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Nome: carmelo pugliatti
Data: 04-07-2003
Cod. di rif: 329
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: sartoria italiana
Commenti:
Ho trovato estremamente interessanti gli articoli sull arte sartoriale pubblicati nel vostro sito.Personalmente i miei gusti vanno alla "linea italiana",cioè a quel particolare stile fatto di giacche monopetto a tre bottoni dai revers e dai pantaloni di linea snella con cui la sartoria del nostro paese si affermò nel mondo negli anni tra il 1950 ed il 1965 ,contrapponendosi a quel taglio inglese piu massiccio e modellato,che aveva ed ha in Caraceni uno dei piu convinti alfieri nostrani.Noto con piacere che dopo anni di oblio la linea italiana anni 50-60 è tornata.Vorrei sapere chi,a vostro giudizio tra i sarti attuali è il migliore interprete di questo stile (Gallo?)

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 05-07-2003
Cod. di rif: 332
E-mail: carpu@hotmail.com
Oggetto: la ringrazio per l esauriente risposta
Commenti:
Caro signor Maresca,la ringrazio per l esauriente risposta.Ricordo un articolo su un vecchio numero di "epoca" della fine degli anni 80" che riportava un intervista all anziano (e aihmè ormai ,temo, defunto)Angelo Blasi.Tempo dopo chiaccheravo con un attempato gentiluomo napoletano (cliente di Rubinacci dalla fine degli anni 30).Al nome di Blasi il mio interlocutore storse un pò il naso:lo considerava un pò troppo commerciale,e con un occhio eccessivamente attento alle mode del momento,per questo molto apprezzato dai nuovi ricchi (e questo agli occhi di quel simpaticissimo nobiluomo partenopeo risultava imperdonabile).Personalmente le confesso che pur apprezzandone il taglio,non ho mai amato moltissimo lo stile "caraceni".Per i miei gusti i revers sono troppo ampi e le spalle troppo rigide.Ne risulta una figura virile un pò squadrata;di certo un taglio che non dona a tutti (ma ripeto,sono gusti personali;mi sento idealmente piu vicino alla scuola di ispirazione napoletana).Detto questo approfitto della sua gentilezza per chiederle un parere.Da sempre sono affascinato da certi figurini di "Esquire" anni 30"che reinterpretano a mio parere con molto gusto,ed in maniera molto moderna lo stile inglese dell epoca.Gran parte (per non dire quasi tutti)di quegli elegantissimi disegni mostrano personaggi vestiti con doppiopetto "london lounge",ossia una giacca doppiopetto a quattro bottoni,con allacciata la coppia piu in basso,e con un asola sul revers in corrispondenza del bottone piu alto non abbottonato.è la giacca del Duca di Windsor,e del fratello duca di Kent (ed infatti tale indumento è chiamata nel gergo sartoriale britannico anche "Kent doublebreasted").é una linea morbida e pastosa che secondo il mio giudizio si sposa molto bene con lo stile napoletano.Ora le chiedo,secondo lei è appropiato farsi confezionare una tale giacca,o un corretto due petti dovrebbe essere sempre è soltanto a sei bottoni?

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 06-07-2003
Cod. di rif: 338
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: smoking estivo
Commenti:
Egregio signor Forni,L esimio gran maestro mi compatirà se oso inserirmi nella discussione,ma la voglia di parlare dell appassionante argomento è troppa.Smoking estivo dicevamo;Quando negli anni 30 quando questo capo comparve nel nostro paese (precedentemente era indossato nei paesi anglosassoni soltanto in colonia o nelle zone calde tipo Miami)esso era composto dai pantaloni di barathea di mohair dello smoking invernale e da una giacca in lino o piu frequentemente in gabardina (come si diceva allora) bianco latte.La stagione d oro dello smoking estivo con giacca bianca furono gli anni 50.Nella mia città,Messina,si teneva allora un importantissimo festival cinematografico con la partecipazione delle più importanti star dell epoca (da Cary Grant a Gregory Peck).Per l innaugurazione e la serata finale era previsto lo smoking,e Messina fu (forse con un pò di esagerazione) definita dalla stampa "la città dei 10.000 smoking bianchi".I piu eleganti erano confezionati dall incommensurabilmente bravo Giocchino Pirri,e secondo la moda dell epoca erano doppiopetto con i revers a scialle (non è vero che il collo a scialle sia brutto,dipende da come è tagliato ;Gianni Agnelli ad esempio ne era un grande estimatore)ed i pantaloni,neri confezionati in fresco di lana.Il tessuto di quelle elegantissime giacche da sera era un finissimo gabardine di seta,o (decisamente piu freschi) una tela di seta,o ancora una tela di mohair.MAI E POI MAI i revers erano ricoperti di raso o gros grain (regola valida ancora oggi),come per gli smoking invernali,ma rimanevano nello stesso tessuto della giacca.All inizio degli anni 60 il primato della giacca bianca d estate fu insidiato da smoking in tussor o mohair neri o piu spesso blù midnight (colore secondo insuperabilmente elegante,purchè effettivamente midnight e non bluastro come talvolta si vede,e purchè anche i revers e le bande dei pantaloni siano blù midnight e non neri).Dal 1966 in poi assistemmo al "cupio dissolvi" culminato nel 68.Per quanto riguarda l oggi mi permetto di darle i seguenti suggerimenti.Se intende farsi confezionare uno smoking estivo piu una giacca da smoking bianca,scelga come colore il nero;giacca bianca e pantalone blù midnight è un accostamento orribile.Si faccia confezionare la giacca bianca (mai bianco "puro",ma un color uovo o latte) in tela di seta (ovviamente opaca) o in mohair,o ancora in un pastoso shantung ricco di fiammature.Personalmente eviterei la giacca da smoking in lino,ma sono gusti personali non da tutti condivisi.Mai revers ricoperti di raso o di gros con la giacca bianca:fa Pippo Baudo al gran galà.Per il taglio io adoterei il classico doppiopetto quattro bottoni con revers a lancia,o anche il monopetto,sempre con petti a lancia (anche se mi rifiuto e sempre mi rifiuterò di considerare negativamente il collo a scialle) . Se invece rinuncia alla giacca bianca allora un blue midnight scurissimo ,piu nero del nero sotto le luci artificiali,a mio parere è una scelta elegantissima ,purchè ripeto siano blù midnight anche i revers (assolutamente in gros grain o nell introvabile cannetè,non in raso)e le bande dei pantaloni.Cravatta e fusciacca al contrario vanno assolutamente nere.

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 07-07-2003
Cod. di rif: 340
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: smoking estivo
Commenti:
Caro signor Forni,il gran maestro Maresca saprà sicuramente rispondere in maniera ben piu autorevole ed esauriente di me ai suoi interrogativi,specie a quelli relativi al reperimento della stoffa.Riguardo quest ultimo argomento come accennavo nel mio breve intervento,vi sono diverse "scuole di pensiero".Luigi Settembrini,autore alla metà degli anni 80 di un impagabile manuale sul ben vestire sostiene l assoluta ed inarrivabile eleganza della giacca da smoking estiva in lino "ecrù"o bianco latte,tagliata a doppiopetto (quattro bottoni).Non vi è dubbio che il pregio del lino sia l ineguagliabile stazzonatura paragonabile per fascino soltanto alle rughette intorno agli occhi di una splendida donna di quaranta anni (per gli incolti un difetto,per gli amanti della vera bellezza un valore aggiunto),tuttavia ritengo che una giacca da smoking dovrebbe essere un pò più "stiff" anche per non contrastare troppo con i pantaloni in fresco di lana (e,voglio essere onesto con lei fino in fondo,per non apparire agli occhi degli incliti troppo simile alla stazzonata giacca in cotone di un cameriere). ovviamente tratta,ripeto ancora una volta ,di opinioni personalissime.Il gabardine è considerato da molti la stoffa più corretta per farsi confezionare un simile tipo di giacca da sera,ed infatti ancora oggi è impiegata per le giubbe bianche da gala estiva degli ufficiali dell esercito (equivalente militare dello smoking bianco).Se questo tipo di stoffa le piace,potrà agevolmente ordinarla presso una sartoria militare (avendo cura di specificare che vuole il tipo più fine,e non la versione misto terital).Personalmente tuttavia considero questo tessuto troppo pesante e rigido per l estate.Consiglierei quindi una bella seta opaca,shantung o meglio ancora tela.Tuttavia ammetto che potrebbe essere di difficile reperimento (ne faceva di splendide Bocchese,insuperabile nello shantung,ma ora a quanto mi dice il mio drappiere questa azienda non esiste più) C è una soluzione,ardita lo ammetto,ma ritengo sia mio dovere prospettargliela.Vada nella migliore sartoria ecclesiastica della sua città,ed ordini della stoffa bianca del tipo usato da monsignori e principi della chiesa in africa.Si tratta di una tela di lana finissima,areata,ingualcibile e pastosa di un bel color latte.A mio giudizio tale stoffa è perfetta per un "dinner jacket",sia doppiopetto quattro bottoni (diffidi del sei nella giacca da smoking)sia monopetto dai revers a lancia.Un mio conoscente ha adottato questa soluzione con risultati splendidi.Per quanto riguarda l abito bianco in occasioni formali,non c è dubbio che i nostri nonni lo avrebbero considerato un errore.Tuttavia bisogna distinguere.Vestirsi in lino bianco ad un matrimonio in comune una mattina di luglio o agosto,o indossare tale abito ad un cocktail pomeridiano o serale per l innaugurazione di una barca è assoltuamente appropiato .Completo di lino bianco latte doppiopetto o monopetto tre bottoni,camicia in lino bianco,cravatta scura nei toni del blù a piccoli disegni (eviterei il regimental ,a mio giudizio troppo caratterizzato con tale mise)fazzoletto bianco da taschino in lino a trama grossa piegato a spuma nel taschino,scarpe nere (anche mocassini,perchè no,dipende dall occasione),e si è all onore del mondo.Con quest abito mi asterrei da cose tipo "vorrei vivere negli anni 30,ma non posso", scarpe bicolori,pagliette,cravatte a farfalla e simili.Sareste vistosi,e questo è la negazione di ogni eleganza.Per occasioni più formali (quelle che fino al 1965 avrebbero richiesto lo smoking bianco)suggerirei in alternativa all odioso "tasmanian" (perdonatemi signori,non voglio offendere nessuno,ma onestamente non se ne può più di questo ORRIBILE tessuto,personalmente non lo "reggo")un abito di lino irlandese blù (non scurissimo),mono o doppiopetto.Secondo me è elegantissimo,fresco,e disinvolto.Spero di non averla annoiata,e cavallerescamente (anche se non sono cavaliere,ma solo un ospite in questo bel maniero)la saluto.

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 07-07-2003
Cod. di rif: 342
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: dello "stile italiano" e d altre cose.
Commenti:
Caro signor Lupo,inanzitutto mi complimento con lei per aver cosi esaustivamente ricostruito la storia del cosidetto "stile italiano",volevo solamente aggiungere per completezza poche cose a quanto da lei detto.Al suo apparire lo "stile italiano" (che trovava i suoi santuari nelle sartorie romane dell epoca da lei citate ,ed a quanto riportato dal gran maestro Maresca nella bottega napoletana di Angelo Blasi)suscitò enormi consensi.Dal 1955 al 1965-66 ,tranne un irriducibile minoranza di anglofili,tutti gli italiani adottarono entusiasticamente questa linea fatta di asciutte giacche a tre bottoni,revers contenuti,pantaloni snelli spesso senza risvolti (il risvolto scomparve da tutti i pantaloni tra il 1955 ed il 1957,riapparve sul fondo dei calzoni dei completi sportivi e da mattina alla fine degli anni 50,per poi riprendere piede anche nei completi da pomeriggio,meno che in quelli più formali che ne rimasero sempre privi).Il successo di questa linea fu tale che ben presto iniziò ad essere esportata.In america fu accolta a braccia aperte,anche in virtù di una vaga somiglianza con un popolarissimo stile autoctono,detto della "ivy league" e dei completi a sacchetto in flanella di Brooks Brothers.Dai film e dalle foto dell epoca possiamo accorgerci che per gran parte degli anni 50 e 60 gli americani portarono una versione "esagerata"della linea italiana (esagerata nel senso che le dimensioni di revers e cravatte da asciutte che erano nell originale divennero striminzite,ed i pantaloni si fecero stretti senza pences)Alfiere di questo stile negli Stati Uniti fu il sarto Sy Devore autore (o forse sarebbe piu esatto dire responsabile) dei guardaroba di Frank Sinatra e dei suoi amici del "Rat Pack" (Martin,Lawford,Davis Jr,ecc).Ma allo stile italiano riuscì anche l impensabile:conquistare l inghilterra.Fin dai tempi di Lord Brummel il mondo aveva guardato a Londra per gli abiti da uomo,ora improvvisamente il baricentro si era spostato di nuovo sull "Bel Paese".Tra il 1957 ed il 1963 Londra si popolò di giovanotti che dichiaravano di "vestirsi alla romana",e chiedevano ai loro sarti abiti con giacche a tre bottoni dai revers stretti e pantaloni senza risvolti.Erano i "mods" ossia "moderni",ragazzi appartenenti alla piccola borghesia urbana pazzi per il "mady in italy" non soltanto per quel che riguardava la moda,ma anche per gli scooter (la mitica Vespa) ed il caffè espresso.Questa connotazione "lower class" inizialmente nocque molto alla linea italiana,tant è che da molte storiche sartorie si tuonò contro uno stile "brutto e volgare",ma presto anche Saville Row dovette adeguarsi,e all inizio degli anni 60 lo stile italiano si anglicizò.Gli abiti che Antony Sinclair realizzava nella sua sartoria di Conduit street per Sean Connery alias James Bond sono inglesi soltanto per alcuni particolari (il 2 bottoni,il punto vita,la linea delle spalle),per il resto recepiscono pienamente nelle dimensioni dei revers ,nella leggerezza dei tessuti e nelle proporzioni la lezione dello stile italiano .Come lei giustamente ricordava questa bella linea declinò a partire dal 1966-67 circa,I motivi forse sono da ricercarsi in un obiettivo impoverimento dovuto alla ricezione anche in Italia di alcuni brutti particolari che questo stile aveva acquisito all estero (revers troppo stretti,abbottonatura troppo alta,pantaloni sempre piu stretti)e nel fatto che esso era stato inflazionato dalla nascente industria della confezione.è sempre cosi,uno stile nasce ,arriva al vertice della sua parabola per poi venire imbruttito ed involgarito,ed infine decade .La stessa cosa accadde al "taglio modellato" inventato da Frederick Scholte per il duca di Windsor negli anni 30.Tocco l azimut verso il 1939 per poi degenerare nel "bold look" americano ed essere abbandonato (meno che da Caraceni).Effettivamente oggi ,come da lei ricordato ,la linea degli anni 50-60 è stata recuperata dalla confezione ,a partire dalla sua riscoperta effettuata alla fine degli anni 80 da quell interessante personaggio che è Massimo Piombo.Le vetrine sono piene di giacche a tre bottoni con revers stretti e pantaloni a sigaretta,ma a mio modesto avviso le proporzioni di gran parte di quegli abiti sono quasi caricaturali,e le stoffe tremende (tasmanian e simili;ricordo che negli anni 50-60 questi abiti venivano invece realizzati con la miglior drapperia inglese,era italiano solo lo shantung e neanche).L unico modo di poter avere un abito in questo bello stile è rivolgersi al sarto.Per quel che riguarda il problema dell asola sul rever sciallato dello smoking,rimando al signor Maresca una risposta definitiva,ma per quel che ne so non esiste a tal proposito una regola,nel senso che la cosa dipende dalla tradizione della sartoria,dalla scelta del cliente,dall abitudine o meno di portare un fiore all occhiello.Personalmente ritengo più completo questo rever con l asola,ma il non tagliarla affatto non è un errore è conferisce,sopratutto nel caso di revers sottili,una maggiore pulizia.Da notare che il rever a scialle deriva non tanto dal collo delle vestaglie o delle giacche da fumo ottocentesche,ma dai baveri della giubba da sera (adottata negli anni 70 del XIX secolo ,e da allora poco cambiata)dagli ufficiali di sua maestà britannica.Tali rever non hanno l asola.

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 08-07-2003
Cod. di rif: 344
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: abiti da sera estivi
Commenti:
Egregio signor Forni,la sua domanda mi da occasione di parlare della nascita dell abito da sera estivo.Cominciamo col dire che i primi a sostituire la giacca in panno scuro con una in tessuto leggero bianco furono gli ufficiali di sua graziosa Maestà la Regina Vittoria,nei territori tropicali dell impero.é vero che in nella prima metà del XIX, nei mesi piu caldi i pantaloni del frac (o marsina ,come allora si diceva)venivano spesso sostituiti con pantaloni bianchi di piquet,ma parliamo di un epoca anteriore alla nascita del moderno abito da uomo,quindi accenneremo alla cosa senza considerarla un precedente.Fino agli anni 20 del XX secolo l esempio degli ufficiali britannici nelle colonie rimase inimitato.In occasione di eventi mondani estivi gli uomini indossavano gli stessi abiti da sera in panno fine portati in inverno.Come ci riuscissero in mancanza di impianti di aria condizionata,egregio signor forni non lo so,non me lo chieda,non voglio neanche immaginarlo.A partire dal 1920 prese sempre piu piede come abito da società lo smoking,detto "dinner jacket" in Inghilterra, e "Tuxedo" negli Stati Uniti.Si trattava allora di un capo nuovo,meno soggetto del frac ad un rigido codice e quindi suscettibile di esperimenti.Si diffondevano nuove danze e nuove abitudini;ed è evidente che ballare un charleston e bere un cocktail ,ad agosto indossando uno smoking di panno non è il massimo del confort.Così accanto ad un nuovo tessuto per l abito da società tocourt,la barathea di mohair,venne introdotto anche l uso di "spezzare"durante l estate lo smoking con un capo bianco,leggero.In quei giorni la scelta non cadde immediatamente sulla giacca;vi era infatti anche una versione estiva del tuxedo (popolare sopratutto in america)che prevedeva giacca nera e pantaloni bianchi.Ricordo di aver visto una bellissima illustrazione di una festa tenuta a Miami nei "roaring 20";le signore presenti avevano splendidi abiti corti alla "maschietta",gli anziani gentiluomini sudavano dignitosamente nei loro smoking neri di lanetta,ed i giovanotti ballavano il charleston equamente divisi in giacche bianche-pantaloni neri e giacche nere-pantaloni bianchi.Questa moda declinò verso la fine degli anni 20 con la vittoria della giacca bianca per motivi facilmente intuibili;è una soluzione più razionale e fresca.Lo smoking con pantaloni bianchi vivacchiò ancora per qualche anno,sopratutto accostato ad occasioni marinare (feste su jacht,crociere,circoli nautici,ecc)ma già a metà degli anni 30 era piuttosto raro incontrarlo.Sempre a proposito dell abito da sera estivo con giacca bianca è divertente ricordare che questa è sopratutto un usanza americana e dell europa continentale (Francia,Italia,ecc).Per gli inglesi e gran parte degli abitanti del commonwhealt una simile tenuta è appropiata solo in colonia o in zone a clima tropicale o considerate tali (ad esempio l Italia).Ecco a tal proposito un divertente aneddoto assolutamente vero.Nel 1960 a Roma si tennero le olimpiadi.Prima dell apertura delle gare una delegazione italiana del CONI,accompagnata da un ministro si recò in visita di cortesia nei vari paesi partecipanti.In Australia venne dato per gli ospiti un ricevimento,e all intera delegazione parve naturale,data la stagione,parteciparvi in smoking bianco.Gli australiani si offesero a morte pensando che con quella tenuta gli italiani volessero deliberatamente disprezzarli considerandoli una colonia inglese! ne nacque un piccolo incidente diplomatico subito rientrato (ne andò di mezzo solo il capo del cerimoniale della nostra ambasciata che si era dimenticato di avvertire gli ospiti).Peccato,perchè rammento di aver letto che il ministro (non ne ricordo il nome) aveva uno "splendido smoking con giacca bianco avorio in seta,confezionata a Napoli (chissà in quale sartoria).A proposito della stoffa per il suo dinner jacket mi permetto di darle un un suggerimento .Lei se non sbaglio è di Bologna,ora mi risulta che nella sua città vi sia un favoloso drappiere, De Paz se non erro .Potrebbe provare a cercare lì una stoffa adatta,magari una tela di seta inglese appositamente destinata allo scopo,Altrimenti sotto con le sartorie ecclesiastiche.Circa il lino blù,temo di non essere daccordo con lei.La tinta estiva alla quale mi riferivo può essere descritta solo con le parole di Luigi Settembrini:"blù scurotto,ma non troppo".Questo blu medio è un colore splendido tutt altro che polveroso.Quanto allo stingere,il lino irlandese tutt al piu col passare degli anni si impreziosisce assumendo una tonalità piu dolce,ma comunque uniforme.Per rendersene conto chieda al suo drappiere di mostrargliene una pezza,lo tocchi,lo assapori.Comunque se visitando De Paz dovesse trovare un ultima pezza di shantung (mai lucido,opaco con leggere "fiammature" cioè piccole strisce in rilievo dovute alla tessitura del bozzolo)non se lo lasci scappare per nulla al mondo.

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 08-07-2003
Cod. di rif: 346
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: ancora sugli abiti da sera estivi
Commenti:
Visto che l argomento la interessa,caro signor Forni mi permetto di tediarla con un ultima cosa.Lo smoking bianco conobbe una straordinaria stagione di successi prima che negli anni 50- inizio 60 (la sua autentica epoca d oro,sopratutto da noi)nell America della seconda metà degli anni 30.Gli Stati Uniti non hanno fama di essere un paese elegante,l immagine dell America è quello d una nazione potente,ricca,ma poco raffinata.Non è stato sempre così.Vi fu un tempo in cui l America trasmise al mondo un immagine di eleganza ad altissimo livello;dalla fine degli anni 20 all inizio degli anni 40.Erano gli anni della Hollywood di Clark Gable,William Powell (ricorda l impagabile serie "l uomo ombra"),Fred Astaire (probabilmente con il duca di Windsor l uomo piu elegante del XX secolo),Cary Grant.Erano gli anni di una meravigliosa rivista: "Esquire",che proponeva attraverso i suoi meravigliosi figurini una moda derivata da quella inglese,ma resa più leggera attraverso un uso più creativo degli accessori e del colore.In questo irripetibile ambiente si ebbe,nella seconda metà degli anni 30 la nascita del moderno abito da sera estivo con giacca bianca.Prima di allora il tuxedo bianco consisteva nel gilè e nei pantaloni di barathea (quando non di lanetta) dello smoking invernale,ed in una giacca bianca di lino monopetto dai revers a lancia.Dalla metà degli anni 30 tutto cambia,e viene applicato al tuxedo estivo una straordinaria innovazione: il doppiopetto.Il dinner Jacket a due petti inventato a quanto si dice dall attore inglese Jack Buchanan , consacrato e lanciato da Edoardo VIII,il futuro duca di Windsor,venne immediatamente accolto dagli eleganti di tutto il mondo.Il due petti (a quattro bottoni,perchè il duca portava esclusivamente doppiopetti in questa foggia per slanciare la sua figura) si prestava particolarmene alla disinvoltura di una giacca da sera estiva,cosi come particolarmente "cool"venne considerato il collo a scialle ispirato dai baveri delle jacket di gala degli ufficiali britannici. Al posto della camicia con sparato e colletto in piedi venne adottata una camicia in seta con il moderno e morbido collo rivoltato (altra novità imposta dal Duca di Windsor).Per confezionare i pantaloni si scelse la fresca tela di lana (o come si chiamava negli Stati Uniti in quei giorni "Palm Beach cloth").La giacca era realizzata in tela di lana bianca,seta,o piu spesso in un tessuto freschissimo e bellissimo che oggi non esiste piu:una misto di seta e rayon celanese.Mi sembra di vedere la sua faccia signor Forni,ma ho detto RAYON e non Terital.A differenza di quest ultimo che è una fibra sintetica,una plastica derivata dal petrolio il Rayon molto usato prima della guerra era una fibra ARTIFICIALE ricavata dalla cellulosa.Orbene le misture studiate di rayon celanese (la migliore qualità) e seta davano tessuti per giacche da sera di una leggerezza e di una bellezza mai viste.Ecco poche righe tradotte dall inglese sotto ad un figurino di un vecchio numero del 1938 di "apparel Arts" (rivista gemella di "esquire" di cui anni fa uscì im italia una bella ristampa anastatica):"Le occasioni mondane estive sono la prova piu difficile per un gentiluomo.Ovviamente deve apparire elegante ed appropiatamente vestito "..."portare un capo formale invernale per un evento sociale estivo può divenire una tortura degna della fantasia di un Torquemada.Ma il gentlman di oggi ha finalmente trovato una soluzione a questo dilemma.Quella che presentiamo in queste pagine garantisce di avere un aspetto brillante senza per questo bruciare e porsi in uno stato d animo antisociale.Il dinner jacket bianco che vi suggeriamo è confezionato in una perfetta stoffa estiva,tela Palm Beach,tropical di lana,oppure una delle varie freschissime misture di rayon e seta.i pantaloni sono neri in fresco di lana,la camicia dal morbido colletto è in seta freschissima"...per la cronaca,sono rimasto non poco stupito quando ho scoperto che il figurino che corredava queste note è esposto in questo sito!si trova nella pagina degli eventi,in basso nella sezione dedicata alla "profumeria maschile e barberia".Diavolo d un Maresca,che la ristampa di "apparel arts" faccia parte anche della sua collezione?

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 08-07-2003
Cod. di rif: 347
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
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Egregio Signor Maresca,dirò allora che cari,particolarmente cari, mi sono i suoi interventi ed i suoi articoli che ho avuto il piacere di leggere su "monsieur" e su questa lavagna.Non sono così infantile da volermi impegnare con lei in una "competizione a chi ne capisce di più",anche perchè se lo fossi non vi è alcun dubbio che perderei (non lo dico per piaggeria,ne sono più che convinto).Sono molto lieto di ascoltare il suo parere,per me prezioso.La domanda che le ponevo riguardava un tipo di giacche a doppiopetto di modello classico a cui erano stati tolti la coppia di bottoni piu in alto,quelli detti nel gergo sartoriale delle mie parti "di mostra".Parimenti veniva abbottonata la coppia più in basso ,a filo delle tasche,ed i revers "rollavano" fino a quest ultima coppia lasciando in bella mostra l asola piu in alto.Un simile doppiopetto è,credo,quello portato dal duca di Windsor,ed anche indossato spesso dal defunto avvocato Agnelli (che per tutta la vita rimase commoventemente fedele allo stile della sua giovinezza,la seconda metà degli anni 30).Ricordo di aver visto con un simile doppiopetto (evidentemente confezionato a Napoli;da Attolini-Rubinacci?)Edoardo De Filippo in foto risalenti agli anni 50.Credevo,ma evidentemente mi sbagliavo,che a questo tipo di giacca potesse darsi il nome di "London Lounge"(nella sua versione doppiopetto ovviamente;Ero già a conoscenza del fatto che vi fossero London lounge monopetto a due bottoni con revers a lancia).Solo ora mi accorgo che evidentemante la locuzione non si riferisce ad una maggiore apertura della giacca,bensì alla sua costruzione.Ritengo che i figurini di "Esquire" fossero ispirati al tipo di giacche cui mi riferisco piu sopra,e che per la moda proposta da quella rivista non si possa parlare di "mostri" ,per lo meno fino a dopo il 1942 (diverso è il discorso riferito ai figurini pubblicitari di moda pronta di quel periodo).Ma queste ovviamente sono opinioni personali. Sul vero e propio doppiopetto a quattro bottoni sono d accordo con lei,e mai ho pensato che questo modello ,e non il più classico a sei fosse il preferito dai sarti napoletani.Tuttavia ricordo di essermi non poco stupito nel vedere fotografie del solito avvocato Agnelli (in un arco temporale che va dagli anni 50 ai primi 80),ma anche di David Niven e di Douglas Fairbanks JR con una simile giacca.Segno questo che prima di essere screditata dagli stilisti della "milano da bere"questa era un alternativa perfettamente accettabile al sei bottoni.Mi accorgo leggendo le vecchie pagine della lavagna di avere delle opinioni in comune con lei su molti argomenti (ad esempio i tessuti),e molto da imparare.In tutta sincerità devo però dirle che più che una giacca napoletana con tutte le sue morbidezze preferisco una giacca con spalle alla napoletana ma con superfici leggermente più rette.In questo senso Blasi,"il meno napoletano dei napoletani" avrebbe forse fatto al caso mio.La saluto cordialmente e spero di tornare a dialogare con lei.

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 08-07-2003
Cod. di rif: 352
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "caracenismi"
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Mi associo alla richiesta del signor Pellegrino,e spero che il gran maestro Maresca ci dia lumi sui dettagli della costruzione degli abiti di Caraceni,e sulle differenze tra le varie sartorie che portano questo nome ;ad esempio Maresca accennava in una sua risposta al "caracenismo" romano di Tommy e Giulio contrapposto a quello ministeriale milanese (immagino quello di Ferdinando,che per altro nulla ha a che fare con la famiglia, e del Caraceni in San Babila,ormai propietà dello stilista Gianni Campagna,e non alla sartoria di Agostino in via Fatebenefratelli).Su Caraceni conosco soltanto pochi dati aneddotici.So ad esempio che il capostipite della "casata",Domenico Caraceni nacque ad Ortona a Mare in Abruzzo alla fine nel 1880 e si trasferì a Roma a 15 anni,lavorando nella allora rinomata sartoria Ottolenghi di via Frattina prima come "scaldaferri",poi come apprendista,infine come tagliatore.Caraceni passò quindi a lavorare col sarto Comandona (altra celebrità dell epoca) per aprire un propio atelier in via del Corso (successivamente si trasferì in via Boncompagni)intorno al 1915,chiamando a Roma dal paese i fratelli Augusto e Galliano (che si occupava di amministrazione).Ricordo di aver letto molti anni fa che se Filippo Mattina fu l ultimo sarto dell ottocento,Caraceni fu il primo ad aprire il novecento.La sua giacca fu moderna,morbida (rispetto a quelle in voga all epoca),aperta su camicia e cravatta,i revers elastici,larghi,pastosi.La sua fu una linea piu comoda ed ampia rispetto alle giacchette segnatissime in vita,ai pantaloni stretti ed alle imbottiture del completo da uomo inizio 900.Il nostro fu anche il primo sarto a rendersi conto dell importanza della pubblicità e delle pubbliche relazioni.Ad esempio si racconta che negli anni 20 si fece presentare all allora famosissimo divo del cinema Douglas Fairbanks senior regalandogli un abito confezionato per lui senza prendergli le misure,basato solo sull impressione che Caraceni ne aveva avuto vedendolo sullo schermo.Fairbanks stupito accetta l omaggio,e si prova il vestito.La giacca ha qualche difetto,ma l attore non fa in tempo ad accorgersene,con una scusa gli viene sottratta e quando il mattino dopo gliela riconsegnano è un "pennello".Fairbanks ammirato ordina al sarto altri 30 vestiti,e Caraceni passa la notizia alla stampa alimentando la sua leggenda.Un altro aneddoto riguarda addirittura la tentata scalata a Buckingham Palace alla fine degli anni 20.A quel tempo Londra è il centro della moda maschile,e Edoardo principe di Galles,futuro Re,e futuro duca di Windsor è l icona dello stile inglese.Tramite un amico frequentatore della corte britannica,Herbert Haseltine,Caraceni ottiene i contatti sperati,e nell aprile del 1929 riceve una lettera di St.James Palace che lo convoca in gran segreto a Londra.Caraceni tuttavia tradisce la promessa di riservatezza e passa la notizia ai giornali.A Saville Row è tumulto,L Augusto cliente è perduto,ma il nome di Caraceni fa il giro del mondo.Negli anni 30 Domenico Caraceni apre una sartoria a parigi,affidandola al fratello Agostino,e veste alcuni tra i nomi più famosi dell epoca:l attore Gary Cooper,presentatogli dalla contessa Dorothy Dentice di Frasso,Il ministro degli esteri Galeazzo Ciano,Gli Agnelli che gli resteranno fedeli per generazioni,"tutta la vita ed oltre"(in un attaccamento che confina nella mancanza di fantasia).Domenico Caraceni muore nell estate del 1940 a soli 60 anni.Negli stessi giorni chiude la sartoria di Parigi a causa della guerra.Il conflitto lascia indenne la leggendaria sartoria,che tuttavia nel 1946 subisce una scissione.Agostino Caraceni,figlio di Augusto si trasferisce a Milano insieme al tagliatore Mario Donnini,e qui apre la sartoria Caraceni di via fatebenefratelli (successivamente ereditata da Mario Caraceni e Mario Pozzi).gli altri eredi rimangono a Roma dove oggi è attiva la sartoria di Tommy e Giulio Caraceni (vi era un altra sartoria Caraceni a Roma,alle spalle dell hotel excelsior,gestita da ex tagliatori e lavoranti della bottega madre).Sempre a Milano,in piazza San Babila,apre un altra filiale che credo facesse capo alle nipoti NIcoletta e Maria Grazia (ma non vorrei sbagliare). Questa sartoria,dopo aver dato alla fine degli anni 80 il propio nome ad una sfortunata (e pazzesca)operazione commerciale,una collezione di abiti confezionati "gli argomenti di Domenico Caraceni",prodotti dal gruppo gft sulla base di fantomatiche "formule segrete del nonno" (sic)è stata rilevata dalla ditta Gianni Campagna,emergente sarto di origine siciliana con velleità di stilismo.Non ha nulla a che fare con la famiglia,ma è soltanto un omonimo Ferdinando Caraceni,autore delle corazze a doppiopetto indossate dal presidente del consiglio Silvio Berlusconi (che non deve essersi mai accorto d essere andato dal Caraceni sbagliato).Maresca saprà parlarci con dovizia di particolari dei dettagli di costruzione tecnica della giacca di Caraceni,a questo proposito io so soltanto che una caratteristica della sartoria sono le spalle imbottite (che a me non piacciono),il giro manica molto stretto per ovviare al formarsi di pieghe sul petto,l imbottitura sempre sul petto con rinforzi di crine e fusto di lino.i revers vanno dagli 11 cm nel doppiopetto agli 8 e mezzo nel monopetto,i pantaloni hanno una larghezza di gamba di 25 cm.

