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Nome: Valentino Ricci Data: 06-01-2006 Cod. di rif: 2295 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: Doppiopetti Commenti: Egregio professor Pugliatti, ho letto sempre con interesse i contributi che Lei ha portato al Castello. Soprattutto in tema di Abbigliamento i Suoi occhi attenti e appasionati hanno offerto molta ricchezza e crescita. Anche le riflessioni da Lei svolte a proposito delle giacche di Sciamàt hanno stimolato non poco il mio interesse e la mia curiosità, al punto che mi farebbe piacere intervenire. L'ignoranza che ho dei "tronisti" mi ha però impedito di comprendere interamente il Suo pensiero e, perciò, prima di introdurmi nella discussione doppiopettistica Le chiedo di spiegarmi chi sono costoro e cosa avrebbero a che fare con Sciamàt. In attesa di Suo riscontro La saluto cavallerescamente. Valentino Ricci ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 09-01-2006 Cod. di rif: 2302 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: coincidenze ispirate Commenti: Egregio Signor Tarulli, la coincidenza che Lei in particolare dichiara tra il Suo "ideale di doppiopetto" e le giacche di Sciamàt trasforma in ali i petti di esse. Ali che certamente non ci costruiamo per restare fermi e seduti a farci corteggiare, ma per viaggiare alla vera scoperta di noi stessi e per capire cosa succede in noi man mano che si sale e/o si scende di quota. Ma le ali, si sa, sono per chi ha "stoffa" e sa volare, un pò come i sogni, che appartengono a chi sa sognare; perciò non abbia paura di niente: voli! Cavallerescamente, Valentino Ricci. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 10-01-2006 Cod. di rif: 2305 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: Ricordo a me stesso Commenti: Supremo Gran Maestro, la discussione sul doppiopetto -"tronisti" a parte, s'intende- ed i relativi contributi versati su questa Lavagna e nella Sua Posta mi hanno ricordato un Suo precedente passo. Il brillante Cavaliere Villa iniziò un profondissimo trattato, dal titolo "sarti e peccatori", nella cui seconda parte lottava per la conquista della "cifra dell'eleganza". La Sua risposta, come al solito, offrì una riflessione magistrale che introdusse i concetti di grande giacca e giacca giusta per ridordarci che non dobbiamo mai stancarci "DI DIRE CHE L'ELEGANZA E' DOTE DELL'UOMO E NON DELL'ABITO". Sono convinto che se ripartissimo da qui non solo la discussione viaggerebbe su un piano più oggettivo (e ciò, più che a chiunque, toglierebbe a me un forte imbarazzo), ma produrrebbe un avanzo nella ricerca forse più speculativo per tutti. Potremo confrontarci a proposito di tutti i tipi di doppiopetto (dai dorici ai bizantini), passarli al centimetro e studiarli in ogni loro minima parte, ma non per dire semplicemente questo mi piace, questo non mi piace o, ancora più semplicemente, quel sarto è bravo ma quell'altro è meglio, bensì per estrapolare da tutto e da tutti quelle formule segrete con le quali soltanto si può affrontare più ricchi ed esperti il nostro cammino verso l'Eleganza. Attenderò di conoscere le Vostre pregiatissime idee al riguardo e, ringraziandoVi per avermi reso partecipe di questa avventura, Vi saluto cavallerescamente. Valentino Ricci ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 11-01-2006 Cod. di rif: 2308 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: La congiunzione : un accordo indispensabile Commenti: Illuminante Gran Maestro, dai Suoi passi rubo ogni volta una nuova traccia per il mio cammino. L'ultimo che ha segnato mi aiuta ancora meglio ad avanzare nella direzione opportuna. Ma una forte tristezza copre il mio cammino di oggi dal momento che ho sbagliato quando, omettendo una congiunzione, ieri ho scritto a proposito del centimetro. Se, come avrei voluto e dovuto, avessi, infatti, scritto "... passarli PURE al centimetro ...", non avrei corso il grande rischio cui invece mi sono esposto. Vorrà, pertanto, accogliere questa mia rettifica attraverso cui preciso che il riferimento al centimetro non voleva essere minimamente una spinta tecnicista e/o tecnicistica alla ricerca de qua, nè un suggerimento metodologico, poichè era solo e soltanto l'esempio per estremizzare un (pure) possibile tipo di confronto su una via comunque ed estremamente gradata e subordinata che, mi creda, non ho alcuna ansia di seguire al Castello. Anche i centimetri di cui parlai nel taccuino non volevano misurare per andare lontano e in profondità, ma solo per far chiarezza a proposito di un rever che appariva diversamente da come era ed è in realtà. Comprenderà le serene intenzioni e la voce spontanea del più piccolo dei turisti che La seguono. Con sincerità, Valentino Ricci. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 31-01-2006 Cod. di rif: 2327 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: Eleganze diverse e libere Commenti: Egregio Signor Starace, non è facile per me introdurmi nella discussione che, dopo la Sua richiesta, ha già raccolto i pensieri autorevoli e altri ne raccoglierà sino alla riflessione magistrale. L'argomento è alto e già per un soldato non è semplice stare al tavolo degli ufficiali, si immagini parlare mentre costoro discutono. Premetto, quindi, che chi scrive possiede un grado che sulla scala della vita (ancor prima che su quella dell'eleganza)non è che, appunto, un gradino -e tra i primi dal basso-. Da lì Le parlo per dire che le differenze tra uomo elegante e uomo ben vestito ritengo che a volte esistono e rendono scindibili i due concetti, altre volte (quando l'uomo elegante e l'uomo ben vestito coincidono con la stessa persona) non esistono e, conseguentemente, i due concetti restano inscindibili. La bellezza e l'eleganza sono, infatti e rispettivamente, qualità di chi è bello o elegante e, pertanto, penso non rappresentino un valore assoluto, ma relativo. Relativo, appunto, all'uomo cui appartengono che, a seconda della sua natura (assolutamente tipica, unica e irripetibile per ognuno di noi), si mostrerà ogni volta con una eleganza diversa; anche quando i vestiti saranno gli stessi. Facciamo il caso di due gemelli dotati naturalmente di eleganza, perfettamente identici nell'aspetto fisico che da uno stesso sarto e col medesimo tessuto si fanno cucire due bei vestiti uguali. E poniamo che tra i due l'unica e sola differenza personale sta nel fatto che uno è introverso e l'altro è estroverso. Adesso immaginiamoli assieme mentre, ognuno nella propria posa, si lasciano guardare. Io vedo si due uomini eleganti e ugualmente ben vestiti, ma vedo pure due eleganze diverse che, condizionate appunto dalla introversia dell'uno e dalla estroversia dell'altro, partoriscono due portamenti e stili distinti. E questi erano due gemelli perfettamente identici; figuriamoci se i due vengono da oriente e occidente, hanno età diversa, sarti ben distinti, gusti opposti, pur possedendo entrambi eleganza e capacità di scegliere vestiti idonei. Insomma, penso che la scindibilità/inscindibilità dei due concetti di cui si discute debba essere valutata caso per caso, volta per volta, uomo per uomo e che non esista una regola generale, ma (al più) infinite regole particolari. Nel caso di Niven e dell'Avvocato, per esempio, io vedo da una parte due uomini eleganti e ben vestiti, dall'altra due stili diversi che, tuttavia, hanno qualcosa in comune (rectius originalità). Guardando ancora più a fondo scorgo un Niven integralmente soddisfatto del vestito che indossa (pari pari ciò che aveva in mente all'atto della relativa commissione); mentre l'Avvocato non mi è sembrato ogni volta convinto del risultato dell'opera (eppure, mi ha sempre sorpreso molto più del primo e di chiunque altro). Ma questa è un'altra storia. L'eleganza ci appassiona e ci stupirà sempre proprio per la varietà incondizionata delle forme e dei modi in cui si manifesta; e non troverei giusta la scelta di chi dovesse puntare a sostenere, nel Castello, una qualsiasi delle correnti di pensiero, specie ed ancor peggio se allo scopo di definire un qualsivoglia concetto di eleganza superiore. Il compromesso democratico abolisce i privilegi in ogni dove e sta nel rispetto di ogni forma di espressione umana (comprese -anche- quelle di eleganza e stile) pure quando non la si condivide. Da dove nasce l'Eleganza, se non dal rispetto di se stessi e degli altri? Forse questa mia idea non merita rispetto, ma io lavoro da soldato e non voglio vestire da generale! Valentino Ricci ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 14-10-2006 Cod. di rif: 2625 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: Su ordinazione fatto a mano Commenti: Egregio Signor Mattioli, non si dispiaccia se Le chiedo di spiegarmi cosa