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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 25-04-2007
Cod. di rif: 3085
E-mail: luigi.lucchetti@ragroma.it
Oggetto: Fodera
Commenti:
Quale vostro simpatizzante mi affaccio per la prima volta a questa lavagna per chiedere consiglio a persone che reputo competenti e di gran gusto. Mi sto facendo confezionare un abito in lino irlandese, con pantoloni bianco-uovo e giacca di un blu un poco più chiaro del midnight e, comunque, non tendente all'oltremare. La giacca sarà a due bottoni (avrei optato per la madreperla bianca) con revers a lancia e tasche a filo.
Ho un dubbio sul tipo e sul colore della fodera e, forse, sulla necessità della medesima, essendo il lino irlandese un tessuto non troppo "floscio" ancorché tenuto a bagno una nottata prima di essere lavorato.
Il sarto mi ha proposto una classicissima fodera bordeaux. Trattandosi di un'abito estivo, ho la sensazione che il colore della fodera che mi è stato porposto sia invece più adatto a giacche invernali o autunnali.
Vorrei restare su un territorio di classicità, ma non disdegnerei di osare, purché con stile.
Per completare il quadro al fine di meglio orientare i consigli, aggiungo di essere un under 50 con fisico atletico e che frequento gli ambienti dei circoli sportivi della capitale.
Cosa mi consiglierebbe il Gran Maestro, il Rettore o gli altri Cavalieri?
Ringrazio anticipatamente per le cortesi risposte e mi auguro che il tema possa risultare d'interesse per altri visitatori di questa lavagna, che non esito a definire una scuola (se non ormai l'unica) di stile.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 28-04-2007
Cod. di rif: 3092
E-mail: luigi.lucchetti@ragroma.it
Oggetto: Fodera giacca lino
Commenti:
Ringrazio l'avvocato Maresca per il competente e tempestivo suggerimento. Anch'io ero dell'idea della non necessità di una fodera o, al più, di far applicare una fodera in tinta o meglio bianca alla giacca di lino blu, ed avevo pensato che il bianco fosse un modo di osare. Invece scopro inimmaginabili sintonie col pensiero del Gran Maestro. Che stia imparando qualcosa nel frequentare virtualmente i cavalieri?
Al Cavaliere Pugliatti confermo le sue sensazioni sul ritorno al due bottoni con revers a lancia: ne sono un testimone, ancorché inconsapevole. Nell'ultimo anno mi sono orientato sempre più verso questa soluzione stilistica, ancorché questa sia fonte di una dialettica anche vivace col sarto, ancorato alla sua rispettabilissima idea di eleganza virile classica. Forse è proprio vero quanto si è sostenuto più volte su questa lavagna, che è la comittenza esigente a far crescere gli artigiani.
Saluto ambedue con cordialità.
L.L.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 07-06-2007
Cod. di rif: 3195
E-mail: luigi.lucchetti@ragroma.it
Oggetto: Pulizia scarpe estive
Commenti:
Ho fatto eseguire due paia di scarpe da un artigiano della provincia di Macerata, chiedendo una particolare colorazione, su una pelle di vitello conciata al vegetale.
Ho chiesto un consiglio circa il prodotto da utilizzare per la pulizia e, con mia grande sorpresa, l'arteficie delle, peraltro, bellissime scsarpe, mi ha sconsigliato di usare una qualsiasi crema, ma di provvedere alla pulizia esclusivamente con un panno di fustagno inumidito con acqua. Ciò in quanto, a suo dire, trattandosi di scarpe estive, qualsiasi crema chiuderebbe i pori non facendo respirare il pellame e, conseguentemente, i piedi. Vorrei conoscere il vostro parere sul punto e vi ringrazio anticipatamente.


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 09-06-2007
Cod. di rif: 3198
E-mail: luigi.lucchetti@ragroma.it
Oggetto: sempre pulizia scarpe
Commenti:
Egregio avvocato Maresca, la ringrazio per la cortese ed esaustiva risposta. Ho definito "estiva" una scarpa cucita a mano dal fondo di 8 mm, che mi è stata consegnata tirata a lucido, con una colorazione che presenta delle sfumature in chiaroscuro che vorrei mantenere evidenti e che ho timore di ricoprire e far svanire con l'uso di lucidi colorati. Così come temo che la sola pulizia con un panno inumidito possa in breve far svanire la brillantezza della lucidatura originale.
Se mi è permesso, vorrei abusare della sua evidente competenza per chiederle quale prodotto e quale tecnica suggerirebbe per mantenere le scarpe il più possibile vicine al momento in cui mi sono state consegnate (lucido quasi a specchio e con questi chiaroscuri sui toni del testa di moro un po' acquosi).
La ringrazio anticipatamente.
Quale simpatizzante non so se mi è consentito salutarla cavallerescamente. Nel caso non se ne abbia a male.
Saluti cavalleresci.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 22-08-2007
Cod. di rif: 3451
E-mail: luigi.lucchetti@ragroma.it
Oggetto: Spezzato "particolare"
Commenti:
Un mio cliente, un uomo di quasi 70 anni che non esito a definire un uomo "elegante", mi ha sorpreso l'inverno passato per essere venuto nel mio studio con un "per me" alquanto insolito spezzato, composto da un pantalone a quadri ed una giacca tinta unita, giocato sulle tonalità dei marroni e, per quanto riguarda l'ampia finestratura dei pantaloni, di righe di un celeste carta da zucchero. Si trattava molto probabilmente di tessuti scozzesi, forse inglesi. L'insieme è parso a me molto elegante, suscitando subito un forte impulso all'imitazione, anche se in giro si vedono solo spezzati con pantalone tinta unita e giacca a quadri.
Mi piacerebbe un parere su questa soluzione e, se possibile, l'indicazione di qualche precedente (figurino, fotografia).
Aggiungo in ogni caso che il signore in questione (beato lui) ha un portamento così elegante da far apparire bellissima qualsiasi cosa lui indossi.
Questo "dono" non potrà essere imitato, ma tant'è!
Saluti cavallereschi.
L.L.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 29-02-2008
Cod. di rif: 3682
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Possesso, collezionismo e stile
Commenti:
Quanti abiti deve possedere un uomo elegante? Quante camicie? Quante cravatte? Quante paia di scarpe?
Quando noi possediamo effettivamente un oggetto? Vorrei avviare una riflessione collettiva sul tema del possesso, in quanto relazione tra noi e l'oggetto posseduto e ciò che esso racconta di noi. Ma anche sull'essenza di valori che si estrinsecano non con la mera esibizione degli oggetti che manifestano il nostro personale stile. Sono un discreto collezionista di scarpe. Ne posseggo sicuramente di più di quante me ne occorrano durante le varie stagioni dell'anno o di quante ne riesca ad usare. A motivo dell'uso saltuario, alcune mi sopravviveranno in ottimo stato dopo la mia dipartita, ancorché avvenisse tra qualche decennio. Quando possiederò veramente un paio di scarpe? Probabilmente quando le avrò fatte risuolare. A quel punto mi apparterranno veramente e la loro naturale patina, derivante dall'uso, sarà un tutt'uno con la persona che le indossa.
Mi capita di avvertire come estraneo, nel guardaroba, un abito nuovo. E' persino imbarazzante indossarlo negli ambienti che di solito si frequentano, perché inevitabilmene attira l'attenzione su di sé. Non per nulla i nobili di tanti anni fa facevano indossare i loro abiti nuovi e le scarpe appena fatte da un valletto della loro stessa corporatura. E allora queste considerazioni inducono altre riflessioni sulla morigeratezza dei costumi. Forse un vero Cavaliere non dovrebbe aspirare a possedere tanti capi e tanti cambi. Posto che il Cavaliere dovrebbe essere sempre adeguato alle circostanze, chi insegue valori profondi di stile non ha la necessità di dover sempre apparire con un capo nuovo, o diverso da quelli esibiti nei giorni precedenti. Ed il possesso di tanti oggetti, oltre ogni esigenza pratica ed oggettiva, è rivelatore forse di altri vuoti. Siamo su un territorio dove è tutto molto relativo: se per me 10 abiti invernali possono essere più che sufficienti, per un altro 30 potrebbero essere pochi. Come potete constatare, poche idee e confuse. Sarebbe interessante un giro di opinioni per trovare la bussola su questo tema.


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Nome: LUIGI LUCCHETTI
Data: 01-03-2008
Cod. di rif: 3685
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Essere o apparire
Commenti:
Egergio Cavalier Longo, leggere il suo pensiero sull'argomento, peraltro a così breve distanza di tempo dall'inserimento della mia "provocatio", mi ha molto favorevolmente colpito per la profondità del contenuto che lei ha proposto. Rispondendo alla sua domanda, le confermo che una inaspettata grande vincita non mi indurrebbe alla corsa all'acquisto di tante inutili nuove scarpe. L'argomento possiede molte altre sfaccettature. Definirne alcune può contribuire non poco alla individuazione di un minimo comune denominatore della personalità del Cavaliere contemporaneo. Mi auguro ulteriori illuminanti contributi. Saluti cavallereschi. L.L.


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 23-06-2008
Cod. di rif: 3864
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Fabbrica John Lobb Paris
Commenti:
Cavalieri e Visitatori,
Vi risulta che le John Lobb Paris siano fabbricate dalla Edward Green? E nel caso non fosse vero, chi sa indicare il fabbricante della John Lobb delal Hermes?
Grazie anticipate per l'informazione.
L.L.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 05-10-2008
Cod. di rif: 3901
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Pulizia e lucidatura delle scarpe rispettandone il colore or
Commenti:
A volte si acquista un paio di scarpe perché si è attratti dalla sua colorazione. Oppure si fanno realizzare scarpe con sfumature di colore che le rendono particolari. In questi casi su di esse incombe il rischio che la pulizia e la lucidatura delle scarpe, anche se fatta con le migliori creme, possa cambiare definitivamente il colore della pelle, facendogli acquisire la tonalità propria conferita dai pigmenti della crema o del lucido da scarpe.
Se la cosa è poco rilevante nei casi di pellami a colorazione uniforme, ove anche mescolando creme di colore diverso non si riesce a ricreare la tonalità originale del pellame, diventa invece molto seccante per quelle scarpe dove abbiamo cercato effetti in chiaro-scuro, o per le quali siamo riusciti ad ottenere dall'artigiano calzolaio le sfumature che desideravamo e che abbiamo inseguito per tanto tempo.
Forse è questa una delle ragioni per cui si sono affermate sul mercato della calzatura maschile prevalentemente alcune colorazioni, come il nero o il dark brown. Ma per chi è più attento anche i neri ed i marrone scuro non sono tutti uguali. Proprio per evitare di cambiare la tonalità di nero (non è una bestemmia - anche il nero ha le sue tonalità) o di rosso-cordovan, alcuni marchi prestigiosi di scarpe commercializzano le creme per le loro scarpe direttamente col loro marchio. Posso assicurare che non si tratta di un vezzo: ho verificato personalmente che è bene lucidare le scarpe con i prodotti dello stesso marchio della calzatura. Ma stiamo pur parlando di 2 o 3 marchi famosi.
Per tutti gli altri il rischio di inquinamento del colore persiste.
Personalmente sono dell'idea che la scarpa vada pulita il più delle volte rimuovendo la polvere con una spazzola e con un panno appena inumidito d'acqua. La scarpa così pulita non ha, generalmente, bisogno d'altro. Mio nonno, calzolaio vissuto in altra epoca, diceva che il contadino lucida le scarpe, mentre il signore le pulisce. Chissà se era vero.
L'uso di prodotti di bassa qualità che si trovano comunemente in commercio o persino di marmellate di frutta (come qualche Cavaliere ha scritto), il cui fruttosio e gli zuccheri producono reazioni chimiche che non possono far bene ai pellami, andrebbero sconsigliati su ogni genere di calzature, a maggior ragione se di qualità superiore.
Tuttavia ogni tanto la pelle va nutrita ed il colore va rinnovato.
Forse non dico nulla di nuovo alla maggioranza dei Cavalieri e dei visitatori, ma voglio correre questo rischio per socializzare una mia recente esperienza con altri appassionati.
Sul genere di scarpe che ho indicato, che hanno cioè una colorazione che si intende mantenere inalterata perché costituisce la caratteristica saliente del modello, ho sperimentato un latte detergente per scarpe della Church's. Il prodotto è apparentemente del tutto simile a quelli usati dalle signore per struccarsi. Esso va usato dopo aver pulito la scarpa con una spazzola e con pano di fustagno, o simili, appena inumidito. Ne va usata una quantità minima su un batuffolo di cotone e va steso sulla pelle. Attenzione perché è molto liquido. Occorre lasciar asciugare qualche minuto e poi lucidare la pelle con un panno di lana. Si otterrà così una luminosità calda, con un effetto paragonabile del passaggio di una cera fine sui mobili o su di un pavimento di marmo. Il tutto senza alterare il colore originale di fondo della calzatura.
La scarpa non avrà più la brillantezza fredda, inarrivabile, di quando è stata acquistata, ma è inevitabile dopo che essa ha vissuto un po' di tempo con noi e questo non costituirà un difetto, perché è solo con l'uso prolungato che un oggetto così personale ci apparterrà del tutto.