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 08-07-2003
Cod. di rif: 355
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: revers
Commenti:
Gentile signor Lupo,sono lieto di esserle stato utile dividendo con lei quel poco che so.La spiegazione del signor Maresca sulla non necessità dell asola sul rever a scialle mi convince e mi piace.Sono assolutamente d accordo con lui.Pure,ho visto molte volte revers sciallati ornati da un fiore portato all occhiello (uno che ne faceva grande uso era David Niven,come si può vedere in molti suoi film,un altro era Cary Grant che si vestiva prevalentemante a Londra presso la rinomata sartoria Kilgour French and Stanbury di Saville Row).Desumo quindi che per quanto il collo a scialle vada senza occhiello,alcuni sarti forse per scelta stilistica, forse per esplicita richiesta del cliente tagliavano l asola. Per quanto riguarda l origine dei revers a scialle penso che sia io che il signor Maresca abbiamo ragione,nel senso che l una cosa non esclude l altra.Negli anni 70 del XIX fu introdotta per alcuni reggimenti dell esercito britannico una nuova tenuta da mensa ("mess jacket")consistente in una giubba corta di colore rosso dai revers sciallati in colore reggimentale.A partire dalla fine degli anni 80 del ottocento fece la sua apparizione anche quel capo che italiani e francesi chiamano smoking.Si dice che sia apparso la prima volta nel 1886 negli Stati Uniti ad un ballo al "Tuxedo Park",un raffinato club a 50 km da New York (donde il nome americano di "tuxedo"),indossato dall eccentrico milionario Griswold Lorillard.La tenuta derivava per la verità da una giacca detta "cowes"tagliata dal sarto Poole,ed indossata da Edoardo VII (figlio della Regina Vittoria)quando era ancora principe di galles ai pranzi sul suo Yacht ancorato presso la cittadina di Cowes,appunto.Fatto sta che la nuova giacca venne rapidamente recepita dai circoli europei e comparve quasi contemporaneamente in Inghilterra portata da Lord Sutherland.Gli ex ufficiali dei reggimenti per i quali era prevista la "mess Jacket" con collo a scialle,allora iniziarono a far tagliare un collo di medesima foggia anche sui loro "dinner Jacket"(nome con il quale venne ribattezzato in inghilterra il nuovo capo).parallelamente era abitudine dei gentiluomini inglesi indossare dopo pranzo una giacca di pannino nero o di velluto chiamata "giacca da fumo" (to smoke vuol dire fumare).serviva a proteggere gli abiti da sera dall odore appunto del fumo,quando allontanandosi dalla sala da pranzo e dalle signore fumavano un buon sigaro e bevevano un bicchierino.Questa giacca aveva i revers sciallati (ignoro se anche questi ad iniziativa di ex ufficiali o per una evoluzione parallela).Anche questa giacca influenzò la linea degli "smoking" (cosi chiamati nei paesi latini perchè confusa con la giacca da fumo).Che vi sia un indubbia derivazione dalle "smoking jacket"usate nei club d Albione è incontestabile anche perchè in taluni casi la citazione diviene sfacciate,come ad esempio nel vezzo di portare alle maniche dello smoking dei piccoli e stondati paramani ricoperti dalla stessa seta dei revers,vezzo popolare sopratutto negli anni 60 in inghilterra (si vedano gli smoking di Connery-Bond nei primi film di 007),ma ripresa anche da noi ad opera di Litrico e Brioni.In conclusione penso che si possa propendere per una doppia origine del revers sciallato,o in un unica se si scoprisse che anche i baveri della giacche da fumo derivarono dalle "mess jacket" degli ufficiali di sua Maestà.Quanto a farsi confezionare uno smoking sciallato,lo faccia solo se è piu che sicuro della bravura del suo sarto in questo campo.Un buon collo a scialle è molto più difficile da ottenere di quanto si pensi;se tagliato male la ingrasserà o le conferirà un aria equivoca da biscazziere (per lo stesso motivo per i revers eviti il raso e scelga del cannetè di seta).Comunque lo smoking piu elegante che io abbia mai visto in vita mia aveva i revers a scialle.apparteneva al padre di un mio caro amico,era stato confezionato in uno scurissimo "blue midnight" in tessuto di mohair e lana dalla sartoria Zenobi di Roma.Per quel che riguarda il tessuto della giubba di suo zio,sembrerebbe trattarsi di una particolare tela di seta impiegata dalle sartorie militari negli anni 30 per confezionare l uniforme ordinaria estiva degli ufficiali dell esercito e dell aereonautica.Per tale uniforme (monopetto,revers a "dente",quattro bottoni dorati amovibili,quattro tasche tagliate e profilate da un gallone di raso sagomato)era previsto il rasatello di cotone,ma molti ufficiali se la facevano confezionare fuori ordinanza in tela di seta,perchè si trattava tutto sommato di un capo "da società".Ricordo di aver visto ad una mostra una giubba fatta con la medesima stoffa bianca(o con una simile),si trattava però di una sahariana da gerarca del PNF.Che io sappia una simile (favolosa) stoffa non è piu in produzione da decenni,attualmente per le giubbe da sera estive degli ufficiali dell esercito si usa un tessuto di gabardine di lana bianco.Tuttavia se è di Roma potrebbe provare a fare una ricerca (che però temo infruttuosa) presso la sartoria militare che si trova nei pressi del Quirinale (non ne ricordo il nome,ma non le sarà difficile trovarla)un amico collezionista mi disse anni fa che nei magazzini conservavano ancora delle pezze di stoffa risalenti a prima della guerra (lui aveva trovato un cordellino grigio.verde).Buona fortuna.

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 09-07-2003
Cod. di rif: 357
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: caraceni e campagna
Commenti:
Su gianni campagna e la sartoria Caraceni di piazza san Babila si vedano le informazioni contenute nel sito:http://www.campagna.it

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 09-07-2003
Cod. di rif: 359
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Massimo Piombo
Commenti:
Esimio gran maestro,lei è troppo buono anche nel burlarsi di me chiamandomi "professore",in questo campo un onore che non merito neanche per scherzo.Se qualcuno può avere trovato il tono delle mie rispote un pò saccente me ne scuso moltissimo,Ma esse erano viziate dall entusiasmo di trovarmi tra persone con interessi comuni,e dal desiderio di dividere quel poco che so sull argomento e che ,ammetto, è derivato piu da letture e conversazioni con vecchi gentiluomini che da frequentazioni di sartorie internazionali (mi servo da un bravissimo artigiano di Messina la cui bottega da generazioni lavora per la mia famiglia).Ma lei tocca nel suo ultimo intervento un argomento che mi interessa molto:Massimo Piombo.Premetto che negli scorsi giorni ho cercato di mettermi in pari leggendo le passate "lavagne",ho quindi seguito la sua polemica nei confronti del cosidetto "su misura industriale",in specie per quello che si spaccia impropiamente per "sartoriale" ed usurpa titoli che non gli competono.Sono d accordo con lei sul giudizio,anche se mi riprometto di tornare successivamente sull argomento con una provocazione:il fenomeno esiste,e posto che presto o tardi le sartorie artigiane spariranno non sarebbe il caso di "pilotarlo"verso un autentica sartorialità,non so magari promuovendo leggi che impongono a chi vuol fregiarsi del titolo di "sartoriale" maggiori interventi artigianali nella lavorazione? E veniamo all oggetto del mio intervento:come giudica lei il fenomeno Massimo Piombo? Seguii con estremo interesse le vicende di Piombo dal suo apparire alla fine degli anni 80,mi entusiasmai per la linea delle sue giacche,derivata dal famoso stile italiano degli anni 50-60 di cui parlavamo.Ricordo che a Firenze rimasi estasiato davanti ad una vetrina di "principe" che esponeva abiti di Massimo Piombo,corredati da cravatte in saxony dai colori stupendi.Trovai molto chic persino la sua prima collezione donna in cui lampeggiavano ricordi di Audrey Hepburn,Jackie Kennedy,Grace Kelly.Ma sopratutto mi piaceva il recupero effettuato da Piombo di vecchi ,splendidi,tessuti corposi come il fresco di lana a tre capi,la barathea,il lino massaua,il mohair,la yellow flannel,accantonati in anni recenti per tasmanian e pettinati super 100.Di Piombo oggi non so molto,pur continuando Egli la sua attività c è chi dice che il "fenomeno"è esaurito,che scelto ha un approccio più da "stilista" alla linea dei suoi abiti.Non so se questo è vero perchè di lui si sente parlare molto poco.Ma anche se ciò non rispondesse a verità resta il fatto che i suoi sono vestiti confezionati,o tutt al piu "su misura industriale"Allora le chiedo,alla luce dei suoi giudizi del fenomeno "produzione sartoriale"che opinione ha di Massimo Piombo e del suo lavoro?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 09-07-2003
Cod. di rif: 362
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: saville row e dintorni
Commenti:
La domanda del signor Loretoni mi fornisce l estro per porre un interrogativo.Si può ancora parlare,nell anno 2003,di una genuina attività sartoriale ad alti livelli in Gran Bretagna,oppure le varie facciate di Saville Row nascondono dei ben camuffati opifici di "abiti su ordinazione",non molto diversi dai nostri Kiton e Zegna? E c è ancora un altro problema che non può essere sottaciuto.Quando guardo le vecchie foto di Noel Coward,Rex Harrison,Laurence Olivier,o anche di fred Astaire e Cary Grant,insomma di un gentiluomo vestito a Saville Row tra gli anni 30 e gli anni 50,rimango estasiato per la straordinaria ed inimitabile linea dell abito.Quando guardo le immagini di completi cuciti oggi da sarti inglesi vedo soltanto giacche e pantaloni non molto dissimili da quelle che potrei trovare nel negozio di abbigliamento sotto casa (e fors anche addirittura peggiori).Nel migliore dei casi (ad esempio il Principe Carlo D Inghilterra) vedo degli abiti corretti,dei compitini ben svolti ma nulla di diverso da ciò che potrebbe fare un sarto italiano di media bravura.Si deve quindi dedurre che a parte qualche nome (butto lì,Anderson and Shepard)la grande tradizione sartoriale inglese è storia del passato?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 09-07-2003
Cod. di rif: 364
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: kafavy
Commenti:
Nell Alessandria di Costantino Kafavis il lino bianco era di casa.Personalmente del buon Kafavy preferisco la poesia che fa:"Come vedrai d un tratto a mezzanotte passare un invisibile corteo tra musiche mirabili e tra canti,cambia la tua fortuna,le tue opere divengono illusioni"....

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 10-07-2003
Cod. di rif: 366
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Bond,James Bond.
Commenti:
é tempo di repliche,e ieri sera la televisione ha trasmesso il film "dalla russia con amore,secondo capitolo delle avventure di James Bond (che per quel che mi riguarda si conclude con il divertente ,ma chiassoso "si vive solo due volte",anche se "al servizio di sua maestà" ,che Connery fece male a lasciarsi sfuggire ,è a mio giudizio un film da rivalutare ).Posseggo sia in DVD che in VHS l intera serie dei film di 007 interpretati dall attore scozzese dal 62 al 67(piu gli ultimi due Connery e il già citato "al servizio segreto"..) ,ma come ubbidendo ad un riflesso condizionato non ho potuto esimermi dalla visione.Cosa si può dire degli abiti che Bond-Connery indossa nei suoi film,e che a suo tempo fecero autentico scalpore? Inanzitutto che sono confezionati dal sarto londinese Anthony Sinclair,la cui bottega sorgeva in Conduit Street.Sinclair era il sarto di Terence Young,regista del primo Bond e di "thunderball",ed autentico "bon vivant".Young vestiva da Sinclair,e gli parve cosa naturale far ordinare il guardaroba dell elegantissima spia al propio sarto.Sinclair apparteneva a quella categoria di sarti inglesi che era stata pronta a recepire la lezione dello stile italiano dell epoca.I suoi abiti erano di linea asciutta,pantaloni quasi a sigaretta,con risvolti ma senza cintura (al suo posto erano tagliate delle fettuccie regolabili in vita,espediente adottato anche da qualche sartoria nostrana negli anni 60) , giacche dai revers lunghi e sottili.Di inglese rimangono le spalle,la sciancratura al punto vita,gli alti spacchetti,e certi vezzi (a mio parere un pò discutibili) come paramani di raso e spacchi sullo smoking,gilè da "valletto"(ovverosia tagliato dritto in fondo senza punte).Negli anni 60 Bond ,insieme al presidente Kennedy, contribuì a lanciare la moda del due bottoni,da sempre un classico della sartoria inglese.Quelli di 007 erano spesso corredati da panciotto (si ricordi il "principe di galles" a tre pezzi che il nostro beniamino sfoggia in "missione goldfinger",e che di recente è stato oggetto di una affettuosa citazione nel divertente "prova a prendermi" di Spielberg).Di alcune autentiche bricconate (ad esempio le calze corte) è responsabile il solo Connery.Nel 1965 un giornalista italiano condusse un inchiesta sul modo di vestire di 007.Tra gli altri intervistò anche "il sarto Caraceni" (ignoro se Agostino o Tommy e Giulio).La bocciatura fu implacabile "si tratta di un modo di vestire pacchiano,volgare,all americana".Ritengo il giudizio un pò severo.Ben altri orrori sartoriali ci attendevano di lì a poco dietro l angolo.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 14-07-2003
Cod. di rif: 379
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: agitato,non mescolato.
Commenti:
Esimio Gran Maestro Maresca,Signori.Mi accorgo che molti di noi scriventi di questa lavagna lavagna condividono la passione per le gesta di un irresistibile personaggio entrato ormai a buon diritto nella storia del costume,il comandante della Reale Marina Britannica James Bond,distaccato presso l MI 5,sezione doppiozero,con il numero 007.Altri racconteranno di come le sue gesta abbiano più volte salvato (in ordine di importanza) il Commonwhealth Britannico,la civiltà occidentale,il mondo.Altri parleranno delle sue avventure galanti e delle sue doti amatorie e seduttive ,non comuni in un cittadino di Sua Graziosa Maestà.Altri ancora disquisiranno dottamente delle sue abitudini raffinatissime in fatto di coktails e vini.Noi ci occuperemo di un altro aspetto non meno importante dell interessantissima vita dell agente 007:il suo guardaroba.Qui occorre distinguere tra le due incarnazioni di Bond;il personaggio uscito dalla penna di Fleming,e quello magistralmente interpretato da Sean Connery sullo schermo (Moore,Dalton,Brosnan non mi interessano;e quanto a Lazenby,egli ha recitato dignitosamente la parte di Sean Connery impegnato ad impersonare Bond).Fleming nei suoi romanzi si dilunga molto su cocktail (vodka martini),auto (la Bentley 4 litri e mezzo)il giusto tempo di cottura per un uovo (tre minuti e mezzo),persino lo shaampo giusto (pinaud elixir),ma è molto parco nel descrivere il guardaroba dell agente.Di lui sappiamo soltanto che veste abiti leggeri,in saglia o lana tropical monopetto blù scurissimo,camicie in seta pesante, bianche o color crema,con doppi polsi, cravatte in maglia di seta nera,e calza scarpe leggere (spesso mocassini sfoderati)quando non,addirittura nelle zone tropicali "sandali neri impunturati".Nessun accenno a fornitori (tranne che per i cattivi,in "thunderball" da un ispezione della valigia apprendiamo che il conte Lippe veste da "Anderson and Shepard",porta "camicie di Charvet"e cravatte "Turnbull & Asser").Lasciamo adesso il personaggio dei romani e passiamo all altro 007,Connery.Fu,come dicevamo in un precedente intervanti,il regista Terence Young,gran signore ed ex ufficiale delle "Irish Guards" ad assumersi il compito di guidare l attore scozzese per creargli un guardaroba degno di sì tanto personaggio.Young mandò Connery da propio sarto,Anthony Sinclair,il cui atelier si trovava a Londra in Conduit Street,una traversa di Saville Row.Nel marzo del 1965,propio mentre erano in pieno svolgimento le riprese di Thunderball" Sinclair ebbe a dichiarare alla rivista "Tailor and Cutter":"Non voglio nessuno dei fronzoli della moda,ma ciò non mi impedisce di inserire nel guardaroba di Bond particolari di attualità,in modo che esso rappresenti una versione moderna dello stile di Saville Row".Il sarto scelse per Connery vita attillata,giacca lunga dagli alti spacchetti,i pantaloni di linea sottile amati dai militari (e proposti dalla linea italiana).Particolari di attualità erano il gilè "da valletto",a sei bottoni con l orlo dritto,foggia resa popolare nel 1964-65 da "jaeger for men"negozio di abbigliamento in Regent Street (ma Bond lo indossa solo nella scena iniziale di "thunderball"),i baveri sretti della giacca con "noch alto,i polsini rivoltati di raso nel "dinner Jacket" (ma Litrico e Brioni li proponevano già dalla metà degli anni 50).I tessuti erano pettinati leggeri,del tipo piu fine proposti dalla drapperia inglese degli anni 60,sopratutto freschi di lana,tele ritorte a tre capi.Le fantasie si limitavano ai quadretti Glen Urquhart o principe di Galles,trionfando per lo più il blù o il grigio a tinta unita.-SEGUE-

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 14-07-2003
Cod. di rif: 382
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: agitato non mescolato parte II
Commenti:
-Continuazione della lavagna precedente- Spesso Bond indossava completi a tre pezzi,nell inghilterra degli anni 60 simbolo di valori tradizionali,solidità economica,ed irriducibile attaccamento alla sartoria su misura.Le giacche sportive (favolosa quella sfoggiata in "Goldfinger" ,ed accompagnata da pantaloni in cavallery beige)erano in tweed,con tasche e "pocket ticket" leggermente obliqui, e alti spacchi,derivate da analoghe giacche da cavallerizzo.I pantaloni confezionati per Bond dalla sartoria Sinclair erano di linea sottile ,con due o una pincez,risvolti,e nessun passante per la cintura in vita.Essi erano tenuti su da due linguette cucite ai lati e fissate a bottoni ,sempre laterali (un sistema di chiusura caro anche a molte sartorie italiane degli anni 60;io stesso ne posseggo un paio e posso assicurare che sono molto comodi e piacevoli da portare) Per quel che riguarda lo smoking,naturalmente 007 ne possiede piu d uno.In "licenza di uccidere" indossa un dinner jacket nero ,con collo a scialle,di ispirazione militare e polsini rivoltati foderati di raso.In "Goldfinger eccolo impegnarsi in una dotta disquisizione sul brandy,con M (l ammiraglio Sir Miles Messervy)ed il colonnello Smithers,alto funzionario della Banca d Inghilterra,con uno smoking nero dagli inconsueti revers a dente.Sempre in "Goldfinger avevamo assistito al suo emergere dalle acque in tuta da sub nera (di speciale e morbidissimo tessuto sintetico)sotto alla quale è celato e protetto un elegantissimo smoking con giacca bianca dai sottili revers a lancia.L anno successivo ,in "thunderball,eccolo ballare con la splendida Dominò Derval,sotto gli occhi di uno spietato Emilio Largo in giacca bianca (il messinese adolfo celi)indossando uno smoking blù midnight in lana-mohair dai sottili revers sciallati.Il cravattino portato sotto tutti gli abiti da sera è sempre lo stesso,uno "Slim Jim" stretto di ispirazione militare,popolarissimo negli anni 50-60.A proposito di cravatte,come per il personaggio di Fleming anche quelle del Bond cinematografico sono blù marin o midnight,sottili,in fitta maglia di seta dalle estremità squadrate.Le cravatte di Connery provengono,come le sue camicie,da "Turnbull& Asser.Le camicie dicevamo;bene,come per il sarto anche per il camiciaio Connery fu guidato da Terence Young.L attore scozzese era seguito nella scelta dei tessuti,nella foggia,e nelle prove da Michael Fish,che all epoca lavorava per "turnbull & Asser (aprirà poi il celebre negozio "Mr Fish").Per Bond,Fish e Young scelsero un classico degli anni 60,una camicia con polsini doppi,stondati,non fermati da gemelli ma con due minuscoli bottoni,mentre il polsino stesso si allargava rispetto al polso come il collo di una camicia.I tessuti erano seta,popeline bianco,azzurro o a righine sottili su fondo chiaro.Queste camicie sono tuttora prodotti dalle celebre ditta britannica (chi è interessato può dare un occhiata al sito della camiceria).Scarpe:Bond non porta scarpe di linea inglese,con suola spessa,ma di modello italiano (pur se costruite in Gran Bretagna),di linea sottile,leggerissime,sfoderate.Mocassini lisci,scarpe a pantofola con elastici laterali,oxford morbide dalla suola sottile.Calze:Connery impose di poter indossare deprecabili calzini corti.Siamo in attesa di edizioni dei film in cui la scelleratezza venga corretta dalla grafica computerizzata.cappelli:Il celbre feltro che Bond lancia sull attaccapanni è un particolare tipo di "trilby" chiamato "Sandown",morbidissimo e dall ala stretta.abbigliamento sportivo:Nei film degli anni 60 il Bond di Connery indossa vari tipi di abbigliamento sportivo;per il golf porta pantaloni di flanella,un pullover con sotto una polo Fred Perry,un cappello di paglia "pork pie" stile Sinatra (in contrasto con la sgargiante e ridicola tenuta di Goldfinger stile "golfista anni 20").In situazioni informali vengono scelte camicie in cotone "sea island",polo,pantaloni a sigaretta privi di risvolti,mocassini.Per quel che riguarda i soprabiti su tradizionalissmi "chesterfield" monopetto dal collo in velluto,di linea un pò più asciutta e leggermente più corti rispetto ai modelli più classici.Concludiamo dicendo che Bond-Connery porta quasi prevalentemante giacche monopetto a due bottoni.Il due bottoni è un modello classico della sartoria inglese,portato ed apprezzato sin dagli anni 30.Tutte le giacche di David Niven sono a due bottoni,così pure quelle che portava Ian Fleming,e così tutti i rarissimi monopetto del Duca di windsor.I film di Bond contribuirono a diffondere anche nell Italia della metà degli anni sessanta la moda del due bottoni,spesso con gilè.Per quel che riguarda la predilezione per i modelli monopetto,dobbiamo ricordare che nella Gran bretagna post bellica ai reduci veniva fornito un completo sempre uguale,doppiopetto sei bottoni tagliato in una foggia ampia e realizzato in una limitata gamma di tessuti pesanti.Tutto questo ebbe l effetto di screditare il taglio a due petti per una trentina d anni,così il monopetto ,a due o tre bottoni,con o senza gilè divenne la scelta preferità dall uomo moderno degli anni 50-60.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 16-07-2003
Cod. di rif: 395
E-mail: carpu65@hotmail,com
Oggetto: scarpe formali senza lacci
Commenti:
Interessantissima questione quella delle scarpe prive di lacci portati con abiti formali.Sono del parere che i mocassini,nella versione più accollata,possano essere portati con spezzati,abiti chiari da mattina,Principi di Galles.Meno felice è l accostamento a completi scuri in situazioni formali.Devo tuttavia ricordare l esistenza di particolari tipi di scarpe senza lacci destinate ad abiti da pomeriggio e "mezza sera" ,un tempo un modeli classici della calzoleria italiana,poi per molti anni cadute nel dimenticatoio ed ora timidamente riproposte da alcune grandi calzaturifici.La prima è una versione della francesina con inserto bilaterale in materiale elastico,che pur lasciando la parte centrale fissa,facilita l apertura della scarpa e quindi l introduzione del piede.Esiste poi un modello a "pantofola",accollata,con tomaia e mascherina liscissima che termina con linguetta appena accennata ed ha ,a volte, una fascetta trasversale (è davvero un peccato che non si possano inserire immagini nelle lavagne,perchè avrei delle scansioni molto interessanti di questi modelli).So per certo che entrambi i tipi di scarpa venivano proposti dalla calzoleria Orio di Milano, da Gatto di Roma,e da altri calzolai italiani.Personalmente i miei sentimenti davanti a questo tipo di scarpe sono ambivalenti.Da un lato mi paiono bellissime,e dotate di un ampio grado di pulizia formale,dall altro ne diffido come di oggetti un pò troppo "leccati",e difficilmente le sceglierei.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-07-2003
Cod. di rif: 410
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: confezione ed eleganza
Commenti:
Stimato Signor Grassotto.Lei solleva un problema interessante.Prima di risponderle tuttavia sappia che mi trovo perfettamente d accordo con il Gran Maestro Maresca quand egli afferma che l interesse mostrato verso i temi del bel vestire "spesso è puramente estetico o scientifico e non presuppone una reale militanza come acquirente".Frequento con passione molti siti e forum dedicati all astronautica,ma mai ho avuto intenzione o desiderio di acquistare un modulo di comando Apollo o uma tuta lunare modello A7L (anche perchè ritengo che lo scafandro gemini modello G3G con rivestimento non alluminizzato sia esteticamente molto piu bello).Detto questo sono del parere che in realtà l interrogativo che lei pone sia un pò superato.Oggi un decente abito di confezione (stiamo parlando di un abito "bell e fatto" non di "su misura industriale")costa tra 900 1.200.000 di vecchie lire.Vi sono ancora in quasi tutte le città d Italia degli artigiani in grado di confezionare un buon abito allo stesso prezzo,o addirittura a meno.Nella mia città,Messina, il costo di un ottimo abito di sartoria non supera ,o supera di pochissimo, quello di un completo di confezione.Come vede non è vero che la bottega del sarto sia fuori portata.Lei potrebbe ribattermi che la "sartoria Rossi" non potrà cucirle un capo paragonabile a quello uscito dall atelier Rubinacci o dalle mani di un Solito;Non sono d accordo.Inanzitutto un abito di sartoria nasce grazie alla collaborazione tra il cliente e l artigiano,spetta al cliente il compito di "far crescere" il sarto.Se lei è,come afferma, un intenditore potrà senza alcun dubbio ottenere il massimo da un buon artigiano.Ma voglio fin in fondo rispondere alla sua domanda.Poniamo il caso che nella località nella quale lei vive vi siano soltanto grandi e costosissime sartorie e nessun artigiano di livello medio;si può essere eleganti con un abito di confezione,lei chiede,ed a quali parametri attenersi?Bene,prima di tutto eviti giacche dal taglio rigido e squadrato,fugga come la peste le spalle imbottite e l allacciatura a due bottoni.La sua scelta cada piuttosto su giacche a tre bottoni,possibilmente non troppo chiuse,ed allacci sempre e soltanto il bottone centrale.Abbia cura di scegliere spalle naturali o poco imbottite (Malgrado sappia di attirare sulla mia testa ogni tipo di contumelie dirò che una delle giacche più comode ed eleganti che abbia mai posseduto è una "Brooks Brothers"in tweed,di confezione americana ,acquistata di seconda mano a 18 anni in un negozio dell usato a Roma,bellissima con spalle naturali e nessuna imbottitura interna).Stia attentissimo alla giusta lunghezza di maniche e pantaloni (non c è nulla di più brutto dell effetto "mutilatino").Ingentilisca il taschino della giacca con un fazzoletto di lino bianco piegato a "spuma" o a tre punte.

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 21-07-2003
Cod. di rif: 422
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: L incredibile Sy Devore
Commenti:
Tempo fa in uno dei miei precedenti interventi accennai ad un sarto piuttosto noto nella Hollywood degli anni 50-60,la cui bottega vestiva quasi tutti gli attori piu famosi del periodo,ed in special modo Frank sinatra e i membri del suo "rat pack" ("branco di topastri"),Dean martin,Sammy Davis JR,Joe Bishop,Peter Lawford.Quella di Devore è una storia che forse merita d essere raccontata.Figlio e nipote di sarti ,ebreo Newyorkese di origine russa (il suo vero nome era Devoretsky),Sy Devore iniziò a lavorare fin da piccolo come tagliatore in molte sartorie di Brooklyn,iniziando dalle piu piccole ed infime fino ad approdare alla fine degli anni 30 ad un laboratorio tutto suo nel famoso Theater District del cuore di New York.Dopo aver servito il suo paese durante la II guerra mondiale,nel 1944 Devore si trasferi ad Hollywood aprendo un atelier con annesso negozio in Vine Street,e qui iniziò la sua leggenda.Ben presto la sua clientela si arricchì di nomi come Bing Crosby,Spencer Tracy,Bob Hope,Desi Arnaz (celebre coprotagonista di "I love Lucy"),Rock hudson,Nat King Cole,David Niven,Richard Wagner,Bobby Darin,Elvis Presley,I presidenti John F.Kennedy (che tuttavia di preferenza vestiva a New York,a Londra,ed in Italia da Litrico)e Lyndon b.Johnson,Richard Burton e Eddy Fisher (evidentemente i due avevano gusti in comune non soltanto in fatto di donne).Uno dei piu grandi clienti di Devore fu jerry Lewis che ordinava anche 30 completi l anno.Come sarto Devore era "camaleontico" nel senso che riusciva ad interpretare alla perfezione i gusti del suo cliente;tagliava abiti vistosi (ed un pò pacchiani) per Jerry Lewis ed Elvis Presley,e completi dall irreprensibile gusto inglese per David Niven e Peter Lawford.Il suo stile venne a definirsi intorno al 1955 essenzialmente come una variante dello "stile italiano" allora imperante e di cui molto abbiamo parlato.Le sue giacche erano per lo piu monopetto a due o tre bottoni,con revers sottili e spalle moderatamente imbottite.i pantaloni erano snelli,spesso a sigaretta,sempre coi risvolti e con una sola pence (o nessuna).In quest ultimo caso le tasche erano tagliate "alla carrettiera".I tessuti erano di provenienza Britannica o italiana;specialità della casa erano abiti in shantung,o Kid-Mohair,brillanti sotto i riflettori di Hollywood e Las Vegas.Devore come si è detto, a volte indulgeva nel particolare vistoso,ma tutto sommato non piu dei contemporanei colleghi (e concorrenti) italiani Litrico e brioni.Un giorno il pianista liberace gli chiese uno smoking in lurex dorato ornato di lustrini,ed il sarto bruscamente gli consigliò di rivolgersi ad una bottega specializzata in costumi teatrali.Devore era (per gli standard dell epoca) costosissimo;Una famosa battuta del comico Bob Hope era:"In un momento particolarmente fortunato della mia carriera mi trovai a poter scegliere tra un panfilo,una villa a Beverly Hils ed un vestito di Sy Devore" (oggi purtroppo questo motto di spirito potrebbe applicarsi alla maggior parte delle migliori sartorie italiane).Nella sua bottega si trovava anche una linea di abiti confezionati,ma segno del successo e dell affermazione personale era poter dribblare la rastrelliera con i completi "bell e fatti" ed entrare nel retrostante atelier ,dove i vestiti venivano tagliati e cuciti interamente a mano (per lo piu da sarti di origine italiana,molti i siciliani e napoletani,e britannica).Devore,gran "viveur" ed amante del sesso femminile e dello champagne morì nel 1966 per un infarto.due i suoi grandi rimpianti:non essere riuscito a vestire nè Fred Astaire,nè Cary Grant."non sono riuscito neppure a vendergli un fazzoletto",dichiarava mestamente.Le due leggende dell eleganza maschile vestivano solo a londra.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 22-07-2003
Cod. di rif: 425
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sy Devore
Commenti:
Gentile signor Marseglia,naturalmente conosco il bruttissimo sito degli eredi di Sy Devore,e condivido il suo severo giudizio sui suoi contenuti.Mi risulta che dopo la morte del loro famoso zio l azienda sia divenuta nè piu nè meno che un negozio di confezioni di lusso,come ce ne sono tanti a Los Angeles.Mi permetto di non essere d accordo con lei sull importanza del Devoretsky sulla scena sartoriale.Fu un artigiano che ai suoi tempi,negli Stati Uniti,fece epoca.Il suo stile può piacere o meno,tuttavia almeno dal punto di vista della storia del costume è interessante.Posseggo alcune riviste d epoca che parlano di lui,e posso assicurarle che si tratta di materiale interessante.