esattamente Lei intende per "buon su ordinazione fatto a mano", di indicare chi ha trovato che si adopererebbe in tal senso e di descrivere ciò che di "fatto a mano" ha riscontrato nei capi eventualmente acquistati. Approfondirei anch'io la questione da Lei posta. Valentino Ricci ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 22-10-2006 Cod. di rif: 2644 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: Sul "vestito dell'imprenditore" Commenti: Il vestito dell’imprenditore non mi pare concettualmente diverso da quello del libero professionista. Come pure uguale ritengo che nella sostanza siano l’ultima riflessione del prode Cavaliere Villa e tutte le altre precedenti che hanno riguardato ora il vestito buono, ora i guanti, ora i cappelli, ora i panciotti e così via; e penso che sino al momento in cui la TRADIZIONE non verrà posta come “fondamento (per costruire nuovi ed improrogabili schemi capaci di riarmare il mondo) della fiducia nel futuro” e non si realizzeranno i primi risultati del cambio, identica natura avranno anche le riflessioni che verranno sul Tema a noi tanto caro. Sono tutti effetti della stessa causa: il 68’. È questo, infatti, il momento in cui i giovani arrivano per la prima volta alla ribalta della storia e trasformano la società. Ma è il Metodo che essi non hanno e, avanzando con la contestazione della cultura, anziché ( come nel passato ) con la opposizione al potere, fanno dello Stato, della professione, della famiglia, del galateo e… del costume un tutt’uno. Il risultato della loro smania di perenne novità e originalità a tutti i costi fu il passaggio ( su cui noi incidentalmente investighiamo ) dal concreto all’astratto. Personalmente nascevo nel 1969 e, a differenza di molti ( presenti anche tra Voi ), non ho vissuto gli anni dell’indagine; pur tuttavia ed in base ai dati storici a tutti noti non imputerei solo ai giovani del 68’ tutte le colpe circa la sepoltura della tradizione. Penso che queste appartengano anche agli anziani dell’epoca che ad un certo momento smisero di credere in ciò che avevano sempre predicato. E secondo me questa fu colpa più importante e causa più grave rispetto a quel vero e proprio distacco che si creò fra gli allora vecchi e giovani. Certo, quello che fu il fenomeno della VELOCITA’, che qualche decennio prima aveva già introdotto una nuova epoca e cambiato la vita degli uomini, potrebbe essere un’attenuante per gli anziani dell’epoca. [Se campassero ancora, ci direbbero che le automobili, i treni, gli aerei se da un lato ridussero le distanze e favorirono gli spostamenti, dall’altro permisero l’incontro con altre civiltà, con altre morali; e che, perciò, sorsero in loro nuove aspirazioni, nuovi interessi. Ma difficilmente ci direbbero che furono incapaci di condizionare l’epoca nuova che si ritrovarono a vivere e che, anzi, se ne fecero talmente condizionare che la vita si disgregò al punto che nessuno dei nuovi ideali riuscì mai a conquistare la totalità della loro coscienza e a fare di loro quegli esempi che, come osserva il Gran Maestro, mancano se si guarda all’industria, alla politica, al mondo contadino e all’aristocrazia di allora ]. Ma non sarà mai un’esimente per loro. Essi non fecero nulla per dominare la velocità e questa mutò le cose così rapidamente che i giovani persero inesorabilmente ogni possibilità di serena assimilazione dagli anziani. È in questo passaggio/non passaggio storico che collocherei il momento in cui la TRADIZIONE perde il ruolo di criterio che l’uomo aveva sempre utilizzato per ogni suo orientamento. Ed è qui che un mondo finisce ed un altro sorge. È adesso che le attività dell’uomo, da essere in funzione dei fini e dei valori della persona umana, diventano autonome; ed è perciò che il SAPERE, che non è più rivolto ai valori assoluti, non è più CONTEMPLARE, ma POTERE. È la mentalità che cambia (da statica a dinamica ) ed è per questo che sono scamiciati gli imprenditori moderni; che il vestito buono, i cappelli, i guanti e i panciotti non si portano più. Il guaio è che queste considerazioni, che io certamente non ho esposto come Voi avreste meglio fatto, fuori dal nostro Castello non si fanno proprio; ma le Porte del Nostro sono aperte ed Esso è ben in vista e non tarderà ad arrivare quel giorno in cui TUTTI si accorgeranno che, in pochi, ma la TRADIZIONE, che non era morta, noi l’abbiamo già “scongelata”. Cavallerescamente. Valentino Ricci. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 23-10-2006 Cod. di rif: 2647 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: Il Pensiero al centro. Al Cav. Villa Commenti: Con quel cambio di mentalità, che come dicevo sinteticamente da statica diventò dinamica, fu proprio "l'uomo d'azione", caro Villa, l'amara novità del tempo. Starei attento, pertanto, specie "qui ed ora", a rimetterlo "al centro". Egli pretenderebbe di essere misura di tutte le cose e,negando l'esistenza della Verità oggettiva, riterrebbe di essere egli stesso criterio di verità. Noi, che anche nella Carta dei Principi attribuiamo l'Eleganza a Dio, non possiamo adesso procedere seguendo una dottrina relativistica. Perciò l'Uomo che dobbiamo rimettere al centro è colui che non si interessa del successo, ma di avere ragione, e quindi di convincere. O non è vero che la nostra FORZA sta proprio nella nostra ESSENZA, nelle nostre IDEE? Sono le nostre idee la nostra luce! La luce di quel sole che si chiama Verità! Ed è la nostra essenza, molto prima e molto più della nostra azione, che fonda e giustifica le nostre idee (che dell'essenza sono appunto il mezzo conoscitivo). Solo di una cosa non riusciremo mai a liberare quell'Uomo su cui stiamo puntando: il LIMITE. Ma ci conforti il fatto che esso è elemento presente in tutti gli esseri limitati. Molto limitatamente, dunque. Valentino Ricci. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 24-10-2006 Cod. di rif: 2649 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: Dio, Valore centrale. L'Uomo, creatura principale. Commenti: Mi ero congedato "molto limitatamente", ma Lei, incessante Cavaliere Villa, tenta di annientarmi completamente e di bermi d'un sol sorso. Lo alzi pure il calice, ma, La prego, prima di "berlo" se lo gusti il contenuto. Lei mi insegna, poi: con certi vini è così che si fa. Procediamo per sorsi, allora. - Sull'imprenditore quale uomo d'azione. Lei sa che oltre alla mia professione di avvocato, faccio anch'io impresa. So bene che l'impresa è azione, ma questa azione non sono io a svolgerla; la mia funzione in azienda, che non è, infatti, quella del capo, si limita al coordinamento di tutte le risorse (umane e non) che ho ritenuto di mettermi a disposizione. Io nella mia sartoria non produco lavoro, ma idee di lavoro. L'"azione" io l'ho sempre delegata agli altri. Seguendo il principio del "chi fa che cosa, chi è responsabile di che cosa", io ho assunto la responsabilità morale della mia sartoria; ma a produrre sono i sarti, a vendere i commessi, ad amministrare gli amministratori e(anche se io non ne ho) ad elaborare i piani commerciali gli esperti di marketing. E non mi interesso del successo, ma di avere ragione per quella che è la mia idea di vestito o cappotto. - Sull'intento umanista del Cavalleresco Ordine. Lei ancora mi insegna che, come già fu in Italia dalla II metà del 1300 e sino ai primi decenni del 1500, l'UMANESIMO E' UN MOVIMENTO CULTURALE (caratterizzato da un fervido ritorno allo studio dei classici greci e latini che sollecitò una intensa ricerca dei testi della classicità). Si, l'umanista cercò di dominare gli avvenimenti contingenti e di cogliere ogni soddisfazione e piacere che la vita terrena poteva offrirgli; ma l'Umanesimo fu solo quel fervore di studi e di ricerche (che derivò da una spinta ideologica a considerare l'UOMO non già come "valore centrale", ma come PRINCITALE CREATURA nell'universo). - Sull'amore per il bello. Solo un esempio. Si pensi all'essenza della Bellezza e a un vestito bello: il vestito bello non saprà mai eguagliare l'ideale della Bellezza, non potrà mai realizzarlo compiutamente. Potremo chiamare quel vestito copia, ombra della Bellezza, o ancora imitazione, comunanza. E sarà soltanto tendendo all'Infinito che riusciremo ad essere superiori a ogni oggetto. Poi potremo accettarlo o rifiutarlo e, quindi, autodeterminarci nella scelta; ma, solo così, capaci e consapevoli. Bere o non bere? Pensiamoci! Valentino Ricci. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 26-10-2006 Cod. di rif: 2651 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: Calici ed anime. Al Cavalier Villa Commenti: Caro Cavaliere, fra breve sarò molto vicino alla Sua Parma, ma è già sin d’ora che il mio animo avverte il Piacere della Sua proposta. Le giungano, nel frattempo, le mie cordialità più cavalleresche. Valentino Ricci. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 26-10-2006 Cod. di rif: 2652 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: Solennità e leggerezza. Una contraddizione di che tipo? Commenti: Illuminato Gran Maestro, l'ultimo appunto che ci ha regalato attraverso il taccuino ribadisce per l'ennesima volta la Sua impareggiabile capacità di leggere nelle cose sino ai loro massimi livelli di profondità. LeggendoLa a proposito del lino blu del Principe Carlo ne ho avuto vivo quasi anche l'atto pratico di quei relativi e ripetuti lavaggi, che Lei ha scoperto per via della contraddizione tra la notevole perdita del colore e le superficiali corrugazioni del capo. Mi perdonerà se, pertanto, approfitto del Suo genio per capire una cosa che continua a sfuggirmi sotto il piano interpretativo. Com'è possibile, nonostante cotanta maniacale "cura del dettaglio" e "solennità", che il Principe non si sia mai accorto che le sue giacche, essendo "smontate" di almeno un paio di centimetri, scollano imperdonabilmente? Se si guardano, infatti, oltre alle ultime due, anche le tante altre foto inserite nel taccuino, quel particolare apparirà una costante delle giacche del Principe. Perchè accade questo? Perchè ogni volta che si guarda allo specchio e/o si rivede attraverso le foto della più varia stampa, il Carlo non assume la decisione di far rimontare il dietro di tutte le giacche (e i cappotti) che possiede? So già che con la Sua risposta non converrà mai su quest'ultima ipotesi, ma forse è più per sapere qualcosa di più profondo sull'"uomo (esteticamente) più importante del XXI secolo" che, strumentalizzando un difetto corregibile, Le ho posto questa domanda. In cavalleresca attesa, Valentino Ricci. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- Nome: Valentino Ricci Data: 28-10-2006 Cod. di rif: 2655 E-mail: valentino-r@libero.it Oggetto: Hereditas pro parte adiri nequit. Heres facta defunti praest Commenti: Irreprensibile Gran Maestro, la contraddizione tra i molti lavaggi e le poche corrugazioni del vestito del Principe aveva illuminato a giorno la via di irriducibile attenzione simbolica e fanatica cura estetica su cui il Principe stesso sempre si muove. Da una parte, quindi, i dettagli della tradizione (con cui il Principe rinincia ad ogni rinuncia pur di essere in ogni momento l'Inghilterra tutta), ma dall'altra i ritagli personalissimi di quei dettagli (i colli serrati delle sue camicie, i nodi piccoli e ascendenti delle sue cravatte, i ripetuti, intenzionale e mirati -oltre che riusciti- lavaggi dei suoi vestiti di lino; tutti segni non più del Carlo Principe, ma del Carlo uomo e della di questi massima attenzione ad un vestire che, ossequiata la Tradizione, procede per assecondare quelle che mia madre chiamerebbe "fisime"). E' su quella stessa via e riferitamente al medesimo Carlo che mi fermavo a riflettere su un'altra contraddizione: quella fra la solennità dei colli "strozzati" delle sue camicie e la leggerezza del dietro "smontato" delle sue giacche; quella tra la maniacale solennità dei reiterati lavaggi di un sin troppo candido lino blu e la strana leggerezza d'attrito fra i colli delle camicie e i colli delle giacche di quest'uomo. Non era in discussione (nè mai potrà esserla dal canto mio!) la solennità dell'Avvocato Agnelli -che indiscutibilmente solenne è sempre apparso, tanto in doppiopetto quanto in jeans, essendo Egli Uomo solenne-, ma proprio quella del Principe che, pur forte di tanta mise -così sempre e solennemente tradizionale e maniacale-, pare non accorgersi della mancanza di ciò che di quell'ineccepibile "apparecchiatura formale" è un (altro) imprescindibile elemento sostanziale. E',pertanto, la coesistenza di solennità e leggerezza nel vestito di Carlo (Principe e uomo) che, spiacendomi e sfuggendomi sotto l'aspetto della comprensione (non simbolica, ma concretamente estetica), mi aveva indotto a rivolgerLe quella che evidentemente è stata una domanda mal posta. Se ancora sbaglio per come chiedo e sorprendo per quel che chiedo, Vorrà ritenere inesistente la domanda e non far caso a quest'altra leggerezza. Cavallerescamente, Valentino Ricci. ----------------------------------------------------------------------------------------------------- |
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