglia a righe orizzontali di diverso colore, considerarsi come idonee ad un utilizzo selettivo in tale periodo. In tonalità scure, in tinta unita od a fantasia quali quelle in maglia con pois a contrasto, esse sono adatte ad essere indossate non solo in estate ma anche nelle altre stagioni purchè associate ad abiti o blazers in tessuti pettinati, comprese flanelle leggere di tali caratteristiche. Infatti tali cravatte non amano essere abbinate a tessuti rustici quali tweeds, shetland ed altri cardati. Nelle tinte unite di navy blu, nero e bordeaux scurissmo, l'intera famiglia, comprese quelle in maglia erroneamente considerate “informali, rappresenta a mio giudizio, la scelta piu' raffinata e “stylish “ per serate eleganti in abbinamento ad abiti scuri. Cavallerescamente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 18-07-2014 Cod. di rif: 4873 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: Evelyn Waugh:vestire bene senza essere dei "millionaires" Commenti: Ritengo interessante, per quanti tra gli Appassionati frequentatori del Castello non lo avessero in tutto od in parte già letto su qualche blog internazionale dedicato all'abbigliamento classico maschile, riportare in questa sede in versione originale il brano di seguito allegato, opera dello scrittore londinese Evelyn Waugh (1903-1966. Tale articolo dal titolo “Beau Brummels on £60 a Year" venne scritto da Waugh, uomo di squisita raffinatezza e grande conoscitore del mondo maschile nella società britannica, nel 1929. L'insieme dei suggerimenti in esso contenuti, elaborati nel contesto della realtà sociale della upper middle class londinese di quegli anni anni cui Waugh apparteneva, si proponeva come una guida utile in quel periodo alla realizzazione di un guardaroba completo in presenza di un budget limitato e pertanto da adottarsi da parte di quanti che, anche se sprovvisti di corpose risorse economiche (i non “millionaires”), tendessero comunque all'obiettivo dell'essere “well and properly dressed”. Le soluzioni proposte appaiono nelle loro linee generali ancora oggi valide, pur a fronte di una mutata sensibilità nel gusto e di una diversissima realtà sartoriale. Paradosso vuole che Waugh nel corso della sua vita ebbe a spendere una fortuna per i suoi abiti, tutti tagliati da Anderson & Sheppard; alla luce di cio'i consigli dati dallo Scrittore appaiono ancora piu' preziosi in quanto frutto di una profondissima esperienza personale. Quale commento finale mi sembra necessario sottolineare come l'associazione “being millionaire /being well dressed “quasi del tutto naturale negli anni in cui Waugh scriveva, ancora pervasi dall'educazione al bello e dominati dal pensiero dell'uomo classico, è attualmente quasi completamente smentita se non del tutto capovolta, come dimostrato dalle manifestazioni di cattivo gusto e di negazione dell'eleganza nel vestire spesso esibite dai millionaires di oggi. “Of course, there is really only one way of being perfectly dressed - that is, to be grossly rich. You may have exquisite discrimination and the elegance of a gigolo, but you can never rival the millionaire if he has even the faintest inclination towards smartness. He orders suits as you order collars, by the dozen. His valet wears them for the first three days so that they never look new, and confiscates them after three months so that they never look old. He basks in a perpetual high noon of bland magnificence. It is useless to compete against him. If your object in choosing your clothes is to give an impression of wealth, you had far better adopt a pose of reckless dowdiness and spend your money in maintaining under a hat green and mildewed with age a cigar of fabulous proportions. If, however, you have no intention of deceit, but simply, for some reason, happen to like being well dressed, it is essential to have at least two tailors. There are about a dozen first-rate tailors in London whose names you may always see quoted by the purveyors of ‘mis-fit’ clothing. Below them are about a hundred rather expensive eminently respectable unobtrusive shops in fashionable streets, where your uncles have bought their clothes since undergraduate days. Below them are several hundreds of quite cheap very busy little shops in the City and business quarters. The secret of being well dressed on a moderate income is to choose one of the first-rate and and one of the third-rate tailors and maintain a happy balance between them. There are some things, an evening tail-coat for instance, which only a first-rate tailor