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Nome: Carmelo pugliatti
Data: 22-07-2003
Cod. di rif: 426
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Longfellow,Apparel art,ed altro.
Commenti:
Ho letto con estremo interesse i riferimenti del Gran Maestro Maresca ad "Apparel art",ed al suo disegnatore principe Longfellow.Anch io ho la fortuna di possedere la ristampa anastatica della rivista,edita da "electa" nel 1990,e tempo fa in un negozietto dell usato a Roma ebbi modo di acquistare a vile prezzo un ulteriore copia del I volume contenuto nel cofanetto (ignoro che fine abbiano fatto gli altri due).Mi risulta che Longfellow abbia lavorato anche su "Esquire".Questa bella rivista Americana era acquistata in Italia,fin dagli anni 30,dagli appartenenti elites piu colte e sofisticate della nostra società.Avere in bella mostra un numero di "Esquire" nel propio salotto era anche un segno di irrisione verso quel fascismo che aveva fatto dell opposizione alle "demoplutocrazie borghesi dell occidente" la sua cifra distintiva ("lo smoking è il pigiama della deboscia",è l impagabile battuta di un film di regime del 1940).é pertanto probabile che le biblioteche di molti tra i piu importanti circoli d Italia conservino preziose raccolte di quella rivista.Mi permetto di fare appello al Gran Maestro Maresca perchè compia una piccola ricerca presso il Circolo Savoia del quale è socio.Credo che le scansioni di quegli straordinari elegantissimi figurini figurerebbero più che degnamente nelle future sezioni iconografiche di questo sito.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 25-07-2003
Cod. di rif: 433
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Esquire,New Yorker,Presley,Bond ed altro.
Commenti:
Egregi signori,a proposito delle rivista "Esquire",e sopratutto delle italianissime e bellissime "Arbiter" e "Vestire"vorrei segnalarvi la fornitissima biblioteca della "Ermenegildo Zegna".Al suo interno sono contenute delle rarissime raccolte almeno delle sopracitate riviste Italiane.Sarebbe impresa meritoria scansionare un simile tesoro,o le parti piu interessanti di esso, per riversarlo nel sito.Ritengo che l unico che potrebbe avere l autorità ed i titoli per tentare una simile impresa (degna di essere cantata da generazioni di bardi negli anni a venire)è il Gran Maestro Maresca (sempre qualora i suoi impegni glielo consentano).Se neanche la "Zegna"possedesse una raccolta di "Esquire"credo che l unico modo di procurarsela è compiere ricerche presso biblioteche Svizzere, Inglesi o Americane (ad esempio la "biblioteca nazionale di Washington";è online,ma personalmente non sono mai riuscito a capire come funziona).Segnalo inoltre che figurini di Longfellow sono apparsi quest anno sul settimanale del corriere della sera "io donna".Forse si potrebbe estendere la ricerca al centro di documentazione Rizzoli. Personalmente ho diverse scansioni da "Apparel Art,e da altre riviste del periodo 40-65.Non appena sarà possibile inserirle nel sito sarò molto lieto di condividerle.Sono certo che anche il Gran Maestro Maresca vorrà regalarci le scansioni del suo numero di "Esquire" (sempre chè si possa scansionare senza danneggiarlo).Per quel che riguarda il "New Yorker",ebbene si,la rivista esiste fin dagli anni 20.Ecco un indirizzo presso il quale trovarne tutte le (raffinatissime) copertine:http://www.cartoonbank.com Su Presley,dirò che Sy Devore tagliava per lui soltanto abiti classici (uno era in vendita fino all anno scorso su un sito internet;si tratta di un irreprensibile abito a tre bottoni in mohair grigio,soltanto un pò troppo aderente se vogliamo trovare un difetto).Il cantante acquistava presso la ditta Devore per lo piu abiti di confezione,e soltanto negli anni 1960-1965,il periodo piu "sobrio" della sua carriera.Ripeto,non sto dicendo che Devore fosse uno dei migliori sarti del mondo,dico che il fenomeno fu interessante per la storia del costume (e poi francamente a me certi abiti del Frank Sinatra primi anni 60,vedasi il guardaroba sfoggiato nel film del 63 "alle donne ci penso io", non dispiacciono).Sulle scarpe sfoggiate da Bond in "si vive solo due volte" mi riservo di rispondere piu dettagliatamente quando avrò visionato il DVD.Per il momento posso soltanto ricordare che Connery-Bond calzava scarpe di linea "moderna" (per i primi anni 60)di ispirazione italiana.Leggere,sfoderate,suole sottili,affusolate.Spesso i modelli erano mocassini lisci,senza mascherina,e oxford a pantofola,accollate con inserti elastici ai due lati.

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 26-07-2003
Cod. di rif: 434
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: eleganti gli anni 30?
Commenti:
Mentre compongo questo intervento ho davanti agli occhi due fotografie entrambe tratte da riviste.La prima,a corredo di un articolo rievocativo delle campagna d africa orientale mostra una strada di Roma nel 1936.Una colonna di truppe con uniforme coloniale sta sfilando all estremo lembo della foto,mentre intorno si accalca una numerosa folla di civili.osserviamoli.la maggior parte è senza cappello e mostra capelli imbrillantinati pettinati all indietro,chiaro segno che questo capo di abbigliamento maschile aveva iniziato il suo inarrestabile declino fin da allora.Quasi tutti indossano abiti scompagnati;non veri e propi spezzati,ma giacche e pantaloni raffazzonati alla meno peggio:calzoni gessati su giacche chiare e viceversa,righe su quadretti,due tonalità di tinta unita e cosi via.La maggior parte delle giacche sono monopetto due bottoni,con revers larghi.Le camice hanno il collo floscio con lunghe punte e le cravatte sembrano striminzite e ciancischiate.i pantaloni sono larghissimi,quasi grotteschi da clown,con risvolti giganti e le scarpe massicce sembrano quasi avere la tripla suola.Alcuni portano completi a doppiopetto con giacche molto chiuse,quasi al nodo della cravatta, Anche questi di taglio mediocre.La cosa che più stupisce è che benchè siamo già in luglio (come recita la didascalia),tutti sembrano portare abiti molto pesanti,taluni addirittura giacche di panno (!)L effetto complessivo non risulta molto elegante,anzi tutt altro.Seconda foto.Anche qui siamo a Roma,in via del corso nel 1958.La folla segue incuriosita il passaggio della bellissima Anita Ekberg a spasso per la città eterna.Gli astanti appaiono abbigliati con completi monopetto a tre bottoni dal taglio snello,camicie bianche,cravatte scure.Tutti sembrano ben vestiti,alcuni decisamente eleganti.Nessuno porta il cappello ,tranne un uomo anziano,in compenso due hanno completi a tre pezzi con panciotto.molti i "principe di galles.L effetto è piacevole,elegante.Più eleganti gli anni 30 o i 50 ?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-08-2003
Cod. di rif: 457
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: una cascata di diamanti
Commenti:
Sono del parere che gli anni dal 1968 al 1980 siano stati,sotto moltissimi profili, i più abominevoli del XX secolo (I e II conflitto mondiale a parte).Se soffermiamo la nostra attenzione al campo dell abbigliamento e delle acconciature maschili, la condanna dell infame decennio non potrebbe essere più totale ed inappellabile.Scorrendo l album dei ricordi di quei tempi infausti troviamo orrori indicibili come il borsello da uomo,il maxicappotto collo napoleonico,il pellicciotto di pecora bianco sporco ,stile pastorello afgano chic,la terrificante camicia a rigoni dal collo a punte lunghissime,l ineffabile completo in lino celeste (naturalmente due bottoni , baveri enormi e pantaloni scampanati;graditi con questo insieme una cintura con maxi fibbia ed un abbondante spolverata di forfora sul bavero),la maxi cravattona extralarge,gli stivalini con la zip ed il tacchetto,le giacche a quadroni,la zampa d elefante,ecc ecc. Il tutto naturalmente accompagnato da baffoni alla Saddam,basettoni,capelli lunghi sul colletto. Solo rievocando le nequizie dei disgustosi 70"possiamo valutare correttamente il guardaroba di Connery in "una cascata di diamanti" (1971).Gli abiti sono ancora,e per l ultima volta,di Anthony Sinclair (a proposito,chissà se il nostro amico Britannico,Mr Alden,saprebbe dirci qualcosa di più sulla sartoria Sinclair,ad esempio se esiste ancora,sia pure affidata ad altre mani ).I completi di Bond hanno ancora l inconfodibile linea ammirata in "dalla russia con amore",ma i revers sono molto più larghi (10-11 cm nel monopetto,contro gli 8 1/2 del 1962 ed i 7 1/2 del 1963-66).Le cravatte adesso hanno il nodo Windsor e non sono piu in maglia di seta,ma in una corposa ,serica ,saglia;la loro ampiezza è sugli 11-12 cm circa,mentre nei beati 60" era di 7 cm (8 nel 62).Tutto sommato rispetto alle "sahariane" ed alle mostruose cravattone di Roger Moore,siamo ancora nell ambito del buon gusto,anche se la camicia azzurra con il dinner jacket bianco,lo smoking di velluto,la camicia da sera con sparato a pizzi e merletti sono delle bricconate intollerabili.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-08-2003
Cod. di rif: 458
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Rule Britannia
Commenti:
Vorrei associarmi all insigne Gran Maestro nel dare il benvenuto in queste pagine al nostro gradito ospite Britannico Mr Alden.Ancora una volta,come spesso mi accade, mi trovo d accordo con un giudizio di Maresca,quello che attribuisce ad Albione la palma della civiltà in epoca moderna. Dirò di più,sono del parere che la fine dell impero Britannico,faro di ordine,progresso e civile convivenza tra le genti, sia stata una delle piu grandi iatture del secolo appena trascorso.Apprezzo la difesa che Mr Alden fa di Saville Row;Nessuno certo ha inteso denigrare o sminuire il valore degli attuali sarti Britannici.Pure resta il fatto che ,a mio sommesso avviso,Nella maggioranza dei casi ci troviamo di fronte ad abiti corretti,ma raramente "brillanti".Ripeterò un concetto espresso in uno dei miei precedenti "gessi";quando guardo la foto di un abito tagliato a Saville Row tra il 1930 ed il 1965 rimango spesso incantato.David Niven o Noel Coward in doppiopetto,I favolosi completi di Sir Lawrence Olivier (tagliati da Huntsman),gli abiti di Anderson & Sheppard sfoggiati da Fred Astaire (insieme al Duca di Windsor il più grande "elegante creativo" del XX secolo),quelli di Kilgour French & Stansbury portati da Cary Grant,le immagini di Anthony Eden,John Profumo (e persino il povero Stephen Ward) sono l incarnazione dell eleganza virile.Quando osservo le foto di abiti tagliati oggi a Saville Row vedo nel migliore dei casi dei vestiti di buon taglio,la cui linea non è dissimile da quella degli abiti in mostra in molte vetrine della mia città,nulla di più.Ovviamente potrebbe anche darsi che del lavoro dei sarti migliori non vi sia,per cosi dire,testimonianza sui media.Mi hanno molto colpito le parole di Mr Alden su Anderson & Sheppard.Concordo con lui sulla vicinanza di stile della leggendaria sartoria Londinese con la scuola napoletana.Non vi è alcun dubbio che La sartoria Italiana e quella Inglese siano sempre state le migliori del mondo,e che gli eleganti D Italia abbiano sempre avuto un occhio a Londra,in molti casi (questo Mr Alden me lo consentirà)superando i loro modelli.Ricordo un gustoso aneddoto riguardante un elegantissimo gentiluomo napoletano dall anglofilia a tutta prova.Recatosi per la prima volta nella capitale del Regno unito e del "Commonwhealth",il nostro, chiuso nella sua stanza d albergo e preda del timore di non essere all altezza dei suoi venerati modelli inviò in avanscoperta il propio valletto con l incarico di riferirgli come fossero vestiti gli Inglesi.Seguì oltre un ora di trepida attesa.Al suo ritorno il maggiordomo cosi si rivolse all apprensivo padrone:"Eccellenza,quà l unico Inglese siete voi").

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Nome: Carmelo pugliatti
Data: 04-08-2003
Cod. di rif: 472
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
Commenti:
Gentile Mr Alden,lontanissima da me l idea di stabilire un primato tra la sartoria Inglese e quella Italiana.Si tratta ,come ho detto,delle scuole artigianali migliori del mondo,ritengo assolutamente a pari merito.I miei gusti in proposito sono trasversali:adoro la costruzione della giacca di Anderson & Sheppard e la scuola napoletana,mentre il taglio modellato di un Huntsman o di un Caraceni,per quanto assolutamente meravigliosi,mi lasciano più freddo.D accordo anche sulla sinergia cliente-sarto;Un cliente "dandy" riuscirà ad ottenere il meglio dall artigiano da cui si serve. Tuttavia ritengo che la bravura di un sarto si misuri sopratutto dall effetto che riesce a raggiungere su un cliente "medio".Un sarto che cuce abiti elegantissimi per pochi intenditori e capi dal taglio anonimo per tutti gli altri,a mio giudizio non è un buon sarto.Perfettamente d accordo nell inserire HRH il Principe di Galles nella lista degli uomini più eleganti del mondo.HRH deve servirsi presso diverse sartorie,non soltanto da Gieves & Hawkes,perchè a volte,pur nel solco di uno stile perfettamente riconoscibile,i suoi doppiopetto sembrano avere un taglio un pò discontinuo.Nella maggior parte dei casi si tratta di giacche davvero favolose.Mi piace il suo vezzo di farsi stirare con la riga anche le maniche della giacca,e adoro i suoi pantaloni senza passanti per cintura o bretelle,ma con un cinturino nella stessa stoffa cucito in vita .A volte per il gusto italiano Egli risulta un pò troppo "colorato",nel senso che un completo color avana con garofano rosso all occhiello accoppiato ad una camicia a rigone rosa ed a una regimental blù a bande rosse e gialle risultano un pò eccessivi al nostro occhio (curioso,un tempo eravamo noi italiani,in specie i meridionali,ad essere accusati di vestire in modo "squillante"),ma bisogna ammettere che il Principe riesce ad indossare questi insiemi in modo superlativo.Sono contento di apprendere che HRH abbia ordinato dei completi in seta (suppongo in shantung),da sempre un classico della sartoria meridionale italiana (Un tempo da noi il miglior produttore di shantung era la ditta "Bocchese",da quale azienda tessile britannica viene prodotta la seta ordinata dal Principe)? Infine sono grato a Mr Alden per aver ricordato l immenso Sir Winston Churchill,indimenticato statista e grande "bon vivant".Ricordo di aver visto tempo fa una fotografia scattata a Londra durante i terribili giorni del "Blitz".Sir Winston indossava una sorta di tuta,simile a quelle portate dai meccanici (presumo per poter visitare più agevolmente i luoghi bombardati),ma la tuta era realizzata in tessuto di flanella gessata.Elegantissimo!

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-08-2003
Cod. di rif: 473
E-mail: carou65@hotmail.com
Oggetto: alpaca
Commenti:
Gentile Gran Maestro Maresca,Nel bel libro di John Le Carrè "il sarto di Panama",il protagonista canta più volte le lodi dell alpaca ("vi lascio tutti i freschi di lana ed i tasmanian del mondo;nulla è migliore dell alpaca per freschezza e lucentezza").Cosa pensa di questo tessuto;è effettivamente il "non plus ultra"? P.S.Nel 1979 avevo 14 anni,e i "nefandi 70" li ricordo bene anch io.Rammento ancora certi "completini" portati dagli adulti...roba da far venire i brividi ! Nell estate del 1975 uscì nei cinema la replica del ciclo dei film di James Bond girata da Sean Connery nel decennio precedente.Per quanto avessi solo 10 anni ricordo chiaramente di aver percepito che la moda degli anni 60" ,con la sua linea asciutta,fosse infinitamente più elegante e piacevole da vedere dei mostruosi abiti dai colori improbabili,con revers larghissimi e pantaloni scampanati,che si vedevano in giro,e che un taglio di capelli corto ed un viso perfettamente rasato fossero esteticamente ben più accettabili di capelli lunghi,basettoni e folti baffi cespugliosi.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-08-2003
Cod. di rif: 474
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "leoni al sole"
Commenti:
La cosa non è strettamente attinente al nostro dibattito sull abbigliamento maschile e la sartoria su misura,ma il Gran Maestro ed i Cavalieri tutti mi compatiranno per l uso impropio di questo gesso.Venerdì pomeriggio rete 4 ha trasmesso in prima visione TV il bellissimo "Leoni al sole",di e con Vittorio Caprioli.Il film ,del 1961,realizzato da Caprioli con la collaborazione di Raffaele "Dudù" La Capria,narra le vicende di un gruppo di "leoni",ossia di attempati vitelloni di buona famiglia nella Positano dell estate 1961 (splendidamente fotografata a colori da Carlo Di Palma,sembra davvero la terra degli Dei).Nella pellicola recitano degli autentici "leoni" di quegli anni:l elegantissimo Arturo Lonardi,divino mondano della capri anni 50-60,ed il celebre "Scisciò" Morante.Morante fu un personaggio;gran signore,di ottima famiglia e senza una lira,trascorreva le sue estati tra Capri e Positano ospite dei suoi molti amici,e di numerosi ristoranti e locali del golfo.Tornando all argomento vestimentario alcune impagabili chicche del film sono le splendide camicie,spesso azzurre con maglioncino blù sulle spalle ,indossate su pantaloni beige o bianchi ed il vezzo di portare un fazzoletto di lino bianco piegato a spuma nel taschino della camicia,come se fosse quello della giacca.Una scena impagabile è quella in cui un aspirante "viveur" si avvicina al gruppo cercando di far notare le fodere delle tasche dei calzoni in tinta coi sandali suscitando lo scherno generale.A questo punto il malcapitato è sottoposto ad un fuoco di fila di critiche ("pantaloni con vita troppo alta",non "a piede di tavolino",ecc).La stoccata finale tocca a Lonardi che mostrando il suo pantalone "London House" enuncia la giusta lunghezza che questo deve avere sulla scarpa "per permettere al calzino di fare il suo gioco"! Imperdibile,se questo gioiello venisse replicato consiglio a tutti di registrarlo.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-08-2003
Cod. di rif: 475
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Chiton e Himation
Commenti:
Mi permetto di far rilevare un errore ,piuttosto grave a parer mio,in cui è incorso il Signor Mariano Rubinacci nel sito della sua storica e gloriosa ditta.In una delle pagine del sito si legge: ...."la creazione di questa giacca rappresentava un evento rivoluzionario,come quello del primo romano in vacanza a Napoli,che si levò la sua toga per indossare il mantello corto dei greci ,la chlamys". Ora la " chlamis",o "clamide",era una mantellina a ruota portata esclusivamente dai militari,o usata fuori città dai cacciatori.In nessun caso la clamide veniva indossata da civili all interno di mura cittadine,non più di quanto oggi uno di noi indosserebbe un uniforme mimetica con tanto di elmetto, giberne e giubbotto antiproiettile per fare una passeggiata in centro.Rubinacci sembrerebbe riferirsi invece all Himation,il mantello drappeggiato tipico del cittadino Greco.Di forma rettangolare anzichè semisferica come la toga,era al contrario di quest ultima (infernale da portare) estremamente comoda e facile da indossare.Effettivamente è testimoniato dai testi antichi che molti cittadini romani (specie quelli appartenenti ai ceti alti)annoveravano tra le molte delizie di Napoli,città Greca,il piacere di poter abbandonare la scomodissima toga per il più comodo ed elegante himation (completato dalla tunica,detta in greco "chitone",e dai bianchi calzari attici).Come la maggior parte di voi,anch io ritengo che la tradizione e la memoria storica siano cose terribilmente serie.Parte importantissima del nostro retaggio meridionale è l eredità della Magna Grecia e del mondo classico.Non giudicatemi perciò troppo severo se ritengo che confondere un "Himation" con una "chlamys" sia ,per una ditta che fa (giustamente) della tradizione uno dei suoi punti d onore, sia un serio passo falso.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-08-2003
Cod. di rif: 487
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: buoni sarti
Commenti:
Gentilissimo Mr Alden,spero che lo Champagne fosse di suo gradimento,e servito alla giusta temperatura.Devo in tutta coscienza chiederle scusa;il simpatico dibattito sul "buon sarto" apertosi in questi giorni tra noi è in gran parte dovuto ad un mio infelice esempio ed a una riprovevole mancanza di chiarezza da parte mia.Ho scritto in un mio precedente intervento che guardando le foto di Fred Astaire,del Duca di Windsor,e di altri ineguagliabili campioni dell eleganza virile riscontravo uno stile degli abiti di Saville Row non più eguagliato in tempi recenti.L esempio è stato foriero di equivoci,e me ne scuso.Avrei più semplicemente dovuto dire che guardando delle foto raffiguranti abiti di Saville Row, tagliati tra il 1930 ed il 1965,vedevo dei capi di linea sensazionale e questo indipendentemente dal fatto che il committente fosse o meno un dandy o una personalità dal gusto eccezionale;viceversa rappresentazioni fotografiche di completi tagliati oggi nella celebre strada non suscitano su di me le stesse emozioni.Esempio:Ho davanti a me una foto tratta da "Tempo",una rivista italiana del 1955.La foto mostra un gruppo di ufficiali delle guardie ,in borghese,che camminano in una strada di Londra.Indossano dei completi a doppiopetto "chalk stripe"di taglio favoloso.La cravatta sporge dall incrocio dei revers nelle giusta misura senza essere troppo coperta da una giacca eccessivamente chiusa,pur essendo la distanza tra le coppie di bottoni non troppo ravvicinata.Altra foto presa da un libro di moda maschile.Ritrae un cliente presso la rinomata sartoria "Gieves & Hawks mentre prova un abito a doppiopetto.Il completo è correttamente tagliato,ma la giacca non è troppo dissimile da un capo di confezione "corneliani",in vendita in molti negozi D Italia.Per quel che riguarda il discorso relativo al "cliente medio" (d accordo con lei,parola orrenda,e mi scuso di averla usata)quel che volevo dire è questo:Se un cliente,dotato di gusto (altrimenti non andrebbe in sartoria) ma tecnicamente non in grado di destreggiarsi tra "costure" e "notch" si rechera da Tommy e Giulio Caraceni,da Rubinacci,da Gennaro Solito,da Panico,ecc otterrà in ogni caso un abito assolutamente incomparabile,inconfondibile con un capo di confezione o "su misura industriale".Soltanto un modesto sartino cucirà un completo mediocre per il cliente non troppo esigente ed un buon vestito per un intenditore che gli è stato "con il fiato sul collo"per tutta la durata delle prove.Colgo l occasione per salutare il Gran Maestro Maresca e tutti i gentili Signori che frequentano queste lavagne.Per alcune settimane celebrerò l antico e civilissimo rito della "villeggiatura".Arrivederci a presto,e buona Estate.

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Nome: Carmelo pugliatti
Data: 14-08-2003
Cod. di rif: 492
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
Commenti:
Gentile Mr alden,Non pretendo certo di essere il detentore della Verità (con la V maiuscola).Le mie sono soltanto opinioni personali,e come tali possono essere condivise oppure no.Lei afferma che le mie deduzioni sulla decadenza dell arte sartoriale in Inghilterra non sono vere.ne prendo atto,e ne sono lieto.Un ultima cosa.il mio nome è PUGLIATTI,non PAGLIACCI.Sarei lieto se la prossima volta prestasse maggiore attenzione al cognome del suo interlocutore.L eleganza non è fatta soltanto di abiti ben tagliati;ed in fatto di eleganza e di buone maniere ho sempre piu l impressione che noi Italiani,malgrado il nostro vizio congenito di sminuirci e denigrarci, potremmo dare lezioni a molti.La saluto cordialmente.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-08-2003
Cod. di rif: 495
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: giacche...
Commenti:
Esimio Mr Alden,lasci che le dica che trovo la sua "rewiew" sulle giacche splendida !Potentissima la metafora di paragonare il capo British ad una Rolls e quello Italiano ad una Bugatti o ad una Cord (quest ultima a mio parere una delle auto più belle del XX secolo).Meraviglioso l effetto della manica Inglese,con la leggera depressione all attaccatura ;anche alcuni sarti italiani realizzano un simile accorgimento,o perlomeno lo realizzavano in passato (ad esempio Pirri negli anni 50,cospicuo esponente di una scuola siciliana che fin dall inizio del XIX secolo guardava principalmente a Londra).Ritengo che la bellezza di una giacca stia principalmente nella sua linea,nell effetto complessivo addosso al suo propietario,e che la "pulizia" delle superfici vada posta leggermente in secondo piano.Come diceva un anziano gentiluomo Napoletano di mia conoscenza "una giacca deve cantare".Vi sono giacche dalle linee perfette,nette e pulitissime che però non "cantano",ossia risultano anonime,non comunicano emozioni.Dalle sue parole capisco che Lei,caro Mr Alden preferisce baveri ampi e pastosi;capisco,l effetto è più drammatico.Tuttavia in generale non credo che la giacca sartoriale italiana si caratterizzi per un rever più stretto;la cosa dipende dai gusti del committente o dalla scuola sartoriale (ad esempio mi risulta che anche in Inghilterra,a Saville Row,il rinomato Robert J. Bright,chairman of Wells taglia degli splendidi baveri snelli).Vorrei chiederle quanto secondo lei dovrebbe essere largo il rever nel monopetto,e quanto nel doppiopetto (attualmente in Italia abbiamo circa da 8 cm ad 8 cm e 1/2 nella prima giacca,e circa 10-11 cm nella seconda.Un altra curiosità:se non preferisce mantenere la cosa riservata,potrei avere l ardire di chiederle a quali sartorie appartengono i capi da lei magistralmente descritti? la saluto cordialmente Carmelo Pugliatti