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 01-11-2008
Cod. di rif: 3915
E-mail: luigi_lucchetti@ragroma.it
Oggetto: Impressioni da Londra
Commenti:
Dio benedica l'ASUS EEE PC Series, un microcomputer con schermo da 7 pollici ed una tastiera di grandezza quasi normale, costato solo 300 euro (meno di un cellulare avanzato), che mi consente di connettermi senza fili e senza costi al Castello dall'hotel vicino alla Cattedrale di S. Paul a Londra, da dove saluto tutti i Cavalieri ai quali riporto alcune mie impressioni.
In giro per le vie del centro della città ove, in poche centinaia di metri (Jerrmyn Street, Regent Strett, Savile Row e poche altre strade limitrofe), si concentrano i negozi che maggiormente possono interessare la nazione cavalleresca, ho trovato molte conferme e qualche sorpresa.
Anzitutto nelle sartorie di Savile Row sembra di gran voga la giacca ad un bottone, come quelle della sartoria Rubinacci di cui ho visto, grazie sempre a microcomputer Asus, un esempio nel Taccuino. Per il resto tante conferme, soprattutto dal lato dei soprabiti (Crombie e cappotti di cashemire blu sembrano di gran voga, come quelli realizzarti con i classici tessuti a quadri della tradizione scozzese ed inglese).
Ma oltre all'abbigliamento, per quanto mi riguarda il vero motivo per cui vale la pena di fare un giro a Londra sono le profumerie, ove si trova la scelta più vasta di articoli per la barberia che un cavaliere possa desiderare e le scarpe, per la concentrazione di negozi di ottima qualità che vi si trova. Nessun altro posto al mondo può competere col centro di Londra quanto a rapporto qualità/tempo per lo shopping, soprattutto se avete la sventura di essere accompagnati da una signora che, per quanto paziente, non regge al tempo necessario che richiede un esame minuzioso dei dettagli che un cavaliere dedica all'acquisto. Fortunatamente la cosa è reciproca e un buon marito, da quel lato, avrà opportunamente maturato un congruo credito.
Sul ready to wear, i prezzi dell'abbigliamento nelle sartorie di Savile Row mi paiono esagerati in rapporto alla qualità dei prodotti, ancorché molti abbiano comunque un certo fascino e siano praticamente introvabili in Italia. I prezzi del su misura sono addirittura stratosferici, soprattutto se messi in relazione col risultato finale, non esente da qualche critica, e con le alternative di casa nostra. Resta il grande piacere di visitare negozi dei quali, almeno nella città dove vivo (Roma), non si trova ormai più alcun eguale.
Per le scarpe invece la qualità del pronto è elevata. I prezzi anche, ma almeno non si potrà dire che vi sono così tante alternative nazionali a prezzi migliori. E' vero che in Italia abbiamo artigiani i cui prodotti possono competere con quelli delle marche storiche inglesi, ma si tratta di realtà molto piccole ed ormai purtroppo quasi in estinzione. Le mie preferenze, parlando sempre del pronto, sono per le Edward Green, per i modelli in vendita da News And Lingwood (non per quelle in cuoio di Russia, che di straordinario hanno, a mio sommesso parere, solo il pellame utilizzato per la tomaia, che ove possibile acquistarlo, farei realizzare da un artigiano italiano su altre forme) e per le John Lobb.
Per quanto ho potuto constatare, decisamente insufficiente mi pare la camiceria inglese. Prezzi abbordabili o in linea con quelli della migliore produzione nostrana, ma prodotti scadenti, soprattutto per quanto riguarda il taglio.
Da evitare, a mio parere, il cachemire, non tanto per la qualità del filato, quanto per la confezione del prodotto, troppo spesso di buono e ben fatto, ma meno bello di quello realizzato dalle migliori case italiane.
Tutte impressioni opinabilissime, ma è il mio punto di vista su quanto ho potuto constatare sul campo e vi consegno.
Cavallereschi saluti. Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 01-11-2008
Cod. di rif: 3917
E-mail: luigi_lucchetti@ragroma.it
Oggetto: Risposta al Cav. Carnà
Commenti:
Egregio cav. Carnà,
la ringrazio per i suggerimenti. Che combinazione!
Proprio ieri ho acquistato una crema da barba alla mandorla. E proprio oggi pomeriggio mi sono imbattuto casualmente nel negozio di scarpe da lei segnalatomi. Purtroppo era in chiusura e non ho potuto apprezzare i prodotti toccandoli con mano. Sarà per la prossima volta.
Cavallereschi saluti.
L.L.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 05-11-2008
Cod. di rif: 3920
E-mail: luigi.lucchetti@rag-roma.it
Oggetto: Passeggiata per Londra
Commenti:
Ringrazio il Cavalier Balbo per i preziosi suggerimenti. Leggo purtroppo solo ora, che sono rientrato a Roma, il suo post. Sono stato stregato da Londra 25 anni fa. Ora però ne ho 50 ed il gusto si è, col tempo, affinato.
Penaligon's s Regent Street aveva in corso una vendita straordinaria per soli 3 giorni con prezzi ridotti del 50%. Tra la lettura dei cartelli sulla vetrina e l'entrata nel negozio sono passati solo 4 o 5 secondi.
Da Geo F. Trumper in Curzon Street ho acquistato alcune colonie ed alcuni after shave. Per la verità la parte della grande profumeria inglese si può trovare anche a Roma, nella profumeria Muzio in Via Emanuele Orlando (di fronte al Grand Hotel) e da Materozzoli, in Piazza S. Lorenzo in Lucina. Ma il calore del negozio di Curzon Street è infinitamente più appagante della visita a questi magazzini romani (specialmente il primo).
Molto piacevole questo scambio sul blog del Castello.
Cavallereschi saluti.
Luigi Lucchetti


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 30-11-2008
Cod. di rif: 3933
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Il profetico cavalier Pugliatti
Commenti:
Va dato atto al Cavalier Carmelo Pugliatti di aver colto in anticipo una tendenza a passare alla giacca a due bottoni con punte lancelolate.
Vi invito a rileggere il gesso n° 3091 del 27 aprile 2007 e confrontarlo con quello che oggi si vede sulle riviste e nelle vetrine, non solo italiane.
Cavallereschi saluti.
L.L.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 06-12-2008
Cod. di rif: 3935
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Collezione tessuti vintage
Commenti:
Egregi Cavalieri, baldanzosi Scudieri, signori simpatizzanti e visitatori del Castello,

in anteprima per la nazione cavalleresca riferisco che ho rilevato, direttamente dalle figlie e nell'appartamento ove è vissuto sino alla sua scomparsa, tutto il magazzino di rimanenze di tagli di stoffe della sartoria di Salvatore Trio, nativo di Milazzo e uno dei più grandi e noti sarti italiani, attivo in Torino sino al 1990.
Si tratta di una collezione ci circa 250 tessuti per abiti completi, giacche, soprabiti, di manifatture italiane ed inglesi, di altissima qualità, il cui stato di conservazione è perfetto e garantito. La gran parte di questi tessuti resteranno a far parte della mia costituenda privata collezione di stoffe vintage. Una parte sarà messa a disposizione dell'Ordine, per la costituzione di un piccolo museo della storia del costume e dell'arte sartoriale, nel caso il Gran Maestro ed il Rettore ritenessero di avventurarsi in questo progetto. Un ristretto numero di capi sarà invece messo in vendita a prezzi irrisori, non certo per ragioni di lucro, ma solo per recuperare, quanto meno parzialmente, le spese sostenute per acquisire questa, oserei dire unica, collezione.
A voi, dunque, il privilegio di acquisire per primi alcuni di questi tagli.
A titolo di esempio ho provveduto ad inserirne pochissimi in vendita su ebay. Nella stringa di ricerca inserite le parole "Tessuto Sartoria". Tutti gli altri che intendo vendere non saranno pubblicizzati se non offerti prima in opzione ai Cavalieri, agli scudieri ed ai simpatizzanti.
A tale riguardo è allo studio la preparazione di una riunione conviviale presso la sartoria Celentano di Roma per offrirli in visione riservatamente alla nazione cavalleresca, anche per i prezzi, particolarmente vantaggiosi, che vi saranno riservati. Chi fosse interessato mi può contattare il privato all'indirizzo studiol.lucchetti@libero.it. Ricordo che sono un cavaliere di Roma.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti



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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 19-12-2008
Cod. di rif: 3939
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Sempre su eleganza e coerenza
Commenti:
Molto stimolanti le riflessioni del Rettore De Paz e del Cavalier Villa.
Offrono l'occasione per l'approfondimento di temi dalle molte sfaccettature, che non di rado interessano la speculazione cavalleresca.
Una, in particolare, m'interessa. E cioè se è dalla personalità che derivano le mie scelte e, dunque, queste ultime son rivelatrici della personalità, o se invece è a partire dall'affinamento del gusto che si modella la personalità.
Come alcuni sapranno, perché l'ho dichiarato su queste colonne, sono in particolare interessato alle scarpe. Ma ritengo che sia più importante il camminare che la scarpa con la quale cammino. Così nel vestire, ritengo che la preminenza vada accordata al contenuto, piuttosto che al contenitore.
A mio modo di vedere è la personalità che determina il nostro modo di vestire, per quanto ci si sforzi di educare il nostro gusto. Dunque, riesaminata la questione della coerenza alla luce della preminenza della personalità sull'esteriorità dell'abito che indossa la PERSONA, la complessità delle infinite combinazioni di caratteristiche personali che rendono ciascun uomo unico, potrebbe portare a vestirsi in modi apparentemente incoerenti, ancorché sempre eleganti. Cos'è dunque l'eleganza nel vestire, se non il denominatore comune di diversi stili di vestirsi e, dunque, di rappresentarsi?
All'occhio superficiale una persona che vesta a volte in modo formale, altre in modo informale, ma comunque sempre elegante, potrà apparire incoerente, perché lo vedrà in certe occasioni con l'abito blu ed in altre con uno spezzato che, nel grigiore dominante, potrà apparire alquanto vistoso, ancorché pienamente nei canoni dell'eleganza come noi la intendiamo.
La coerenza andrà pertanto cercata non tanto nell'incostanza della rappresentazione esterna del suo contenitore, quanto nell'eleganza di questo o, più ancora, nel disincanto col quale la PERSONA indossa l'uno o tal'altro abito, in modo che in chi osserva prevalga l'idea di ciò che è nella mente dell'indossatore, più che sulle sue spalle.


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 19-12-2008
Cod. di rif: 3940
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Imperdonabilmente dimenticavo ...
Commenti:
... di salutare cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 28-01-2009
Cod. di rif: 3959
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Dinner jacket del Principe Filippo
Commenti:
Vorrei esprimere il mio punto di vista sul dinner jacket col revers "fuori ordinanza", del tutto diverso da quello espresso da Arcangelo Nocera.
Ho sempre cercato di decontestualizzare quell'abito, a mio parere eccessivametne carico di significati nell'uso che ne facciamo in questa era. L'ho fatto però abbinandoci delle scarpe dai più ritenute inadatte (detesto le pump in vernice).
Così facendo riesco ad indossare lo smoking anche in casa da amici.
Con quei revers questo mio intendimento si spinge ancora oltre.
Cavallereschi saluti.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 29-01-2009
Cod. di rif: 3962
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: per meglio esprimermi
Commenti:
Non avrei dovuto scrivere quel gesso con la fretta indotta da una signora che mi reclamava per accompagnarla al cinema, per lo più nella consapevolezza che non mi stavo esprimendo compiutamente e che avrei potuto ingenerare incompensioni derivanti da una imprecisa trasposizione in parole del pensiero che le sottende. Chiedo venia. E allo stesso tempo non colpevolizzo certamente mia moglie per il mio errore.
Cercherò di precisare, affinché eventuali dissensi sul punto siano almeno frutto di un dibattito preciso e concludente, oltre che garbatissimo, come non potrebbe non essere con un uomo dal tratto così amabile che distingue Arcangelo Nocera.
Il termine "decontestualizzare" non era sufficiente, da solo, ad illustrare la mia personale idea dell'uso attuale dello smoking (userò questo sostantivo per individuare questo capo d'abbigliamento per velocità di scrittura, non perché filologicamente più corretto di altri).
Io vedo questo abito, attualmente, usato in confini troppo ristretti. Quando s'indossa è sempre per un'occasione "speciale". Ciò fa perdere , inevitabilmente, naturalezza alle persone che lo indossano e, comunque, nella situazione in cui questi abiti vengono indossati da alcuni signori e non da altri, si avverte un quid che rende l'atmosfera non completamente rilassata. A maggior ragione la specialità dell'occasione si avvisa se allo smoking vengono abbinate le pump in vernice.
Se invitato a cena a casa di amici per una serata semiformale io indossassi lo smoking con un normale paio di diplomatiche nere in vitello (cosa che prediligo e faccio abitualmente), ancorché io fossi il solo uomo in smoking, sdrammatizzerei l'abito nel suo complesso e sottrarrei "distanze" formali dagli altri uomini in completo blu o in grigio.
Così facendo si libererebbe lo smoking dagli angusti confini ai quali è ora relegato.
In questo senso i rever dello smoking commentato va persino oltre, ma sempre in quella direzione (che il Rettore definirebbe "understated"), che lo smoking ha perduto rispetto all'uso originario che se ne faceva. Frequento un circolo sportivo di canottieri della capitale al quale possono accedere come soci ordinari solo uomini. Il Circolo è dotato di un salone architettonicamente fantastico e di sale arredate con gusto molto british, ma non ho mai visto i suoi soci in smoking, se non occasionalemnte in serate molto particolari. L'iconografia classica colloca lo smoking proprio nei circoli borghesi di Londra.
Pensate solo a dove si incontrano ora uomini in smoking e cerchiamo di cogliere l'evoluzione che l'uso di questo abito ha subito.
Probabilmente l'acquisizione (riappropriazione?) di un profilo meno da "occasione" dello smoking ne favorirebbe un più largo uso. In tal senso deve intendersi la mia speranza che lo smoking si "decontestualizzi" rispetto all'uso cui oggi è, a mio avviso, confinato.
Con rinnovata stima e simpatia.
Luigi Lucchetti


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 09-02-2009
Cod. di rif: 3979
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Siamo sostanzialmente d'accordo
Commenti:
Esimio Gran Maestro,

non dubito di quanto da lei affermato nel gesso n° 3976 e, allo stesso tempo, non credo che il nostro pensiero sia così distante, così come non sento antitetico al mio il punto di vista di altri intervenuti in questa interessantissima , costruttiva e formativa pubblica discussione.