can make. On the other hand, the difference between a pair of white flannel trousers costing five guineas in Savile Row or George Street and one costing two guineas in the Strand is practically negligible. The same applies to almost all country clothes. It is not necessary or particularly desirable that these, except of course the riding breeches, should be obtrusively well cut. The chief disadvantage of small tailors is that they usually have such a very depressing selection of patterns. It is a good plan to buy all your tweeds direct from the mills in Scotland and to have them made up. Another disadvantage of the small tailor is that he never knows what is fashionable. At least once every eighteen months you should spend fifteen guineas in getting a suit in Savile Row, which will serve as a model for him. It is never wise to allow any one except a first-rate tailor to attempt a double-breasted waistcoat; in some mysterious way this apparently simple garment is invariably a failure except in expert hands. But you can safely leave all trousers which are not part of a suit, even evening trousers, which ought, in any case, to be made of a rather heavier material than the coat, to our less expensive shop. The most magnificent-looking traveling coat I ever saw had been made up for four guineas from the owner’s own stuff by the second -best tailor in a cathedral town. It is usually an economy to buy your hosiery at an expensive shop. It is essential that evening shirts and waistcoats should be made to your measure; cheap ties betray their origin in a very short time. There is only one completely satisfactory sort of handkerchief - the thick squares of red and white cotton in which workmen carry their dinners. Socks wear out just as quickly whatever their quality, and are the one part of a man’s wardrobe which ought never to attract attention. Expensive shoes are a perfectly sound investment, particularly if you keep six or seven pairs and always put them on trees when they are not in use. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 30-09-2014 Cod. di rif: 4885 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: Il Maestro Ciro Palermo Commenti: Egregio Signor Pugliatti,da quanto dichiarato da Gennaro Formosa(figlio del fondatore Mario ed attuale titolare dell'omonima Sartoria) in un'intervista del 12 Luglio 2013 a Fabio Attanasio ,direttore del blog "The Bespoke Dudes ", Ciro Palermo non risulta tra i maestri sarti che collaborano con la Sartoria Formosa. Riporto al riguardo uno stralcio in italiano della suddetta intervista che riguarda proprio tale punto: "Oggi collaborano presso l’atelier Formosa i maestri Antonio Leonelli, Antonio Persico e Dionisio D’Alise (che rispondono tutti, curiosamente, al nome di Don Antonio, tutti comparsi nel film O'Mast), un’asolaia Lucia e una persona esterna per le tele, mentre i pantaloni sono cuciti dal maestro pantalonaio Salvatore Ambrosi." Per quanto riguarda Ciro Palermo,GianLuca Migliarotti, regista del film O'Mast,in una sua intervista al blog "Put this on" del 7 Luglio 2011 riferisce che il maestro Palermo dopo la sua separazione da Claudio Attolini(scomparso nel marzo di quest'anno), ha continuato l'attività aprendo in Napoli una sartoria in proprio denominata Sartoria Palermo. Non so pero' precisare se tale sartoria sia ancora attiva nè sono riuscito ad individuarne l'indirizzo. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 02-10-2014 Cod. di rif: 4887 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: Il Maestro Ciro Palermo.I Commenti: Egregio Sig. Pugliatti, apprendo da un intervento pubblicato nel Febbraio 2013 su Style Forum ,relativo ad un thread sul sarto napoletano Luigi Solito, che già nel 2013 il Maestro Palermo non era piu' in attività e che questa era stata acquisita da Zizolfi, suo allievo e collaboratore. A Napoli è presente una Sartoria Zizolfi ma non so precisare se il suo titolare sia proprio il Zizolfi di cui sopra. Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 19-11-2014 Cod. di rif: 4901 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: Problemi nell'inserimento di Appunti Commenti: Egregio Sig. Pugliatti, il problema che lei segnala, relativo al Taccuino dell'Abbigliamento, esiste da tempo . A meno che non siano sopravvenute altre difficoltà, esso è superabile evitando di mettere accenti(non so se anche virgolette) nel titolo degli Appunti che intende inserire. Con stima Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 06-12-2014 Cod. di rif: 4906 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: Camicerie e Committenti. Risposta al Gesso 4905 Commenti: Egregio Signor Garro, troverà molte informazioni sulla camiceria Piccolo, cui Lei fa riferimento, in un precedente Gesso(Lavagna dell'Abbigliamento ,n° 2593, titolo:Camiceria napoletana a Milano- Risp. Sig. Zambianchi)redatto nel Marzo del 2007 dall'illustrissimo Gran Maestro, anche se l'indirizzo milanese della suddetta camiceria ed il relativo numero di telefono sono attualmente diversi da quelli in esso riportati. In aggiunta posso fornirLe una mia opinione sulla Camiceria Piccolo,anche se solo indiretta, essendo mio cognato e suo figlio che vivono a Napoli clienti abituali della suddetta camiceria da molti anni. L'offerta di tessuti è davvero amplissima ed il prodotto finale possiede senza dubbio tutti i requisiti richiesti ad una camicia su misura quali i numerosi passaggi a mano descritti anche sul Sito on line della camiceria. Ma, come sempre avviene per ogni capo artigianale e sulla base di un' esperienza comune a molti di noi, per raggiungere risultati veramente ottimali ed ottenere camicie ricche di personalità è indispensabile sempre che il committente abbia le idee molto chiare sul tipo di camicia che intende farsi realizzare e sia molto preciso sui dettagli stilistici da richiedere.Quanto sopra infatti trova pieno riscontro nella mia percezione,osservandole,di un'apprezzabile differenza in termini di personalità tra le camicie indossate da mio nipote molto esigente ed attento ai dettagli fino alla pignoleria e quelle del padre che invece si affida totalmente all'Artigiano.In assenza pertanto di un attento contributo da parte del committente e di un suo sforzo d' interazione con l'artigiano e persistendo l'illusione che una rinomata camiceria artigianale possa di default fornire un prodotto impeccabile per costruzione tecnica, linea e vestibilità, i risultati possono anche essere deludenti come è anche recentemente capitato a me presso una camiceria stimata da alcuni Cavalieri qui' al Castello. Con stima Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 28-12-2014 Cod. di rif: 4913 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: Navy Hopsack. Risposta al Sig. Trigona Commenti: Egregio Sig. Trigona, potrà trovare l'hopsack che lei cerca nelle tonalità di light navy, navy o midnight nel peso di 370gr. (poco piu' di 12 once) sul Sito della Huddersfield Fine Worsteds , Azienda inglese che ha incorporato tre storiche Ditte Britanniche produttrici di tessuti quali Hardy Minnis, Martin Sons & Co( inventrice del famoso Tessuto Fresco® )e Hunt & Winterbotham. Le accludo l'indirizzo web che le permetterà di aprire la pagina direttamente sui tessuti della Collezione Classic II della Hardy Minnis, dove quasi alla fine della schermata troverà le suddette tre tonalità di hopsack tutte al prezzo di 54.60 sterline al metro. I tessuti nel metraggio desiderato possono essere direttamente ordinati online.La Huddersfield invia per posta, facendone richiesta, un piccolo campioncino del/i tessuto/i ai fini di una valutazione piu' diretta da parte del cliente, prima di un 'eventuale ordine: https://shop.hfwltd.com/collection/31 Cordialmente Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 12-04-2015 Cod. di rif: 4925 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: Risposta al Gesso 4924 Commenti: Egregio Sig. Studiolo, i polacchini stringati pur neri e pur avendo una tomaia liscia conservano sempre il loro originario carattere informale/sportivo e pertanto non sono assolutamente adatti per una cerimonia nunziale. Provi a considerare, in un contesto formale quale quello di un matrimonio, l'immagine di inapproprietezza e di ineleganza che ne potrà risultare quando nel sedersi la parte superiore della scarpa alla caviglia,non piu' coperta dall'orlo dei pantaloni, apparirà scoperta e visibile. Rivolga la sua attenzione invece a delle classiche oxford nere liscie che potranno avere la punta tagliata (oxford toe cap; piu' adatte ad una cerimonia di mattina) od essere totalmente liscie (plain fronted ; piu' indicate per il pomeriggio/sera). A mo' di esempio Le accludo di seguito due links della Ditta Crockett and Jones dove potrà osservare i rispettivi modelli cui ispirarsi: http://www.crockettandjones.com/product/connaught-black; http://www.crockettandjones.com/product/wembley -black. Cordiali saluti Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 24-04-2015 Cod. di rif: 4930 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: Risposta al