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 08-09-2003
Cod. di rif: 519
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: considerazioni varie.
Commenti:
Rientrato dalle vacanze ho letto con estremo interesse gli ultimi "gessi",come sempre sempre dotti e d alto livello.Molti gli argomenti interessanti che prestano l estro a varie considerazioni.Mr Alden ,ad esempio, nel suo ultimo intervento ha giustamente posto l accento sui diversi abbinamenti di "patterns",ossia di disegni,tipici del modo di vestire degli eleganti del passato.L esempio con il quale il nostro gentile amico Britannico ha illustrato il suo pensiero,ossia il diverso effetto ottenuto ,mantenendo una camicia bianca con cravatta blù a pallini, da un completo grigio scuro tinta unita ed uno principe di Galles è estremamente illuminante e convincente.Oggi pochissimi tra coloro che "vestono classico" (termine orrendo,ne converrete)si concedono il piacere di accostare un tessuto finestrato o un "Glen Urquhart ,con una camicia a righine ed una cravatta a pallini,o un gessato "chalk stripe" con una cravatta a piccolissimi "pied de poulle,questo perchè l effetto al quale si vuol tendere non è l essere eleganti,ma l essere "correttamente vestiti" con una sorta di uniforme da lavoro,un uniforme dalla quale liberarsi non appena possibile per rivestirsi con i piu disparati paludamenti giovanilistici (jeans,felpe,ecc).Qui mi si offre l estro di collegarmi all ultimo intervento dell esimio Gran Maestro Maresca,il quale giustamente lamentava l assenza di stile dal guardaroba degli uomini politici del nostro tempo.Anzitutto bisogna premettere che oggidì il modo di abbigliarsi di un politico non dipende più dai suoi gusti,dalla sua cultura,dalla sua educazione,ma dal consiglio di sedicenti "esperti di immagine" e di "comunicazioni di massa ".Codesti figuri caldeggiano ai loro clienti lo sbraco piu inverecondo allo scopo di "avvicinarsi alle masse";di "veicolare un messaggio " (altra orrenda frase ,oggi molto di moda)di informalità e dinamismo.Ma anche in assenza di simili travestimenti "acchiappacitrulli"l uomo politico,così come la maggior parte degli appartenenti al mondo degli affari e delle professioni,tende a vestire "correttamente" in uniforme.Prendiamo il caso del nostro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.Egli indossa praticamente sempre e soltanto lo stesso abito:doppiopetto antracite con camicia celeste e cravatta blù a piccoli pallini.é evidente che "essere elegante" è l ultima delle sue preoccupazioni;ciò che probabilmente vuol comunicare (in primo luogo a se stesso)è efficenza,affidabilità,potere.Non fu sempre così;senza andare troppo lontano nel tempo basta ricordare nomi come Giulio Andreotti,o Emilio Colombo per trovare degli uomini politici vestiti con gusto ed eleganza.Per quel che riguarda la dotta bibliografia di Giampaolo Marseglia,noto con personale soddisfazione di essere in possesso della maggior parte dei testi da lui citati (oltre "al vero signore",tutti i volumi pubblicati negli anni 80-90).Ho anche notizie di Lucio Ridenti.Rammento di aver avuto occasione di leggere alcuni suoi articoli sull eleganza maschile pubblicati nel 1963 sul "Giornale di Sicilia" mentre ,per una ricerca, consultavo dei periodici dell epoca in biblioteca.Ricordo alcune "chicche": il Ridenti sconsigliava lo smoking a doppiopetto perchè a suo dire non avrebbe permesso di mostrare adeguatamente la camicia da sera;"lo smoking a due petti è un trucco di chi vuol risparmiare sulle camicie".E qui veniamo ad un altra considerazione;tutti questi testi sono di per sè validi.ma spesso in essi si trovano spacciate per "regole d eleganza" alcune idiosincrasie dell autore.Così alcuni sconsigliano di farsi confezionare un completo principe di galles con giacca a doppiopetto (?) Certi autori bocciano senza possibilità di appello i risvolti ai pantaloni degli abiti da pomeriggio,mentre altri sostengono che ,a parte frac tight e smoking,i risvolti vanno su tutti i calzoni senza distinzioni tra sera o mattina.Sempre meglio prendere queste guide "cum grano salis".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-09-2003
Cod. di rif: 532
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Loro Piana e Massimo Piombo
Commenti:
Ho seguito con molto interesse il "gioco" proposto dal Signor Conforti a Giancarlo Maresca,e le dotte risposte del Gran Maestro.A proposito dei tessuti, però mi permetto di far notare l interessante esperimento di Massimo Piombo che propio una decina d anni fa divenne famoso per aver lanciato una collezione di abiti pronti che riproponevono da un lato la linea sartoriale italiana degli anni 50-60 (tre bottoni,revers e proporzioni asciutte,ecc),dall altra tutta una serie di tessuti antichi praticamente scomparsi persino dalle sartorie vere e propie.Cito dal prezioso libretto "tagli di Piombo" edito dalle edizioni "mille lire stampa alternativa"e contenente il "Piombo pensiero":"Voglio dimenticare gli anni 80,e ripartire dagli anni 60.Un ponte di stoffa tra ieri e oggi".i tagli adottati sono in "saxony,harris tweed,thornproof tweed,super specialist english cotton poplin,super specialist heavy drill cotton,cairo,corsica (mistura di lana e mohair),3 ply fresco,lino irlandese,english wool gabardine,corduroy,bedford cord,cavallery tweed,covert,moleskin,klinter,hopp,cotone massaua,whipcord,barathea,original grenadaire,mohair,summer kid mohair,camel hair,donegal".Ricordo di aver provato un completo di Piombo a Roma nel 1995 0 96.Il taglio della giacca era favoloso,con spalle alla napoletana.Non lo acquistai soltanto perchè non si adattava benissimo alla mia conformazione (aveva la vita molto segnata,ed io avevo un pò di pancetta).Credo che un sistema "su misura" tipo "sartoria napoletana" avrebbe molto giovato agli abiti di Piombo.Oggi di Massimo Piombo non so piu nulla;ho sentito che la magia delle sue prime collezioni si è persa in una ricerca stilistica fine a se stessa,ma ripeto non so se le cose stanno effettivamente cosi.Comunque al nostro il connubio confezione-tessuti tradizionali di sartoria riusci,anche se forse per poco tempo.Per quel che riguarda la capacità di un industria semi-artigianale a riprodurre un capo sartoriale nei minimi particolari,rimando al caso Sergio Loro Piana.Loro Piana è uno degli uomini piu eleganti d Italia.Veste Caraceni,e segue un particolare stile che rimanda direttamente ad Esquire anni 30 ed ai figurini di Longfellow:doppiopetto corto,a sei bottoni stirati a quattro con profonda sciallatura dei pastosi revers rollati.Debuttando nel campo del "su misura semisartoriale il nostro ha voluto replicare la linea delle sue giacche predilette.Il risultato è che un doppiopetto su misura industriale Loro Piana sta all originale come una riproduzione fotografica della Gioconda di Leonardo sta all autentico quadro.Si tratta di capi "unidimensionali",banali,con revers piatti la dove quelli del capo copiato sono favolosamente "bombati".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 15-09-2003
Cod. di rif: 534
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
Commenti:
Egregio Signor Maresca, Dunque,posto che si abbia una "vera passione e scienza dei tessuti" in linea di principio si potrebbero utilizzare nella confezione dei cosidetti "abiti sartoriali" tradizionali tessuti di sartoria,avvicinando ulteriormente questi prodotti a quelli delle botteghe artigiane.é evidente che Piombo in qualche modo è riuscito a risolvere i problemi legati alla stiratura dei capi (sarebbe interessante sapere come).Dunque è soltanto questione di gusto cultura e volontà,ma tecnicamente la cosa è possibile.Dico questo non perchè abbia particolarmente a cuore le sorti del "su misura industriale",ma perchè sono convinto che la "sartoria del futuro"( nel quadro che giustamente lei segnalava di un "artigianato di ritorno")sarà sempre piu contaminata con l industria.Il fenomeno è già iniziato,basti pensare ad esempio a realtà come "Antichi Telai",e ditte simili a Roma).Non so se questo sarà un bene o un male,ma forse le nuove realtà artigiane (o semi artigianali) potranno risolvere un grave problema;quello del collegamento cliente-sartoria anche al di fuori dei grandi centri come Roma,Milano o Napoli.Un tempo molte grandi sartorie servivano una clientela numerosa anche al di fuori delle loro città.I lavoranti ed il tagliatore si spostavano in provincia a prendere ordinativi,a mostrare il campionario,a provare e consegnare i capi già finiti.Oggi questo non è piu possibile,e chi vuole una giacca o un completo di qualità deve mettere nel conto lo spostamento a Napoli o a Roma ,con notevole dispendio aggiuntivo di tempo e denaro.Questo è senza alcun dubbio uno dei motivi del successo odierno di realtà come "sartoria partenopea" e consimili.Per quanto che riguarda il suo interessante accenno alla concorrenza dalla Cina,mi chiedo se non sia possibile sfruttare il fenomeno a vantaggio del futuro della sartoria artigianale.I Cinesi posseggono una straordinaria manualità,e sono eccezionalmente portati nel campo della manifattura di abiti,prova ne sia l eccellente qualità dei sarti di Honk Hong formati da maestri britannici.Mi chiedo,e se le nostre sartorie profittando dell attuale notevole flusso migratorio iniziassero a impiegare ed a formare operai,pantalonai,tagliatori Cinesi? E se fosse propio questa la maniera di perpetuare anche nei prossimi decenni il patrimonio artigianale Italiano?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 15-09-2003
Cod. di rif: 537
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: scotchgard
Commenti:
Gentile Signor Conforti,probabilmente lei si riferisce al cosidetto trattamento "scotchgard"; un particolare bagno chimico consente di impermeabilizzare le stoffe all acqua ed alle macchie.Nel nostro paese i tessuti trattati con tale procedimento erano impiegati ,negli anni 60,principalmente nell industria della confezione (Lebole,Monti,Marzotto,ecc).In quei tempi lontani, ed un pò ingenui, gli abiti confezionati venivano proposti come un onesta alternativa a buon mercato rispetto alle sartorie di medio livello.Il taglio era decoroso,i prezzi decisamente economici.La stragrande maggioranza di quei vestiti erano prodotti in tessuti misti,come lana-terital,o cotone - rhodiatoce,e trattati con scotchgard.La pubblicità dell epoca magnificava la durata,la resistenza,l ingualcibilità e l economicità di quegli abiti (molti di noi ricordano ancora slogan di antichi caroselli come:"Monti,abiti belli abiti pronti",o "Io ho un debole per l uomo in Lebole",o ancora per Rhodiatoce "So Caio Gregorio,guardiano del pretorio"...).Il fatto è che quei vestiti erano effettivamente indistruttibili,ingualcibili ed antimacchia,ma erano anche terribilmente insalubri.I tessuti in terital,oltre che risultare allergici per molte persone,non consentono una traspirazione ottimale,e quanto allo scotchgard..si è scoperto che era addirittura tossico ! Gli "ingredienti" di cui è composto degradano formando il PFOS, ossia solfonato di perfluorooctano,prodotto tossico per l uomo oltre che nocivo per l ambiente.Negli Stati Uniti,patria dell scotchgard,sono attualmente in corso varie iniziative legali contro la società produttrice da parte di associazioni di consumatori.In Italia,a quanto ne so,tale trattamento non è piu adoperato nel campo dell abbigliamento perlomeno da 30 anni .Naturalmente in sartoria non si è mai fatto uso di tessuti "allo scotchgard", neanche negli anni 60.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 15-09-2003
Cod. di rif: 538
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: esquire e longfellow
Commenti:
Gran maestro Maresca,Egregi Signori sarei curioso di riprendere il discorso,che già ci impegnò all inizio dell estate,sulla rivista "Esquire",e sui favolosi , elegantissimi ,figurini di Longfelow.Da ricerche da me effettuate ho scoperto che il nostro influenzò col suo segno grafico la pubblicità della sua epoca (vedi ad esempio il bel volume "American ADS of 30s" edito da Taschen),e addirittura il mondo del fumetto (echi del suo stile si ritrovano ad esempio in Milton Caniff,autore della striscia "Terry and the pirates").Ho inoltre riscontrato che a Longfellow si ispirarono molti figurinisti Italiani dell epoca (quando si potrà inserire materiale iconografico e fotografie nel sito,sarò lieto di condividere delle scansioni molto interessanti).Purtroppo di Longfellow su internet non c è nulla;forse qualcuno di voi,esimii Cavalieri è in possesso di maggiori informazioni sul artista (ad esempio,qual era il suo nome di battesimo)? Vorrei poi sapere dal Signor Liberati se,dal punto di vista delle immagini l "Esquire encyclopedia of 20th century",che egli avrà ormai ricevuto,era effettivamente valida.Amerei anche conoscere dalla gentilezza del Gran Maestro Maresca,sempre che la cosa non gli rechi fastidio,i contenuti del suo numero di Esquire del 1940 (articoli su sartorie? figurini? ecc).Mi auguro che presto si possa compiere una ricerca in quell autentica miniera che deve essere l archivio della Ermenegildo Zegna.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 15-09-2003
Cod. di rif: 541
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: esquire s encyclopedia..
Commenti:
Ringrazio il Signor Liberati per la sua cortese risposta.Egli mi compatirà,non intendevo distoglierlo dal meritorio compito di compilare una guida ragionata all opera;ma la curiosità di sapere se l enciclopedia meritasse o meno d esser oggetto di cosi tante attese ed aspettative mi hanno indotto a disturbarlo.Sono molto interessato ai temi ed ai contenuti della famosa rivista fin da quando comperai la ristampa anastatica di "apparell arts" nei primi anni 90.Da una scorsa (molto superficiale,purtroppo)alle scansioni di alcune copertine inserite in vari siti internet credo di aver intuito che la moda proposta è di grandissima qualità fino al 1943-44 circa,per poi virare verso il cosidetto "bold look" americano (tuttavia in maniera meno esagerata di quanto si vedeva in quei giorni in giro per gli Stati Uniti),ed indulgere per tutti gli anni 50 e primi 60 in uno stile vagamente colorato ed eccentrico,simile a quello che negli stessi anni gli scafati sarti italiani Brioni e Litrico proponevano ai ricchi clienti americani.Insomma per semplificare,se nel 1939 il modello ideale proposto dalla rivista era il Duca di Windsor o William Powell (l elegantissimo attore, protagonista insieme a Mirna Loy,della divertente serie gialla "l uomo ombra")nel 1960 era Hugh Effner il "patron" di Playboy.Sono certo che non appena sarà possibile contribuire al sito vedremo cose molto belle ed interessanti.Un saluto cordiale al Signor Liberati,e grazie per la sua disponibilità.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-09-2003
Cod. di rif: 546
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "Esquire s Encyclopedia" e thussor di seta.
Commenti:
Rassicurato dalle parole del Signor Liberati circa la qualità della "Esquire s Encyclopedia of 20th century men s fashion" (peccato per il bianco e nero delle illustrazioni,che tuttavia spero essere chiare e sufficentemente grandi),avrei intenzione di acquistare l opera.Un ulteriore considerazione mi spinge a procurarmi il prezioso libro:esso si ferma al 1973.Restano dunque fuori non soltanto la maggior parte dell abominevole decennio 70"ed il pret a porter di "lusso"degli anni 90",ma sopratutto gli "stilisti" degli 80" (niente Armani,Versace,Valentino,troppo bello per esser vero)!A questo punto desidererei sapere (e credo che la cosa interessi anche altri partecipanti a queste lavagne)come fare ad ordinare l "Encyclopedia",il costo dell opera,e la sua disponibilità in termini di copie.Credo che l unico modo di raccogliere queste informazioni è appellarsi ancora una volta alla gentilezza del Signor Liberati (al quale mi permetto anche di chiedere una sua valutazione sulla qualità moda e degli stili presentati dall Encyclopedia relativamente al periodo 1955-1963 circa,corrispondente grosso modo al nostro "Boom economico").Avrei una domanda anche per l esimio Gran Maestro:è ancora reperibile presso qualcuno degli straordinari drappieri di Napoli il thussor di seta? Tempo fa ebbi modo di ammirare un magnifico doppiopetto blù confezionato in questa meraviglosa stoffa,e consultando l impagabile "dizionario del successo e dell insuccesso" (edizioni Sellerio)composto all inizio degli anni 60" dalla celebre giornalista mondana Irene Brin,ho letto,in un capitoletto dedicato all eleganza maschile, il consiglio dell autrice di "farsi confezionare lo smoking estivo in thussor nero,o blue midnight,al posto della superatissima giacca bianca".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 25-09-2003
Cod. di rif: 548
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Buon Lavoro !
Commenti:
Esimio Gran Maestro,sono certo di interpretare i sentimenti dei partecipanti a queste "lavagne" nell augurarle buon lavoro per i suoi articoli.Siamo tutti ansiosi di leggerli.Non dimentichì però,appena potrà farlo,di aggiornarci su quanto visto a IdeaBiella.Ancora buon lavoro.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 25-09-2003
Cod. di rif: 553
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: libri
Commenti:
Ringrazio il Signor Liberati per i suoi franchi chiarimenti sull "Esquire s Encyclopedia of 20th century men s fashion".Sinceramente non mi aspettavo la "parte del leone" dedicata a mode e stilisti degli anni 70,e confesso che la parte dell opera che più attira la mia attenzione è quella iconografica,in realtà non priva di pecche mi sembra di capire.Sono poi sorpreso che non si accenni a realtà sartoriali americane,come ad esempio il celebre H.Harris,di New York,abbastanza rinomato ai suoi tempi da divenire ,prima il pantalonaio del Duca di Windsor (quand egli era governatore di Bahamas durante la II guerra mondiale) poi uno dei suoi sarti.Nessun accenno neanche alle sartorie che vestivano alcuni tra i piu rinomati divi di Hollywood (William Powell,Cary Grant,Clark Gable,ecc. naturalmente non vestivano SOLTANTO a Saville Row,ma anche presso botteghe Statunitensi)A questo punto Seguirò il suo consiglio di aspettare.A proposito dei libri sull eleganza maschile e la storia del costume Vorrei rilevare uno o piu note dolenti che spesso accomunano molte di queste opere:Una semplificazione che sconfina nell pressappochismo,ed una tendenza a scambiare per "spirito del tempo" quello che era soltanto sperimentale ,o patrimonio di gruppi ristretti.Ad esempio arrivati agli anni 50-60 (periodo per il quale il Signor Liberati mi attribuisce la immeritata qualifica di "esperto";in realtà ho soltanto cercato di sottolineare l enorme importanza dello stile Italiano in quegli anni,ultima autentica epoca d oro per la sartoria del "bel paese")gli autori invece di scrivere delle varie scuole (napoletana,romana,ecc),o di spiegare in cosa consistesse la nuova "linea italiana"si dilungono a parlare ed a mostrare vari,fantasiosi ed eccentrici abiti di Brioni o di Litrico.Nessuno spiega che questi capi erano soltanto realizzati per richiamare l attenzione della stampa durante le sfilate ,ma che all epoca nessuno usciva per le strade con giacche di shantung color salmone dai revers blù elettrico,o completi in flanella color porpora(persino i summenzionati atelier romani nella realtà di tutti i giorni confezionavono per i loro clienti abiti classici). Viene poi smisuratamente esagerata l importanza di stili derivati da movimenti giovanili ("teddy boys","beatnik","hippies"),che in realtà fino al famigerato 68" ed agli anni 70" non avevano alcun influsso sul modo di vestire della maggioranza della gente.Aspetto con ansia un libro che invece di dilungarsi sulle "trovate pubblicitarie" di botteghe alla moda ,parli ad esempio del tentativo dei sarti italiani di imporre a metà degli anni 50 un nuovo stile fatto di monopetti ,due o tre bottoni,dai larghi revers a lancia e doppiopetti sei bottoni stirati a quattro (tentativo fallito,forse perchè all epoca gli Italiani associavano gli ampi "peak lapels" agli anni della guerra),o del grande ritorno in voga del doppiopetto nel 1962,sopratutto per il cocktail e la mezza sera (il famoso thussor era uno dei tessuti in cui venivano preferibilmente realizzati).Attesa inutile?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 26-09-2003
Cod. di rif: 554
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: cravatte "macclesfield"
Commenti:
Adoro le cravatte a piccoli disegni geometrici su fondo scuro.La Regina di questo tipo di cravatta è la cosidetta "Macclesfield" (il nome deriva dall omonima cittadina britannica del Lancashire dove venivano prodotte le sete da cui si realizzavano questi splendidi accessori).La caratteristica della Macclesfield consiste nella piccola dimensione del motivo geometrico che emerge da un fondo lavorato,tessuto o stampato a motivi simili dando luogo ad un effetto di intarsio.piccoli rombi verdi emergono da un fondo tessuto a piccoli rombi blù scuro,e così via.Naturalmente rintracciare delle "macclesfield" in Italia,ed al giorno d oggi è difficilissimo.Qualcuno può segnalarmi un negozio dove trovarne?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 30-09-2003
Cod. di rif: 565
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: scuola siciliana
Commenti:
Caro Signor Pellegrino, la nostra Sicilia fino ad un passato molto recente (gli anni 70,cioè fino a quando non si sono ritirati o sono scomparsi gli ultimi grandi maestri formatisi negli anni 30)ha ospitato molte tra le migliori sartorie d Italia.Non è mai esistita una vera e propia "scuola siciliana",ma i sarti siciliani ,dall inizio del XIX secolo si sono sempre divisi in due grandi categorie:i "londinesi" ed i "napoletani".I primi erano coloro i quali si erano formati a Londra,o presso capostipiti che avevano "sciacquato i loro panni in tamigi".Era infatti consuetudine (fino agli anni 30)per molti rinomati maestri siciliani di inviare i loro rampolli a Londra,non per imparare un mestiere che essi avevano appreso fin dai primi anni di vita ma per "rifinirsi".è questo il caso di La Paròla,il più celebre sarto di Palermo e probabilmente uno dei piu grandi di tutti i tempi.Da tenere in considerazione poi che il lavoro dei maestri britannici era ben conosciuto in sicilia sia per la presenza di molte grandi famiglie anglo-sicule che possedevano nell isola ingenti beni e si erano arricchiti col commercio degli agrumi e delle essenze,sia per il fatto che fino a prima della II guerra mondiale alcune sartorie londinesi servivano molti esponenti dell aristocrazia siciliana (sopratutto Palermitana) inviando tagliatori e commessi (vi erano linee marittime di collegamento regolare con l Inghilterra)a prendere ordini,provare i completi ed effettuare le consegne.Il leggendario Ignazio Florio,e tutti i membri maschi della sua celebre famiglia,ad esempio si vestivano dal leggendario Henry Poole.Molti altri sarti invece andavano a formarsi e perfezionarsi a Napoli,da sempre altro grande punto di riferimento per tutti i siciliani;e dalla splendida Partenope alla fine degli anni venti importarono la spalla naturale e la leggerezza degli interni. "Londinesi" e "napoletani" non erano divisi territorialmente,ma spesso convivevano nella stessa città,anche se semplificando possiamo dire che Palermo era senz altro più "inglese",mentre la Sicilia orientale più "napoletana".Spessissimo poi grandi maestri sono nati dall incrocio tra queste due scuole.Oltre Palermo la città di riferimento per la sartoria siciliana era Messina.I motivi di questo primato possono forse essere trovati nella vocazione mercantile della città dello stretto,da sempre aperta ai traffici ed ospitante (specie prima del catastrofico sisma del 1908) una cospicua colonia inglese,e nel fatto che i paesini dei monti Nebrodi,facenti parte della sua vasta provincia,sono sempre stati un grande vivaio di tagliatori,pantalonai,ecc,ecc (ancora oggi nella cittadina di Capo D Orlando sono attivi ben due maestri di ottimo livello:l anziano Zebedeo,e il più giovane ma non meno bravo Starnaci,legati allo stile napoletano il primo,a quello "internazionale" il secondo).I numerosissimi sarti di Messina servivano,ancora fino all inizio degli anni 70,una ricca clientela proveniente dalla provincia,dalla Calabria e da Catania (città che frequento,adoro, considero come la mia seconda "patria",ma che non è mai stata particolarmente rinomata per la sartoria maschile,anche se naturalmente vantava buoni artigiani ,gli eredi dei migliori dei quali hanno oggi aperto negozi di abbigliamento di altissimo livello).A Messina il sarto migliore e piu famoso era Gioacchino Pirri,titolare dagli anni 30 all inizio degli anni 80 dell omonima saroria.Pirri apparteneva senz altro alla corrente "napoletana" per le spalle sempre naturali,e per la leggerezza dei capi,i quali tuttavia a differenza degli abiti napoletani veri e propi avevano una linea più "pulita",senza troppe pieghe e "morbidezze"sul davanti o sul dietro.Nella sua sartoria si trovavano soltanto i migliori tessuti Inglesi;di italiano solo lo shantung ed il thussor.Oggi giorno in Sicilia ci sono ancora molte sartorie (anche se ogni anno ne chiude qualcuna).Tutte però sono nel migliore dei casi di livello medio;e questo non perchè la Sicilia non sforni più sarti.Il fatto è che dalla metà degli anni 70 i migliori si trasferiscono verso città e regioni più ricche,Roma ma sopratutto Milano e la Lombardia,Torino ed il Piemonte.Nell isola rimangono generalmente solo i più vecchi o i più modesti.A ciò aggiungiamo che oggi la clientela Siciliana più abbiente per lo più si veste a Roma o a Milano (alcuni a napoli).A Messina attualmente uno dei maesrti migliori è Masi Lorenzo Di Pane;uno dei pochi a fare eccezione alla regola di cui sopra,nel senso che non è ancora troppo anziano ed è un bravo sarto.Ho già accennato ai maestri attivi a Capo d Orlando.Non so molto della attuale situazione Palermitana;fino a pochi anni fa era attivo Dolce,parente dell omonimo stilista (che credo sia il figlio o il nipote).

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-10-2003
Cod. di rif: 586
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Holland & Sherry
Commenti:
Esimio Gran Maestro,ho visitato il sito della Holland & Sherry in cerca del famoso "fresco",e sono rimasto incuriosito dalla collezione di tessuti proposta per l estate 2003.Vedo una netta predominanza di misti lana-seta (non vorrei sbagliare,ma in un precedente gesso,o nel suo bell articolo su "MONSIEUR",lei invitava a diffidare di questi "ibridi").Mi ha colpito in particolare un tessuto,declinato in una sontuosa tavolozza di grigi,il "Moonlight HS313",composto da :"60%summer kid mohair,38% super 160's 1% cashmire silver mink".Cosa ne pensa ? P.S.Dove a Roma o eventualmente a Napoli potrei trovare i tessuti Holland & Sherry? La saluto cavallerescamente.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 13-10-2003
Cod. di rif: 600
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Agnelli ed "Esquire"
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A più di sessant anni di distanza é difficile per noi oggi comprendere fino in fondo l importanza e l enorme influenza che la rivista americana "Esquire",di cui piu volte ci siamo occupati in queste lavagne,ebbe negll Italia della seconda metà degli anni 30',sia negli ambienti altoborghesi sia presso coloro che aspiravano ad entrare in quel mondo."Esquire" è la "Bibbia" di Vittorio De Sica alias Max Varaldo,nel delizioso "Signor Max"di Mario Camerini,in cui si narra di un agiato edicolante di via Veneto (uno dei luoghi dove il "magazine"era reperibile)che tenta di entrare nella "cafè society" facendosi passare per un conte."Esquire" è la rivista che i giovanotti alla moda della capitale poggiano con finta nonuranza sui tavoli dei loro appartamenti ai Parioli mentre ricevono gli amici,come magistralmente ritratto dalla giornalista Irene Brin nella serie di articoli di costume pubblicati tra il 38' ed il 39' dall "omnibus" di Leo Longanesi (ed oggi raccolti in un imperdibile libretto "cose viste",edito da Sellerio)."Esquire" viene avidamente "divorato" da Galeazzo Ciano e dalla sua cerchia di amici anglofili che fanno base all esclusivo club del golf all Acquasanta.La rivista occhieggia in molti film del genere "telefoni bianchi";serve a far "colore"nei sofisticati ambienti in cui si muovono attori eleganti come Enrico Viarisio,Umberto Melnati,il già citato Vittorio De Sica.Ancora "Esquire" è l indispensabile complemento del "gagà" con poche lire in tasca ma grandi pretese di raffinatezza .Nel nostro paese è esistito un uomo in particolare il cui stile è stato interamente modellato sul concetto di eleganza proposto e veicolato dalla rivista alla fine degli anni 30";un uomo che ,del tutto indifferente al passare delle mode,ha fermato al 1939 l orologio del suo guardaroba.Quell uomo fu l avvocato Gianni Agnelli.Si è spesso discusso in tutti questi anni sullo "stile Agnelli" cercando di coglierne il segreto,di capirne lo spirito.Ebbene,nessun mistero;Agnelli per tutta la sua esistenza continuò ad essere fedele allo stile in voga tra i giovani del suo ambiente alla fine degli anni 30'.Lo stile "Esquire", appunto.I doppiopetti dal taglio modellato a sei bottoni stirati a quattro,quando non addirittura a quattro bottoni "sic et simpliciter" (il nostro adottò questa soluzione tra la fine degli anni 50 e l inizio dei 60)sono "Esquire".Il pullover di cashemire sotto al gessato è "Esquire".Il dinner jacket,mono o doppiopetto, dai revers sciallati è "Esquire".Persino vezzi come l orologio sopra al polsino provengono dai tardi anni 30';cosi lo portava Errol Flynn,e chi scrive rammenta benissimo di aver veduto l orologio sul polsino di Amedeo Nazzari in un film del 1938.é sorprendente notare come Agnelli abbia mantenuto lo stesso taglio praticamente inalterato per piu di sessant anni:eccolo insieme al nonno,ragazzo in una foto del 1936,indossa un doppiopetto in puro stile "Esquire" sicuramente tagliato da Domenico Caraceni in persona.Venticinque anni dopo lo vediamo visitare la mostra "Italia 61" a Torino,con addosso un due petti gessato dal taglio identico a quello della precedente foto.Ancora ecco l avvocato nel 1988.Doppiopetto di flanella nello stesso stile dei precedenti,e come questi allacciato alle coppie di bottoni più in basso,con i pastosi revers che "rollano" mostrando le asole dal rovescio.Moltissimi cortigiani e "parvenues" hanno tentato di copiare "L avvocato" riuscendo soltanto ad rendersi ridicoli.Maggior fortuna avrebbero avuto se anzichè copiare l uomo fossero andati direttamente alla fonte ispirandosi allo stile che cui per tutta la sua esistenza Gianni Agnelli fu fedele;lo stile di "Esquire". P.S. ho inviato tramite e-mail al Gran Maestro Maresca una serie di immagini relative all evidentissima influenza "Esquire"-Agnelli.Autorizzo senz altro la pubblicazione nel sito ,qualora dette immagini fossero reputate di un qualche interesse.

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Nome: Carmelo pugliatti
Data: 13-10-2003
Cod. di rif: 607
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: grisaglia fil' a' fil'?
Commenti:
Egregio Gran Maestro.Alcuni giorni fa lessi la sua risposta al Signor Conforti in merito alla fantomatica grisaglia fil' a' fil'.Riconoscendo,in contrasto col titolo di "professore" immeritatamente elargitomi su queste pagine,la mia mediocre conoscenza nel vasto e sconfinato campo dei tessuti da uomo,presi atto della non esistenza del tessuto in questione (o una stoffa è grisaglia o è fil'a' fil').Può dunque immaginare la mia sorpresa quando riordinandola mia collezione iconografica tirata fuori dall archivio per la costruzione delle schede iconografiche relative ad Agnelli ho trovato una fotocopia dell illustrazione di un opera in due volumi sulla moda italiana ,edito alla fine degli anni 80 (disgraziatamente in questo momento non ne ricordo il titolo) in cui la foto di un abito di Agostino caraceni,confezionato nel 1965 viene così presentato: "Vestito di grisaglia di lana fil' a' fil' colore blù chiaro con sottile rigatura azzurra che forma ampi quadri di linea classica"...(provvederò ad inviarle la scansione della figura in questione insieme ad altre cose che credo la interesseranno).Ora,convincendomo la sua spiegazione sull impossibilità di una grisaglia ad essere anche fil' a' fil' resta una sola possibile spiegazione:uno sbaglio da parte dell autore.Vorrei chiedere al Signor Conforti se il termine "grisaglia fil' a' fil' è stato da lui desunto dalla lettura dell opera a cui mi riferisco,o se invece l ha trovato da un altra parte.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 13-10-2003
Cod. di rif: 609
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: ai piedi dell avvocato
Commenti:
Egregio Signor Jovine,L avvocato Agnelli incorse piu volte,durante la sua intensa vita,alla frattura delle gambe,in particolare della destra,tanto che all inizio degli anni 50' in seguito ad un incidente d auto si temette seriamente di doverlo sottoporre ad amputazione.Per gran parte dei decenni successivi l avvocato fu costretto a calzare particolari scarpe a gambaletto (di quì la sua predilezione per gli scarponcini) é in mio possesso una sua foto,risalente al 1962 circa,in cui Agnelli indossa lo smoking;Al piedi porta una normale oxford nera liscia,mentre al destro una sorta di enorme scarpone ortopedico nero opaco (la cosa deve averlo diverito non poco, grazie alla consapevolezza di potersi consentire un simile accostamento).Ritengo che Agnelli facesse confezionare le sue calzature al celebre Gatto,di Roma,e che le scarpe ortopediche fossero costruite all estero.Quanto alle Tods basse coi gommini portate a partire dagli anni 80 (quando i piedi glielo permettevono)erano solo un vezzo,presto abbandonato quando queste calzature divennero di moda. Inoltre non dimentichiamo che scarpe IDENTICHE al modello Tods sopradescritto erano in uso fin dagli anni 50 come "scarpe da guida"per la macchina.Chi ci dice che quelle dell avvocato non erano in realtà delle "scarpe da guida" di Gatto,e che egli abbia segretamente riso degli sprovveduti che per imitarlo acquistavano in massa Tods?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 20-10-2003
Cod. di rif: 635
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: brioni 55
Commenti:
Caro gran Maestro,temo di essere stato frainteso,o piu esattamente di non essermi saputo ben spiegare.Con la frase "ecco un bel doppiopetto di Brioni" io non intendevo riferirmi alla giacca,bensì al superbo figurino di Luigi Tarquini,uno dei massimi artisti italiani del settore.La bravura di Tarquini nel riprodurre perfettamente gli abiti,senza nessuna idealizzazione o stilizzazione , è tale che un taglio infelice,o eventuali difetti possono essere subito colti da un occhio attento.Personalmente sono convinto gli Italiani della metà degli anni 50 fecero benissimo a rifiutare la svolta stilistica presentata alle sfilate di Sanremo del 1954 da un gruppo di sarti alla moda (vicenda che ho cercato di ricostruire nei taccuini).La nuova moda proposta insisteva su elementi quali spalle esageratamente larghe e baveri amplissimi che male armonizzavano con un pantalone rimasto di linea snella (credo che questo emerga bene dai figurini e dalle fotografie che ho inserito).Lungi dall essere originali poi queste giacche sembravano rifarsi al "bold look" americano degli anni 40 con pochi cambiamenti .Chissà, forse alcuni "protostilisti" pensavano già ad esportare oltreoceano.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-10-2003
Cod. di rif: 646
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: due bottoni
Commenti:
Gentilissimo M.R. Alden,nella tradizione vestimentaria Italiana una giacca monopetto,sia essa a tre bottoni o a due,va allacciata ad un solo bottone.Nel caso del tre, si allaccerà soltanto il bottone di mezzo,permettendo ai revers di "rollare",cioè di aprirsi morbidamente,nel caso della giacca a due andrà allacciato soltanto il bottone più in alto.Questa è la regola aurea.Vero è che vi sono molti che più o meno consapevolmente chiudono i primi due bottoni di una giacca a tre (rendendo,a mio modesto avviso,la figura più tozza)ma non si da mai il caso di nessuno che chiuda tutti i bottoni di una giacca a due.Quanto alla tradizione Anglosassone non voglio neppure per un momento prendere in considerazione l ipotesi che i due grandi che lei ha citato commettevano uno sbaglio.Dichiareremo quindi che essi sono al di sopra di qualunque regola,e che il fatto di allacciare tutti e due i bottoni fosse un vezzo di chi può infischiarsene della perfezione perchè è già perfetto.Tuttavia per quel che riguarda tutti gli altri,a mio parere,anche in Gran Bretagna ,in tutto il Commonwhealt,e negli Stati Uniti chiudere completamente una giacca a due bottoni è un errore.Prendiamo ad esempio il compianto Presidente John F. Kennedy (di cui tra poco più di un mese ricorre il quarantesimo anniversario della tragica scomparsa).Kennedy era un devoto alla tradizione del due bottoni all Inglese (si dice che negli anni sessanta questo tipo di giacca venne rilanciata in Italia da JFK e dai film di James Bond).Il presidente Kennedy spesso,per non curanza,chiudeva entrambi i bottoni.Come dimostrano le foto il risultato è che la giacca pur ben tagliata (in alcuni casi tagliata benissimo,come nel caso dell ottimo completo di grisaglia grigio-blù che indossava nella tragicissima giornata di Dallas,e che con ogni probabilità proveniva da Saville Row)sembrava fargli difetto e gli cadeva malissimo.Si confrontino invece i due bottoni di David Niven,con solo il bottone più alto allacciato e si veda la differenza. Per quel che riguarda la distanza tra i bottoni,credo che la cosa dipenda dalla linea dell abito adottata dalla sartoria,e dalla figura del cliente.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-10-2003
Cod. di rif: 647
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Brioni anni 50
Commenti:
Gentile Gran Maestro,come da me riportato nei taccuini il figurino di Brioni da lei citato è stato eseguito da Luigi Tarquini nel 1955, nella primavera del 1955 per l esattezza,per essere pubblicato nelle riviste di settore ("Vestire")come esempio della collezione autunno 1955-inverno 1956.Il "nuovo stile italiano" fu presentato alla fine del 1954, ed a quanto mi costa il fenomeno si esauri nel giro del 1955.Di fronte all insuccesso della nuova tendenza già nel 56' si fece dietro-front,ed il figurino succitato rimane muta testimonianza di un insuccesso protostilistico.Si tratta di una pagina minore di storia dell abbigliamento,ma mi pareva curioso citarla.Per quel che riguarda l America la mia ipotesi prendeva in considerazione che avendo già saggiato le potenzialità del mercato Statunitense (i primi clienti importanti per Brioni furono nel 1951 i divi di Hollywood in trasferta a Cinecittà ,che in particolare si entusiasmarono per le collezioni in Shantung della ditta Romana)ci si volesse maggiormente avvicinare al gusto d oltre oceano;ma ripeto questa era semplicemente una mia impressione personale.

