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Nome: Federico Vittorio Provenzani Data: 11-03-2006 Cod. di rif: 2379 E-mail: federicoprovenzani@yahoo.it Oggetto: Bretelle Commenti: Egregio Gran Maestro, illustri Cavalieri, porgo a Voi e a tutti coloro che frequentano con passione queste pagine i miei più cari saluti. Perdonate il calore delle mie parole, ma lo splendido tramonto che ha cinto dolcemente la mia città è riuscito a trasmettere un forte senso di serenità alla serata e spero di regalare almeno un pizzico di questa mia gioia a tutti Voi… Passando al vivo del mio intervento vorrei premettere che la mia indole mi spinge a prendere parola solo a fronte di una debita documentazione su precedenti discussioni in merito alle bretelle, tema che Vi porto in dote, intervenute tra queste pagine. Ho quindi spulciato la lavagna trovando dei gessi stupendi, soprattutto riguardo al taglio dei pantaloni predisposti a tale uso. Dopo un breve periodo di dovuto rodaggio posso dirmi soddisfatto della mia esperienza sul campo e vorrei adottare le bretelle a tempo pieno. A dire il vero il mio desiderio di sperimentare questo accessorio deriva dalla ferma convinzione di saggiarne, in primis,la comodità. Sono un ragazzo abbastanza giovane, eppure non riesco a trovare comodi i blue jeans altrettanto quanto un morbido vestito di lana che si adatta a me in tutto. Se poi trova suo naturale complemento con una camicia fresca di bucato, profumata e ben stirata non vi sarà alcuna felpa o tuta che reggano il paragone! Non molti coetanei mi prendono sul serio quando spendo queste parole, quindi ho imparato a stare zitto e godermi tutto questo piacere intimamente. Vestire bene, ricercare incessantemente quel punto di colore che sia il leit motiv della mia divisa fino nei più impercettibili particolari e curare l’aspetto, piccolezze che mi fanno stare bene, sentire comodo e a mio agio in ogni occasione, con me stesso e con gli altri. Chiedo perdono se questa sera mi dilungo ma ripeto, è stato proprio un bel tramonto! Dicevo quindi delle bretelle. Per il mio piccolo test ne ho utilizzate due paia semplicissime, bordeaux e blu, accostate di volta in volta secondo il mio gusto personale. Mi piacerebbe sapere se esiste un’etichetta cromatica a cui adeguarmi per inserire al meglio questo splendido accessorio nella mia divisa senza cadere in errori grossolani, oppure se posso continuare a seguire il mio estro a seconda dell’umore. Per esempio ho cercato di accostarle a gemelli di seta annodata, espediente di cui faccio largo uso in tutte le situazioni più quotidiane (per esempio la frequenza in università) per sdrammatizzare la mia giovane età. Aggiungo che mi piace creare nella grande città in cui vivo un filo conduttore tra la campagna da cui provengo e quella inglese: entrambe ruvide e, senza mezzi termini, pratiche, come molti dei vestiti spezzati che indosso quotidianamente, ma altrettanto dense di fascino ed eleganza schietta, assolutamente sospesa nel tempo. Tutto ciò, naturalmente, tenendo sempre da conto quanto adori indossare abiti più formali da ravvivare con piccoli dettagli. Forse sta proprio qui il punto: ho notato come le bretelle si adeguino ad entrambe queste linee, mutando di volta in volta funzione e percezione nell’insieme. Cerco di mantenere sempre un equilibrio tra tutti gli elementi che compongono la mia immagine, quindi chiedo a Voi tutti prezioso consiglio su come poterle sfruttare al meglio e, soprattutto, dove trovarne di qualità. Ho notato che molte camicerie prevedono tale articolo ma non sono ancora in grado, a causa della breve esperienza in materia, di saggiarne la fattura in modo maturo. È stato un piacere immenso porVi il mio modesto quesito e, soprattutto, lasciare una piccola parte di me in queste pagine stupende. Non posso fare altro che augurarVi una piacevole serata porgendo i miei più gentili saluti. Federico Vittorio Provenzani PS:chiedo perdono ma non ho trovato una funzione "corsivo" per sottolineare adeguatamente termini stranieri e colloquiali...lascio alla Vostra sensibilità e alla mia chiarezza l'emergere, dal senso testo, di tale,differente grafica. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Federico Vittorio Provenzani Data: 24-03-2006 Cod. di rif: 2391 E-mail: federicoprovenzani@yahoo.it Oggetto: alla cortese attenzione del Signor Galli Commenti: Illustre Grande Maestro, La saluto con cordialità e La ringrazio, seppur con ritardo, della cortese attenzione dedicata al mio quesito sulle bretelle. È inutile aggiungere che la nota etimologica del Cavaliere De Paz e l’intervento sui materiali del Cavaliere Villa completano il quadro in maniera, perdonate l’espressione, succulenta. Ho trovato interessante per la varietà di modelli esposti il sito http://www.albertthurston.com suggerito implicitamente proprio dal gesso del Cavaliere Villa. Vorrei segnalare, ma semplicemente in quanto leggero svago, senza alcuna pretesa in merito ai contenuti, la consultazione del sito http://www.theatrhall.com in cui mi sono imbattuto casualmente