Gesso 4929 Commenti: Egregio Sig. Studiolo, in relazione al Suo quesito la rimando all'Appunto 5761 della Porta dell 'Abbigliamento del 2/01/2012 dove esprimevo alcune considerazioni personali circa la giusta lunghezza delle giacche corredandole con un' immagine di Fred Astaire in cui l'Attore/ballerino indossava, mentre danzava con la Rogers, una dinner jacket dalla lunghezza a mio avviso di proporzioni “ auree“. Mi preme sottolineare che, con l'eccezione della hacking jacket tradizionalmente piu'lunga, non ritengo debbano esservi delle differenze nella lunghezza tra giacche formali e non formali, fatte salve scelte legate ad un gusto squisitamente personale. Riporto di seguito dal suddetto Appunto uno stralcio di quanto da me sostenuto (a) ed il punto di vista estetico di Astaire sull'argomento espresso in una sua intervista rilasciata nel 1957 alla Rivista statunitense GQ (b): a)” Ho sempre ritenuto, almeno per persone che non presentino vistose sproporzioni tra lunghezza del tronco e degli arti, che le giacche per essere ben proporzionate ed avere una linea elegante debbano essere non lunghe , dovendo coprire a filo la parte posteriore e quindi raggiungere od oltrepassare solo di qualche millimetro la linea orizzontale che incontra tangenzialmente l'arco di circonferenza della parte inferiore delle natiche. Purtroppo attualmente molti artigiani , anche di notevole esperienza ,a meno di insistenze del committente, tendono a confezionare giacche sempre troppo lunghe ed a mio avviso dal risultato estetico meno piacevole.” b)“ The coat should be just long enough to cover the rear. The way most of them are today, they nearly reach the knees. I put on one belonging to a friend about my size the other day and I swear it came down to my knees". Cavallereschi saluti Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 09-06-2015 Cod. di rif: 4933 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: The history of the bowler hat Commenti: Nonostante moltissimo sia già stato scritto dall'Illustrissimo Gran Maestro sulla bombettavedi la serie di Appunti sullo Chapeau melon) ritengo comunque utile, per la presenza di alcune interessanti notazioni storiche, riportare il testo della conferenza dal titolo” The history of the bowler hat” tenuta da Timothy Long “Curator of Fashion & Decorative Arts at the Museum of London” nell'ambito del ciclo di letture organizzate nel2014 per il City of London Festival. " 02 July 2014 The History of the Bowler Hat Timothy Long The bowler hat was created by London’s oldest milliner, James Lock of Lock & Co., in the 1840s as a form of protective headwear. The original design was commissioned by British soldier and politician William Coke (pronounced ‘cook’) who ordered the hat to protect the heads of his gamekeeper’s who tended to his Norfolk farm. Previous to this, Mr Coke’s gamekeepers had worn top hats, which were often knocked off by low-hanging branches and subsequently damaged. This new style was made extra stiff and was shaped close to the head. One story suggests that when Mr Coke first saw the hat he had ordered, he took it outside and jumped on it a few times. Happy with the results, he placed his order paying twelve shillings for it.[i] Due to Mr Coke’s involvement with the creation of this style, the bowler hat was often first referred to as a ‘coke’ hat. The name ‘bowler’ is said to have been the last name of the two men hired by Lock & Co to design the hat. The hat eventually went on to be called a billycock, blocker, Christie, derby and a wide variety of other names. There have also been others who claim to have been the originators of the bowler hat. Throughout the mid-19th century, the bowler hat occupied the status of work-wear for London labourers, until it was adopted by Edward VII, who made it fashionable. Throughout the 20th century, the hat’s popularity grew until it almost entirely lost its association with the working class and became synonymous with civil servants and bankers. By the 1980s, however, the hat fell out of general fashion and was seen only during the most formal occasions or within specific industries, such as in the work dress of the officers of the Queen’s Guard. While a full comeback is unlikely, The Daily Telegraph reported in 2011 that the retailer, Austin Reed, had stocked the hats for the first time in nearly fifteen years.[ii] Definition: ‘A stiff felt hat with a low round crown and a narrow brim. The prototype was made for the London firm of Lock & Co. by the felt makers Bowler for a client William Coke in the 1840s, hence the names by which it is known. See also Billycock, Blocker, Christie, Derby.’