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Nome: Carmelo pugliatti
Data: 27-10-2003
Cod. di rif: 666
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: sartorie telematiche
Commenti:
Caro Gran maestro,purtroppo capita spesso che propio coloro che piu vengano incoraggiati e sostenuti si rivelino sordi ed ingrati.é in questo che sta la grandezza di una benemerita associazione come i "Cavalieri delle nove porte":svolgere la propia missione ,non per che ci si aspetti ringraziamenti ,ma semplicemente perchè è giusto.Passando ad altro argomento,ho visitato i siti di sartorie napoletane da lei segnalati in un precedente gesso.Noto che il limite di questi siti è che in essi gli abiti quasi sempre o non vengono mostrati o vengono mostrati male.Dovrebbero invece esserci gallerie fotografiche esaustive in cui la linea del monopetto o del doppiopetto sia mostrata in tutti i dettagli agli interessati.Mi è piaciuto molto il due petti esposto nel sito della sartoria Caliendo:belle spalle,e lancie rivolte verso l alto come piacciono a me.Volevo poi chiederle delucidazioni sulla "giacca pullover" presentata dalla sartoria Sabino.Non so perchè ma la cosa mi fa pensare alle invenzioni di certi stilisti.Di che si tratta in realtà ? è mai possibile che una giacca confezionata in cashmire "sta tutta in mano come un fazzoletto e quando la lasci andare torna perfetta,nemmeno spiegazzata"?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 31-10-2003
Cod. di rif: 690
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: il Re dei Re
Commenti:
Mi compiaccio,caro Gran Maestro,mi compiaccio.Da incallito cacciatore e collezionista di libri posso capire tutta la sua gioia ed il suo entusiasmo.Spero,confido,faccio voti che,compatibilmente col suo tempo e con la possibilità di farlo senza rovinare i volumi,vorrà offrirci le scansioni delle foto degli abiti del Duca (o almeno di alcuni tra i più significativi ).Nell ansiosa attesa che ciò accada ,e per solleticare il mio masochismo,vorrebbe farci un sunto del contenuto iconografico dei favolosi tomi? P.S.una proposta,perchè non replicare anche uno dei suoi fantastici doppiopetto a quattro bottoni?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-11-2003
Cod. di rif: 697
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Anderson & Sheppard
Commenti:
Caro M.R. Alden,altro che "UPIM" o abiti di confezione similsartoriali,quelli di Anderson & Sheppard sono abiti sublimi,meravigliosi,inimitabili.fanno venir voglia di diventare sudditi di sua Graziosa Maestà "by grace of God Queen of this Realm and of her other Realms and Territories,Head of the Commonwhealth,defender of the Faith",Che Dio la salvi e la benedica!Per quel che riguarda il due bottoni del Duca,l idea di farselo replicare in tweed è splendida! Le consiglio tasche leggermente inclinate e taschino portabiglietti. P.S. So che le biblioteche Inglesi sono molto ben fornite e complete.Non è che ,sempre che lei abbia tempo a disposizione,potrebbe rintracciare le raccolte della celebre rivista "tailor and cutter"ed effettuare delle scansioni per il sito?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-11-2003
Cod. di rif: 698
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: il tesoro del Duca
Commenti:
Caro Gran Maestro,rispetto il suo voto di non parlare del Duca per altri sette giorni,tuttavia le sarei grato se volesse comunicarci l indirizzo del mittente del pacco;chissà che non se ne possano rintracciare altre copie.I suoi riferimenti alle "foto esaltanti sulle quali fondare una nuova nazione,generare una nuova era, cambiare la storia del paese"hanno eccitato la mia fantasie e mi hanno molto colpito.Cosa intende esattamente? propone una svolta nel campo della linea dell abito di sartoria? propone di tornare a Sholte ed alle modellature del Duca? potrebbe forse l ordine dei Cavalieri delle nove porte influire imponendo una "nuova moda",per una volta proveniente dall alto anzichè "dalla strada"? Attendo ansioso i suoi chiarimenti,sia pure tra sette giorni.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-11-2003
Cod. di rif: 699
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
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I molti interrogativi sulle enigmatiche parole del Gran maestro e la stanchezza mi hanno giocato un brutto scherzo.intendevo chiedere il titolo esatto dell opera onde poterla eventualmente rintracciare nel sito jm vintage.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 02-11-2003
Cod. di rif: 702
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
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Dovrebbe trattarsi del finanziere Luigi D urso ,figlio di Mario.Curioso,lo credevo cliente di Caraceni come il padre.Una curiosità che probabilmente resterà senza risposta:Se quel tipo di stoffa è divenuta rarissima con che stoffa se lo faranno confezionare oggi il "British Warmer" gli ufficiali di Sua Maestà,visto che quel modello di cappotto è tuttore in vigore in molti reggimenti? (le uniformi ordinarie degli ufficiali sono praticamente inalterate,distintivi di grado a parte,dal 1915).

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 03-11-2003
Cod. di rif: 707
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
Commenti:
Comprendo.La mia ipotesi che il gentiluomo da lei incontrato da Rubinacci fosse Luigi D' Urso nasceva dal fatto che,a quanto mi consta,la Signora De Freissange è (o a questo punto era) sposata con Luigi D' Urso,figlio del Senatore.Sicuramente mi sbagliavo.Per quanto riguarda il British Warmer,deve sapere,caro Gran Maestro, che una delle mie passioni è l' uniformologia. Comprenderà dunque come abbia subito drizzato le orecchie nel sentire nominare il celebre e bellissimo cappotto.Vorrei approfittare di questo gesso per ribadire che malgrado il troppo generoso appellativo di "professore",nel campo dell abbigliamento sono più un appassionato che un esperto.Conosco,per averli letti,alcuni dati storici,ma le mie lacune in fatto di tessuti e realizzazione sartoriale dell abito sono enormi.Riconosco ad esempio di non essere uno di quegli individui che alla prova dal sarto individuando un difetto riescono immediatamente a suggerire al maestro il modo di correggerlo.A che vale sapere qualche aneddoto e qualche nome se poi all atto pratico si fa fatica a capire che una brutto effetto è dovuto ad una manica che deve "girare"? Il motivo principale per cui frequento queste pagine è per imparare da chi ne sa molto,molto più di me.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-11-2003
Cod. di rif: 748
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Al Signor Ferraro
Commenti:
Egregio Signor Ferraro mi permette di darle un suggerimento? non si faccia confezionare 15 abiti tutti in una volta,ma cominci a farsene fare un paio al massimo,affinerà il suo gusto e capirà cosa veramente le piace.Le parlo per esperienza;ho nell armadio dei completi che mi feci cucire a 20 anni in cui ora non mi riconosco più.Ho impiegato non meno di quattro,cinque anni a capire cosa volevo dal mio sarto e quale effetto volessi raggiungere.Per quel che riguarda la stoffa credo di capire che lei non ama i tessuti cardati.Si faccia confezionare gli abiti chiedendo al sarto dei pettinati (e avendo cura di evitare come la peste il tasmanian).I freschi a tre capi sono molto belli ,anche per l inverno,e di sicuro se si rivolgerà a Marigliano non dovrebbe avere difficolta a reperirli.Scelga anche delle grisaglie;sono molto belle ,sopratutto per gli abiti grigio chiarissimo.Il grigio azzurro è uno splendido colore per un vestito da uomo,non abbia esitazioni a sceglierlo (sopratutto in tessuto fresco).Veda se sopporta il mohair (alcuni trovano che punga)se ci riuscirà si faccia fare almeno un vestito in questo meraviglioso tessuto.Le consiglio di farsi fare anche dei "principi di galles"(magari uno a fondo grigio azzurro,perchè no)? Per quanto riguarda il vestito kaki,il mio consiglio è di farselo confezionare in lino irlandese:è bellissimo.Si faccia anche mostrare del solaro e veda se la piace (a proposito,anch io sono curioso di sapere se esiste il solaro blù,anche se mi pare una contradizione in termini).Per quel che riguarda il taglio si ricordi che il tre bottoni è al di là delle mode.Quando tornerà (e tornerà) il monopetto due bottoni,il tre sarà sempre attualissimo ed elegantissimo,mai demodè.Marigliano mi sembra un ottima scelta;Se il Gran Maestro volesse,ed avesse il tempo,di inserire nei taccuini una versione più grande delle sue foto esposte nel portico dei maestri potrebbe studiare meglio la linea dei suoi completi e vedere se davvero le piace.Assapori la visita in sartoria e la scelta dei tessuti;è uno dei piaceri della vita.Auguri,e buona fortuna.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-11-2003
Cod. di rif: 757
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: risvolti ai pantaloni
Commenti:
Egregio Gran Maestro,esimii Cavalieri,frequentatori tutti delle lavagne.é giunto il momento di dire una parola definitiva su una questione su cui molto si è dibattuto e scritto:il risvolto ai pantaloni degli abiti formali.Riassumendo i termini del problema vi sono due scuole di pensiero,coloro per i quali il fondo dei pantaloni dei completi da "cocktail",da mezza sera,e da "piccola cerimonia"dovrebbero essere privi di risvolto,e coloro che ritengono che soltanto frac,smoking e tight possano farne a meno.Luigi Settembrini,autore negli anni 80 del fondamentale "vèstiti,usciamo" apparteneva a questi ultimi,affermando che a parte i succitati abiti di società,codificati in un epoca antecedente all affermazione dell abito da passeggio con giacca corta come unico sovrano del guardaroba maschile,tutti gli altri pantaloni devono avere il risvolto (Settembrini faceva eccezione per i Jeans in cui lo lasciava facoltativo,salvo poi chiedersi se quest ultimi potessero considerarsi veri pantaloni).Personalmente ritengo che la dicotomia tra abito "elegante" senza risvolti ai pantaloni-abito "sportivo" con risvolti,risalga agli anni 50,quando dopo aver abolito questo ornamento dei calzoni lo si vide tornare,alla fine del decennio, nel pantalone dell abito "da mattina" o "sportivo".Qual è l opinione del Gran Maestro e dell ordine sull argomento?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 20-11-2003
Cod. di rif: 765
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Chiedo scusa ai Cavalieri
Commenti:
Cospargo il capo di cenere e faccio ammenda per un serio passo falso da me compiuto.A corredo di una galleria dedicata a Caraceni avevo inserito nei taccuini di viaggio due foto,da me personalmente scansionate,prese da un numero del 1990 di una rivista di "moda e costume" oggi non più esistente e raffiguranti due abiti confezionati dalla sartoria Caraceni di piazza San Babila a Milano,un monopetto a spina di pesce,ed uno smoking blue midnight con revers a scialle ,pure monopetto.Gli abiti,e quì è stato il mio grave errore di valutazione,erano indossati da una modella.é probabile che all epoca un fotografo del tutto impreparato,digiuno di cultura del vestire,cieco di fronte ai codici virili dell abbigliamento abbia voluto realizzare un servizio "originale" (Tra l altro,mi duole dirlo,il bel rever dello smoking era sconciato da una serie di spille da donna).Per quanto io sia molto sensibile al fascino muliebre,e la modella del servizio molto bella,nell inserire quelle scansioni avevo guardato più agli abiti che ha chi li portava.Mi rendo conto soltanto adesso, richiamato all ordine dalla giusta severità del Gran Maestro di aver gravemente sbagliato facendo penetrare nella munitissima citadella dei Cavalieri un "cavallo di troia" (sia detto senza ironia) dell imperante sottocultura svirilizzante che infesta gran parte delle pubblicazioni dedicate ad un pubblico maschile.Giustamente le foto incriminate saranno tolte.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 28-11-2003
Cod. di rif: 795
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: frigidus
Commenti:
Gentile Gran Maestro,esimii Cavalieri,egregi frequentatori di queste lavagne.Volevo inanzitutto scusarmi per i piccoli disguidi tecnici nell inserimento di alcuni immagini nei taccuini.Purtroppo ho scoperto che il mio computer è infestato da un virus,che credo sia la causa delle episodiche difficoltà summenzionate.Conto di ovviare al più presto all inconveniente,nel frattempo vi porgo ancora le mie scuse.Altro argomento.Mi ha molto colpito ed interessato la buona notizia,data dal Gran Maestro Maresca nel gesso precedente,sulla riedizione del "frigidus" .Chissà che successivamente a questa "edizione limitata",la Zegna non rimetta quel meraviglioso tessuto in produzione;me lo auguro di tutto cuore! Vorrei chiedere al Gran Maestro di parlarci più dettagliatamente del "frigidus" , delle sue caratteristiche,e della tavolozza di colori in cui può essere declinato. P.S. Mi risulta che fu prodotto dai primi anni 50 a tutti gli anni 60;è esatto?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 28-11-2003
Cod. di rif: 797
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: frigidus
Commenti:
Caro gran Maestro,non speravo di meglio! approvo la scelta del blù "mare di capri" (dovrebbe essere,se ho bene in mente la sfumatura,un azzurro così cupo da sconfinare nel blù).Colore meraviglioso per un meraviglioso tessuto!

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 02-12-2003
Cod. di rif: 802
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: anni 30 e "men in style"
Commenti:
Grazie alla solerzia del Signor Liberati noi tutti abbiamo scoperto un interessantissimo sito giapponese :"the 30s style".A quanto ho capito (il testo è nella lingua del sol levante) si tratta di (ottime) riproduzioni sartoriali (pare che gli orientali,in specie Giapponesi e Cinesi siano dei sarti strepitosi)di abiti degli anni 30 tratti da vecchie foto e figurini.Per rispondere alla domanda del Signor Liberati,su quando il moderno modello di pantalone in uso nelle sartorie sia stato concepito,dirò che a mio giudizio esso risale agli anni 50.Già intorno al 1949 nelle sartorie italiane l ampiezza del capo in questione si riduce,e la vita si abbassa notevolmente (anche in conseguenza dell uso generalizzato della cintura,preferita dai più alle bretelle,e al trionfo del tre bottoni senza gilè come abito principe del guardaroba maschile).Un completo come quelli riprodotti nel sito giapponese oggi verrebbe considerato eccentrico (mentre negli anni 70 sarebbe stato perfettamente alla moda),invece un abito di linea classica tagliato,poniamo,nel 1955 sarebbe attualissimo.Sempre nel sito segnalato dall ottimo Signor Liberati ho scoperto l esistenza di un autentico gioiello di cui ignoravo l esistenza :un libro in lingua inglese,edito nel 1993 dalla Rizzoli dal titolo:"men in style,the golden age of fashion from esquire".Ritengo questo volume importantissimo ed assolutamente imperdibile.Ho fatto un immediata ricerca nel sito di "Amazon";il libro risulta non disponibile.Proverò ad interpellare la mia libreria di fiducia,e se occorre la Rizzoli.Chiedo a Cavalieri e Frequentatori,eventualmente interessati come me all acquisto dell opera di compiere analoghe ricerche e segnalarne i risultati.Da parte mia mi impegno fin da ora,se dovessi riuscire a rintracciare l interessantissimo tomo,di scansionarne le immagini e di inserirle nei taccuini affinchè tutti possano gioirne.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-12-2003
Cod. di rif: 821
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: le due "specie"
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Cari Signori,ritorno a voi dopo aver finalmente espulso dal mio computer un "virus"estremamente fastidioso.Interessantissima la teorizzazione,proposta dal Gran Maestro Maresca circa le due "specie" in cui si suddividerebbe l Uomo di gusto,il "sessuale" e l "intellettuale".Personalmente,ammesso e non concesso che possa a buon diritto ambire ad un posto nella sublime categoria degli uomini di gusto,non saprei bene dove collocarmi.Non porto canottiere,nè maglie di lana,ma mai e poi mai rinuncerei ai classicissimi boxer in cotone,nè mai dormirei nudo,anche perchè oltre che inestetico lo considero antigienico (in inverno indosso preferibilmente pigiami di cotone in tinta unita con filettatura bianca o azzurra ai bordi,ed in estate pigiami modello "casacca da giocatore di baseball",senza collo,con maniche corte e pantaloncini ,in cotone a righine o a quadrettini minuscoli).Per quel che riguarda le pantofole adopero soltanto le "pumbs" in pelle sfoderata,marrone o nere (non so se possa considerarsi una scelta "tradizionale" o meno).Ho una netta preferenza per tessuti non pesantissimi,ma alla camicia azzurra preferisco quella bianca o bianca a righine (favolose quelle a righine grigie su fondo bianco).Mi piacciono le cravatte a piccoli disegni geometrici su fondo scuro.Per quel che riguarda i pantaloni chiedo al mio sarto di tagliarmeli a vita non troppo alta (neanche bassissima ovviamente),di linea snella ma non attillata ,e con due pences (spero di non far inorridire nessuno,ma di recente ho sperimentato con successo il modello ad una pence sola ,allo scopo di snellire un bacino leggermente largo).adopero la cintura. prediligo profumi con una presenza di legni.Infine,per quel che riguarda l "informale",indosso nelle stagioni fredde pantaloni classici,spesso in cavalry,covert,o velluto, con pullover round neck.Porto molto spesso l ascot,sia per proteggere la gola,sia perchè mi sento a disagio senza nulla al collo.In estate pantaloni in cotone o lino fatti dal sarto,oppure i chinos della avirex (che adoro),camicie a maniche rimboccate,pullover blù sulle spalle,mocassini.Appartengo più alla categoria dei "sessuali" o a quella degli "intellettuali"?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 21-12-2003
Cod. di rif: 827
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Napoli e Napoletani
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Gentile Gran Maestro,plaudo alla sua ricostruzione delle vicende e degli intrecci che fecero grande la sartoria Napoletana nel XX secolo.Ho imparato nuove cose che non sapevo,o che conoscevo solo in parte,Sarebbe a questo punto interessantissima una "seconda puntata" che copra anche gli anni del II dopoguerra ed includa nomi come Blasi e Gallo.Volevo porle una domanda.Piu volte,leggendo e studiando di Napoli e del suo stile favoloso,mi sono imbattuto in un nome giudicato mitico;un grande elegante del passato,anzi un uomo giudicato universalmente ,"simpliciter",l incarnazione dell eleganza:il napoletano Marcello Orillia.Confesso che di lui so poco.So che visse nalla prima metà del secolo,che fu amico di D'Annunzio ,che il suo guardaroba contava circa 54 abiti,e che in estate vestiva solo rigorosamente di bianco;null altro.Può colmare questa mia grave lacuna narrandomi dell eccezionale personaggio? P.S. riprenderò molto presto ad aggiornare i taccuini,sto preparando del materiale che ,spero,verrà giudicato interessante.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 24-12-2003
Cod. di rif: 829
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: passato e futuro.
Commenti:
Non vi è nulla di meglio,in queste sere d inverno, che discutere con un vecchio amico davanti ad un buon bicchiere di brandy invecchiato.Alcune sere orsono la conversazione verteva sull eleganza maschile,e sul sito del Cavalleresco Ordine,che avevo mostrato al mio amico suscitando in lui un vivo interesse.Ho un "obbiezione da farti",mi disse." Fred Astaire,il Duca di Windsor,i grandi eleganti del passato che così spesso vengono citati furono degli innovatori fermamente ancorati al loro presente,e proiettati nel futuro .Essi inventarono nuovi modelli,scelsero tessuti in pesi più leggeri rispetto a quelli precedentemente usati,lanciarono nuovi accostamenti di colori ed accessori.Ora al Castello mi sembra che invece gli occhi siano puntati verso il passato,verso le stoffe "di una volta",verso modellature e proporzioni di quaranta,addirittura sessantacinque anni fa,verso lavorazioni antiche.Non ti sembra una contraddizione"? "Apparentemente",ribattei."In realtà i grandi eleganti che tu citi vissero in un periodo in cui quel tipo di stile che,non a caso,noi oggi chiamiamo classico era in via di definizione,anzi contribuirono essi stessi a formarlo.Ritengo che la moda maschile classica sia arrivata a piena maturità,sia dal punto di vista dei modelli che da quello del taglio e dei tessuti,intorno alla metà degli anni 50.Da quel momento in poi,e sopratutto dalla fine degli anni 60,abbiamo progressivamente perso un patrimonio.In realtà mi pare che compito dei Cavalieri,e dei loro simpatizzanti,sia cercare di riacquistare un eccellenza faticosamente conquistata ,anche grazie all opera di quei grandi che hai citato,e successivamente depauperata".Dopo un attimo di silenzio il mio amico ,con un sorriso sornione,tornò all assalto:"Non credo alla perfezione assoluta,al canone che una volta stabilito si può soltanto imitare e mai superare.Non credi che compito,anzi dovere, del moderno Homo Elegans sia quello di innovare? Non pensi che anche negli anni 30,davanti ai doppiopetti del Duca ed agli smoking di Fred Astaire,qualche gentiluomo abbia borbottato rimpiangendo redingottes e stiffelius,ghette ,panno ottocentesco.e taglio a quartini.Cosa sarebbe accaduto se gli avessero dato retta "? Vista l ora tarda,e gli impegni del giorno dopo,con il mio amico abbiamo deciso di aggiornare la nostra conversazione ad un successivo incontro.Tuttavia mi è parso giusto relazionarvi su quanto detto e chiedere il vostro parere sull interessante argomento.

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Nome: Carmelo pugliatti
Data: 24-12-2003
Cod. di rif: 832
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
Commenti:
Vorrei approfittare di queste lavagne per porgere al Gran Maestro Maresca,ai Cavalieri,ai visitatori tutti ,ed alle loro famiglie, gli auguri per un sereno e felice Natale. Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-01-2004
Cod. di rif: 843
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: bizzarrie dei taccuini
Commenti:
Vorrei segnalare uno strano fenomeno:a volte capita che inserendo un immagine nei taccuini,la stessa immagine venga per cosi dire "clonata" e prenda il posto di foto precedentemente inserite.A me è successo un paio di volte (ad esempio nel caso dell inserzione della fotografia di un abito di Brioni del 1947),e mi consta che al Gran Maestro sia accaduto almeno una volta.Da cosa dipende? Inoltre data la grande mole di immagini presenti nei taccuini dell abbigliamento potrei permettermi di suggerire ai responsabili del sito un differente sistema di inserimento,magari su più pagine?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 12-01-2004
Cod. di rif: 847
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: baveri larghi
Commenti:
Confesso di avere una forte idiosincrasia per i baveri larghi,così come per le spalle insellate,le camicie dalle punte lunghe,e le cravatte di ampie proporzioni.Sono tutti particolari che richiamano immediatamente alla mia memoria non l anteguerra bensì gli agghiaccianti anni 70,un periodo che detesto con tutte le mie forze.Non vi è dubbio che la moda più classica di quell oscuro ed infame decennio fosse in gran parte ispirata agli anni 30;tuttavia le proporzioni delle giacche e dei pantaloni avevano qualcosa di profondamente malsano,oserei dire di osceno.I vestiti in mostra nel sito "the 30sstyle" appartengono senza alcun dubbio a quest ultima categoria.Sono ottime riproduzioni della peggior moda maschile degli anni 30,come se coloro che li hanno confezionati avessero preso a modello i peggiori sarti,la peggiore confezione,gli attori peggio vestiti,i clienti con il peggior cattivo gusto di quell epoca.In realtà ,a giudicare dalle foto del tempo,i completi e le giacche che si vedevano addosso alla massa nelle strade delle città Europee ed Americane non erano troppo diversi;gli splendidi film dell epoca d oro di Hollywood e riviste come "Esquire" ed "apparell arts" spesso ci hanno tratto in inganno inducendoci a ritenere generalizzato ciò che in realtà era solo per pochi ,quando non addirittura uno splendido sogno ad occhi aperti.é a questo perfetto ed incorruttibile "mondo delle idee" che dobbiamo ispirarci,non alla squallida realtà di quei giorni.Per quel che riguarda la foto del Gran Maestro Maresca recentemente inserita devo dire che i baveri della sua giacca non mi sembrono particolarmente larghi,ed in ogni caso l importanza dei revers è ben bilanciata dalla dalle spalle naturali,dalla linea davvero superba! L insieme mi fa pensare alla moda più classica della fine degli anni 40,a certi film con Tyrone Power ("l isola del desiderio"-1948,"corriere diplomatico"-1950)o con Gregory Peck ("io ti salverò"-1945,"il caso Paradine"-1947).Inserisco nei taccuini un figurino dell epoca;La similitudine risulterà subito chiara.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 13-01-2004
Cod. di rif: 849
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: mono o doppiopetto?
Commenti:
Gentile Gran Maestro mi perdoni,e compatisca la mia curiosità, se mi permetto di porle una domanda un pò personale.Lei preferisce il doppiopetto o il monopetto?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-01-2004
Cod. di rif: 854
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: mono o doppio?
Commenti:
Gentile gran Maestro,la ringrazio della sua cortese risposta.La mia curiosità nasceva dal fatto che quasi tutte le fotografie esposte nel sito che la ritraggono la mostrano in giacca ad un petto.Anche il "pendolo" delle mie preferenze oscilla tra mono e doppiopetto a seconda dei periodi.Da un pò di tempo trionfa il petto singolo,ma credo propio che il mio prossimo completo sarà un chalk stripe in flanella doppiopetto.

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Nome: Carmelo pugliatti
Data: 20-01-2004
Cod. di rif: 858
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Piombo nelle ali...
Commenti:
Temo di essere daccordo col Signor Pasino sul destino ultimo della Piombo s.p.a.Peccato;l esperimento era interessantissimo,e la qualità sorprendentemente alta.Forse il caso Piombo potrebbe essere una conferma di quanto diceva tempo fa il Gran maestro sull impossibilità di coniugare vera qualità sartoriale ed industria.Per quel che riguarda Saville Row, è indubbio che in quella amata contrada l operazione "antica sartoria di nonno Ciro"..pardon "di nonno John",sia già in atto da tempo.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 28-01-2004
Cod. di rif: 877
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: pescetto
Commenti:
Gentile Signor Forni,mi saprebbe dire se nel reparto di "Pescetto" da lei nominato vi sono capi degli anni 50-primi 60 e di che tipo? grazie