A prova di ciò quoto quanto da me stesso già scritto nel gesso 3962:

"Pensate solo a dove si incontrano ora uomini in smoking e cerchiamo di cogliere l'evoluzione che l'uso di questo abito ha subito.
Probabilmente l'acquisizione (riappropriazione?) di un profilo meno da "occasione" dello smoking ne favorirebbe un più largo uso. In tal senso deve intendersi la mia speranza che lo smoking si "decontestualizzi" rispetto all'uso cui oggi è, a mio avviso, confinato."

Il punto è che io, negli ultimi 30 anni, ho visto smoking (tralascio commenti sulla loro qualità media) prevalentemente a feste di San Silvestro nelle discoteche, ragion per cui non vado in locali del genere da parecchio tempo.

Se invece lo indosso il sabato sera al Circolo, sebbene sia frequentato dalla buona borghesia romana, mi fanno sentire un marziano caduto per caso in un posto che, invece, si presterebbe alla cravatta nera.

L'analisi degli ultimi due capoversi prima quotati evidenzia come, a mio parere, si sia pervenuti ad una corruzione dell'uso dello smoking, almeno nei "contesti" nei quali io lo vedo oggi confinato. In questo senso auspicavo una sua "de-contestualizzazione", intesa come ri-appropriazione degli usi per i quali questo abito nacque che erano si da "occasione", ma non solo. E' il "non solo" che va recuperato e ri-valorizzato. Quando così sarà, i Cavalieri potranno affermare che la loro semina ha dato i suoi frutti.

Malgrado abbiamo già fatto, riterrei giustamente, i funerali al classico, assumendolo come morto e sepolto a livello di masse, ho la sensazione che i valori dell'Ordine, che nell'abbigliamento trovano la loro espressione esteriore, vadano trovando sempre più adepti. E sarà forse solo una mia personale sensazione, non corroborata da rilevazioni statistiche, ma questi valori sembrano essere condivisi molto più dalle donne che dagli uomini.
Il che, ovviamente, non mi spiace affatto e ormai non mi sorprende quasi più. Anzi, mi lusinga.

Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 26-03-2009
Cod. di rif: 4011
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Sull'attribuzione di significati simbolici alle scarpe
Commenti:
Considerando il genere scarpa oltre che da angolazioni storiche, economiche, sociologiche, antropologiche o estetiche, anche dalla particolare angolazione psicanalitica, risulterebbe che numerose specie e varianti formali possono essere rappresentative di contenuti inconsci.
Le scarpe si prestano in modo particolare ad un commento psicanalitico, per l’aderenza, per la costrizione, per la bivalenza simbolica e - altri aspetti forse inquietanti, ma indiscutibilmente veri - per la rigidità e, spesso, l’acutezza. Esse, però, potrebbero denotare pure altri complessi o timori di venire privato dello status raggiunto o l’aspirazione ad una determinata, ambita posizione di superiorità.
Poiché il desiderato è il non avuto o il non posseduto o il non stato, comunque il non realizzato, desideri e speranze sono il più delle volte rapportabili a sensi di mancanza, a privazioni oppure a costrizioni a suo tempo imposte da sistemi di norme esterne, alle quali, volenti o nolenti, ci si è dovuti conformare.
In un simile contesto, non meraviglia che talune scarpe per le forme, per i materiali, per i colori, per gli accessori e per il tipo di tacchi spesso strani - siano divenute emblematiche.
Nel corso degli ultimi quindici secoli, inoltre, il binomio forma-segno ha via via prevalso sulla praticità e sulla funzionalità di quasi tutte le specie di scarpe, che - in maggioranza ancora artigianali alla fine del 1800 e perciò sottoposte alla personalità ed al gusto del singolo committente - sono andate rapidamente convergendo ad un limite «estetico» pianificato, iterato e reso valido per una clientela sempre maggiore.
È l’ebbrezza della forma, il formalismo, che induce molti gruppi umani a gravare di superfluo i loro prodotti nel momento in cui l’ambiente nel quale vivono e operano viene privato di quegli elementi significativi e memorabili che, soli, sono in grado di esprimere valori durevoli e stabilire relazioni di continuità tra una cosa e l’altra. L’ebbrezza della forma - che è conseguenza del culto della forma - s’accompagna alle grandi crisi delle civiltà; ed è appunto durante tali crisi che l’uomo - perduta la certezza del noto per lo stemperarsi dei caratteri specifici di quanto costruisce - cerca un’ancora di salvezza nel massimo dell’evidenza e nel massimo della sostanzialità, estendendosi nello spazio, aggiungendo sempre qualcosa al sufficiente o conferendo proporzioni inusitate agli oggetti.
Il piede, a conclusione, era, presso le prime civiltà storiche, una forma simbolica dai significati tutt’altro che ambigui, assunta a manifestare sia dinamismo fisico e spirituale, quanto circostanze emotive ricorrenti, dalle quali si faceva dipendere l’esistenza stessa dell’umanità.
L’osservazione circa l’atteggiamento riguardoso dei Taos per la Terra in primavera, fa comprendere, (giuste le sopravvivenze di remoti costumi e le affascinanti teorie di Edwin Oliver James sui legami esistenti, nell’antico Medio Oriente e nel Mediterraneo centro-orientale, tra una religione e l’altra, tra un rito e l’altro) che la copertura del piede, la calzatura, ha avuto, nel divenire simbolo, quale referente non solo lo status di chi la portava, ma anche, soprattutto nelle cerimonie rituali, il rispetto per il sacro dramma stagionale della terra, dramma che i re, congiunti in matrimonio mistico con la Dea Madre, ed i sudditi vivevano sempre con intensità. Con il passare dei secoli altri significati furono annessi alla calzatura: l’autorità, la potenza, il potere temporale, il dominio, la proprietà e così via fino alle pulsioni sessuali.
Eppure, la scarpa, in quanto oggetto di abbigliamento, è rimasta costantemente simbolo che, più che nascondere il proprio referente principale (la posizione dell’individuo nella successione delle strutture sociali), serve a rivelarlo, offrendosi sempre anche come estimabile oggetto estetico (variabile nel tempo) capace di trasformare il piede da struttura meccanica a complemento pregiato e raffinato, attrattivo ed espressivo.


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 26-03-2009
Cod. di rif: 4012
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: L'ossessione di Nanni Moretti per le scarpe
Commenti:
La memorabile scena dal film "Bianca" di Nanni Moretti.
http://www.youtube.com/watch?v=AIGEDfUtGoc
Consiglio anche ai più giovani di vederla e di approfondire la ricerca sui profili psicologici delle scarpe.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 26-03-2009
Cod. di rif: 4013
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Fissare la tomaia alla forma
Commenti:

Ecco come fa un artigiano:
http://www.youtube.com/watch?v=6DaPR-Qyefk&feature=related

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 26-03-2009
Cod. di rif: 4014
E-mail: luigi.lucchetti@rag-roma.it
Oggetto: La preparazione del sottopiede
Commenti:
http://www.youtube.com/watch?v=6LsE4nsEOJk&feature=related

in questo filmato si può vedere come un artigiano prepara un autentico sottopiede in cuoio fatto a mano, predisponendolo alla successiva cucitura praticando i fori uno ad uno in una sorta di monorotaia realizzata con un coltello.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 26-03-2009
Cod. di rif: 4015
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: la preparazione della tomaia, della fodera e dei rinforzi
Commenti:
http://www.youtube.com/watch?v=tqQ9zWxBfg8&NR=1