[iii] How it is made: The hat is made through a process called ‘blocking’ in which felt (usually wool) is stretched over a ‘block’, or form, with the aid of heat, moisture and physical strength of the milliner. Once the material is stretched over the form, it is held in place with pins and strings and allowed to cool and dry. At this stage, the block is carefully removed from the interior of the hat, which is trimmed to the desired finished product. While a variety of animal hair is used for wool felt, many bowler hats of lesser quality are made with a polyester fibre. Scientific analysis: While analysing the collection of bowler hats in the archive of the Museum of London, numerous hats were found, dating from c. 1870 to today and manufactured by a variety of milliners, including Lock & Co. While most of the collection of bowlers is made of black wool felt, one stands out, as it was made with light grey felt. Unfortunately, when the hat was donated to the Museum of London in the 1960s, no information was given as to the object’s provenance. Due to this, the hat is simply catalogued as ‘bowler’. Upon further inspection, however, the hat’s colour appears to be one of a few unique qualities about the hat. For example, the two metal grommets punctured into each side of the hat suggest that the original wearer was intending to do physical activity and to sweat and, therefore, needed ventilation around the head. Additionally, the cord hanging from the centre back of the hat is typically associated with riding horses. And finally, the most compelling of all clues is a light ‘dusting’ of white material over the entire brim. Using a microscope, this dusting of material was analysed and identified as feathers. Could it be that this hat, simply catalogued as a ‘bowler hat’ is actually closely connected to game keeping? Key figures in the history of the bowler hat are Sherlock Holmes and Dr. Watson. While the deerstalker hat is perhaps more closely associate with Holmes, he and Watson were often described and represented in illustrations wearing bowler hats. As the original Sherlock stories were written in late Victorian England, when the bowler hat was worn by most modern English gentlemen, it comes as no surprise that Holmes and Watson were often seen in this hat. Following its incredible popularity throughout the 19th and 20th centuries, the bowler hat enters an interesting chapter in its history following the end of World War II. By this point, the bowler hat, like so many other items of clothing, is subverted for a new audience by the emerging youth movements of the day. Bob Dylan refers to the bowler hat on his 1965 Bringing it all Back Home album and in 1971, the movie A Clockwork Orange features its main character, Alex DeLarge and his droogs wearing bowlers. Perhaps the most surprising element to the history of the bowler hat is its adoption as a traditional part of women’s clothing among the Quechua and Aymara people of South America. This London-made hat is charged with a variety of connotations and meanings, which make it one of the most iconic and dynamic fashion items created over the last 200 years. © Timothy Long July 2014 References [i]Swinnerton, Jo (2005). The History of Britain Companion. Robson. [ii]"Bowler hat makes a comeback". The Daily Telegraph (London). Retrieved 1 July 2014 [iii]Ginsburg, M (1990) The Hat: Trends and Traditions. London: Barrons Educational Series Inc02 July 2014" Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 23-09-2015 Cod. di rif: 4939 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: Lavori in corso al Castello Commenti: Egregio Sig.Bonatti, e' attualmente in corso una ristrutturazione di questo Sito che tra non molto ritornerà', in una veste rinnovata, di nuovo attivo. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Arcangelo Nocera Data: 24-11-2015 Cod. di rif: 4944 E-mail: arcangelonocera@gmail.com Oggetto: Ristrutturazione del Sito Commenti: Egregio Sig. Bonatti , come da me gia' segnalatoLe in un Gesso del 23.09.2015,Le confermo che e' in corso una ristrutturazione di questo Sito che agli inizi del prossimo Anno apparirà in una veste rinnovata ed arricchita di nuove Sezioni.Tale risposta vale anche per il Sig. Kellen. Arcangelo Nocera ----------------------------------------------------------------------------------------------------- |
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