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-02-2004
Cod. di rif: 880
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Collezione iconografica
Commenti:
Gentile Gran Maestro,Mi permetto di chiederle se sarebbe possibile,data la sua amicizia col Signor Mariano Rubinacci,inserire nel sito foto provenienti dall archivio della maison che illustrino sia gli abiti del passato che quelli attualmente prodotti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 05-02-2004
Cod. di rif: 884
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Eccentricità Britannica.
Commenti:
Gentili Cavalieri e simpatizzanti,Sono andato "a dare un occhiata",come si suol dire,al sito della "HOlland & Sherry per ammirare le nuove collezioni di tessuti proposte per l estate 2004.Ora,non discuto sulla qualità delle stoffe (sicuramente eccelse),ma le disegnature e le tonalità proposte sono ,nella maggior parte dei casi,quantomai eccentriche!Chi mai avrà il coraggio di indossare completi arancio con finestrature giganti ocra,o verdeacqua finestrato di celeste e marrone, o ancora grigi con vistosa gessatura salmone? I colori poi sono quasi tutti accesi e squillanti.D accordo,nel sito metteranno la produzione più commerciale,quella meno classica,Tuttavia ho la netta sensazione che a capo della celebre ditta Inglese vi sia ormai una donna.Certi "colorini"fanno pensare più a frivoli tailleurs che ad impeccabili doppiopetti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-02-2004
Cod. di rif: 891
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
Commenti:
Gentile Signor Pasino,la ringrazio per la sua fiducia.Ritengo che il Gran Maestro Maresca saprà consigliarla molto meglio ,e ben piu autorevolmente di me (che in realtà non merito punto il titolo di "professore") in fatto tessuti e di modelli.Per quel che può valere la mia esperienza , posso solo dirle che mi feci confezionare dal sarto il mio primo cappotto ,doppiopetto in un buon panno blù scuro.Non mi sono mai pentito di quella scelta.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 09-02-2004
Cod. di rif: 894
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: smoking
Commenti:
Esimio Signor Carnà,posso permettermi di suggerirle di dare uno sguardo ai taccuini? vi sono inserite delle immagini che senz altro potranno esserle d ispirazione. Ad esempio,visto che a quanto dice,il collo a scialle non sembra incontrare più il suo gusto forse il classico modello doppiopetto con revers a lancia da me inserito in data 21-01-2004 potrebbe fare al caso suo (dia uno sguardo anche a quello,pure doppiopetto inserito il 24-12-2003;chissà che non cambi idea sui revers sciallati) .Per il tessuto suggerirei una barathea di mohair blue midnight (assolutamente giacca e pantaloni dello stesso colore,MAI spezzati, meno, si capisce, nel caso di uno smoking estivo con giacca bianca).Il Gran Maestro Maresca saprà senz altro darle tutte le indicazioni per il reperimento il tessuto.qual ora Ella abbia difficoltà a trovarlo presso il suo drappiere di fiducia.Per quel che riguarda i revers (col blue midnight neri,o meglio ancora dello stesso colore dello smoking) mi permetto di suggerirle di adoperare il cannetè di seta opaco, non il raso.L effetto e totalmente diverso,il cannetè conferisce al "dinner jacket" un ulteriore tocco di impareggiabile eleganza.Anche quì dobbiamo fare appello al Gran Maestro affinchè ci aiuti a rintracciare una ditta (De Paz,forse?) ancora in possesso di cannetè,tessuto sempre più raro ed introvabile.Per i bottoni esistono varie scuole di pensiero.C è chi li fa mettere in osso,chi li fa ricoprire della stessa stoffa dei revers,infine la soluzione a mio parere più elegante consiste nell utilizzo di un particolare tipo di bottone ricoperto di seta ,con un motivo riquadrato tono su tono intessuto nel bottone stesso.Il mio sarto mi dice che tali bottoni sono assolutamente introvabili,e che l unica speranza consiste nel staccarli da vecchi smoking o frac e riutilizzarli. Buona fortuna,e buon divertimento.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 22-02-2004
Cod. di rif: 963
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "definitiva caduta"
Commenti:
" Qualora scelga diversamente e ripieghi sui mimetici grigio-blù-gessati,ricordi queste mie parole,tra cinque o sei anni si sentirà osservato anche con quelli". Cinque o sei anni!?! resta così poco tempo? solo cinque o sei anni! Il completo da città era sopravvissuto al trionfo della confezione,persino al 68 ed ai nefasti anni 70! e ora...perchè questo accade? è arrivata l epoca dei "Signor Martinelli"?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 24-02-2004
Cod. di rif: 969
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: unicuique suum
Commenti:
Gentilissimo Signor Carnà,credo che da parte mia sia doveroso puntualizzare che non sono un membro dei Cavalieri della nove porte.Mi onoro soltanto di godere dell ospitalità del castello.P.S.approvo la sua scelta circa lo smoking doppiopetto con revers a lancia;beninteso, non che la versione sciallata (idealmente la mia preferita) non sia adatta ad un giovane;solo che oggi è estremamente difficile trovare una sartoria che sappia tagliare il bavero a scialle secondo il canone aureo sapientemente illustrato dal Gran Maestro.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 27-02-2004
Cod. di rif: 975
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: vade retro!
Commenti:
La sala prove di sartoria e camiceria dovrebbero essere come quei club Londinesi rigorosamente vietati al gentil sesso.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 27-02-2004
Cod. di rif: 980
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tyron Power
Commenti:
Egregio Signor Pasino,credo che la "camicia" indossata da Power nella foto sia in realtà una Polo.Se osserva la fotografia la fila di bottoni sembra interrompersi dopo il terzo.Inoltre il colletto sembra realizzato in maglia o in filo.Inoltre se osserva attentamente vedrà che il polsino della presunta "camicia"non è visibile,come se fosse stato "risucchiato"in alto dalla manica della giacca,effetto possibile solo con una polo.Per quel che riguarda la cucitura a "soffietto" dei pantaloni,ha ragione:è elegantissima.Sta molto bene su pantaloni sportivi.Chiederò al mio sarto di riproporla su un nuovo paio di pantaloni in cotone "massaua"che voglio farmi confezionare per l estate.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 29-02-2004
Cod. di rif: 985
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: misteri dei taccuini...
Commenti:
Oggi pomeriggio avevo provveduto a ripostare (orribile neologismo)la fotografia della splendida Cord del 1937 nel più pertinente taccuino del portico "azione".Figuratevi il mio stupore quando poco fa entrando nei taccuini dell abbigliamento vi ho ritrovato la foto della bella automobile! Escludendo un errore da parte mia (sono stato molto attento a scegliere il portico più consono)non riesco propio a capire come ciò possa essere accaduto! Mi scuso per l inconveniente.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 02-03-2004
Cod. di rif: 990
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: L'estetica prossima ventura.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,Egregi Cavalieri,Gentili visitatori delle lavagne.Vorrei segnalarvi alcune mie considerazioni,poste nei taccuini, sul tema della "nuova estetica" recentemente sollevato dal Gran Maestro.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-03-2004
Cod. di rif: 998
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Caccia ad "Esquire"
Commenti:
Esimio Gran Maestro,Egregi Cavalieri,Gentili frequentatori delle lavagne.Da qualche tempo a questa parte sono impegnato in un implacabile battuta di caccia su internet dietro la più ricca delle selvaggine,quell autentico ed inestimabile patrimonio di testimonianze dell epoca d oro dell abbigliamento maschile costituito dalla rivista americana "Esquire" (mi riferisco naturalmente alle annate dal 1935 al 1941).La mia preda è sfuggente,e malgrado un tenace inseguimento ho riportato a casa un carniere semivuoto,pure il poco che ho trovato (e prontamente inserito nei taccuini;l ultimo pochi istanti fa) è sufficente a "costruire un mondo" (per citare una bella frase del Gran Maestro Maresca).La mia caccia non è stata infruttuosa;inseguendo la preda principale mi sono imbattuto in cose interessantissime,ad esempio in un sito contenente moltissimi "advertisment" dagli anni 30 ai 50 (splendidi dal punto di vista grafico,ma poco attinenti al tema dell abbigliamento maschile),nella più completa raccolta di "pin up" del grande Vargas (che fu per molti anni una colonna della celebre rivista)e in altre cose affascinanti.Tuttavia recentemente sono riuscito a rinvenire tracce fresche della selvaggina,e che tracce! Ho appreso che l intero archivio della rivista,dagli anni 30 agli anni 50 è stato donato alla University of Kansas.Si tratta di un fondo enorme,circa 16.000 documenti (molti dei quali inediti),figurini,fotografie,negativi,articoli,bozzetti ,tutto insomma.Io non so se qualcuno di voi, egregi Cavalieri, abbia la possibilità di contattare quell'università per ottenere maggiori informazioni,o possa addirittura recarvisi,magari approfittando di un viaggio di lavoro,credo tuttavia che portare alla luce quell aurea miniera sarebbe un compito nobile e meritorio.Forse l Ordine con la sua autorità e le sue autorevoli conoscenze potrebbe riuscirvi. P.S.Se per caso nei prossimi mesi qualcuno ordinasse delle copie di "Esquire" su internet Sarei molto grato se potesse ritirare anche per me uno o due numeri della rivista;possibilmente 1938-39 (febbraio 30 ed agosto 39 sarebbe perfetto).Ovviamente provvederei a rimborsare tutti i costi e le spese di spedizione.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-03-2004
Cod. di rif: 999
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: errata corrige
Commenti:
Errata corrige:Febbraio 1938 ed Agosto 1939

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 12-03-2004
Cod. di rif: 1036
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
Commenti:
Chi mai concluderebbe un affare con uno sconosciuto in felpa e jeans sdruciti,si chiede e ci domanda l ottimo Cavaliere Tommaso Carrara.Chi mai avrebbe pensato non dico quaranta,ma solo venti anni fa che ad un importante vertice internazionale sarebbe stata abolita la cravatta? (questa settimana sul supplemento del giovedì del "corriere della sera"l ex ministro delle finanze del primo governo di centrosinistra, Antonio Giolitti,ha rievocato di quando dovette andare in tutta fretta dal sarto per farsi fare un frac con cui partecipare ad un convegno del mercato comune europeo,e parliamo del 1964,non del 1934). Nel 1952 il candidato democratico alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti,Adlai Stevenson,perse una marea di voti a causa di una fotografia che lo ritraeva con la suola di una scarpa bucata.Una persona sciatta e poco curata non può essere un buon leader,si dissero allora i cittadini americani.Oggi sia George Bush che John Kerry arringano le folle in maniche di camicia.Domani arriveremo anche alla firma di importanti contratti in felpa e jeans sdruciti,stia sicuro il Cavalier Carrara.Per quel che riguarda il "giovane", l adozione di questa figura come punto di riferimento della società non sarebbe di per se stesso un male,se non fosse per i modelli estetici a sua volta adottati dal "giovane".Negli anni 20 i giovani d Europa avevano come riferimento il "golden boy" Edoardo principe del galles,futuro Duca di Windsor.Dieci anni dopo guardavano agli elegantissimi divi di Hollywood,a Fred Astaire,Clark Gable,Cary Grant.Ancora negli anni 60 molti ragazzi chiedevano al propio sarto di copiare gli abiti di James Bond,ed i primi epigoni dei Beatles nel biennio 1965-66 facevano realizzare su misura giacchette "edoardiane",gilè alla "lord Brummell" e pantaloni a sigaretta con una maniacale ricerca della perfezione degna di un dandy della "belle epoque" (chi conosce il movimento "mods" sa di cosa sto parlando).Il cortocircuito avviene alla fine degli anni 60,dal 1968 in poi.I motivi sono politici,per una serie di circostanze di cui non è il caso di parlare in questa sede l estrema sinistra si impadronisce dei movimenti giovanili (in un primo momento assolutamente apolitici)nati intorno al 1965-67 e li polarizza in senso fortemente antiborghese.L abito diviene una sorta di bandiera con cui si manifesta la propia fede politica e la propia incondizionata adesione al mondo dei proletari e sottoproletari.In quegli sciagurati anni questa nuova "estetica rivoluzionaria" diviene assolutamente maggioritaria nel mondo giovanile,anche grazie alla cassa di risonanza dei media (cantanti,attori)che cavalcano il fenomeno nella speranza di accalappiare questo nuovo target di consumatori (pasolini docet).Quando alla fine del decenni si "ritorna all ordine" è ormai troppo tardi.Un intera generazione si è disaffezionata al vestire classico.Gli anni 80, il decennio dello "stilismo rampante" non fanno che peggiorare le cose;frivolezza,femminilizzazione,consumismo,tessuti leggeri come fazzoletti,fogge che cambiano ad ogni stagione,prodotti industriali spacciati come artigianali sono tutte cose che mal si conciliano con la tradizionale cultura del vestire virile.Così è finalmente arrivata alla ribalta la prima generazione formatasi interamente nel periodo della destrutturazione della cultura virile,e la crisi iniziata trentacinque anni fa è arrivata a compimento.Saranno i loro figli,adesso adolescenti,a seppellire definitivamente l abito maschile,e tra non molto a firmare importanti contratti in felpa e jeans.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 17-03-2004
Cod. di rif: 1040
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: giacche di lino irlandese
Commenti:
Gentile Carnà,complimenti per la scelta,anch io trovo che il beige sia un colore stupendo per un abito di lino irlandese (la tavolozza in cui declinare questo straordinario tessuto è:Bianco,Blù "scurotto ma non troppo (definizione di Luigi Settembrini;non riesco a trovarne una migliore),carta da zucchero,e beige).Le consiglio di farsi tagliare la giacca ad un petto tre bottoni (ovviamente sfoderata).Per quel che riguarda la foggia delle tasche,quelle a toppa sono più che appropiate.Rammenti tuttavia che le tasche applicate tendono a sformarsi molto facilmente,e quindi forse sarebbe il caso di scegliere tasche tagliate prive di pattine.Meglio di me saprà consigliarla il Gran Maestro.Buon lino irlandese.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-03-2004
Cod. di rif: 1048
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Gabriele D Annunzio.
Commenti:
Gentile Gran Maestro,Egregi Cavalieri,Distinti Frequentatori di queste lavagne.Questa sera ho iniziato una lunga serie di taccuini dedicati al guardaroba di Gabriele D Annunzio.Oltre ad essere uno dei maggiori poeti del novecento,D Annunzio fu uomo elegantissimo e dandy inarrivabile.Il suo fu uno stile "creativo",ed il suo nome può e deve essere inserito a buon diritto tra i grandi dell abbigliamento maschile.Le foto,molto dettagliate,sono tratte da un raro libro in mio possesso uscito alla fine degli anni ottanta:"il guardaroba di Gabriele D Annunzio".Esse costituiscono un importante testimonianza dell altissima qualità degli artigiani Italiani (e non solo),sarti,calzolai e camiciai nel periodo compreso tra il 1910 ed il 1929.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-04-2004
Cod. di rif: 1071
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Comodità?
Commenti:
Egregio Gran Maestro,mi trovo assolutamente d'accordo con lei sulla valenza assolutamente negativa del predominio di una sedicente praticità sui valori di dignità e compostezza.Tuttavia siamo poi assolutamente certi che i nuovi codici di abbigliamento siano all insegna della comodità? D estate è più comodo e pratico un completo in lino o in tela o un giubbotto di pelle ,con 40 gradi di calore? è più confortevole un pantalone in morbida flanella dalle giuste proporzioni sartoriali o un jeans strettissimo,magari in nappa sintetica? Una ragazza a gennaio col pancino scoperto è equipaggiata in modo più razionale che se andasse in giro in tailleur chanell? Le orrende camicie con colletto altissimo a tre bottoni o gli scarponcini con inverosimile punta aguzza offrono a chi li indossa un confort maggiore confort di una camicia e di un paio di scarpe classiche? Chi scrive ha visto calzare in spiaggia ad agosto "nike" chiuse,in gomma e materiale sintetico (!) stavano comode le estremità di quegli sconsiderati ? La cosa divertente è che senza ombra di dubbio l abbigliamento classico è in realtà molto più pratico di quello così detto "casual",anche perchè a differenza di quest ultimo ,noioso e monotematico,offre la tenuta più adatta per ogni occasione.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 02-04-2004
Cod. di rif: 1080
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: ringraziamenti
Commenti:
Oggi ho ricevuto il "manualetto dei tessuti"scritto dal Signor Dante De Paz.Si tratta di un opera interessantissima,ancora più preziosa per il fatto d' essere stata redatta da un profondo conoscitore della materia.Grazie al "manualetto" ho risolto un piccolo mistero.Aveva sentito parlare spesso di un tessuto estivo d aspetto brillante,e particolarmente fresco e confortevole,molto usato negli anni 50-60, chiamato "alpagas" (e da taluni "alpaga").Credevo che tale tessuto fosse una tela di alpaca,ma non avevo mai trovato riscontri alla mia ipotesi.Grazie al "manualetto dei tessuti" oggi so che "alpagas" era in realtà un sinonimo impropio di "Mohair". Desidero ancora ringraziare il Signor De Paz per la sua squisita cortesia.I miei ringraziamenti anche al Signor Tommaso Carrara.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 17-04-2004
Cod. di rif: 1091
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Uno sguardo oltreoceano.
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Nelle ultime settimane,compatibilmente col tempo a mia disposizione,mi sono divertito ad inseguire su Internet le tracce dello stile classico su misura negli Stati Uniti D America.Ho trovato cose molto interessanti che credo non sia peregrino riportare in queste pagine.Cominciamo col dire che se in Europa i negozi di confezione hanno superato come numero di clienti le sartorie soltanto al principio degli anni 70,negli Stati Uniti il sorpasso è avvenuto all inizio del XX secolo (e bisogna ricordare che decorosi prodotti confezionati esistevano già fin dai tempi della guerra civile).Oltreoceano dunque L abito su misura si è sempre rivolto ad una clientela di elitè molto facoltosa.Nelle grandi città sono sempre esistite ottime sartorie; A New York gestite per lo più da transfughi di Saville Row (come il famoso H. Harris da cui si serviva lo stesso Duca di Windsor)o da Italiani,In California da sarti di origine Ebraica (come Sy Devore),o ancora Italiani,e specie nella zona di San Francisco, Cinesi (pare dotatissimi,se ben istruiti,nell l arte sartoriale).L ultima grande ondata di artigiani fu alla fine degli anni 30-inizio 40.Si trattava per lo più di transfughi dall Europa (molti tra di loro gli ebrei ungheresi),e forse anche ad essi si deve se quella decade è passata alla storia come l età dell oro dell eleganza Americana.Qual è la situazione oggi? cominciamo col dire che chi va dal sarto in America ha molto,moltissimo denaro,ed appartiene ad una famiglia ricca da generazioni.Il parvenù infatti veste da Armani, da Gucci,o tutt al più se ben consigliato da Brioni o Ermenegildo Zegna.Geograficamente abita sulla costa Est,ma si può trovare anche,a macchia di leopardo in città come Washington,Chicago,San Francisco,New Orleans.In realtà si tratta di un esemplare molto meno raro di quanto non si pensi.Ormai da molti decenni in America il denaro (e spesso il potere) tende a rimanere nell ambito degli stessi nuclei familiari creando di fatto delle elites aristocratiche,colte e raffinate .Si ha poca percezione del fenomeno semplicemente perchè esso non è sufficentemente rappresentato dai media:Da una parte per una certa ritrosia naturale degli interessati,dall altra per l inadeguatezza degli stessi mass media che dal punto di vista estetico e culturale sono allo stesso livello delle masse a cui si rivolgono.Curiosando su internet si è rafforzata in me l impressione,già in passato ricavata dalla lettura di numerosi articoli,che questi raffinati committenti guardino sopratutto a Saville Row.Molte sono le celebri sartorie londinesi che compiono delle regolari visite negli USA (ad esempio "Kilgour French & Stanbury" annunciano nel loro sito "tournè" nei grandi alberghi di New York,Washington,West Palm Beach,Houston,Dallas,Los Angeles,San Francisco,Chicago).Interessante anche la scoperta dell esistenza di una nuova figura professionale legata all abito su misura:il "guardarobiere".Questi è un esperto in taglio,tessuti,prove che si incarica di far da tramite tra i clienti americani e le sartorie Britanniche.Il "guardarobiere" mostra le tirelle e prende ordini e misure,poniamo,di 100 clienti.Poi vola a Londra e rientra con l abito in lavorazione.Fa le canoniche tre prove,sempre facendo la spola con Saville Row,quindi consegna il vestito.Egli non ha un unica sartoria di riferimento,ma secondo le indicazioni del cliente si rivolge ad Anderson & Sheppard o ad Huntsman,o ad Henry Poole piuttosto che a Gieves & Hawks.Naturalmente in America esistono ancora diversi sarti.Uno dei più rinomati è a New York Mimmo Spanò (che a giudicare dal nome non è certo di origine Svedese).Spanò dichiara di ispirarsi nel suo lavoro ai migliori anni 30,alle leggende di Hollywood come Gary Cooper e Fred Astaire,e sopratutto ai figurini di "Esquire",di cui possiede (beato lui) l intera collezione.Inserisco nei taccuini,a corredo del mio intervento, due immagini (Ahimè,molto piccine)trovate in Rete.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 21-04-2004
Cod. di rif: 1097
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: accostamenti
Commenti:
Pur non interpellato ardisco intromettermi nella discussione.Perdonatemi e compatitemi per questo.Tuttavia l immagine di un abito azzurro scuro accoppiato ad una cravatta nocciola (annodata come si voglia) ha suscitato in me un effetto paragonabile a quello di un uncino di ferro che strida su una lavagna.....

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 22-04-2004
Cod. di rif: 1105
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Domenico Rea.
Commenti:
Esimio Signor Tarulli,Anch io a suo tempo lessi "l ultimo fantasma della moda" di Domenico Rea,ed ho ancora in mente la descrizione che egli fa del suo abbigliamento nell ultimo capitoletto del libro,quand egli descrive lo sconcerto da lui suscitato recandosi in banca durante una torridissima mattina d estate "con 40 gradi di calore" con "abito monopetto a tre bottoni di shantung azzurro scuro,camicia di voillè bianco,cravatta in foulard di seta azzurra a minuti disegnini bianchi ,vaporoso e profumato fazzoletto bianco piegato a "spuma" nel taschino e francesine nere".Ho sempre pensato che se quel mattino avesse scelto un completo di lino beige lo scalpore suscitato sarebbe stato minore,senza scomodare ultimi fantasmi e cupio dissolvi vestimentari.Ho avuto il privilegio di conoscere personalmente il grande scrittore Partenopeo e di parlargli in occasione della presentazione del suo ultimo libro,"ninfa plebea".Rea era un uomo molto elegante (ricordo un bellissimo doppiopetto saxony),e con una grande passione per lo stile classico artigianale,tuttavia (e ,la prego di credermi, lo dico con affetto e stima per la persona e l artista)delle sue origini popolari rimaneva traccia in un abbigliamento leggermente caricato,un pò tirato a lucido (credo che gli anglosassoni usino la parola "overdress" per definire tutto ciò).Intendiamoci,si trattava di sfumature,e di certo Rea non si vestiva da "parnenu",tuttavia questo spiega l eccessivo clamore suscitato in quella calda mattina d estate.Dovrei avere da qualche parte dei ritagli fotografici di Rea.Le prometto che domani farò una ricerca,e spero di poterle inserire nei taccuini quanto prima.P.S.Sicuramente chi ha avuto il piacere di ben conoscere Domenico Rea è Maurizio Marinella.lo scrittore infatti oltre che rifornirsi presso la celebre bottega fu anche autore del delizioso depliant allegato alle splendide cravatte che escono dalla rinomata boutique.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 22-04-2004
Cod. di rif: 1106
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Imperdonabile errore.
Commenti:
Ho per una deprecabile distrazione inserito nel taccuino dedicato all abbigliamento un immagine destinata al taccuino delle Dame.Chiedo scusa di ciò al Gran Maestro agli esimii Cavalieri ed ai Visitatori.Non si ripeterà.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 26-04-2004
Cod. di rif: 1119
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "genius loci".
Commenti:
Egregio Signor Conforti,a mio sommesso avviso la la scelta di Rea di indossare in un mattino d estate particolarmente torrido un abito di shantung azzurro scuro,con camicia in voille bianco ,cravatta in foulard di seta azzurra a pallini bianchi,francesine nere, non è in linea di massima "inappropriata",quanto piuttosto incongrua.lo stesso Rea si lamentava di esser stato fatto oggetto di un attenzione quasi morbosa da parte degli scamiciati passanti e dei clienti della banca.Egli dava del fenomeno la malinconica spiegazione di essere "l ultimo fantasma della moda",ossia l ultimo a seguire certi canoni classici di eleganza virile.Non vi è dubbio che in una certa misura avesse ragione,pure io credo che una della cause dell "attenzione morbosa" cui si sentì sottoposto fosse quella di aver indossato un abito più adatto al pomeriggio o alla sera,d essere cioè non inelegante ma,data l ora,la stagione e le condizioni climatiche,"overdress" eccessivamente caricato.Una scelta più congrua avrebbe potuto essere quella di un abito di lino in colore naturale,con una camicia panna o ecrù,ed una cravatta nelle tonalità del nocciola o del tabacco (splendida scelta con un vestito di lino beige una regimental a righe nocciola e crema).Sono certo che così abbigliato intorno alla persona di Rea vi sarebbe stato meno clamore,perchè egli avrebbe per così dire rispettato il "genius loci",ossia si sarebbe perfettamente conformato al luogo (una città meridionale),all ora (il mattino),alla stagione (l estate) e alla temperatura (40 gradi).

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 28-04-2004
Cod. di rif: 1124
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Eccelsi virtuosismi
Commenti:
Gentile Tarulli,secondo Luigi Settembrini il grande discrimine è la conoscenza perfetta dei codici vestimentari classici.Settembrini riportava l aneddoto di un ambasciatore Britannico presso la Santa Sede che presentò le sue credenziali indossando un tight con pantaloni a minuscoli quadrettini bianchi e neri in luogo di quelli canonici a righe.Si trattava di una trasgressione alle regole commessa da chi di quelle stesse regole aveva una conoscenza innata.Il risultato,in ogni caso era straordinariamente chic.Un altro esempio che sovviene alla mia mente è il fiore di plastica portato all occhiello dall editore Franco Maria Ricci,o il dinner jacket tagliato come una normale giacca a doppiopetto,con tanto di spacchetti indossato dal Principe Carlo D' Inghilterra .Bisogna sempre avere in mente che si tratta di grandi virtuosismi,come danzare con grazia su di un filo teso a cento metri d' altezza;il passo tra l' elegante e dotta eccezione che conferma la regola e la futile eccentricità ( o peggio,la pacchianata)è sempre in agguato per chi manchi dei registri adatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-05-2004
Cod. di rif: 1136
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Segnalazioni
Commenti:
Gli anni 30 costituiscono indiscutibilmente l età dell oro dell abbigliamento maschile,e del grande cinema Hollywoodiano.A tutti coloro che amano sia l uno che l altro desidero segnalare l uscita in DVD , edizione restaurata e rimasterizzata,di alcuni classici della RKO (distribuiti in Italia nelle videoteche dalla "columbiatristar").la prima segnalazione riguarda "la maschera di mezzanotte",giallo-rosa del 1936 con l inedita coppia William Powell-Ginger Rogers.Il film è delizioso,Powell è così elegante da togliere il fiato,e la Rogers è di una bellezza abbagliante.Altra imperdibile pellicola in uscita è "situazione imbarazzante", del 1939 con David Niven ed ancora Ginger Rogers.Si tratta di una divertente commedia sofisticata.Gli abiti di Niven (per lo più doppiopetto)sono semplicemente meravigliosi:la materializzazione delle tavole di "Esquire magazine".Altra uscita è "Swing Time",ossia "follie d inverno",con la coppia Astaire-Rogers al suo meglio (e un Fred Astaire targato 1936 con i favolosi abiti di Anderson & Sheppard indossati da par suo).Il primo dei DVD della serie classici RKO si trova ATTUALMENTE in edicola allegato alla rivista "Ciak".Si tratta de "Il sospetto",del grande Alfred Hitchock,interpretato nel 1940 da Cary Grant e Joan Fontaine.Il guardaroba di Grant (interamente proveniente da Kilgour French & Stanbury) è da antologia.Occhio alle edicole anche per l uscita (in un altra collana)del DVD del film di Mario Camerini "il signor Max") del 1937,un gioiello che non sfigura nel confronto con le contemporanee commedie Americane.Il Max di De Sica è molto "stilè" (come si diceva all epoca).Il vantaggio dei DVD è che i fotogrammi,di altissima risoluzione fotografica,possono essere salvati sul computer.L abbigliamento e l arredamento,possono così accuratamente osservati e studiati in ogni minimo dettaglio.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-05-2004
Cod. di rif: 1144
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Uniformi
Commenti:
Ringrazio il Signor Migliaccio per la sua squisita cortesia.L antico spirito di eleganza e distinzione ,innato negli ufficiali delle nostre Forze armate non deve essere del tutto defunto.Oggi in un notiziario televisivo sulla festa dell Esercito ho visto con immensa soddisfazione un Generale sfoggiare un elegantissima uniforme di sartoria,fuori ordinanza con i revers della giubba a lancia anzichè a dente.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-05-2004
Cod. di rif: 1157
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Rule Britannia.
Commenti:
Confermo la derivazione militare del Blazer sfoggiato dal Principe Carlo.Si tratta di una giacca ispirata alle giubbe d ordinanza degli ufficiali della Royal Navy (da cui differisce soltanto perchè i bottoni più in alto sono "per mostra",e non abbottonabili come quelli delle vere e propie uniformi.Le giubbe a doppiopetto degli ufficiali della marina britannica sono caratterizzate da quattro file parallele di bottoni (anzichè tre,come ad esempio per la nostra marina o per la US Navy),e dalla presenza di un taschino obliquo,spesso ornato da un fazzoletto,rigorosamente bianco (ovviamente per questo motivo i nastrini di decorazione sono molto piccoli,e portati in alto,quasi a livello della spalla).Non si tratta di un capo semplice da confezionare.maestri nel ramo sono i sarti di "Gieves & Hawks",fornitori degli ufficiali di Sua Maestà fin dagli inizi del XVIII secolo (conservono ancora una divisa tagliata per Horatio Nelson).Inserisco nel taccuino una foto dello stesso Principe Carlo durante una visita a La Spezia.S.A.R. è accompagnato (oltre che dal compianto ministro Spadolini) da un nostro ammiraglio.Risulteranno così più chiare le differenze tra le rispettive giubbe.P.S. Anch io eviterei un Blazer a otto bottoni.Tra l altro richiede una maestria di esecuzione non comune.Bella l idea del doppiopetto a sei con piccoli paramani.Cosa pensa invece il Gran Maestro dei Blazer monopetto a tre bottoni (in corno nero ),con taschino portabiglietti e spacchi laterali?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-05-2004
Cod. di rif: 1169
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Banzai nippon.
Commenti:
Egregio Carrara,la moda "classica"degli anni 70 era una versione esasperata di alcune modellature degli anni 30.Il sito dei nostri amici Giapponesi sembra più guardare verso la copia (brutta copia) che verso l originale."Collettoni e baveroni" mi ricordano il Tony Manero della "febbre del sabato sera",o certi antagonisti di Kojack piuttosto che il povero Duca di Windsor,ritratto suo malgrado accanto ai costumi del sito Nipponico.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-05-2004
Cod. di rif: 1172
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Disoccupazione?
Commenti:
Oggi in un articolo sul "Corriere della Sera" il grido di dolore di Maurizio Marinella.Il nostro non riesce a trovare operai per il suo atelier.Tutti i giovani neoassunti dopo qualche mese vanno via dichiarando di non essere disposti a "tagliare la seta per tutta la vita".Il problema maggiore per le botteghe sta propio in questo atteggiamento.é ovvio che senza apprendisti ed operai il numero dei maestri è destinato rapidamente a crollare.Certamente qualcuno resterà,e come dice il Gran Maestro gli appassionati troveranno sempre di che sfamarsi.Tuttavia non vorrei che tra qualche anno dovessimo cantare le lodi di un pessimo sarto o di un camiciaio mediocre ,soltanto perchè è rimasto l unico a lavorare artigianalmente.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-05-2004
Cod. di rif: 1182
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Lino e cotone
Commenti:
Ottimo Carnà,colpevolmente in ritardo rispondo al suo gesso n 1164 sull abbigliamento da indossare per una vacanza in estremo oriente.Troppo giusto ha visto nell individuare nel lino e nel cotone i suoi migliori alleati.Scelga la semplicità.Camicie in cotone,o meglio ancora in lino, bianche o azzurre ,a maniche lunghe (da poter rimboccare o tirare giù a seconda dei casi),pantaloni in cotone kaki,beige,verde pennicellina,ed in lino bianco.Si conceda anche un bermuda in cotone (di modello classicissimo,blù o meglio ancora kaki).Scelga mocassini in color naturale,e scarpe chiuse in tela possibilmente con la suola di cuoio (mi parlano bene anche delle "geox" con suola traspirante,forse potrebbero fare al caso).A rischio di far mio l eterno tormentone di mamme e vecchie zie,porti un golfino (blù,di cotone),perchè "la sera rinfresca". Lasci perdere (ma conoscendola so già che così farebbe in ogni caso)sandali,infradito,"nike" varie.Parimenti escluda T shirt,short,cappellini a visiera ;quale migliore occasione per portare un cappello di paglia? Eviterei le polo per un problema di traspirazione (si ricordi che a quelle latitudini il problema maggiore è l umidità).Se può porti con se un completo di lino (bianco o beige chiaro)con una cravatta regimental con fondo scuro,per eventuali serate semi-formali.Se invece prevede delle "soirè",scelga un completo in lino bianco con scarpe nere,calze blù a disegni piccolissimi,camicia bianca,cravatta azzurro scuro o blù a disegnini piccolissimi.Buon viaggio,e si diverta.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 13-05-2004
Cod. di rif: 1196
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sarti a Milano
Commenti:
Egregio Signor Granata,a quanto mi risulta a Milano vi sono ancora diversi bravi sarti.Posso suggerirle un nome? Livio Colombo.Si tratta di un maestro ancora relativamente giovane,molto bravo nel doppiopetto )e naturalmente anche nel monopetto).Le sue giacche sono caratterizzate da una Magnifica "spalla",non imbottita come quella di Caraceni,ma più morbida.Un altro sarto bravissimo è Domenico Casiero.Si tratta di un maestro piuttosto avanti negli anni,ma di grandissima mano.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 14-05-2004
Cod. di rif: 1199
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Classico internazionale.
Commenti:
Esimio Signor De Paz,seguo con grande interesse i suoi interventi sul "classico internazionale".Il Gran Maestro Maresca Nella sua disamina della sartoria maschile ha giustamente parlato di "scuola napoletana" ed "scuola internazionale" in riferimento alle modellature ed alla costruzione dell abito maschile.Credo per tanto che per evitare confusioni sia necessario sottolineare che con l espressione "classico internazionale"lei,Egregio De Paz,non intende riferisi alla linea delle giacche quanto piuttosto a scelte di tessuti ,classici appunto,comuni tra uomini di gusto in tutto il mondo occidentale.Premesso questo lodo incondizionatamente la sua suddivisione dell argomento secondo i due periodi stagionali,Autunno-inverno/primavera-estate.Circa i tessuti tipici di questo secondo arco stagionale mi appello alla sua profonda conoscenza della materia per chiederle lumi,aneddoti,chiarimenti su due tipologie di stoffa un tempo molto amate dall uomo elegante.Delle due la prima,il mohair, sta recentemente conoscendo una seconda giovinezza (In questi giorni ho potuto ammirarne delle pezze molto belle dal mio drappiere).La seconda invece,per quanto se ne registri un relativo ritorno nel campo dell abbigliamento femminile,è ancora negletta e dimenticata;mi riferisco allo shantung.Di quest ultimo tessuto possiedo un pantalone ,tagliato da una pezza prodotta dal setificio "Bocchese".Non mi stanco mai di ammirarne la mano straordinaria,la freschezza,ed il fatto che esso non è lucido (effetto orribile) ma appena appena brillante sotto la luce artificiale.Oggi,purtroppo, il mio drappiere mi dice che questo tessuto non è più in produzione.Potrebbe,gentile Signor De Paz,erudirmi sulle summenzionate,magnifiche stoffe? P.S. approfitto della sua squisita cortesia per chiederle notizie di un maestro di Bologna,pare carissimo ,dal carattere difficile ed un pò eccentrico, ma bravissimo come sarto:Guido Bosi (tra l altro mi si dice che sia un grande collezionista d arte).