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 26-03-2009
Cod. di rif: 4016
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: la cucitura del guardolo.
Commenti:
in questo filmato si può osservare la preparqzione del filo per la cucitura del guardolo al sottopiede ed alal tomaia.
http://www.youtube.com/watch?v=c13m_kEllGE&NR=1
Osservate come l'artigiano prepara il filo, passandolo successivamente su un rocchetto di cera, al fine di renderlo più scorrevole nel momento in cui dovrà attraversare tutti i materiali che risulteranno cuciti assieme. Alla fine di questo passaggio il calzolazio rimuove gli eccessi di pelle di tomaia e di fodera con un coltello, preparando così la scarpa all'applicazione della suola sul sottopiede.
Notate anche, come nel filmato precedente, che il calzolaio bagna spesso sia la tomaia che la suola.
Alcuni calzolai spingono all'estremo questa tecnica dell'umidificazione dei materiali, immergendoli in acqua persino per 24 ore e favorendo un'essiccazione molto lenta dei medesimi, meglio se "in forma" e coperti da una tela di iuta. Con tale tecnica sia la tomaia che il sottopiede si ammorbidiranno, adattandosi meglio alla forma. Il risultato sarà che la scarpa ultimata si adatterà molto meglio al piede del proprietario perché, asciugando, tutte le parti che compongono la scarpa ed il filo "tirano" tutti insieme. Il maestro calzolaio Serafini di Petriolo usa questa tecnica solo su richiesta. Nella stagione piovosa del 2007 l'essiccazione di un paio di scarpe ha richiesto oltre un mese.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 27-03-2009
Cod. di rif: 4017
E-mail: luigi.lucchetti@rag-roma.it
Oggetto: La pelle e la concia
Commenti:
E' preliminare ad ogni successiva discussione una fase "didattica". Condividere alcune "nozioni" non potrà che agevolare l'approfondimento, secondo il metodo indicato dal G. M.. La dimestichezza (se non padronanza) con alcuni concetti farà sì che quando andremo a vedere delle immagini sul taccuino, avremo una maggiore consapevolezza della materia trattata. E' dunque non inutile la breve lettura che vi propongo, tratta da un'encicolpedia on line.
Il cuoio è un materiale resistente, flessibile e imputrescibile, costituito da pelle animale sottoposta a un particolare trattamento chimico detto concia. Quasi tutta la produzione mondiale di pellame proviene da buoi, vacche, vitelli, capre, capretti, pecore e agnelli, ma vengono utilizzate anche pelli di cavallo, maiale, cinghiale, canguro, cervo, foca, tricheco e, in misura minore, quelle di alcune specie di rettili e uccelli.
Secondo la terminologia commerciale italiana, la pelle conciata prende il nome di cuoio, distinguendo due tipi principali: i cuoi forti, o pesanti, e i cuoi molli, o leggeri. Tradizionalmente, però, con il termine cuoio ci si riferisce solo ai cuoi forti, mentre quelli molli sono chiamati semplicemente pelle.
L'appartenenza all'uno o all'altro tipo dipende essenzialmente dalla concia, anche se in genere per il primo si usano quasi esclusivamente pelli di bue e di vacca, mentre per il secondo vengono impiegate tutte le altre.
Il cuoio forte, particolarmente duro e resistente all'abrasione, si usa per fabbricare suole da calzature, finimenti e articoli tecnici come cinghie di trasmissione e guarnizioni. Il cuoio molle, o pelle, ha una più vasta gamma di applicazioni, che vanno dalle tomaie delle calzature ai cinturini degli orologi da polso. In particolare, con pelli di vitello e vitellone si producono tomaie, sellerie, valigie e articoli di abbigliamento (giacconi, borsette, portafogli, cinture ecc.); dalle pelli di agnello, pecora e montone si ricavano guanti, giacche e giacconi, articoli da legatoria e da arredamento; con le pelli di capra si producono tomaie per calzature di lusso, borsette e articoli da legatoria; con le pelli di maiale, cinghiale, cervo, foca si producono giacche, guanti, tomaie e articoli di abbigliamento; le pelli di rettile, infine, si usano per produrre tomaie e borsetterie di lusso, oltre che pelletterie varie come cinture, cinturini ecc.
La materia prima dell'industria del pellame nasce in gran parte come sottoprodotto dell'industria della carne. Prima di essere conciate, le pelli grezze appena prelevate dall'animale ucciso vengono sterilizzate, mediante salatura o essiccamento, per impedire la proliferazione dei batteri che le farebbero imputridire rapidamente. I metodi di sterilizzazione più diffusi sono la salatura e la salamoia. Nel primo caso le pelli vengono cosparse di sale, accatastate l'una sull'altra e lasciate così per trenta giorni, affinché il sale penetri in profondità. La salamoia richiede tempi più brevi; in particolare nel metodo più comune, detto salamoia 'agitata', le pelli vengono poste in grandi vasche contenenti un disinfettante e una soluzione salina satura: risultano già completamente intrise di sale dopo solo sedici ore.
Per ogni tipo di pelle esistono vari processi di concia, scelti in base all'uso cui il prodotto è destinato. I principali sono la concia minerale (o al cromo) e quella vegetale (o al tannino). La prima si esaurisce spesso in un solo giorno, mentre la seconda richiede settimane o mesi. Con la concia al tannino si ottengono cuoi piuttosto rigidi, impermeabili e resistenti a trazione. La concia al cromo restringe il materiale e produce pelli caratterizzate da una maggiore resistenza al logoramento e al calore. Talvolta una pelle viene prima conciata al cromo e poi riconciata al tannino, combinando i vantaggi di entrambi i procedimenti.
Prima di essere conciate, le pelli sterilizzate vengono sottoposte ad alcuni trattamenti preliminari.
Il primo trattamento preliminare consiste nell'immersione della pelle essiccata in acqua pura, in modo da eliminare il sale, il sangue, lo sporco, ma anche per reintegrare l'umidità perduta. Dopo un periodo di tempo che può variare dalle due ore ai sette giorni, si rimuove meccanicamente lo strato di carne dalla superficie interna. Quindi, per eliminare il pelo, si immerge la pelle in una soluzione acquosa di calce contenente una piccola quantità di solfuro di sodio, dove rimane per un periodo che va da uno a nove giorni. Al termine di questa operazione, i peli vengono facilmente rimossi da una macchina depilatrice e sulla superficie esterna diventa visibile la grana. Per ottenere pellame ben pulito, ogni pelo o pezzetto di carne rimasto viene eliminato manualmente, mediante una sorta di coltello a tagliente ottuso, detto scarnatoio.
La fase successiva consiste nell'immergere la pelle in una soluzione debolmente acida, che elimina la calce assorbita e riduce il rigonfiamento da questa provocato. La maggior parte del pellame viene trattata contemporaneamente con una sostanza macerante ricca di enzimi, che rende la grana più liscia e la pelle più morbida e flessibile. La quantità di macerante può variare moltissimo: il cuoio per suole non ne richiede affatto, mentre la pelle di capretto usata per la fabbricazione dei guanti ne richiede alte dosi concentrate. Dopo questa operazione, la pelle può finalmente essere conciata.
In questo trattamento, la sostanza che funge da conciante, svolgendo la funzione di rendere la pelle imputrescibile e bloccarne il restringimento, è il tannino, un composto organico vegetale che può essere ricavato dalla corteccia e dalle galle di quercia, dalla corteccia di castagno, leccio, acacia del Sudafrica e varie specie di Tsuga, dal legno di quebracho del Sudamerica, dalle foglie di sommaco e dai frutti di mirabolano dell'India.
Nella concia al tannino le pelli, appese a telai oscillanti, vengono immerse in una serie di fosse contenenti soluzioni sempre più concentrate di tannino. Il processo completo richiede 4-5 mesi di tempo, se si usa la sostanza naturale macinata, ma si può ridurre a pochi giorni, usando estratti ad alta concentrazione.
La concia minerale è nota come concia al cromo poiché il conciante usato più frequentemente è un sale di questo elemento. Le pelli conciate al cromo sono più elastiche di quelle conciate al tannino e si usano per fabbricare borse, tomaie, guanti e indumenti.
Le pelli vengono prima immerse in una soluzione salina acida e poi in una grande botte girevole che scuote le pelli, contenente una soluzione basica di solfato di cromo. La soluzione penetra così rapidamente che la concia può esaurirsi in meno di un giorno. Nella produzione di cuoio chiaro, in sostituzione dei sali di cromo, si usano sali di alluminio o di zirconio. L'allume (solfato di potassio-alluminio), la formaldeide e i tannini sintetici conferiscono invece alla pelle una particolare morbidezza.
Dopo la concia, cuoi e pelli sono sottoposti a operazioni diverse a seconda della loro destinazione. Il cuoio al tannino per suole viene prima candeggiato, quindi messo in infusione con sostanze quali sale di Epsom, olio e glucosio, e infine ingrassato con emulsioni calde di sapone, grasso e talvolta cera. Infine viene compattato e levigato mediante cilindratura, ossia il passaggio fra un cilindro di pressione e un piano di appoggio. Il vitello al cromo per tomaie viene 'spaccato' in sezione, ottenendo uno spessore sottile e uniforme, e quindi viene posto in un tamburo rotante per la tintura. Concluse queste operazioni, la pelle viene tesa e fissata su un telaio di vetro o di ceramica, o su una lamiera forata, e asciugata mediante il passaggio attraverso un tunnel a temperatura e umidità controllate.
Nell'ultima fase, detta rifinizione, la superficie esterna (fiore) dei cuoi forti viene spalmata con un lucidante e spazzolata con una spazzola rotante. Il fiore dei cuoi molli, o pelli, viene smerigliato per correggere le imperfezioni superficiali. La smerigliatura della superficie interna (lato carne) produce la cosiddetta pelle scamosciata. La 'pelle lucida', invece, si ottiene dalle pelli sottili trattate con una miscela di cere, gommalacca o resine sintetiche emulsionate e pigmenti. Per ottenere la lucentezza tipica del 'vero cuoio' sono necessari diversi strati di vernice spessa e oleosa.
Oggi si producono molti surrogati del cuoio e delle pelli, in genere materiali artificiali o sintetici, fra cui materie plastiche come il PVC (polivinilcloruro) e fibre non tessute impregnate di leganti. Questi materiali sono privi della porosità, della flessibilità e della resilienza caratteristiche del cuoio e delle pelli naturali, ma sono sempre più diffusi, specialmente nella fabbricazione di suole per calzature, per i loro bassi costi di produzione.


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 27-03-2009
Cod. di rif: 4018
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: La fase finale dell'assembleaggio della scarpa
Commenti:
Le fasi finali di assemblaggio della scarpa possono essere osservate a questo URL:

http://www.youtube.com/watch?v=NNHhFil6vo8

A mio sommesso parere in questo filmato si osserva un uso eccessivo delle colle da paret del calzolaio. In particolare l'incollaggio della suola al sottopiede non è privo di effetti nel caso in cui si volesse procedere alla risuolatura delle scarpe. Un montaggio delle due parti effettuato solamente con cucitura a macchina (meccanico) consentirà al calzolaio (ma anche al ciabattino) di asportare molto più agevolmente la suola da sostituire e di applicarne una nuova senza alterare il sottopiede. A mio parere la scarpa ci appartiene veramente quando sarà risuolata. I cavalieri mi comprenderanno. Ma l'applicazione di uno strato di gomma, o l'incollaggio di uno strato di cuoio, sulla vecchia suola, sono errori capitali da evitare. La scarpa perderà la sua elasticità per sempre. Solo l'accoppiamento di sottopiede e suola esclusivamente mediante cucitura garantirà una vita lunga alla scarpa con la medesima portabilità ed anche con la stessa estetica che ve la fece preferire. Questa tecnica può causare, a seconda dei materiali impiegati nelal costruzione, uno scricchiolio ad ogni passo che, personalmente, ritengo fastidioso perché attira lo sguardo di chi lo sente sulle vostre scarpe. Ci sono invece gentiluomini che ricercano questo effetto, ritenendolo un carattere distintivo della scarpa prodotta a mano artigianalmente. Per ovviare a questo problema (io preferisco l'understatement. Non a tutti piace fasi notare per il gnic gnac delle suole) una volta si usava spolverare i lati delle parti che dovevano essere messe a contatto con della polvere di marmo. Non mi consta che questa tecnica sia ancora in uso e la considererei ormai perduta.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 29-03-2009
Cod. di rif: 4019
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Storia della calzatura
Commenti:
http://www.vannacalzature.it/Storia_italiano/shoesstory.htm

per coloro che volessero avere, con materiali disponibili in rete, un primo approccio con la storia delle calzature.
Cavallereschi saluti.
L.L.


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 20-04-2009
Cod. di rif: 4027
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Scarpe. Due o tre apputi sui materiali
Commenti:
Un piccolo diario delle poche cose che ho imparato sui materiali per la costruzione delle scarpe, a beneficio soprattutto dei più giovani che, talvolta, mi onorano della richiesta di un modestissimo parere.
Scritti senza pretese di sistematicità, ma frutto certamente di esperienza diretta.

Suole in gomma para.
Premetto che il materiale da me preferito per le suole è il cuoio. Non usavo più scarpe con suole di para non so neppure da quanti anni. Il pregiudizio per lo scarso comfort era radicale ed a ragione. Quattro anni fa uno dei pochi calzolai veramente "didattici" che ho conosciuto mi ha spiegato che la para migliore è molto porosa. Mi ha mostrato che sul bordo della para di qualità si formano delle macchie di color tabacco: si tratta di un colore che si forma durante la lavorazione che va ad inserirsi nei suoi pori microscopici. Questo "difetto" appartiene solo alla para molto leggera, che così resta traspirante malgrado il materiale di cui si compone. La para di gomma più dura, a parità di volume, pesa il doppio e non è traspirante. Semplicemente isola in modo stagno, con gli effetti che potete immaginare. In compenso dura molto di più. La para di qualità si consuma come una gomma per cancellare le matite. Ogni anno o quasi occorre cambiarla. Le scarpe con mescole più compatte sono molto più durature, ma non vorrei mai trovarmi nella situazione di dover togliere quelle scarpe davanti ad una donna prima di coricarmi. Sarebbe molto imbarazzante e deleterio per la bella situazione che si era tanto faticato a costruire.
Conclusione: una scarpa con una suola in para di alta qualità risulterà più adatta per la stagione calda. Portata occasionalmente d'inverno mi ha causato l'infreddolimento delle estremità. Da evitare.

Fodera interna.
Sia in scarpe invernali che in quelle estive, ho imparato a preferire le fodere in capretto. Sono più isolanti dal caldo di quelle in tela. Inoltre, pur essendo molto traspiranti, trattengono un po' di umidità e sono particolarmente morbide al contatto col piede. Tra la fodera interna (in capretto) e la tomaia, i calzolai frappongono (ma non sempre) una teletta in tessuto di cotone o anche in altri materiali. Il rivestimento del piede risulterà così formato di tre strati.

Tacchi
I tacchi più belli sono certamente quelli interamente in strati di cuoio, senza gomma, con una fila di chiodini in rame senza testa posti sul bordo esterno, che si consumeranno insieme al tacco. Ma sono anche i più pericolosi. Un mezzo tacco di gomma non snaturerà l'estetica della scarpa in modo determinante e vi salverà da qualche pericoloso scivolone.

Cavallerescamente.
L.L.