nella mia piccola ricerca on-line sulle bretelle. Si tratta di una pagina dedicata a vestiti scenici in cui sono riproposte numerose divise d’epoca e accessori vari. Egregio signor Galli, Le chiedo scusa in anticipo se ho divagato leggermente nel pormi a Lei, ma volevo approfittare di questo intervento per rimediare alla mia scarsa educazione, dovuta più alla mancanza di tempo che ad una disattenzione vera e propria. Premetto che quanto Le dico è frutto dei pensieri di una persona che scrive in qualità di simpatizzante e, soprattutto, non ha molta esperienza, se non la mia vita stessa e ciò che osservo di giorno in giorno. Le mie scuse, quindi, vanno anche ai Cavalieri, che possono e devono correggermi ove risultassi peccaminoso di superbia nei confronti Loro e delle mura che mi ospitano: mi riparo quindi dietro il facile muro della giovinezza per farmi perdonare in anticipo per l’ardire delle mie parole. Tengo però in egual modo ad esprimere la mia opinione. L’essere inserito in una società presuppone, spesso, dei canoni a cui adeguarsi per affrontare varie situazioni. È questa una semplificazione, a mio avviso, che schematizza i fatti inerenti la vita quotidiana per una migliore gestione degli stessi. Siamo in un contesto in cui, per molti, la giacca e la cravatta sono sinonimi veri e propri di lavoro, o al più di ricorrenze rare ed importanti. Una divisa, una tenuta implicitamente obbligatoria ed imposta da canoni sfuggevoli. Molto spesso sofferta (tipico il gesto liberatorio di “mollare le brache” al matrimonio, o lascare nodo e colletto fino ad assumere le tipiche sembianze da fiction che io definisco “impiegato-licenziato-dopo-dodici-ore-di–lavoro-e-lascito-dalla-ragazza–per-il-migliore-amico”). La casualità per la quale si ritiene che questa sia la divisa ufficiale per essere al top della presentabilità potrebbe (forse e a mio intimassimo avviso) ricercarsi primariamente nel fatto che presuppone una maggiore cura nella preparazione della propria immagine, cura che poi dovrebbe fiorire e dare i sui frutti nel momento della relazione esterna dando vita a consenso. Propenderei per smantellare questa impostazione fin da principio: tale maschera può facilmente scadere nel ridicolo o nel grottesco quali estremi di un range che trova al suo punto mediano un equilibrio difficilmente raggiungibile con il minimo sforzo di assemblare componenti definiti a priori eleganti. È facile quindi individuare chi non sa indossare un abito, imbellettato e rigido, per nulla a suo agio stretto dalla formalità ritenuta ideale per quella situazione. O, peggio ancora, chi indossa vistosamente la tenuta di uno sgargiante, perdonate il termine così basso, burino, con grande mostra di pelli nude sotto la giacca, quasi che non abbottonare per nulla la camicia è come non portarla … Inoltre, secondariamente, seguire standard assodati e facilmente reperibili nel sempre vasto serbatoio dell’esperienza comune dà un senso di maggior sicurezza nei momenti più delicati: mai il calzino bianco corto! Guai la scarpa sbagliata! Sono grida che un po’ tutti sfoggiano sempre e ovunque, in quanto esperti del vestire, novelli stilisti non ancora scoperti… Ma, e ora mi rivolgo ai presumo numerosi Giuristi che frequentano il sito, le massime dettate dall'esperienza vincono sempre? O bisogna riempirle di contenuti perché possano essere utilizzate? Mi sembra di aver smantellato, seppur velocemente, la seconda prova. Cosa rimane allora? Come già detto prima di me una casualità, aggiungerei una travisazione, un falso apparire. Non ho voce in capitolo, ma anche io viaggio e mi capita di rimanere in casa abbigliato. E non solo: frequento l’università, vado al cinema, a cena… Ciò che mi accingo a fare durante la giornata può solo indicarmi quale tenuta cromatica può essere più consona, ma rimane ferma tutta la ritualità a cui non rinuncerei mai dei piccoli gesti: la scelta del completo, della camicia, il nodo alla cravatta, la stessa cura degli abiti e lo studio, componente fondamentale insieme all’esperienza e all’osservazione, tramite i quali posso capire perché e cosa sto facendo (sarà forse questo un riempire, faticosamente, di contenuti le massime d’esperienza?). Inoltre non mi interessa nulla di apparire. Ciò che bramo è lo stare bene con me stesso. E stare bene con se stessi significa sostenere, virtualmente, un colloquio di lavoro brillantemente e con successo anche in mutande. In definitiva tante parole sono state spese in questo gesso per esprimere il solo concetto che l’esigenza di apparire, tarlo della nostra epoca, molto spesso prende la parola all’esigenza di ESSERE. E mentre la prima è una convenzione a cui ci si adegua, la seconda è una scelta. L’istante contro la globalità della vita. Chiedo perdono se mi sono dilungato, rendo rispettosamente la parola. I miei più gentili saluti avvolto nella dolce e ovattata malinconia di una Milano sotto la pioggia, Federico Vittorio Provenzani. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- |
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