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 17-05-2004
Cod. di rif: 1207
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Stile napoletan-internazionale
Commenti:
Esimio Signor de Paz,La ringrazio per la cortese e competente risposta.Lei ha visto giusto parlando di una scuola "napoletan-internazionale.L ultima tendenza,l ultima parola d ordine nel campo dell abito classico sembra essere infatti "NAPOLI".Gli articoli che parlano di "stile napoletano"si succedono sulle riviste,annunciando trionfalmente che persino Giorgio Armani ha deciso di ispirare la sua ultima collezione al dandy partenopeo (sic).Nelle vetrine di molti negozi di abbigliamento il fenomeno già etichettato dall impareggiabile Gran Maestro con l ironico epiteto di "antica sartoria di nonno Ciro"sta prendendo sempre più piede,ed adesso non riguarda soltanto il "su misura" industriale,ma anche la confezione vera e propia (ultimo arrivato nel filone "para-partenopeo" è Piombo,la cui antica ricerca della qualità è a parer mio ormai solo un pallido ricordo). Si tratta di un fenomeno che non riguarda soltanto la confezione. Il mio sarto,reduce da un congresso della sua associazione, alcuni giorni orsono mi ha detto che le giacche con spalle completamente naturali che gli chiedevo di tagliarmi sono adesso "l ultimo grido",e che molti giovani clienti chiedono soltanto la "giacca napoletana".Altri diranno se tutto ciò sia un bene o un male,se si tratta di un positiva evoluzione o se invece alla fine non si rischia piuttosto di ottenere qualcosa di equivalente ad una "pastiera confezionata a Milano dall Alemagna".Di sicuro una conseguenza sarà il notevole innalzamento dei prezzi (finora ragionevoli e convenienti) dei sarti napoletani,soltanto perchè napoletani.P.S.Mi permetta,Egregio De Paz,di attingere al suo vasto sapere per una curiosità.Lei ha nominato la Barathea di mohair blue midnight adoperata per abiti da sera;che lei sappia è oggi ancora possibile reperire il cannetè di seta per i revers ,e le bande per i pantaloni nello stesso colore blue midnight?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-05-2004
Cod. di rif: 1226
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sarti Milanesi
Commenti:
Chiarissimo gran Maestro. Purtroppo non sono in possesso dei recapiti di Casiero,Colombo o De Luca;tuttavia credo che i loro indirizzi e i numeri si trovino nell elenco telefonico della città di Milano.Per quel che riguarda questi artigiani, Casiero (che deve essere un pò in là con gli anni)è soprannominato "il maestro del doppiopetto",essendo egli un virtuoso di questa modellatura.Presso il suo Atelier si serve Luigi Settembrini (autore nel 1986 di "vestiti,usciamo")che gli ha dedicato in passato parecchi articoli.Anche sul molto più giovane Livio Colombo ho letto molto.In un articolo di "Panorama" di qualche tempo fa,Colombo parlava della spalla delle sue giacche,differente quanto a lavorazione e linea rispetto a quella più modellata della scuola Caraceni.Inserirò presto nei taccuini la scansione della fotografia di un suo doppiopetto che credo interessante.Conosco meno Tindaro De Luca.So dalla stampa,e da alcuni amici milanesi che si tratta di un sarto che sta guadagnando parecchi estimatori,specie presso i giovani professionisti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-05-2004
Cod. di rif: 1229
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Panoramica di artigiani.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,Egregi Cavalieri,Gentili simpatizzanti e visitatori, Ho inserito nei taccuini una carrellata di giacche confezionate da note sartorie di Milano e Roma.Tra di esse c è un bell esempio dell arte del Maestro Livio Colombo.Credo di interpretare il desiderio di tutti sollecitando in merito una consulenza stilistica e tecnica dall ottimo Gran Maestro Maresca.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 20-05-2004
Cod. di rif: 1236
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Fior di camicia.
Commenti:
Egregio Tarulli,per quanto ne so l Avvocato Agnelli si faceva confezionare le camicie principalmente da Finollo,a Genova,e presso una camiceria Irlandese (purtroppo non ne conosco il nome)che secondo il suo giudizio possedeva i migliori lini ed i più sontuosi cotoni ."Brooks Brothers" era uno sfizio,un omaggio agli amatissimi Stati Uniti,e probabilmente in tempi in cui le "botton down erano rarissime in Italia e soltanto pochi visitavano New York un tocco di originalità (quando le camicie coi bottoncini iniziarono a diffondersi anche da noi,lui cominciò a portarli slacciati divertendosi come un matto nel vedersi subito imitato).Per quel che riguarda il famoso vezzo di allacciare l orologio sopra al polsino,vi sono parecchie versioni della storia.Fermo restando che questo modo di portare l orologio (mutuato dal mondo dei corridori d automobile e dei "gentleman driver")era piuttosto diffuso negli ambienti della "cafè society" della seconda metà degli anni 30 (Come testimoniano parecchi film dell epoca con Errol Flynn,ed il suo "surrogato" nazionale Amedeo Nazzari)la versione che mi convince di più è quella data da Piero San Just di Teulada,uno degli uomini più eleganti d Italia e grande amico d infanzia di Gianni Agnelli.San Just racconta che da ragazzo si faceva confezionare le camicie di seta da una famosa bottega (credo Finollo),e poichè il conto del camiciaio era salatissimo e le sue finanze non molto floride,per evitare di usurare lo stretto polsino con la corona dell orologio portava quest ultimo sul polsino medesimo,"come molti attori americani dell epoca".Ad Agnelli la cosa piacque moltissimo,così inizio a fare lo stesso,"benchè lui potesse permettersi di acquistare vagoni di camicie"conclude ironicamente San Just.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 21-05-2004
Cod. di rif: 1247
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Ricordi e considerazioni.
Commenti:
Vorrei approfittare di questo gesso per ringraziare il Signor De Paz per averci regalato la bellissima galleria di tessuti inserita nei taccuini:una vera gioia per gli occhi.Per quel che riguarda i ricordi del nostro sul blazer essi mi hanno riportato indietro al tempo della mia primissima giacca blù,indossata in occasione della prima comunione. Mi fu tagliata da un "sartino" (non avevo ancora l età per essere ammesso alla sartoria paterna) a doppiopetto in un panno blù,ed era completata da pantaloncini corti in flanella grigia pettinata (chiamati chissà perchè di "vigogna")e da una cravatta a fiocco in seta blù a pallini bianchi.Qualche anno dopo fu la volta di un nuovo blazer,questo monopetto due bottoni,sempre confezionato su misura,questa volta dal sarto di Papà,sempre in panno.Passando ad altro argomento ho letto la risposta del Gran Maestro Maresca al Signor Vidali,e (purtroppo) non potrei essere più d accordo con le sue previsioni.Fino a pochi lustri fa,quando i sarti erano ancora numerosissimi, non bastava che un abito fosse su misura perchè fosse di per se stesso un bell abito.Vi erano artigiani di modestissime qualità dalle cui mani uscivano prodotti mediocri,altri di capacità medie in grado di sfornare vestiti correttamente tagliati e cuciti ma assolutamente anonimi,ed infine vi erano ottimi maestri (non necessariamente carissimi,specie in provincia)le cui giacche erano "signore giacche" ed i cui completi,come si diceva con una bella espressione,"cantavano".Temo che tra pochissimo si tesseranno le lodi di sarti piuttosto mediocri soltanto perchè essi saranno tra gli ultimi rimasti a lavorare in modo artigianale.Senza generalizzare credo qualcosa di simile sia già avvenuta in Inghilterra;penso ad esempio agli abiti di quel tale Richard Anderson di cui si parlò in queste pagine tempo fa,le cui giacche a doppiopetto non erano dissimili da quelle prodotte dal "sartino" che confezionò il mio primo blazer.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 21-05-2004
Cod. di rif: 1254
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Precisazioni
Commenti:
Gentile Gran Maestro,certamente devo essermi espresso male.è sicuramente colpa mia e me ne scuso.Nel mio ultimo gesso (il numero 1247)infatti scrivevo (in modo colpevolmente poco chiaro,è evidente).."Ho letto la risposta del Gran Maestro Maresca al Signor Vidali,e (purtroppo) non potrei essere più d accordo con le sue previsioni",ossia chiarando meglio il mio pensiero,sono assolutamente d accordo con le sue previsioni,che (purtroppo ,per chi come noi preferisce "la via della classe" a quella del lusso fine a se stesso) risultano assolutamente verosimili e convincenti.Nel resto del mio ) intervento prendevo spunto dalla sua condivisibile analisi per esprimere delle considerazioni e dei timori.Che del resto le cose stiano andando nella direzione da lei indicata lo dimostra,oltre l apertura del "laboratorio Italiano",l esistenza di simili realtà (sia pure con padri meno nobili) anche in altre parti d Italia,ad esempio a Roma "Antichi telai".Esprimevo anche la sensazione che lo stesso fenomeno sia già arrivato a compimento in altre realtà,ad esempio l Inghilterra.Spero di aver chiarito l equivoco e mi scuso ancora con Lei e con i Cavalieri ed i Frequentatori delle lavagne per non aver saputo rendere bene il mio pensiero.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 21-05-2004
Cod. di rif: 1255
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: La forma delle cose a venire.
Commenti:
Ottimo Gran Maestro,doverosamente chiarita la mia posizione sul domani della sartoria, faccio mia la domanda del Signor Vidali ,domanda a cui essendo ,come giustamente ha rilevato più versato sul passato che sul futuro,non so in tutta onestà trovare una risposta valida:Quando inevitabilmente nel prossimo futuro la qualità dei sarti calerà,ed i procedimenti di realizzazione di un abito di sartoria non saranno molto diversi da quelli del miglior "su misura industriale",non sarà meglio rivolgersi a quest ultimo (per altro presente nel negozio vicino casa)piuttosto che accontentarsi di un abito non rispondente in pieno alle propie aspettative ed esigenze? So che il mio interrogativo può apparirle come un segnale di resa,tuttavia dovendo far i conti col futuro è necessario guardare a tutti i possibili scenari.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 21-05-2004
Cod. di rif: 1259
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Prospettive,speranze e timori.
Commenti:
Cari Signori,ovviamente la domanda di buoni abiti su misura non calerà nei prossimi anni, attestandosi in un relativamente cospicuo zoccolo duro di intenditori (ovviamente in grado di pagare le cifre sempre più rilevanti che i sarti chiederanno).Il problema non è questo,il problema è che il ricambio generazionale è ridotto al minimo.Malgrado la carriera di sarto prometta, e prometterà sempre di più in futuro ottimi guadagni,pochissimi saranno i giovani disposti a sottoporsi ad un lungo e faticoso apprendistato seriamente artigianale (le difficoltà di Marinella a trovare tagliatori per la sua seta e quelle del maestro Barberis Organista nel reperire lavoranti insegnino).A ciò si aggiunga il fatto che non tutti coloro che imparono il mestiere diventano poi necessariamente dei buoni sarti o dei provetti lavoranti in grado di fornire un prodotto esteticamente valido (così come in un accademia di belle arti non tutti divengono,non dico Raffaello,ma anche soltanto dei buoni pittori di medie capacità).Mi compiaccio di apprendere che a quanto sembra nel nord vi siano tuttora diversi giovani maestri;in effetti è possibile che il problema non ci investa ancora per molto.Ad esempio per quanto mi riguarda il mio sarto (salute permettendo) è in grado di lavorare almeno per i prossimi 10-11 anni,poi riuscirò a trovarne un altro che anche se meno bravo potrà seguirmi per i successivi 10 o 15.Tuttavia un abbassamento generale della qualità è da mettere nel conto.Nessuno si faccia illusioni.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 31-05-2004
Cod. di rif: 1299
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Domanda per il Signor De Paz.
Commenti:
Egregio Signor De Paz,La ringrazio per il chiarimento circa il "Baffo scozzese".approfitto della sua esperienza e della sua profonda conoscenza storica del mondo dei tessuti per arricchire la mia,incomparabilmente più modesta.Vorrei sapere quali erano le tipologie di tessuto più popolari ed acquistati in Italia negli anni 50 ,quali nei 60 ,e quali negli anni 70.Ovviamente non parliamo delle raffinate scelte di pochi intenditori (che immagino non siano molto variate nel corso dei lustri),ma delle preferenze dei più.è corretto che negli anni del "Boom economico" fossero amate sopratutto i tessuti pettinati,i freschi di lana,i mohair e gli shantung?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 03-06-2004
Cod. di rif: 1311
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "The man in the blue denim suit"
Commenti:
Caro,Signor Granata,l abito che ha visto è davvero piuttosto singolare;trattandosi di un completo "classico"in denim forse il monopetto con giacca a due o tre bottoni sarebbe stata una scelta più felice.Si tratta sicuramente di un "divertissement",o di una scelta di tipo "dandystico" (per usare un brutto neologismo).Ricordo che Gianni Agnelli amava moltissimo indossare,in occasioni non ufficiali,il blazer con i jeans,e che una volta si presentò addirittura ad un ricevimento a Saint Moritz con i Jeans sotto la giacca dello smoking.Non mi sento di pronunciarmi sul risultato finale senza aver visto prima "the man in the blue denim suit".Personalmente ho gusti molto più tradizionali.Lo confesso,non sono un dandy.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-06-2004
Cod. di rif: 1333
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "Pal beach"
Commenti:
Esimio Signor De Paz,è con immenso piacere che rispondo alla sua domanda.Del cosidetto "Palm Beach cloth" ci siamo in passato occupati parecchio,sia nelle lavagne che nei taccuini.Con questo nome venivano designati negli anni 30 dei tessuti,prodotti in America e adoperati da sarti e confezionisti per abiti estivi.Dei "Palm Beach" si trovano imponenti testimonianze in quella autentica bibbia dell età dell oro dell eleganza maschile costituita dai tre volumi della ristampa anastatica della rivista di moda e costume "APPAREL ARTS",edita nel 1990 da ELECTA,nonchè nel volume della TASCHEN "ALL AMERICAN ADS OF THE 30s",uscito lo scorso anno.Risalendo nei taccuini troverà molto materiale inserito su questo argomento ( ad esempio: taccuino n 274 n 117 e n 324)Le segnalo in particolar modo il taccuino n 279,in cui Il Gran Maestro Maresca analizza da par suo la natura del tessuto.Si tratta in sostanza di un 3ply fresco,molto simile al mai troppo rimpianto "Frigidus" della Zegna,o a quelli altrettanto validi della Holland & Sherry.Ignoro se "Palm Beach" fosse un marchio brevettato o un modo per chiamare una tipologia di tessuti,so che gli abiti realizzati con queste stoffe erano all epoca rinomatissime.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-06-2004
Cod. di rif: 1334
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Pin-up
Commenti:
Vorrei segnalare all attenzione dell Esimio Gran Maestro,degli Egregi Cavalieri,ed dei Visitatori una galleria dedicata alla pin-up anni 30 e 40 della rivista "Esquire"inserita nel taccuino della dame.La prima parte della galleria è dedicata alla "Petty Girl" degli anni 30,disegnata per l appunto in quella decade da George Petty.Seguirà una corposa sezione sulla pin-up per eccellenza:la "Vargas girl" ritratta dal famosissimo Alberto Vargas durante gli anni 40.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-06-2004
Cod. di rif: 1336
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tessuti estivi
Commenti:
A proposito di tessuti simili al 3ply,ma più larghi di maglia,vorrei segnalare l esistenza di un tessuto inglese,prodotto negli anni 30 e 40 per le tenute tropicali dell esercito di Sua Maestà e chiamato "airtex".Ho trovato ampi riscontri di questa stoffa nelle mie ricerche uniformologiche.Esso era impiegato durante la II guerra mondiale principalmente per la confezione delle "bush jacket" (l equivalente delle nostre sahariane).Si tratta di una tela di cotone a maglia molto larga.Mi risulta che esistessero anche delle tele "airtex" in lana,impiegate per le uniformi ordinarie estive degli ufficiali.è possibile che i tessuti "palm beach" fossero assai simili a queste ultime.Sempre per quel che riguarda insolite stoffe estive mi riprometto di scansionare un campione da una sahariana bianca del PNF,confezionata privatamente in sartoria intorno al 1937 ed appartenuta ad un mio zio.La stoffa è incredibile,e vorrei chiedere un parere al Gran Maestro ed al Signor De Paz per riuscire ad identificarla.Si tratta di un tessuto di seta,simile all oxford delle camicie,ma molto più pesante.Ha una mano straordinaria,è freschissimo,ingualcibile ed elastico.Non riesco ad immaginare nulla di più adatto per la confezione della giacca di uno smoking estivo. Vorrei ancora segnalare al Signor De Paz ,a livello di semplice curiosità storica,il taccuino n 117 in cui vi è il riferimento ad un curiosissimo tessuto estivo americano,impiegato per l appunto per la confezione di "Dinner Jacket" bianchi.Si tratta di un misto seta-rayon celanese,che in un articolo di Apparel Arts del 1938 viene presentato come freschissimo e particolarmente adatto alla "moderna vita di società estiva".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-06-2004
Cod. di rif: 1337
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Ancora "Palm beach"
Commenti:
A proposito dell ultimo appunto inserito nei taccuini dall Esimio Gran Maestro,forse interesserà sapere che da mie ricerche risulta una ditta,la "Goodall fabrics of Sanford, Maine" attiva negli anni di cui ci stiamo occupando.La Goodall (fondata nel 1867 da Thomas Goodall) era nota appunto per la rinomata gamma di tessuti "Palm Beach" (riporto quanto testè trovato su internet: "..Goodall Mills in Sanford,Maine,textile manufacturers noted for their Palm Beach line of fabrics...").Nel 1954 la Goddall venne chiusa e venduta alla Burlington Mills che trasferì l attività a sud (dove la manodopera costava meno).A questo punto si può concludere che la Goodall Mills fosse una delle principali (se non la principale) produttrice di tessuti "Palm Beach".A livello di battuta posso dire che è un vero peccato che ditte come Rubinacci o De Paz non si rifornissero anche negli Stati Uniti.Oggi avremmo nei loro archivi una testimonianza ,in forma di tirella o di campione,di questi interessantissimi,ed aihmè ormai scomparsi, tessuti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-06-2004
Cod. di rif: 1341
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tirando le somme.
Commenti:
Giunti a questo punto delle nostre fruttuose ricerche vorrei chiedere al Gran Maestro Maresca ed al Signor De Paz un parere tecnico.A loro giudizio (un giudizio basato su esperienza e profonda competenza tecnica) un simile tessuto,cotone-mohair in tela ritorta a maglia molto larga ,con un peso presumibilmente vicino al "Frigidus" della Zegna,è in linea di principio valido qualitativamente? Il Gran Maestro è il Signor De Paz si farebbero confezionare un completo in "Palm Beach"?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 16-06-2004
Cod. di rif: 1354
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: DVD
Commenti:
Gentile Signor Granata,il DVD del "Signor Max non è allegato ad una pubblicazione,ma è in vendita singola,in edicola,per la collana "Il grande cinema italiano della "Hobby & work" (www.hobbyework.it).P.S. Se le interessa il binomio cinema-vestiti le consiglio di non perdere i film "la maschera di mezzanotte"(1935,con William Powell e Ginger Rogers),in uscita questo mese,e sopratutto "situazione imbarazzante (1939,con David Niven e Ginger Rogers)in uscita a settembre entrambi per la collana "RKO il grande cinema" distribuita nelle videoteche dalla tristar picture.Mi spiace ammetterlo,ma in queste pellicole dal punto di vista dell abbigliamento Hollywood batte Cinecittà dieci a zero.Due decenni più tardi tutto cambia,e gli attori italiani appaiono elegantissimi se paragonati ai loro colleghi Americani in brutti e striminziti abiti di confezione o di mediocre sartoria.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-06-2004
Cod. di rif: 1375
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: La giacca di bambù.
Commenti:
Dal corriere della sera di Mercoledì 23 giugno 2004,"Apre Pitti uomo a Firenze". ..."L ultima estate ha insegnato che la nuova frontiera dell abbigliamento è la ricerca di tessuti tecnici (sic) per sopravvivere alla canicola:leggeri ma non flosci,perchè l effetto cascante non va più,adesso i pantaloni da uomo piacciono ergonomici (sic),e qualcuno si è inventato persino l effetto push up,mutuato dall armamentario della seduzione femminile (sic).Le aziende ci provano con felpe con un anima in ceramica:si chiude la zip e la temperatura corporea dovrebbe restare invariata.Giacche realizzate con un filato di bambù (??) mescolato a seta e cotone dall effetto morbido come cashmire,ma con la promessa di non cuocerci dentro al primo sole.Pantaloni frigorifero dotati di un dispositivo interno collegato ad una bomboletta di aria fredda (???):quando le temperature diventano insopportabili si da una spruzzatina da 40weft (sic)"....

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-07-2004
Cod. di rif: 1402
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "Ari" Onassis.
Commenti:
Personalmente non ho mai considerato Aristotile Onassis persona particolarmente elegante,nè in campo vestimentario nè da altri punti di vista.L uomo aveva sicuramente una personalità gigantesca,e di certo egli è stato una delle figure più interessanti e di maggior spicco della seconda metà del XX secolo,tuttavia v era in lui molto di sgradevole e di predatorio, caratteristiche a parer mio incompatibili con l autentica eleganza.Per quel che riguarda il suo guardaroba Onassis si era costruito un "uniforme",composta da abiti a doppiopetto,prevalentemente scuri, e da cravatte di seta nera (che a volte portava a "coltello" senza nodo).Si rivolgeva a grandi nomi della sartoria maschile,ad esempio il Caraceni di piazza San Babila,più perchè sapeva trattarsi di "indirizzi giusti" che per autentico amore per il lavoro di quei maestri.Generalmente ordinava venti o trenta abiti alla volta,tutti uguali (per lo più di shantung nero o blù scurissimo).Adorava le scarpe bicolori bianche e nere(non i bellissimi modelli oxford e derby d'anteguerra,ma il modello anni 50)e spesso le portava a sproposito.Su Onassis si raccontano numerosissimi aneddoti.Uno dei indicativi per comprendere l uomo è il seguente:Una notte,alla fine degli anni 50, Onassis appena sbarcato dal suo Yacht tentò di entrare ,scalzo e in maglietta, in un locale Monegasco molto esclusivo .Oggi una simile misè avrebbe fatto tendenza e molto sarebbe stata lodata,ma in quegli anni più civili (e mai abbastanza rimpianti) l armatore Ellenico ,cortesemente,ma fermamente, fu respinto all ingresso .Onassis furente tornò sul suo Yacht , si mise in smoking e si ripresentò presso l augusto "restaurant".Sedutosi al tavolo ordinò per cena due identiche portate,poi davanti all esterefatto direttore di sala si gettò uno dei due piatti sul dinner jacket dichiarando che visto che era entrato grazie al suo vestito "anche lui aveva il diritto di mangiare".Si dice anche,e da più fonti,che tra Onassis e l igiene personale non intercorressero buoni rapporti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 05-07-2004
Cod. di rif: 1423
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Risciacquare i panni in Tamigi.
Commenti:
A proposito delle pezze Italiane "naturalizzate" Inglesi,mi risulta che tutto lo shantung "made in England", rivenduto a carissimo prezzo nel nostro paese sia in realtà di produzione Italiana.A questo punto sarebbe molto interessante appurare da quale setificio Italiano esso venga prodotto per potersi rifornire di questo incomparabile tessuto estivo direttamente alla fonte (sempre se ciò sia possibile).

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-07-2004
Cod. di rif: 1431
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "ESQUIRE" fortissimamente "ESQUIRE"
Commenti:
Finalmente mi sono giunti oggi dagli Stati Uniti diversi numeri della rivista "ESQUIRE" acquistati "on line" su E-Bay.i tratta di cinque numeri del 1938,uno del 1949,e uno del 1962.Ho potuto,finalmente farmi un idea di "prima mano" sulla mitica rivista illustrata. Cominciamo col dire che ho trovato interessantissimo l "ESQUIRE" del 62 (mi riprometto di comprare altri numeri della stessa annata).Siamo in un contesto non molto dissimile da quello conosciuto attraverso i film di James Bond,grandi alberghi,cocktail perfetti,abiti interessantissimi (almeno per quel che mi riguarda).Un gentleman primi anni 60 sicuramente meno sofisticato rispetto al suo omologo di venticinque anni prima,ma incomparabilmente lontano dall insopportabile umanità ciabattona di oggi.Mi ha molto deluso invece l "ESQUIRE" del 49.Una sola tavola di gran livello,sul dinner jacket (la inserirò al più presto nei taccuini),per il resto pagine e pagine di pubblicità su brutte giacche di flanella a quadroni,orribili abiti "bold look",assurde cravatte a palme e fiori tropicali.Si capisce in modo evidente che all epoca la rivista era in piena decadenza (tornerà in auge alla fine degli anni 50).Straordinari oltre ogni dire i numeri degli anni 30.Siamo di fronte ad un capolavoro,un capolavoro di misura,raffinatezza e stile.In ogni numero vi sono numerose tavole con figurini;non si tratta di inserzioni pubblicitarie di confezionisti o di produttori di tessuti,ma SUGGERIMENTI al lettore.La rivista individua una situazione tipo in cui il lettore ideale di "ESQUIRE" poteva venirsi a trovare (corse all ippodromo,week end in case di campagna,incontri di affari,appuntamenti galanti,ecc) e SUGGERISCE come vestirsi,visualizza attraverso i figurini l abito adatto,l abbinamento più interessante in fatto di cappelli,tessuti,colori,la linea più alla moda.Spetta poi al lettore accogliere il suggerimento facendo realizzare dal propio sarto o acquistando nel negozio di fiducia un completo o una giacca simile a quella proposta.A parer mio è un idea rivoluzionaria,pensate se "MONSUIER" la riproponesse oggi (naturalmente so che è impossibile).Anche le pubblicità sono di qualità altissima,e sembrano proporre prodotti confezionati di un livello oggi difficilmente concepibile.Fantastiche anche le inserzioni su liquori , sigarette e quant altro;ognuna di esse è un piccolo scrigno iconografico sull eleganza maschile.è un mondo che non possiamo che rimpiangere,un mondo cui l osceno imbianchino germanico ed il suo buffonesco collega di Palazzo Venezia si preparavano a dare il benservito.Naturalmente mi darò da fare per scansionare il materiale più interessante in modo da poter dividere questo piccolo tesoro con Cavalieri e frequentatori.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-07-2004
Cod. di rif: 1432
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Serio passo falso.
Commenti:
Gentile Gran Maestro,Egregi Cavalieri,Stimati Visitatori, Temo di aver commesso un serio passo falso.Nel gesso 1423 parlavo di "seta made in England",prodotta in Italia e "rivenduta a carissimo prezzo nel nostro paese".Si tratta di una grave imprecisione,e di questo mi scuso moltissimo.In Gran Bretagna non vengono prodotti tessuti di seta,e lo Shantung venduto da alcune case Britanniche,come la Holland & Sherry,non viene presentato in cimosa come "Made in England".Resta valida la seconda parte del mio intervento,ossia la considerazione che forse varrebbe la pena di identificare i fornitori Italiani della nota ditta Britannica per acquistare il meraviglioso tessuto alla fonte (sempre se ciò sia possibile).Mi scuso ancora per il grave errore cui intendo rimediare sospendendomi volontariamente per qualche tempo da queste lavagne.Continuerò ad inserire nei taccuini il materiale relativo ad "ESQUIRE".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-07-2004
Cod. di rif: 1434
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Riabilitazioni e Shantung
Commenti:
Gentile Gran Maestro,il suo intervento mi ricuora.La ringrazio per la stima dimostratami.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 12-07-2004
Cod. di rif: 1451
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sovrapposizioni.
Commenti:
Gentile Gran Maestro,Egregi Cavalieri,Stimati visitatori.Mi sembra doveroso segnalare che nelle pagine meno recenti dei taccuini diverse immagini sono state cancellate dalla sovrapposizione di nuove,relative ad altri argomenti.Ad esempio il bel particolare di "cucitura chiusa" inserito dall Esimio Cavalier Villa nel gesso 1371 si trova adesso,per misteriose ragioni elettroniche,sovrapposto a parecchie altre.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 12-07-2004
Cod. di rif: 1452
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sovrapposizioni.
Commenti:
Gentile Gran Maestro,Egregi Cavalieri,Stimati visitatori.Mi sembra doveroso segnalare che nelle pagine meno recenti dei taccuini diverse immagini sono state cancellate dalla sovrapposizione di nuove,relative ad altri argomenti.Ad esempio il bel particolare di "cucitura chiusa" inserito dall Esimio Cavalier Villa nel taccuino 1371 si trova adesso,per misteriose ragioni elettroniche,sovrapposto a parecchie altre.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-09-2004
Cod. di rif: 1579
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Monopetto a due bottoni.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,Nobili Cavalieri,Egregi Frequentatori.Desidererei conoscere il vostro parere su una particolare tipologia di giacca:il monopetto a due bottoni.I miei primi tre abiti,a metà degli anni 80,furono tagliati in questa foggia allora molto popolare.Cosa pensate di questa silhouette? è a parer vostro accettabile? Personalmente ritengo che volendo ottenere una maggiore sciallatura della giacca sia preferibile orientarsi sul "tre bottoni stirato a due" sul tipo di quelle cucite dal Maestro Marigliano.Sarei molto interessato alla vostra opinione in merito.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-09-2004
Cod. di rif: 1581
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Due bottoni.
Commenti:
Carò Carnà,ricambio con vera gioia i Tuoi saluti.Posso assicurarti che le tue opinioni non appaiono mai banali o scontate,ma al contrario sono sempre preziose ed interessanti.Da qualche tempo sto iniziando una riflessione sul due bottoni.Come sai ho sempre guardato con interesse alle linee maschili degli anni 50-60,periodo che considero come l autentica età dell oro della sartoria Italiana.Arrivo a dire che ,per quel che mi riguarda, nel corso del XX secolo due sono stati i momenti più alti per l abbigliamento virile:gli anni 30,che ebbero come epicentro Londra e New York,e gli anni dal 1950 al 1966 con epicentro a Roma e nella fase finale ancora in una Londra capace di reperire e trasformare secondo il propio linguaggio i suggerimenti Italiani.Grazie ad EBAY sto raccogliendo molto materiale su quel periodo.Il due bottoni è una tipologia ricorrente di quegli anni.Sempre e soltanto a due bottoni sono le giacche che Antony Sinclair tagliava per il James Bond di Sean Connery,a due bottoni quelle di John Kennedy (che si serviva presso la sartoria Frank Brothers--Fenn-Feinstein di New York,ma segretamente anche a Londra e a Roma),ancora a due bottoni quelle elegantissime sfoggiate da David Niven,quelle più sbarazzine di Dean Martin,ecc.All epoca questa silhouette veniva considerata,rispetto al più diffuso tre bottoni,come sofisticata ed estremamente classica.Mi chiedo se non sia venuto il momento di riscoprire il monopetto a due bottoni,questo il senso della mia domanda.Sono perfettamente d accordo con te sul questione del punto vita più alto;ciò che nel recente passato ha nociuto a questo tipo di giacca è ha mio giudizio un abbottonatura troppo bassa ed il cran dei revers pure in basso (come spesso si vedeva negli anni 80 e si vede oggi indosso a molti uomini politici Americani).D accordo anche sui revers dritti anzichè curvi (a me piacciono anche moderatamente sottili,come nei primi film di 007).Gradirei altri pareri sulla giacca a due bottoni;nel frattempo inserisco nei taccuini alcune immagini sull argomento.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 08-09-2004
Cod. di rif: 1583
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: due bottoni.
Commenti:
Caro Carnà,credo che tu abbia visto giusto;presto il due bottoni tornerà di moda,e quelle stesse persone (ne conosco diverse) che fino a poco tempo fa storcevano il naso di fronte a questo tipo di giacca,giudicata vecchia e "poco giusta" correranno a rifornirsene gli armadi dando così conferma di possedere un gusto poco maturo.In questi giorni riflettevo che,malgrado ognuno di noi abbia le sue preferenze (a me piace il tre bottoni)fossilizzarsi su un unica tipologia di giacca è un grave errore.A suggerire il taglio dovrebbe essere il tessuto,il disegno,il tipo di uso che se ne intende fare .Ad esempio la linea di un completo con gilet sarebbe valorizzata da una giacca a due bottoni,così pure un agile abito estivo in lino color corda o,perchè no, un mohair grigio alla Bond.Un tweed ,un abito invernale in grisaglia,o un bel fresco di lana andrebbero meglio declinati a tre bottoni.P.S. per quel che riguarda il marchio "London House,dovrebbe riferirsi a Rubinacci,non a Caraceni.Avresti la possibilità,ed il tempo,per scansionare i figurini per inserirli nei taccuini?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 09-09-2004
Cod. di rif: 1590
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Figurini Rubinacci.
Commenti:
Caro Lello,se riuscirai nell impresa di scansionare i figurini te ne saremo tutti grati.Si tratta infatti di materiale eccezionale e ,credo,rarissimo;mai avevo sentito parlare di figurini targati Rubinacci.Pensa che a quanto mi risulta la stessa "Maison" conserva tutti i registri con i dati relativi agli abiti usciti in più di sessant anni dai suoi laboratori,ma nessun figurino e quasi nessuna fotografia.Credo che tu abbia trovato un autentico tesoro,tanto più prezioso quanto più antichi risulteranno quei disegni (immagino risalgano agli anni 60-70;non oso sperare che siano più vecchi).Se ti è possibile scansionali,o fatteli prestare per qualche ora e fai delle fotocopie a colori degli originali.Le foto purtroppo spesso non rendono giustizia,specie se si tratta di reperti così pregiati.Un caro saluto.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 14-09-2004
Cod. di rif: 1608
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Segnalazione.
Commenti:
Segnalo a chiunque fosse interessato che su EBAY è attualmente in vendita un raro numero della rivista "Apparel Arts" datato Marzo 1941.L asta ha la durata di 5 giorni,5 ore e 54 minuti e il prezzo base è 50 dollari (poco meno di 50 euro).Chiunque volesse acquistare il prezioso reperto digiti sul motore di ricerca di EBAY "apparel arts" e verrà condotto alla pagina desiderata.C è già un acquirente per il lotto.Consiglio di aspettare fino agli ultimi minuti prima della scadenza dell asta e poi piazzare tempestivamente un offerta.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 14-09-2004
Cod. di rif: 1609
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Doppiopetto anni 30.
Commenti:
A rischio di sembrare impertinente mi permetto di chiedere al Gran Maestro Maresca una immagine maggiormante dettagliata e possibilmente più grande dello splendido completo doppiopetto illustrato nel taccuino 1071.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 15-09-2004
Cod. di rif: 1613
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Doppiopetto anni 30.
Commenti:
Esimio gran Maestro, Benchè ,come più volte puntualizzato nel corso di passati interventi,i miei interessi ed i miei gusti mi attraggano irresisistibilmente verso i due decenni successivi al II conflitto mondiale ,sono perfettamente consapevole che i due lustri dal 1930 al 1940 costituiscono (almeno dal punto di vista concettuale)la vetta nel campo del gusto e dell abbigliamento virile.Il suo doppiopetto si ascrive al migliore stile degli anni 30 (verrebbe quasi la voglia di inviare le foto a quegli sciagurati nipponici che convinti di ricostruire alla perfezione gli abiti degli "anni ruggenti" si limitano in realtà a rovistare nei sottoscala di infimi sartini e pessimi negozi di confezione del periodo).Osservando le immagini di quegli anni mi sono più volte dolorosamente reso conto che lo splendore dei figurini e dei fotogrammi dei più bei film di Hollywood e Cinecittà raramente si incarnava nelle strade e nella vita di tutti i giorni,e che gli abiti spesso risultavano legnosi e mal tagliati.Guardando i personaggi di quelle fotografie alla domanda che Lei,Esimio Gran Maestro, tempo fa ci invitò a farci:"vorrei io essere quell uomo"? rispondevo il più delle volte: "assolutamente no"!Vi era tuttavia,accanto alla massa,una esigua minoranza vestita in modo superbo,con una perfezione ed uno chic tali da essere raramente eguagliati in seguito.L abito che lei ci ha presentato appartiene a quest ultima sfera,e legittimo è il desiderio di ammirarlo in ogni suo particolare.Vi è poi una ragione più personale che mi induce a formulare la richiesta.Il doppiopetto da Lei indossato è pressocchè identico nelle proporzioni,nella linea dei revers,nella sciallatura degli stessi,nella stoffa matta a quelli che soleva portare il mio nonno materno,uomo di suprema e raffinata eleganza (vestiva in flanella e grisaglia in inverno,soltanto in lino d estate)purtroppo scomparso da molti anni.P.S.Gentile Gran Maestro mi permettà una curiosità;Il suo abito è stato confezionato a Napoli dal suo artigiano abituale? Un cavalleresco saluto, Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-09-2004
Cod. di rif: 1620
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Bentornato MR Alden.
Commenti:
Gentilissimo MR Alden, con immenso piacere torno a leggere un suo intervento dopo una pausa,ahimè,troppo lunga.Mi trovo perfettamente daccordo con lei circa il giudizio sul morning coat del fratello del Signor John Elkann-Agnelli.Sono certo che una visita presso un atelier come la "london house" di Rubinacci ,a Napoli, avrebbe sortito un più felice risultato nel solco di quell understatement che è premessa necessaria alla vera eleganza.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 08-10-2004
Cod. di rif: 1660
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: A Londra,a Londra !
Commenti:
Gentile Gran Maestro,sottoscrivo in pieno il suo pensiero su Londra come ultima Atene.Sono sempre stato convinto che la diminuzione della potenza Britannica e la dismissione dell Impero abbiano rappresentato una terribile sconfitta per la Civiltà.Ritengo che qualunque tentativo di restaurazione dei tradizionali valori Maschili non possa che passare per Londra.A questo proposito avrei una richiesta da farle.Sarebbe possibile per il Cavalleresco Ordine realizzare dei dettagliati disegni tecnici e dei figurini di giacche ed abiti di puro stile Britannico ad uso dei maestri sarti? Questa idea,spero non peregrina,mi frulla nelle mente già da tempo,per la precisione da quando Ella inserì nei taccuini le immagini della "tasca all Inglese" con pattina cucita direttamente sopra al tessuto.Ho chiesto al mio sarto di adottarla su un completo in grisaglia che sto facendomi confezionare per l inverno,e sono completamente soddisfatto del risultato che giudico più pulito rispetto all italica tasca a "friso".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 21-10-2004
Cod. di rif: 1709
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Commenti.
Commenti:
Gentile Signor Granata,grazie per le belle immagini che ci riportano indietro all epoca d' oro di Hollywood e di Saville Row.Per quel che concerne gli abiti mostrati,trovo superbo il completo monopetto con panciotto indossato da Stewart al taccuino N 1177,anche se forse la tasca applicata ed il cran un pò troppo basso dei revers sciupano un pò l insieme.Magnifico il tessuto "finestrato",splendida la cravatta (e le ragazze che accompagnano il simpatico attore,specie quella di sinistra).Il doppiopetto al taccuino 1180 a me non piace.Mi sembra eccessivamente chiuso,legnoso,poco armonioso.Terribili le lancie dei revers in orizzontale che contribuiscono ad appesantire la figura (e col personale di James Stewart,altissimo , snello e dinoccolato l impresa non era facile ).Quest abito mi ricorda le riproduzioni giapponesi dei vestiti anni 30 di cui ci siamo occupati in passato.Paradossalmente più felice mi sembra il doppiopetto del personaggio ritratto a destra.L uomo al taccuino 1176 indossa un bel completo monopetto a due bottoni,con allacciatura alta.La foto deve essere stata scattata tra il 1928 ed il 1932.La giacca ha ancora uno stile prettamente anni 20,ma i pantaloni stanno già allargandosi.Se dovessi indicare un anno direi 1929.Il completo mostrato al taccuino 1179 (di cui vediamo i pantaloni a 1178) risale certamente alla fine degli anni 30 (direi 1939-40,impressione confermata anche dal tailleur e dal cappellino della sua gentile accompagnatrice).C è da registrarsi in quel periodo una tendenza al ritorno al monopetto tre bottoni,sospesa dalla guerra e ripresa prepotentemente a partire dal 1946.Il taglio è ancora modellato con spalle imponenti,c è tuttavia nell aria il sentore di un ammorbidimento delle linee.Sinceramente,pur essendo un completo interessante non mi fa impazzire (forse perchè il primo bottone pur slacciato, non apre abbastanza dando origine al delizioso effetto della "rollatura").Inoltre con un vestito di questa tonalità sarebbe stata più felice la scelta di una cravatta scura a disegni piccolissimi (ma forse l uomo indossa la cravatta del suo club,della sua scuola, o del suo reggimento).