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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 25-04-2009
Cod. di rif: 4030
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: prestazioni scarpe vintage
Commenti:
A beneficio del cavalier Villa va, per onestà intellettuale, ascritto che aveva precisato espressamente di non essere sicuro che la scarpa vintage avrebbe avvantaggiato l'avversario. E comunque, la sua, era una notazione a margine di un post assolutamente "nel seminato" del Castello.
Sono invece io fuori del seminato affermando che qualsiasi giocatore di livello medio, calzando scarpe come quelle di Serafini, mi batterebbe sicuramente tanto a poco anche se io calzassi la scarpa più performante su un campo da tennis.
A riprova che l'Uomo è sempre e comunque più importante di ciò che indossa.
Cavallereschi saluti.
Luigi Lucchetti

(giocatore mediocre di tennis)

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 28-04-2009
Cod. di rif: 4041
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Foto scarpe Fred Perry riferimento 4455
Commenti:
Ho visto, sempre nel laboratorio di Petriolo (MC) della ditta Serafini, la scarpa da tennis fotografata nell'appunto n° 4455, esattamente riprodotta nel modello, ma a colori invertiti. Cioè blu dominante e finiture in bianco, con lo stesso cerchio bianco.
Purtroppo ho dimenticato di fotografarla.
Cavallerschi saluti.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 13-05-2009
Cod. di rif: 4059
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Il Cuoio di Russia finalmente in Italia
Commenti:
Comunico in anteprima a tutti coloro che condivideono la passione per le belle scarpe, che la ditta Serafini di Petriolo dispone, eccezionalmente, di un piccolissimo quantitativo di cuoio di Russia che l'esclusivista mondiale ha, contrariamente alla propria politica commerciale, venduto al dettaglio (non lo crederete, ma abbiamo scomodato alti prelati per riuscirvi).
Per pochissimi eletti sarà possibile ora farsi confezionare in Italia delle scarpe con questo materiale così bello e raro. Dalle informazioni ricevute dal titolare il costo sarà di 1.000 scudi al paio.
Per informazioni potete chiamare il numero 0733550225.
http://www.lsp-serafini.it/index.php/Contatti.html
Cavallereschi saluti.
Luigi Lucchetti



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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 22-05-2009
Cod. di rif: 4067
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: ancora sulla lunghezza dei pantaloni
Commenti:
Non sono certo che esista una lunghezza ideale dei pantaloni da consegnare defintivamente all'iconografia immutabile del classico. Sebbene condivida la preferenza per la lunghezza più volte descritta (una sola piega sul davanti - associata ad un'ampiezza non troppo pronunciata), non sono sicuro che sia la soluzione per tutte le situazioni. Ad esempio, sto progettando un completo a piccoli quadri con una stoffa vintage per il prossimo inverno che prevede un pantalone a tubo, senza risvolto, leggermente più corto del solito, che scoprirà sicuramente un po' le calze.
Si tratterà di un abito un po' anni '60 in stile MOD, con una giacca a tre bottoni. Non penso che sia osceno: sarà solo un po' insolito di questi tempi, ma non inelegante.
I veri guru di questa porta ci diranno inoltre se ritengano sconveniente una minore lunghezza (che annulli cioè la piega) nei pantaloni da smoking.
Credo che la visione delle foto sul blog http://thesartorialist.blogspot.com/ possa dimostrare che vi sono più possibilità e che non esista un solo canone di lunghezza del pantalone.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 07-06-2009
Cod. di rif: 4086
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Bedford Cord
Commenti:
Sono un estimatore di questo tessuto, col quale ho fatto realizzare un paio di pantaloni due anni fa. Non posseggo altri capi, ma mi piacerebbe. Il limite che ho registrato è nella scarsità dell'offerta da parte delle ditte produttrici (ne ho trovato solo 3 colori in una mazzetta di un noto produttore inglese di tessuti).
A coloro che se ne intendono chiederei di fornire informazioni sia sui filati di cui è composto (prevalentemete in cotone. Ne esistono in lana? Chi li vende?) sia sulla reperibilità di questi tessuti, in Italia o all'estero, in una gamma cromatica più vasta.
Inoltre vorrei conoscere il vostro parere sul confronto tra il bedford cord ed il corduroy, che mi piace meno.
Ringrazio anticipatamente.
Cavallereschi saluti.
L.L.


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 19-09-2009
Cod. di rif: 4170
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Scelte di campo cavalleresche: ben più d'una questione di lu
Commenti:
Illustrissimi Cavalieri,
dopo la riuscitissima riunione accademica del 18 settembre a Bologna, a conclusione del ciclo sulle calzature, ho maturato la convinzione che sia giunto il momento di distillare il punto di vista cavalleresco sul modo di rapportarsi a quell'oggetto così carico di significati simbolici e di sfumature psicologiche che sono le calzature maschili. In altri termini, non riuscendo ad identificarmi né con la filosofia di "madame Berlutì" né con quella del principe Carlo, per le ragioni che sinteticamente esporrò di seguito, sto compiendo lo sforzo di cercare una collocazione personale, contemporaneamente cavalleresca, sulla relazione tra l'uomo e le sue calzature.
Si tratta, con tutta evidenza, della ricerca del giusto schieramento di campo del cavaliere dei primi dieci anni di questo millennio. Scelta che implica un'elaborazione della storia e della cultura del classico non fine a se stessa e che tenda non solamente alla conservazione museologica di quanto è già stato fatto e detto in questo campo negli ultimi 150 anni (attività, peraltro, di per se sola già meritevole di altissima considerazione) ma, a mio sommesso parere, all'elaborazione di un gusto attuale e di un approccio cavalleresco da applicarsi al complesso rapporto tra l'uomo e gli oggetti destinati a rappresentarlo, che raccogliamo nella definizione di "abbigliamento".
E' una ricerca che condurrà ad una opzione filosofica che implica tutta una serie di scelte che possono esulare dallo stretto ambito "calzaturiero" e che non potrà ridursi, banalmente, alla predilezione di un metodo di pulizia delle scarpe o, come sua priorità logica, a scegliere se averle lucide a specchio o solamente ben pulite.
Ritengo che un dibattito ben condotto su queste lavagne sia il miglior modo di prepararsi all'appuntamento cavalleresco del 20 e 21 novembre, non a caso bandito dal G. M. come convegno di "Filosofia del Gusto. Due giorni di pura astrazione dedicati al tema - La vita Elegante -".
Il mio invito pertanto è a ricercare i significati di certi comportamenti e quali scelte personali di gusto essi manifestino. E' una ricerca per me all'inizio, che spero si arricchisca di molti contributi e mi conduca alla chiarezza alla quale aspiro.
Fatto questo lungo, ma necessario, preambolo, mi calo ora in media res.
Da qualche anno, ormai, sono a conoscenza dell'attività dello Swan Group e delle adunate dedicate al cirage. Sull'uso dello champagne per ottenere una lucidatura il più possibile a specchio ho maturato alcune riserve di varia natura.
La prima, ovvia, è che quel liquido preferisco berlo che utilizzarlo per lucidare scarpe. In questo mi sento di non essere solo castello. Ma a parte questa non così ovvia considerazione, vorrei aprire una riflessione sui significati che un gesto simile trasmette. Lo champagne è considerato un genere di lusso, destinato solitamente ad occasioni speciali. A quelle di importanza minore si riservano spumanti italiani, i cui produttori si affannano a sostenere qualità comparabili con gli spumanti francesi, ma che in definitiva non comunicano al pubblico la stessa allure universalmente riconosciuta allo champagne. Non fosse altro per l'antico prestigio riconosciuto al vino francese ed al prezzo notevolmente più elevato di quest'ultimo. E poiché, come sappiamo per averlo appreso anche di recente a Bologna, il risultato della lucidatura a specchio non si deve al tipo di bevanda alcolica usata in soluzione, ma all'alcool stesso, utilizzare lo champagne o un altro spirito, ancorché fosse di un prezioso brandy aromatico, non è la stessa cosa.
L'uso dello champagne in soluzioni per la lustratura finale, anche se in dosaggi modesti, comunica lo sfregio non solo alla povertà, ma al comune buon senso. E' un eccesso esibizionista fine a se stesso, incompatibile con un'eleganza che, partendo dal proprio modo di essere, è in primo luogo un atteggiamento verso se stessi.
Non vuole, questo, essere un giudizio moralista. E' un giudizio di valore che parte dall'affermazione di cosa rappresenti il vivere elegante per ciascun cavaliere principalmente nei confronti di se stesso. E' elegante assumere comportamenti che, inevitabilmente, abbiano la preventiva consapevolezza che finiscono per choccare il mondo col quale entriamo in relazione?
Ho sentito più volte dire al G. M. che il lusso è spreco e mi pare che lo abbia anche scritto. Non ricordo però di avergli sentito mai affermare che sprecare, in quanto manifestazione del lusso, sia di per se stesso cavalleresco o elegante. Lo spreco, quale manifestazione del lusso, non è dunque né elegante né cavalleresco.
La relazione con gli altri, se inizia dall'affermazione così prepotente della propria capacità di spreco oltre limite dello sfregio, sarà una relazione non elegante, perché tendente a collocare il soggetto su un piano inarrivabile per l'altro. Una relazione nata morta che per riannodarsi dovrà superare quella barriera iniziale costituita dall'oltraggio al buon senso, ordito lucidando scarpe con champagne.
Il cavaliere non ha la necessità di esibire eccessi: la sua eleganza sarà percepita senza ricorrere all'ostentazione.
La pratica dello Swan Group a me pare, in tutta franchezza, un gesto da non esaltare e non meritevole di essere ricordato con favore. Preferisco l'understatement alle esibizioni borghesi di spreco e mi domando: se lo stesso avessero fatto dei magnati russi, senza storia e affacciatisi ora a grandi ricchezze, come giudicheremmo il fatto?
Dall'altro lato ho appreso dal Taccuino, per quanto mi riguarda non senza sorpresa, della pratica di SAR Carlo d'Inghilterra, di far rattoppare le sue vecchie scarpe. La cosa mi ha evocato immagini che ritenevo sepolte nella mia memoria, quando, ancora in età di scuole elementari, ogni tanto s'incontrava qualcuno con le scarpe rattoppate. Erano tuttavia toppe povere, niente affatto snob. Da troppo pochi anni eravamo usciti da una miseria diffusa ed il benessere si affacciava appena, ma non era ancora alla portata di strati larghi di popolazione.
Anche questo comportamento mi pare non abbia un senso alla soglia del 2010.
Posso capire che le scarpe vecchie si siano adattate così bene al piede che risultino più comode. Tuttavia, se mi sento di condividere il piacere di una scarpa risuolata e riportata a nuovo da una lucidatura eseguita ad arte in calzoleria, mi sentirei fortemente in imbarazzo, nel mio ambiente di lavoro e nell'ambito delle mie frequentazioni, con tomaie rattoppate.
Ciò perché, fatte salve le rare occasioni in cui incontrare i Cavalieri Guardiani delle Nove Porte, mi farebbe risultare incompreso ed incomprensibile. Il che, se da un lato non è così importante per un uomo che non aspira a confondersi con la massa ed a farsi accettare da essa (altrimenti non sarebbe un cavaliere), sortirebbe lo stesso effetto che causa la lucidatura allo champagne, di pregiudicare una relazione elegante.
Immaginate la reazione di un eventuale interlocutore nell'apprendere la nostra giustificazione che "lo fa anche Carlo d'Inghilterra"! Chi sono io per "imitare" SAR Carlo? Sono forse un suo pari? No, sarei solo un borghese che aspira ad uno status che non può avere, scimmiottando comportamenti snob. Un mentecatto, non certamente un cavaliere.
Dunque, ricordando che la scelta di campo sottende questioni di ben altro spessore, dove si deve collocare il Cavaliere dell'anno del signore 2009?
A me sembra, parafrasando slogan politici degli anni '70, né con Carlo, né con la Berluti.
Per ora concludo qui, ripromettendomi di tornare sull'argomento cercando di sondare altri profili di una questione che mi pare già abbastanza ricca di spunti.
Cavallereschi saluti.
Luigi Lucchetti




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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 20-09-2009
Cod. di rif: 4172
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Risposta al signor Scalet
Commenti:
Egregio signor Scalet,
lei mi attribuisce un'autorevolezza ed una competenza che, in realtà, non posso vantare. Benché abbia delle idee abbastanza precise al riguardo, dalla descrizione dei problemi delle sue scarpe ho tratto la convinzione che, al suo posto, incaricherei un vero artigiano calzolaio, e non un commercialista leguleio, di eseguire una manutenzione straordinaria. Mi creda, sono sincero affermando che è il miglior consiglio che mi sento di darle.
Cordialità.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 20-09-2009
Cod. di rif: 4175
E-mail: luigi.lucchetti@rag-roma.it
Oggetto: Pantalonaio Ambrosi
Commenti:

copio/incollo un messaggio del G. M. del 7/12/2006:

Egregio signor Armennate,
Salvatore Ambrosi ha bottega in Via Giovanni Nicotera n. 103, Napoli. Tel 081.414497.

E´ all´interno di un palazzo, ma troverà il nome sul citofono. Da Via Chiaia, che come sa è zona pedonale, prenda l´ascensore e una volta su prenda a sinitra, restando sullo stesso lato.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 11-10-2009
Cod. di rif: 4182
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Le scarpe, l'amore e noi che guardiamo
Commenti:
Illustrissimi Cavalieri,

provo a seminare qualche dubbio perché è solo con le verifiche empiriche che approderemo a soluzioni più vicine al vero.

E se il testo tradotto dal Prefetto Borrello non fosse altro che pubblicità fatta alle spalle dell'ignaro Principe Carlo, la cui immagine fosse stata usata dalla ditta J. L. senza ottenerne previa autorizzazione?
E se le scarpe indossate nella foto che lo ritrae anni fa fossero state delle derby in vitello liscio, mentre quelle rattoppate sono delle francesine con la punta che, più che lucida, sembra in vernice?
E chi ci dice che le scarpe rattoppate siano indossate da SAR Carlo d'Inghilterra? C'è un'immagine che lo ritrae a figura intera con quel paio di scarpe?

Mi sembra più probante l'immagine offertaci da Arcangelo Nocera.
Ciò non di meno la tesi del rapporto speciale del principe con le sue vecchie scarpe introduce un non irrilevante elemento di riflessione.
La scelta del principe, secondo questa tesi, non sarebbe dettata da motivazioni estetiche o filosofiche, come pure è stato affermato al castello, ma da ragioni quasi sentimentali o persino psicologiche.
In questa prospettiva, volendo ricorrere ad un'equivalenza, la tomaia rattoppata sta alla coperta come SAR Carlo sta a Linus.
Se così fosse (e non sono sicuro sia così), alla base della scelta di indossare scarpe rattoppate non ci sarebbero motivazioni filosofiche ed estetiche tipicamente nobiliari, come quelle lumeggiate sulla lavagna.

Non so dove stia il vero, tuttavia resta ancora largamente inesplorato il tema di fondo che avevo proposto alla riflessione collettiva: quale estetica, intesa come complesso di valori che avevamo sintetizzato simbolicamente nella lucidatura a specchio con lo champagne da un lato e con le toppe sulla tomaia dall'atro, si addice al cavaliere contemporaneo?

Personalmente ero rimasto nella insicura e rischiosa posizione in mezzo al guado: né con Carlo né con Olga, chiedendo il parere di chiunque lo avesse voluto fornire.

So bene però che non è in negativo che si fondano le identità collettive. Il gusto del cavaliere contemporaneo necessita di una definizione in positivo.

Una luce l'ha suggerita proprio l'amico Arcangelo, che molto saggiamente ha offerto un'immagine paradigmatica che ha la forza di individuare la giusta "terza via" del cavaliere.

Sostiene Arcangelo, con forza che l'apparente semplice pragmaticità solamente può offire, che al cavaliere contemporaneo non è richiesto di arrivare alle toppe sulla tomaia.
Basta risuolare le scarpe e possederle ancora a lungo, curandone la manutenzione.

E in questo non banale esempio, c'è tutta una filosofia che ripudia al tempo stesso gli eccessi consumistici della grande borghesia e lo snobismo reale delle tomaie rattoppate, non alla portata di chiunque nella vita di tutti i giorni negli ambienti di lavoro e sociali che frequentiamo.
Il tema resta aperto e sul tavolo.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 12-11-2009
Cod. di rif: 4198
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Corinzio, ionico e dorico
Commenti:
Illuminante Gran Maestro,

nel gesso 2874 ed in altre fonti Lei ha accennato agli stili corinzio, ionico e dorico con riguardo all'abbigliamento. Sento la necessità di approfondire la conoscenza del Suo pensiero al riguardo per chiarirmi le idee. Probabilmente Lei ha già avuto modo di sistematizzare il tema con riferimenti storici precisi ed immagini di sostegno che esemplifichino i concetti. A me però l'argomento risulta ancora un puzzle di difficile composizione, forse perché disseminato tra i moltissimi materiali nel Castello e non, come riterrei utile, in un'unica organica pubblicazione o in una sequenza di interventi tra loro collegati sul taccuino.
Se mi è consentito, Le chiederei sommessamente di compiere questo sforzo manualistico, nella convinzione che ne risulterà una lezione fondamentale per la cultura del gusto del classico alla quale ci siamo votati.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 15-11-2009
Cod. di rif: 4199
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto:
Commenti:
Illustri Cavalieri,
uno spunto di riflessione in vista dell'importante evento cavalleresco marchigiano.
Dalla serie di appuntamenti in cui si discusse intorno ai concetti di lusso, qualità e prezzo, il Gran Maestro ci indicò la conclusione che il lusso è sostanzialmente una manifestazione dello spreco.
Dalle recenti discussioni su questa lavagna, che avevano solo all'apparenza ad oggetto una scelta di campo tra le toppe sulle scarpe del Principe Carlo ed il cirage a base di champagne, ma che vertevano sulla ricerca di una via cavalleresca contemporanea all'eleganza, la totalità degli interventi, tra i quali spiccava come suo solito l'acuto di Arcangelo Nocera, propendeva per una visione sobria dell'eleganza.

La ricerca di un denominatore comune cavalleresco sulla concezione di vita elegante del XXI secolo può dunque ritenersi approdata alla conclusione che se il lusso è spreco, i cavalieri rifuggono il lusso per una scelta di sobrietà?

Pindaro, dalla prima pagina del Taccuino, ci ricorda ogni volta, da anni, che le azioni sono la misura di ogni uomo.

Avremo modo di approfondire lo spunto in terra marchigiana.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 18-11-2009
Cod. di rif: 4204
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Pedibus calcantibus: risposta ad A. Longo
Commenti:
Anche a me è capitato di non mettere più scarpe fatte a mano da un artigiano a causa dei doloretti che mi causava l'indossarle. Era un artigiano indicatomi da Cavalieri e tanto mi bastava. Dopo il secondo paio di scarpe ho cambiato calzolaio e questo non è più accaduto.
Il consiglio è tutto qui: cambiare calzolaio.
Non avendo problemi di postura o di misure atipiche, perché farsi realizzare scarpe su misura? Ciascuno ha le sue motivazioni. Lei ne ha indicate alcune nelle quali non mi riconosco, pur dovendomi annoverare oggettivamente nella "middle class". Non mi aspetto alcun ritorno d'immagine né approvazione sociale, né per le scarpe, né per gli abiti, né per le camicie che mi faccio realizzare su misura. Nonc'è neppure una voglia di distinzione. Per quanto mi riguarda, si tratta solo di tentativi di rappresentarmi in modo non banale né confezionato cercando di rappresentamri per ciò che sono a 50 anni passati.
In particolare per le scarpe cerco qualcosa che sul mercato non c'è (o, forse, semplicemente m'illudo che non ci sia). Vado alla ricerca del mio stile, della qualità al giusto prezzo. Forse è banalmente può apparire tutto qui, ma in realtà c'è una maturazione, un punto d'approdo dell'individualità di un uomo vissuto sempre fuori le righe.
E poi mi diverto, non senza un pizzico di autoironia. Basti andare a vedere una news su questo link http://www.lsp-serafini.it/index.php/News/ e fare la traduzione del nome del modello che ho ispirato all'artigiano.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 30-11-2009
Cod. di rif: 4216
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Anni '30 - Cinema
Commenti:
Mi permetto di suggerire la visione del film "Nemico Pubblico", attualmente nelle sale, a tutti coloro che vogliano vedere un grande campionario di tessuti ed abiti anni '30 in voga negli USA in quel periodo.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 07-12-2009
Cod. di rif: 4224
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Segnalazioen Mostra d'arte
Commenti:
Possiamo noi comprendere lo stile del vestire maschile nel tempo senza conoscere quello femminile? Essi non sono forse come lo Yin e yang, complementari ed inscindibili?
Suggerisco una visita alla mostra di pittura che si tiene a Roma dal titolo "Boldrini e gli italiani a Parigi" al Chiostro del Bramante (Piazza navona, fino al 14 marzo 2010.
Vi sono ritratte, nei loro ricchi abiti, in gran parte donne borghesi e della nobiltà parigina del periodo 1870 - 1900, cuore della belle epoque, nello stile pittorico ritrattistico che si affermò il quel periodo, caratterizzato dalla joie de vivre.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 12-12-2009
Cod. di rif: 4227
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Abbigliamento maschile e fiemminile. Riflessioni su
Commenti:
Mi riferisco all'intervento del Cavalier Villa ed alla mia precedente segnalazione di una mostra pittorica, effettuata nella convinzione che chi fosse interessato ai temi dell'abbigliamento maschile potrebbe trovare di suo interesse il tema della mostra stessa, ancorché incentrato sull'abbigliamento femminile della seconda metà dell'800 parigino.
Presumo che il l'esistenza di relazioni inscindibili tra abbigliamento maschile e femminile, sia un'acquisizione definitiva dei frequentatori abituali del Castello, avvenuta naturalmente ed inevitabilmente, così come un bambino impara a parlare semplicemente osservando il labiale della mamma, ascoltando i suoni e mettendo in relazione i suoni col suo significante.
Tali relazioni discendono, in primo luogo ed inevitabilmente, dalla tecnologia per la produzione degli ingredienti di base (filati, tessuti, accessori ecc.). Non può esservi una tecnologia per l'abbigliamento maschile ed una per l'abbigliamento maschile: essa si definisce per ciò che è possibile tecnicamente in quel dato momento. Ad esempio, i telai del '600 producevano bellissimi damascati che venivano usati sia per realizzare abiti femminili che abiti maschili, seppur con differenti fantasie. Ma non basta, altrimenti non si spiegherebbe l'uso di tessuti diversi, solitamente (ma non sempre) più leggeri ed eterei per le signore e più robusti per gli uomini. Le relazioni tra i due mondi dell'abbigliamento sono, tuttavia, figlie soprattutto del pensiero dominante nel contesto storico nel quale nascono e si affermano: non riesco ad immaginare damine senza cicisbei, né le tute sportive contemporanee, che si distinguono al massimo per la modellatura, per non dire dei modi di vestire comuni a certe categorie o classi sociali: si pensi ai tailleur femminili delle signore che frequentano il mondo degli affari o l'uso del jeans tra i giovani studenti. Si potrebbero fare molti altri esempi, ma credo di aver reso il concetto e non mi dilungo oltre con la casistica.
Dunque reputo inevitabile, per comprendere lo stile dell'abbigliamento maschile di un'epoca, guardare all'altra metà del cielo avendo in mente non solo i dettagli e gli stilemi vigenti ratione temporis, ma soprattutto quali ideologie fossero dominanti in quel determinato contesto storico; il peso della morale religiosa; quali forze politiche ed economiche erano in gioco e quali dinamiche erano in divenire.
Portato il contesto storico - socio - economico a fattor comune, si avrà maggiormente la percezione della inscindibilità dei gusti del vestire maschile e femminile e meglio si comprenderanno sia l'uno che l'altro, ancorché riguardati e studiati separatamente.
Detto ciò e considerando per acquisita e comune a noi tutti questa fondamentale consapevolezza, resta il fatto che su questa lavagna avrò piacere ed interesse di continuare a leggere post in tema di abbigliamento maschile, che resta l'argomento in topic. E del resto non ho dubbi che continuerà ad essere così.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 23-12-2009
Cod. di rif: 4234
E-mail: luigi.lucchetti@rag_roma.it
Oggetto: Galoche in gomma
Commenti:
Sono stato chiamato in causa in qualità di semplice appassionato di calzature (fortunatamente sto sgombrando il campo dall'equivoco ingenerato in alcuni che io sia invece un "esperto") per esprimere un commento sulle galoche da utilizzare sopra le scarpe. L'uso delle galoche a riparo delle scarpe era abbastanza in uso quando ero bambino. Poi è caduto in desuetudine, probabilmente perché molte delle calzature che si sono usate a partire dalla fine degli anni '60 somigliavano più alle galoche che a delle scarpe e vuoi per la larghissima diffusione che ebbero da quell'epoca scarpe con fondo in para dette a "carroarmato" che, tuttavia, quando pioveva in abbondanza, lasciavano passare dalle cuciture tanta di quell'acqua che i miei piedi risultavano perfettamente lavati.
Che dire dopo quanto ha scritto il Gran Maestro? Nulla da aggiungere. E' un articolo utile in certi frangenti con eccezionali precipitazioni. Oltre che a "tenere da conto" le scarpe quelle galoche diminuiscono le probabilità di scivoloni. Non possono, a mio parere, essere indossate per il gusto estetico, ma lo stile di chi le indossa nelle occasioni in cui rivelano la loro utilità non siminuirà di certo la sua immagine di uomo elegante. In definitiva, all'uopo, perché no?!
Con l'occasione, in procinto di partire con la famiglia per una cavalleresca vacanza all'insegna del nostro motto, porgo al GM, ai Guardiani, ai Prefetti, ai Cerimonieri, ai Cavalieri, agli Scudieri e simpatizzanti, i miei migliori auguri di buone feste e per un 2010 con l'Ordine, nell'Ordine, per l'Ordine.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 29-01-2010
Cod. di rif: 4258
E-mail: studiol.lucchetti@antispamlibero.it
Oggetto: Classico: morto, vivo o così così?
Commenti:
Non c'è alcuna necessità che io interpreti il pensiero del G.M., giacché può farlo benissimo da solo.
Mi è però sembrato che Egli, in più d'un'occasione, alludesse alla morte del classico come di un linguaggio che non può produrre termine nuovi. Un po' come il latino, che però continua ad essere studiato e, soprattutto, che ha lasciato profonde testimonianze di sé in parecchie lingue parlate attualmente da molti milioni di persone ed, in tal senso, può dirsi sopravvissuto al suo declino.
Dunque occorre intendersi sull'accezione del significato che l'autore intende attribuire alla sua teoria, che non sono sicuro sia il medesimo di quello attribuitogli dal signor Masci, che pure si è profuso in un pregevole contributo di analisi semantica. E neppure quello che mi pare di capire gli atribuisca l'ottimo Pugliatti.
Se il senso (ed il G.M. - 1956 - vivente - ci conforterà) è che l'età classica nell'abbigliamento maschile è morta perché non produce più nulla di nuovo, non per questo si può parimenti affermare che l'abbigliamento classico sia sepolto definitivamente. Altrimenti ci dovremmo spiegare come noi ci intendiamo abbigliati nei nostri incontri. A me sembra di aver conosciuto solo cavalieri, vivi, mangianti, beventi e fumanti, tutti classicamente eleganti.
Detto ciò, concluderei con l'affermazione che la definizione (non mia) di "permanent fashion" attribuita al vestire elegante classico mi pare particolarmente efficace per definire lo stato di salute dell'oggetto di studio di queste lavagne.


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 16-02-2010
Cod. di rif: 4269
E-mail: luigi_lucchetti@ragroma.it
Oggetto: Azione, meditazione, affabulazione. Meglio l'Azione
Commenti:
Io non intingo le mie parole nella menzogna;
l'azione è la verifica di ogni uomo.

Dove l'ho letto? Ah… nella pagina del Taccuino di questa medesima porta.
Quindi l'azione è la verifica di ogni uomo ed a maggior ragione del Cavaliere.
Non parlerò del tempo, né di quello filosofico né, tantomeno, di quello meteorologico. Parlerò di azione.
Ripenso alla serata organizzata dalla Prefettura di Roma al Cotton Club. Otto tra Cavalieri e simpatizzanti in campo. Sette uomini in smoking ed uno in blu, perfetto per la serata anche se non in black tie. Tutti con le rispettive dame, perfettamente in tono col locale e con l'abbigliamento dei loro uomini. Un Cavaliere proveniente da Terni, per l'occasione. A lui ed alla sua signora il nostro plauso per aver condiviso un momento dell'ideale cavalleresco sobbarcandosi il sacrificio di un viaggio in tarda sera per il ritorno a casa.
Cavalieri e Dame, presentatisi in un locale in sedici, lo hanno immediatamente caratterizzato, elevando il tono complessivo con la loro sola presenza. Si avverte nell'aria, da parte degli altri spettatori, dei camerieri, dei gestori del locale e dei musicisti, una sorta di rispetto per questa presenza organizzata, elegante. Si chiederanno chi sono questi signori, da dove vengono, di cosa sono portatori, quali segreti essi nascondono?
E' l'ennesima prova che i Cavalieri, se escono dai loro convivi esclusivi, sono capaci di attrarre non solo curiosità, ma interesse e rispetto. E' una prova concreta di attualità e di vitalità dell'agire cavalleresco. In un momento di declino morale e comportamentale come l'attuale, chissà che un linguaggio, considerato morto, non costituisca invece un punto di riferimento?
Cavallereschi, meditabondi, saluti.
Luigi Lucchetti
PS: auguri al Cavalier Masci per le sue novità che, dopo averle annunciate e suscitato la curiosità, a questo punto è tenuto a render note.



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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 19-02-2010
Cod. di rif: 4274
E-mail: studiol.lucchetti@antispamlibero.it
Oggetto: Tecnologia e nuovi tessuti
Commenti:
Leggo con piacere su Il Sole 24 Ore di ieri, a pagina 26, che alla fiera Milano Unica il cotonificio Albini (camicie) ha messo a punto una nuova tecnologia per la lavorazione dei migliori cotoni al mondo, che fa somigliare il cotone egiziano delal qualità "Giza 45" alla seta ed al cashmere. Leggo inoltre che il lanifico Togna fa il percorso inverso ed ha messo a punto un finissaggio che fa sembrare la lana secca come il cotone (un prodotto chiamato "conditio"). Infine il lanificio Zegna ha brevettato un altro tessuto denominato "cool effect" che consente anche alle stoffe di colore scuro di rifrangere la luce del sole abbattendo il calore percepito dalla pelle anche di parecchi gradi. Peccato non esserci stati. Sento il desiderio, credo da molti condiviso, di un nuovo tour cavalleresco sul campo, alla scoperta delle novità della produzione tessile.
Lancio l'idea al GM ed ai prefetti per la sua eventuale organizzazione.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 04-03-2010
Cod. di rif: 4296
E-mail: luigi_lucchetti@ragroma.it
Oggetto: Brevetto Flex Goodyear della FABI
Commenti:
Frequentatori tutti del Castello,
ho letto solo comunicati commerciali sul brevetto in oggetto. Se tra voi vi fosse qualcuno che ne sapesse di più dal lato tecnico, gli sarei grato se volesse colmare questa mia lacuna.
Trascrivo una sintesi di quanto reperito in rete, per introdurvi opportunamente al tema.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

La scarpa inglese - spiega la portavoce del Gruppo Alessia Fabi - è stata sempre considerata al top di gamma, oltre che per i materiali usati, per la robustezza e indeformabilità derivante dalla sua lavorazione tradizionale. Fabi è riuscito a innovare il processo, brevettando un sistema che riesce a coniugare alle caratteristiche di lavorazione inglesi la classica lavorazione italiana a sacchetto, il che rende la stessa scarpa morbida e flessibile come un guanto”. Per mettere a punto la tecnica Flex Goodyear è stato necessario un investimento di 1 milione di euro.

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 12-04-2010
Cod. di rif: 4322
E-mail: luigi_lucchetti@ragroma.it
Oggetto: Cinta e bretelle
Commenti:
Mi riallaccio agli accenni che il G. M. faceva a proposito di soggettività nei dettagli del vestire con gusto. Io porto spesso cinta e bretelle, non tanto perché è un modo di dire del vernacolo toscano per indicare coloro che sono molto prudenti (non sono prudente, né ho origini toscane).
Porto cinta e bretelle neppure per un motivo puramente e solamente estetico.
Se s'indossano le bretelle, la cintura perde la sua funzione. Tuttavia la cintura è un accessorio che crea una linea orizzontale che aiuta sottolineare la figura in modo, a mio modo di vedere, contemporaneamente classico.
Quindi uso le bretelle perché il cavallo dei pantaloni resta al suo posto e la piega del pantalone "spiomba" sempre nella giusta lunghezza, andando ad appoggiarsi appena sul collo del piede. Peraltro la giusta altezza del cavallo non solo mi fa sentire in ordine, ma conferisce alla figura un'idea di compostezza complessiva, che va inevitabilmente persa quando il cavallo scende anche di pochi centimetri. Con le bretelle non devo impegnarmi a riassettare la camicia ed a far risalire il pantalone alla giusta altezza in vita. Né si creano quelle inestetiche borse sopra le scarpe. A maggior ragione se il fondo del pantalone è leggermente più stretto di quelli soliti (19 centimetri possono bastare), come a me piace indossare.
Porto la cintura perché, quando tengo la giacca sbottonata, crea una linea orizzontale elegante, anche se non si possiede un ventre piatto. La funzione della cintura non è più quella per cui nacque: essa diviene un elemento ornamentale al pari di altri accessori. Se è una bella cintura svolgerà egregiamente questa funzione.
Esteticamente il massimo risultato si raggiunge, per quanto mi riguarda, con questa soluzione.
Nulla di rivoluzionario o azzardato che si discosti dal classico. Si tratta solo di due o tre dettagli del mio stile, che ho elaborato in base alle proporzioni della mia figura e che mi sembrano idonei a migliorarla.
Condivido (come non potrei?!) quanto asserito dal G. M.: la giacca non va mai tolta né le bretelle vanno mai mostrate. Ne risulterebbe vanificato tutto lo sforzo fatto per mostrare compostezza, che però in me si spinge a dar peso ad altri dettagli, meno evidenti, che ne fanno un valore non puramente estetico, ma il punto di arrivo di una ricerca personale. Fanno parte di questa sensazione le calze ben tese, il fazzoletto di lino (ma anche di cotone) tenuto in tasca, come m'imponeva la mamma quando ero bambino, biancheria intima in filo di scozia.
E' evidente dunque la ricerca di una cifra personale che va oltre il risultato puramente estetico, di cui nessuno può, per ovvii motivi, constatare la presenza. Soltanto l'occhio che guarda oltre la mera apparenza può cogliere, da un pantalone ben portato, la complessità del pensiero e dell'umanità che presiedono a determinate scelte che, al profano, possono apparire di mero gusto del vestire.
Ciò che ho imparato, in questa straordinaria associazione, è la consapevolezza che il Guardiano Cavaliere delle 9 Porte è portatore di un umanesimo che si manifesta in primo luogo nella sua esteriorità, ma che va ben oltre le apparenze.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 21-05-2010
Cod. di rif: 4348
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Approfondimenti
Commenti:
Nobile Cavalier Villa,

trovo molto interessante le seguenti frasi da lei scritte, che quoto letteralmente di seguito:

"E’ ora di finirla con ambientalisti sciattamente vestiti e carichi di odio verso l’autentica bellezza; non vi è alcuna armonia nel loro essere e nello loro mire distruttrici.
L’indossare una cravatta, una scarpa opportuna, l’aprire una portiera ad una signora, protegge l’ambiente da quella violenza cieca che la società chiama “liberazione” ma che rappresenta l’aberrazione dell’anelito umano verso l’ armonia che ha come fine ultimo la protezione dei cicli naturali."

Dal loro tenore intuisco la complessità dell'analisi che le sottende, ma non avendo avuto la possibilità di consocerla meglio di quanto non ci abbiano sino ad ora consentito i nostri fugaci incontri ad eventi cavallereschi, non sono sicuro del "non detto".

I riferimenti da lei accenanti meritano, a mio sommesso parere, una maggiore articolazione, soprattutto con riguardo ai temi cari a questa lavagna, in modo da non generare dubbi sull'esatta portata del suo pensiero.

Le sarei grato se volesse meglio illustrare la sua analisi e le sue conclusioni sugli argomenti accennati.

Cavallereschi saluti.
Luigi Lucchetti



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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 27-07-2010
Cod. di rif: 4381
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Lobbia - fabbrica Montappone
Commenti:
Nobili Cavalieri, Egregi visitatori,

pur vivendo in una grande città, non mi risulta facile trovare una assortimento di cappeli a lobbia tra i quali scegliere, per qualità e colore, quello o quelli che vorrei acquistare.
In due giorni di ricerche ho trovato un solo negozio che ne disponeva di due esemplari, ma non della mia misura e, purtroppo, di un solo colore.
Segno del declino di questo accessorio in epoca in cui il copricapo dilagante è un baschetto con visiera mutuato dagli sports, non mi è stato facile trovare indicazioni di venditori neppure sulla rete.
Sarò grato a chiunque volesse segnalarmi fabbriche e/o negozi, essendo disponibile anche ad un viaggio a Montappone pur di poter provare qualche lobbia.

Per vostra curiosità, riferisco che nel negozio Ferragamo di Via Condotti a Roma, sono disponibili alcune lobbie, usate di recente per una sfilata di moda maschile che si è tenuta all'interno del negozio stesso, per completare il look dei modelli. Secondo il capo dei commessi di ferragamo, la tendenza della prossima stagione invernale sarebbe quella di un prepotente ritorno del classico.
Pur disinteressandomi delle tendenze della moda, si tratta comunque di elementi culturali sui quali un cavaliere mediterà.
Cavallereschi saluti.
Luigi Lucchetti


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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 29-07-2010
Cod. di rif: 4385
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Lobbie e indirizzi romani
Commenti:
Illustre Prefetto Borrello, caro amico Italo,

conosco due dei negozi segnalati a Roma.
Viganò, in particolare, non ha più lobbie ed il suo titolare, un presuntuoso e sgradevole canottiere senior del Circolo Canottieri Aniene, mi ha liquidato sbrigativamente, forse perché socio di un Circolo Canottieri molto più antico del suo (avevo il torto di indosare un capo che mi rendeva riconoscibile). Ho trovato il negozio in fase di dismissione. Ho visto esposta tanta merce vecchia di second'ordine.
Spero che gli affari gli vadano in proporzione al garbo che riserva ai sui clienti.
L'altro, posto nelle vicinanze di Piazza Navona, non ha una gran scelta. Per non parlare dei due negozi di Borsalino, quello vicino al Parlamento e quello in Via del Babuino: in due negozi avevano solo una lobbia nera e non della mia misura. Proverò a Milano. Grazie per la segnalazione.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 20-08-2010
Cod. di rif: 4398
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Talon rouge e Cavalleresco Ordine
Commenti:
Seguo dall'estero il taccuino e la lavagna. Ho avuto modo di navigare sui siti segnalati di questa associazione francese della quale si è ipotizzata una parentela col Cavalleresco Ordine.
Fatti salvi i debiti approfondimenti, ad una prima impressione mi pare che gli abiti e gli accessori indossati dai membri di questa associazione stiano agli '30 come la sprypanna sta alla panna di un buom pasticcere o gelataio artigianale o, se preferite, come una giacca blu di un certo super 120 di cui taccio il marchio sta ad un blazer di fattura sartoriale. Cosa ne pensate?
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 17-10-2010
Cod. di rif: 4425
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Scarpe in cuoio di Russia
Commenti:
Sono un possessore di scarpe realizzate in cuoio di Russia, quello originale, realizzate da un maestro calzolaio marchigiano, anche perché quelle vendute pronte nell'unico negozio di Londra ove sono reperibili, mi avevano sconcertato per la fattura abbastanza rozza.

Ritengo che intorno a questo pellame sia stata costruita un'aura che, al dunque, esso non merita.

Il cuoio di Russia, arrivato secco in Italia, lo abbiamo trattato chi con delle creme particolari, chi addirittura con delle creme farmaceutiche per rigenerare l'epidermide umana colpita da ustioni. Questi trattamenti lo hanno sicuramente molto migliorato ed abbiamo superato abbastanza agevolmente il problema della secchezza del pellame, che ha dato vita a delle scarpe ceh no presentano alcun tipo di problema estetico e di usura.

Ma, al dunque, è un pellame col quale si può realizzare un tipo di scarpa abbastanza rustica, per un uso assai limitato.

Possiedo, per una mia insana passione, numerose paia di scarpe realizzate su misura da vari calzolai italiani in cordovan, in alligatore, in coccodrillo, in lucertola ...

Dopo tanto peregrinare e provare (e spendere), sono giunto alla conclusione che i migliori pellami per calzature maschili di classe sono i vitelli provenienti dalle grandi concerie francesi, italiane e tedesche.

Persino il cordovan si è rivelato una delusione per l'uso formale urbano, che è quello che per me è più frequente.

Un qualche pregio, a mio parere, lo conservano i rettili, considerata la grande freschezza che garanticono al piede. Tuttavia non mi pare che il rapporto qualità/prezzo giustifichi quegli acquisti e comunque un paio di scarpe in un qualsiasi rettile, ancorché ve ne siano di eleganti in commercio, restano un pochino vistose.

Mi ritengo un consumatore maturo ed ormai esperto. Secondo me il cuoio di Russia genera tante aspettative ma non mantiene le promesse.

Vedo che le grandi intramontabili scarpe in vitello dei vari Jonh Lobb, Peron e prodotti simili sono insuperabili.

Ad majora.
Cavallereschi saluti.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 19-12-2010
Cod. di rif: 4460
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Cappelleria a Roma
Commenti:
Segnalo la scoperta di una cappelleria a Roma ove si realizzano su misura lobbie, bombette, cilindri ed altri cappelli e copricapi. Naturalmente vi si vendono anche articoli già confezionati.
La cappelleria, che serve sia uomini che donne, si trova in Roma, Via degli Scipioni n. 46, non lontano dal Vaticano, ed è gestita da una donna che ha realizzato anche opere su disegno di Capucci, esposte a Pechino.
Il sito internet è un po' scarno, ma può essere di qualche utilità:
www.antica-cappelleria.it/
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 22-09-2011
Cod. di rif: 4527
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: DJ 4 o 6 bottoni per il cav. Villa
Commenti:
Caro Cav. Villa,
lei è ad un bivio difficile.
Qualsiasi sarà la scelta che farà, le lascerà il rammarico di non aver optato per l'altra.
Questo mio messaggio non avrà contenuti tecnici, ma solo qualche nota personale di gusto (per quel poco che possa valere il mio punto di vista).
A mio sommesso parere, il suo busto può giustificare ampiamente il 4 bottoni Kent, senza spacchi sul dietro. Sarebbe una scelta che la distinguerebbe.
All'occhio contemporaneo sembrerà più attuale il 6 bottoni. E ciò per alcuni anni ancora.
Contrariamente a quanto lei asserisce, da questo angolo visuale, la scelta razionale sarebbe per i 6 bottoni, non quella per i 4.
I 6 la porrebbero sicuramente tra gli uomini eleganti contemporanei. Ma il 4 bottoni, leggermente più corto del 6 e senza spacchi, indosso a lei starebbe molto bene e, io credo, la sua figura apparirebbe ancora più elegante che con il 6 bottoni.
Mi farebbe piacere poter constatare di persona o in foto questa mia impressione.
Con i migliori auguri.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 23-09-2011
Cod. di rif: 4529
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: DJ 4 o 6 bottoni - dilemma
Commenti:
Illustre Cavalier Villa,

ho già premesso che qualsiasi scelta lei compirà, avrà comunque sempre il dubbio di aver optato per il meglio. E ciò, evidentemente, non solo perché, sin dall'antica Grecia, nel dover scegliere è l'origine della sofferenza umana ma, nel caso specifico, perché ambedue le opzioni sono validissime.

Sono sinceramente convinto che lei possa indossare l'una o l'altra delle DJ, con un pregevolissomo risultato estetico.

Tuttavia (e questo è un mero parere personale) il 4 bottoni avrà inevitabilmente un'apertura dei baveri più profonda, allungando le figura del busto. Immagino che in un busto decisamente più corto e panciuto del suo, il 4 bottoni possa costituire un modo per accentuare la rotondità della vita, mentre nel suo caso la "scollatura" più profonda del 4 bottoni, ancorché di pochissimi centimetri, possa contribuire ad esaltare la sensazione di verticalità complessiva della figura, dando maggior rilievo, in termini di centimetri esposti, al bianco della camicia.

Una pratica constatazione di questa ipotesi la potrà verificare anche in alcune foto, che certamente non le saranno sfuggite, di giacche bianche di lino di altissima tradizione sartoriale.

Come potrà intuire, stiamo disquisendo di dettagli non rilevantissimi in assoluto ma che, con ogni evidenza, possono assumere un peso nella sua scelta finale.

Ho una certezza: in ogni caso lei sarà elegantissimo col suo DJ doppio petto. Anche perché lo porterà con la fierezza di portamento che le riconscono in tanti: schiena dritta e testa alta.

Non le resta che affidarsi ad un artigiano che non sbagli l'esecuzione e che abbia già commesso tutti gli errori possibili nelle precedenti realizzazioni che le ha commissionato.

Cordialità.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 25-10-2011
Cod. di rif: 4538
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Whisky, Tweed e Tartan a Edimburgo
Commenti:
Egregi Cavalieri,
sto per recarmi per una breve vacanza ad Edimburgo. Il che m'impedirà, con grande disappunto, di partecipare all'adunanza marchigiana in questo fine settimana. Ma tant'è. Se tra di voi ci fosse qualcuno che volesse fornirmi qualche consiglio per visite cavalleresche in città e negli immediati dintorni, anche fuori dai normali circuiti turistici, gliene sarei infinitamente grato.
Saluti cavallereschi.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 28-11-2011
Cod. di rif: 4544
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: La sensazione e il dettaglio
Commenti:
Nella mia pratica, quotidiana, ricerca di piaceri e gusto per un mondo maschile che avvisavo come obliato, un giorno mi sono imbattuto nel Castello e, tramite questo, nei Cavalieri dell'Ordine cavalleresco delle Nove Porte.
Dopo una frequentazione non lunghissima, ma intensa, delle persone dei Cavalieri e dei luoghi, fisici e virtuali, di questo consesso, ho sicuramente arricchito il mio bagaglio di conoscenze tecniche non solamente sull'abbigliamento, ma sull'universo maschile caro a questo speciale sodalizio, elevando da un livello inconsapevole ad uno certamente più alto la mia ricerca individuale ed il mio personale percorso verso il bene attraverso il bello.
Leggendo i tormenti del Cavalier Villa sulla costruzione del suo smoking, che durano ormai da qualche settimana, mi sono posto la questione del rapporto tra la sensazione e il dettaglio e di come queste due forze debbano coagire per il raggiungimento del fine che, nella concezione epicurea, intesa quale esistenza filosoficamente orientata al bene, costituisce il minimo comune denominatore degli uomini di gusto, è e resta sempre la soddisfazione personale.
Nella ricerca di questo equilibrio, lo spasmodico inseguimento del dettaglio per paura di commettere un errore può costituire un limite al godimento individuale, costretto tra i lacciuoli di una pretesa perfezione che, nell'artigianato, è assai rara e, secondo alcuni, va invece preferibilmente rifuggita.
Meglio allora trascurare qualche dettaglio, non perché sia insignificante, ma per far prevalere, anche stavolta in senso autenticamente epicureo,la sensazione.
In conclusione io non vedrei l'ora di vedermi addosso questo smoking, e chissene importa dell'impuntura. Mi godrei l'abito con le sue piccole imperfezioni, senza badarci troppo. E in questo atteggiamento ritrovo il piacere per la vita elegante che, con grande leggerezza e simpatia, mi comunicano gli amici cavalieri milanesi, nonché il disincanto del mio maestro prof. Arcangelo Nocera, che non ha alcuna difficoltà ad indossare una cravatta lisa (facendolo con grande eleganza), per non dire di altri altissimi insegnamenti che provengono dall'interno del Cavalleresco Ordine e non solamente dal Gran Maestro.
Credo sia un tema molto interessante quello che ho posto, che investe il concetto stesso di eleganza e che attiene al rapporto individuale dell'uomo di gusto con la propria eleganza, sul quale molto si è detto e scritto ma che sarebbe non inutile riprendere su questa lavagna.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti




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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 28-11-2011
Cod. di rif: 4545
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Impunture sul bavero dello smoking
Commenti:
Qualora non si fosse capito, l'esempio che facevo nel gesso precedente non ha nulla a che fare col dettaglio in questione. Io preferisco il bavero dello smoking senza impunture, a prescindere dalle ricerche iconografiche che potrebbero dimostrare che, invece, il contrario di quanto piace a me ha una sua dignità nella storia del classico.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 29-11-2011
Cod. di rif: 4546
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Eleganza e morale cattolica
Commenti:
Altro tema che sarebbe opportuno esplorare è il rapporto tra vita elegante e morale cattolica che, a mio parere, sono la negazione l'una dell'altra.
Nella mia visione, la vita elegante è un percorso autenticamente epicureo che si pone in antitesi con la morale cattolica (e non sto parlando di religione, violando le regole di amministrazione della lavagna e le Carte del Cavallereco Ordine).
Tale morale, sebbene altissima, pone la ricerca del bene su un piano molto diverso dalla pratica della bellezza.
Uno dei tetrafarmaci dell'epicureismo voleva dimostrare l’accessibilità del limite del piacere, cioè la facile raggiungibilità del piacere stesso.
Il piacere (così come il dolore) è una norma di vita che ne indirizza la condotta pratica. Allo stesso tempo esso costituisce, nel pensiero epicureo, il terzo criterio della verità.
La felicità è piacere e può rappresentarsi in veste di gioia o in forma di assenza di dolore (aponia) o di turbamento (atarassia).
Nel tempo attuale, ancor più che al tempo di Epicuro, difficile ipotizzare lo stato di atarassia, poiché gli stimoli indotti dall'ambiente sono infinitamente più numerosi. Mi accotenterei di pervenire allo stato di gioia, che sarebbe già un bel risultato. Ma questo non ha nulla a che vedere con la morale cattolica, che non si interessa affatto del piacere (dunque alla gioia) in questa vita, ma è tesa tutta a promettere uan ricompensa nella vita futura.
Ergo, la vita elegante, che è pratica del bello finalizzata alla gioia, è nemica della morale cattolica.
Sarebbe interessante esaminare sotto questa angolatura gli scritti e le biografie dei padri fondatori del concetto di eleganza ai quali si rifà l'apparato del pensiero cavalleresco, così come si è venuto enucleando ed ha preso consistenza negli ultimi anni (fondamentalmente rifacendosi alle opere di Balzac e Pelham).
Le mie conclusioni sono univoche e nette: la morale cattolica è antitetica alla vita elegante.
La discussione è aperta.
Cavallerescamente.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 29-11-2011
Cod. di rif: 4548
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Sensismo
Commenti:
Stimatissimo Cavalier Villa, Gentile Amico,

sono felice di incontrarla, ancorché virtualmente. Spero di poter ammirare di persona il suo smoking, quanto prima.
Se ha tempo da perdere e voglia, al fine di approfondire quanto vado dicendo, mi permetterei di suggerirle, se già non lo ha fatto, di studiare l'argomento del sensismo nel pensiero di Epicuro.
Al termine avremo un terreno comune sul quale far crescere queste nostre riflessioni.
Con viva cordialità.
Luigi Lucchetti

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Nome: Luigi Lucchetti
Data: 21-12-2011
Cod. di rif: 4552
E-mail: studiol.lucchetti@libero.it
Oggetto: Chiesa ed eleganza
Commenti:
Stimato Cav. Volponi,
ciò che lei dice è assolutamente vero. Tuttavia riterrei opportuno distinguere cosa ha fatto storicamente la Chiesa cattolica, come istituzione, per l'eleganza e l'arte, dal piano della morale cattolica. Quest'ultima, a livello teorico, si contrappone alla ricerca dell'eleganza in questa vita, della quale si disinteressa totalmente.
Spero in altri contributi, suoi e di altri, per aggiungere chiarezza al pensiero cavalelresco.
Cordialità.
Luigi Lucchetti


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