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-12-2004
Cod. di rif: 1821
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tesori in fondo al mare.
Commenti:
Gentile Gran Maestro,Per quel che mi consta la storia del "cuoio di Russia" recuperato nel relitto di una nave affondata intorno gli anni 70 del XVIII secolo al largo del Galles è autentica.Ricordo distintamente di aver letto un articolo concernente lo straordinario rinvenimento ,accompagnato da alcune interessanti foto,su un numero di "Panorama" (o di "Epoca")verso la fine degli anni 80.Le pelli facevano parte di uno stock acquistato da una ditta Londinese ,e mai giunto a destinazione.Mi sono sempre chiesto quale fosse stato il destino di quel cuoio favoloso,ora grazie a Lei conosco la risposta.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 08-12-2004
Cod. di rif: 1825
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Ricerche in archivio.
Commenti:
Egregio Gran Maestro,Gentile Carnà.Effettivamente credo di aver letto l articolo sul cuoio di Russia intorno al 1988 o 89,dunque i tempi combacerebbero.Ricordo foto del relitto e di alcune pelli esaminate sopra un tavolo.Rammento distintamente di aver letto che oltre alle pezze di cuoio erano stati recuperati anche stivali e scarpini confezionati nello stesso materiale oggi preziosissimo,ma nel XVIII non particolarmente raro.Sembra che i cuoi siano stati protetti per tutti questi lustri dallo strato limaccioso depositatosi al fondo del relitto.Mi rammarico di non aver conservato l articolo,anche se forse potrei compiere delle ricerche tra scatoloni di vecchie riviste di una mia casa in campagna,ma per serietà non voglio dare eccessive speranze.Passando ad altro argomento ho compiuto in queste settimane una ricognizione nel mio vasto archivio,digitale e cartaceo,alla ricerca di immagini relative a doppiopetti alla Olivier.Con mia grande sorpresa non ne ho trovata nessuna.Molti i baveri "richiamati",diversi quelli con ampia sciallatura data dall abbottonatura ravvicinata,moltissimi quelli accostati.Ho invece trovato alcuni "olivieriani" tra i figurini,come se questa particolare lavorazione fosse un ideale a cui tendere,ma molto difficile poi a "farsi carne",ad inverarsi nella realtà.Continuerò le ricerche.Se non rammento male dovrebbe esserci in un libro acquistato qualche anno fa una fotografia dell Ambasciatore Edgardo Sogno con doppiopetto dai baveri "Olivieriani".Vedremo.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 25-12-2004
Cod. di rif: 1845
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Buon Natale.
Commenti:
Egregio Gran Maestro,Magnifico Rettore De Paz,Esimii Cavalieri,Gentili Visitatori.Approfitto di questa lavagna per porgere a tutti voi l augurio di un lieto Natale che sia prodromo per un sereno 2005.Vorrei altresì segnalare l inserimento nelle lavagne di una piccola galleria dedicata allo smoking monopetto con revers a scialle,una tipologia oggi forse un pò negletta ma a mio giudizio degna di essere riscoperta.Se ben confezionato,magari in barathea blù midnight, e portato con i giusti accessori (mai una camicia con collo diplomatico,mai una cravatta troppo ampia che risulterebbe sproporzionata ai revers)questo dinner jacket dona una silhouette disinvolta,snella ed elegante.P.S. vorrei scusarmi con Lor Signori per qualche piccolo refuso nel testo della lavagne,forse imputabile all ora tarda ed alle ampie libagioni di questa Santa notte. Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 26-12-2004
Cod. di rif: 1847
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Flanella d' estate
Commenti:
Esimio Gran Maestro,Lei tocca un argomento interessante :l uso della flanella nella stagione estiva.Da moltissimi testi degli anni 20 e 30 sembra evincersi che uno dei capi estivi più popolari e consigliati fossero i "pantaloni di flanella bianca".Numerosi figurini di "Esquire" anni 30 propongono il doppiopetto di flanella grigia come abito ideale per l Estate,sopratutto per i turisti Statunitensi in Europa.Addirittura tra i tessuti in cui farsi tagliare la giacca bianca dello smoking figura la "flanella color latte".Insomma sembra che la flanella venisse considerata quasi alla stregua del lino o del fresco di lana ! La cosa mi ha sempre sbalordito. Immagino che per l' estate fosse riservata una flanella leggerissima,quasi impalpabile,forse oggi non più in produzione.Per quanto stiamo parlando di un epoca in cui la maggioranza delle persone affrontava le stagioni più calde con pressapoco gli stessi pesi dell Inverno (ad esempio non riuscirò mai a comprendere come i militari di allora riuscissero ad indossare,in Italia ad agosto,le stesse divise di panno ispido e pesante portate a gennaio senza svenire)mi è difficile figurarmi qualcuno vestito di flanella nei mesi più caldi.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 27-12-2004
Cod. di rif: 1850
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Pesi militari
Commenti:
Caro Raffaello,L epoca di cui paravo è molto più lontana di quella in cui tu vestisti la divisa.Fino al 1909 circa,ufficiali,sottoufficiali e truppa vestivano,sul territorio metropolitano (ossia nazionale) con pesanti uniformi di panno,giubba a collo chiuso turchino scuro e pantaloni celeste azzurro),sia in estate che in inverno (solo al campo,verso la fine del XIX secolo era prevista una ,poco pratica ,tenuta in tela bianco sporco,come mostrano molte pitture d epoca di argomento militare).Dal 1909 fu introdotta l uniforme grigio-verde,in diagonalino (o cordellino che dir si voglia) per gli ufficiali ed in panno per la truppa.Anche quì si trattava di un unico modello buono per tutte le stagioni e con bavero in piedi.Nel 1934,con la famosa riforma Baistrocchi vennero introdotte le uniformi con colletto aperto.Per ufficiali e sottoufficiali erano facoltativa,nei mesi estivi delle belle divise di tela di cotone bianco( molti se le facevano confezionare in seta) ;ma queste uniformi erano prescritte soltanto fuori servizio o in ufficio.Per il resto si doveva continuare ad indossare il diagonale grigio-verde.Per la truppa di divise di tela nemmeno a parlarne: panno pesante (ed ispido) pure ad agosto.Immagina di dover prestare servizio a Napoli,o a Siracusa in luglio con un uniforme di lana pesante,fasce mollettiere ,pure in lana,camicia e cravatta di lana-rayon,berretto di panno (ma anche il diagonale da ufficiale quanto a peso non scherzava affatto)!Ho visto fotografie di carabinieri in servizio d ordine a Messina per la visita di Mussolini,durante la torrida estate del 1937,nelle pesantissime uniformi di panno turchino scuro d anteguerra (per non parlare di quelli in "grande uniforme speciale" di foggia ottocentesca,doppiopetto con bavero alto e chiuso)!Dopo la II guerra mondiale.per influsso del costume militare anglo-americano le cose fortunatamente cambiarono.Vennero adottate combinazioni in tela,con o senza giubba,per la truppa ed in fresco di lana per ufficiali e sottoufficiali.Oggi i pesi delle uniformi sono incomparabilmente ridotti rispetto a quelli di settant anni fa.Persino l uniforme storica della Benemerita è oggi realizzata in pettinato di lana leggera,anzichè panno (a proposito,sai che recentemente hanno sostituito persino il panno rosso delle bande dei pantaloni con un tessuto sintetico pettinato di analogo colore,presumo per facilitare il lavaggio a secco).Ho avuto modo di visionare delle giubbe in cordellino da ufficiale modello 1934.Posso assicurarti che la stoffa è rigida e pesante come quella di un odierno cappotto (venivano adoperate anche come uniformi da campagna,quindi dovevano essere resistenti a spine e rovi).Di sicuro i nostri nonni possedevano una resistenza al caldo maggiore di quella odierna,ma certo che resistere in quelle tenute all afa della stagione estiva doveva essere sovraumano.Per concludere la nosra chiaccherata,fuori tema (spero che il Gran Maestro ed il Rettore ci perdoneranno)mi sono sempre chiesto chi diavolo disegnasse quelle divise.Un minimo di buon senso avrebbe dovuto suggerire la sostituzione delle assurde mollettiere con gambali di canapa allacciati lateralmente da fibbiette,e l introduzione di una tenuta estiva in tela tipo "sahariana" anche per il territorio nazionale.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 25-01-2005
Cod. di rif: 1877
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Errori di gioventù.
Commenti:
Gentile Cavalier Villa,una disavventura simile a quella da Lai descritta toccò anche a me,pressapoco negli stessi anni.Per un ragazzo appena affacciatosi al mondo del classico era difficile a metà degli anni 80 resistere alla sirene ingannatrici della pubblicità. Già la scelta di andare dal sarto pareva contro corrente (ricordo i consigli di alcuni amici modaioli :"ma perchè invece non ti compri un bell abito di Armani").Ai tempi Sergio Loro Piana (che a me pareva elegantissimo in doppiopetto Caraceni simil "Duke of Windsor style")pontificava da tutte le riviste specializzate che bisognava tornare ai tagli del passato,ma declinati in pesi "moderni" e leggerissimi.Uno dei miei primi completi fu un tasmanian monopetto a tre bottoni:ne rimasi delusissimo.Volevo,nella mia follia,somigliare a Cary Grant invece sembravo un managerino di serie B.Intollerabili le stazzanature delle giacca (osceni tagli,laddove le pieghe croccanti dei vestiti in lino irlandese paiono sublimi),da gettare i pantaloni dopo un uso di appena qualche ora.L abito si consumò dopo appena qualche anno,e venne gettato senza rimpianti.Da allora,mai più Loro Piana.Poi basta vedere le recenti insopportabili pubblicità di quella ditta dove un gusto da nuovi ricchi da telenovela viene spacciato per stile.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 27-01-2005
Cod. di rif: 1881
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Stazzonature.
Commenti:
Si,d accordo Signor Boggio,non tutti sono Cary Grant,ma le stazzonature,la pessima traspirazione di un tessuto troppo battuto ed una scarsa resistenza ad una normale usura restano.Che poi quelle stoffe vengano confezionate con materiale d alta qualità è un altro discorso.Ma chi vuole ritrovarsi dopo poche ore in poltrona con i rimborsi sotto l inguine ed i calzoni a fisarmonica? Un simile effetto non è stato da me riscontrato con prodotti similari di altre case ugualmente "commerciali",ad esempio Zegna.Credo che leggerezza e comfort per chi neanche in inverno ama tessuti troppo pesanti possa essere meglio raggiunta usando tessuti del tipo "3ply fresco".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 26-04-2005
Cod. di rif: 1944
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Il "vestito buono" borghese.
Commenti:
Gentili Signori,vorrei approfittare delle ultime considerazioni dell Esimio Gran Maestro Maresca sul "vestito buono" per rendere il dovuto omaggio ad un epoca ed ad una generazione di uomini,cui tutti noi dobbiamo molto.In questi giorni la Rai sta dedicando uno sceneggiato in due puntate,per altro non spegevole,alla figura di un grande Italiano:Alcide De Gasperi.Come spesso accade la televisione ha compiuto il miracolo,e da polverosi archivi sono saltate fuori,per essere pubblicate sui vari quotidiani le immagini del rimpianto statista Trentino.De Gasperi indossava la versione "borghese" ,tardi anni 40-primi 50, del "vestito buono":un doppiopetto di grisaglia grigia,o "principe di galles a piccoli quadri",con camicia bianca e sobria cravatta scura rigata o a piccoli disegni.Osservando quelle immagini di anni ormai lontani trovo,insieme alla composta dignità dell uomo,un immensa eleganza ormai irragiungibile,perduta per sempre,perchè non fatta semplicemente da stoffa e taglio di un buon sarto.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 27-04-2005
Cod. di rif: 1949
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Lo spirito dei tempi.
Commenti:
Gentile Gran Maestro,sono stato imprudente.Mai giudicare un programma televisivo soltanto dalla prima puntata.Chi pretende di ricreare un epoca storica dovrebbe documentarsi non solamente su automobili,uniformi,arredi,fogge di abiti,ma anche e sopratutto comprendere lo spirito di coloro che in quell epoca vissero.Gli uomini della generazione di De Gasperi mai avrebbero rimosso le giacche a doppiopetto delle loro grisaglie,ultimo equivalente moderno della toga del "Civis Romanum" ,neanche nella più torrida delle estati.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 09-06-2005
Cod. di rif: 2006
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "Pinhead unfinished"
Commenti:
Vorrei chiedere all esimio rettore De Paz che tipo di tessuto è quello che accompagna gli splendidi calzini in seta a quadri,tono su tono,nel taccuino Cod. rif: 1604 ? Nel figurino l' abito in questione viene descritto come "pinhead unfinished worsted suit".Un microquadrettato?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 20-06-2005
Cod. di rif: 2026
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Linea snella e Mods.
Commenti:
Esimio Rettore De Paz,Condivido e plaudo al suo ultimo dotto intervento sui Mods,magistrale per sintesi e chiarezza espositiva.Tuttavia credo sia importantissimo sottolineare che per quanto concerne l abbigliamento il fenomeno Mods è un interessante episodio inscritto in un lungo percorso (oggi si direbbe "trend")molto più generale ,compreso tra l' alba degli anni 50 ed il tramonto dei 60,un percorso iniziato dai Sarti Italiani.La linea snella,con giacca a tre bottoni,revers asciutti,cravatta sottile e pantaloni spesso senza risvolti iniziò assai prima del fenomeno Mods,e conobbe per almeno tre lustri un maggioritario successo di pubblico in tutto il mondo occidentale.I Mods Inglesi semplicemente adottarono la contemporanea linea snella e pulita già in uso da anni sul Continente e negli Stati Uniti,esagerando alcuni particolari come ad esempio la ridotta ampiezza dei revers e delle cravatte o dei pantaloni.Questa foggia non comincia con loro e non si identifica soltanto con loro,bensì con un intera epoca.Interessante è altresì notare che il grande circo della moda,sempre in cerca di nuove suggestioni e riferimenti perchè intrinsecamente povero di valori e certezze,ha già da qualche anno riesumato tagli e proporzioni anni 50/60.Questa tendenza per altro ha non poco influenzato anche i più giovani clienti delle sartorie,che sempre più chiedono giacche a tre bottoni con revers piccoli , spalle naturali e pantaloni stretti e dritti.Se dunque concordo con lei sull accantonamento del fenomeno Mod "puro e duro",temo invece di non essere d'accordo sul fatto che la linea di quegli anni sia oggi fuori moda.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-07-2005
Cod. di rif: 2042
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Britannia !
Commenti:
In queste tragiche ore desidero esprimere la mia piena solidarietà al grande popolo Britannico,ed alla nobile città di Londra,colpite da un sordido,vile attentato da parte dei barbari."Non prevalebunt".Già in passato altri barbari,di ben altro calibro rispetto agli attuali mangiatori di datteri,cercarono invano di piegare le genti di Britannia con centinaia di bombe e razzi.Al serpente nazista fu inesorabilmente schiacciata la testa ;così è stato,così sarà ancora.Rule Britannia!

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-07-2005
Cod. di rif: 2046
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
Commenti:
Gentile Gran Maestro ,ha ragione,mi scusi.Non essendo riuscito ad impormi un maggiore autocontrollo di fronte agli eventi,capisco che ancora lunga è la strada che ho da percorrere.Riflettendo ho ben compreso che,meglio di mille parole, interventi come quello da lei inserito nei taccuini si Eaton e Ascot costituiscono il miglior omaggio a ciò che consideriamo "Civiltà".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 16-07-2005
Cod. di rif: 2056
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: La misura di Bond.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,Egregio Cavalier Villa.Vorrei chiedervi un "expertise".A giudizio del vostro occhio allenato ,quanti centimetri sono larghi i revers nello smoking bianco di Bond del film "Missione Goldfinger" (1964),e quanto larghi nel white dinner jacket di "Una cascata di diamanti" (1971)? Entrambi gli abiti da sera furono confezionati da Anthony Sinclair,sarto in Conduit street.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 16-09-2005
Cod. di rif: 2132
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Considerazioni di fine estate.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,Trovo felice e ben centrata,come una freccia che si conficchi al cuore del bersaglio,la sua osservazione sul mutamento genetico delle ultime generazioni.E' vero, il freddo è sparito dalla percezione,oserei dire persino dai ricordi ancestrali,dei più giovani ,e le ragazze di oggi(complici vitamine e carboidrati)sono riuscite in ciò cui fallirono le Dame del Direttorio;girare seminude anche in inverno.Per il resto non v è dubbio che il latitare di giacche e cravatte nel periodo estivo è dovuto più a nuovi schemi mentali e culturali che alla colonnina di mercurio.Grazie agli ormai diffusissimi ed onnipresenti impianti di aria condizionata mai nella storia vi è stata un epoca in cui l' andare in giro in piena estate abbigliati di tutto punto risulterebbe assolutamente agevole ed indolore.Se impiegati e dirigenti indossano camiciole e jeans in banca o in uffici pubblici climatizzati ,laddove solamente trent anni prima i loro predecessori portavano abiti completi con 30 o 35 gradi di calore (e l unico ausilio delle finestre aperte o di qualche raro ventilatore)è ovvio che il cambiamento riguarda la sociologia e non la metereologia o la medicina.Mi perdoni,ma non credo affatto che la nostra civiltà sia al suo termine.Ricordo perfettamente che negli anni 70 era di moda considerare spacciata la civiltà occidentale e borghese,arrivata a detta di tante forse non disinteressate cassandre all ultimo stadio del suo declino.Il comunismo avrebbe infine "seppellito la cavalla bolsa" ;si è poi visto come andò a finire.Ancora trent anni prima in taluni Stati d' Europa si parlava dell occidente "demoplutocratico" come di un malato decrepito e terminale che presto sarebbe stato seppellito da un "nuovo ordine".Anche in questo caso la Storia si è incaricata di smentire le fosche previsioni.Nessuna civiltà più della nostra è in grado di adattarsi a nuove condizioni, flettendosi e modellandosi a secondo dei cambiamenti epocali.Ciò che accade in questi anni è appunto uno di questi mutamenti di pelle,e del resto la sempre più vistosa e rapida occidentalizzazione di paesi come la Cina dimostra che i nostri modelli sono tutt altro che declinanti.Tornando all abbigliamento,sono convinto che anche in questo campo sia attualmente in atto un mutamento d'epoca.Attualmente l' abito completo a due o tre pezzi è relegato dai più a divisa di lavoro o tenuta cerimoniale.Questa tendenza si accentuerà sempre di più nei prossimi anni, ed esattamente come accadde un secolo fa a redingotte e morning coat il completo "giacca e cravatta" diverrà l' abito da cerimonia del XXI secolo per poi infine sparire.Il processo sarà lento,anche a causa della mancanza di un sostituto della stessa forza della novecentesca "giacchetta corta" rispetto agli abiti a code.A metà del prossimo secolo vi saranno ancora diversi maturi signori in completo e cravatta,non diversamente da come intorno al 1840 v' erano alcuni anziani gentiluomini che si ostinavano a portare la parucca incipriata ,le polpe e lo spadino (rammentiamo tutti il Conte Monaldo Leopardi,padre del grande Giacomo).Tempo fa ci chiedemmo cosa mai prenderà il posto dell abito novecentesco.Credo che la risposta sia il tre pezzi camicia-felpa-pantaloni (uniti ad un giaccone) per l inverno,ed il due pezzi camicia-pantaloni in estate.Inevitabilmente si formeranno dei nuovi codici vestimentari e cromatici,delle nuove regole non meno rigide di quelle precedenti,dei nuovi e precisi canoni qualitativi,che l eguaglianza è soltanto un irrealizzabile utopia.Tutto questo è in embrione,e ad esempio sembrerebbe già delinearsi tra i più raffinati giovani una tendenza verso le camicie di lino bianco in estate ,considerate più "habillè" di quelle di cotone.In uno scenario come quello appena delineato sarebbe a maggior ragione sciocco ed insensato accontentarsi di un anonima confezione o di un poco divertente su "misura industriale" in luogo di un appagante processo che partendo dalla scelta di una stoffa porti ,attraverso prove e ritocchi, alla consegna di un capo realmente e totalmente nostro.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 24-09-2005
Cod. di rif: 2145
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Le delizie dello shantung.
Commenti:
Esimio Cavalier Forni,sono d'accordo con lei,lo shantung di seta,appena brillante sotto le luci artificiali ma non lucido,è un tessuto stupendo.Tra i migliori fino a non molto tempo fa c'era quello di Bocchese.Oggi "non è più di moda",dunque è divenuto quasi introvabile.Per la sera in estate nulla di meglio di un completo in shantung blù (o perchè no,azzurro scuro).Quanto al gilet ho già deciso che il mio prossimo vestito sarà un tre bottoni "principe di galles" con panciotto.Se dovesse "invecchiarmi" tanto meglio.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 26-09-2005
Cod. di rif: 2157
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "Arbiter" Agosto 1937.
Commenti:
Esimii Signori,per un insperato colpo di fortuna sono riuscito a reperire ed acquistare su E-Bay un rarissimo numero della nota ed ormai introvabile rivista Italiana di moda Maschile "Arbiter",datato Agosto 1937.Oggi il prezioso cimelio mi è stato recapitato,e considero mio dovere condividere con voi il contenuto di quello scrigno di carta.Inizierò col pubblicare un articolo,a mio avviso molto interessante;un intervista con l' attore Inglese Paul Cavanagh,caratterista nella Hollywood degli anni ruggenti e protagonista della commedia "boulevardienne" nei teatri del west end Londinese.Nel leggerla dobbiamo tener conto sia che per quanto il clima politico tra Italia e Gran Bretagna fosse in quegli anni abbastanza surriscaldato, nel 1937 i rapporti tra i due paesi sembravano aprirsi ad una schiarita,sia che la rivista "Arbiter" era per sua natura,e per quanto i tempi potessero concederlo, piuttosto "filobritannica".Ritengo dunque l'intervista veritiera e non viziata dalla propaganda."LA MODA INGLESE IN PERICOLO ?-
Se noi Inglesi non facciamo attenzione finiremo per diventare gli uomini peggio vestiti del mondo e Londra cesserà di esser la culla delle eleganze mascoline
Così mi parla Paolo Cavanagh, discendente di una storica famiglia inglese, attore di fama internazionale ed uno dei « dieci uomini meglio vestiti
del mondo che costituiscono la ristretta legione degli « arbitri delle eleganze mascoline
Dove sono i” beaux brummels “ di un tempo? » — aggiunge con tristezza il Petronio britannico ricevendomi nel suo lussuoso appartamento del May fair.
Dove sono quegli uomini eleganti e rappresentativi che formavano un tempo il privilegio della nostra razza? Dove sono quei modelli di buon gusto e di raffinatezza che portavano in giro per il mondo la moda maschile londinese? Andate a teatro — per esempio
— o a qualche ricevimento ufficiale e ditemi quanti uomini vedrete ancora che possano dirsi veramente ben vestiti. Se è vero che l’abito è lo specchio dell’individuo, che cosa sono diventati i nostri uomini giudicandoli dai loro abiti? Le donne — queste adorabili ma pericolose creature sulle quali il nostro secolo ha concentrata tanta attenzione — hanno pian piano tolto all’uomo la sua personalità e ciò si riflette nel suo abbigliamento. Non crediate ch’io sia un anti-femminista, ma non posso far a meno di notare un declivio di virilità che si rispecchia nell’abito maschile. « Vestitevi il più sobriamente possibile » — dicono all’attore impresari e registi soltanto l’abito femminile deve esser messo in evidenza, quello maschile non conta nulla
E perchè? rispondo io. Forse che l’uomo non ha un ruolo proprio nel quale la sua toeletta è così importante come quella della donna? Perchè questo desiderio di togliere all’uomo la sua personalità? Perchè farci tutti uniformi, tutti uguali gli uni agli altri, Tutti sottomessi a questo invadente femminismo che vuoI metter gli uomini nell’ombra?
Per mio conto mi sono sempre rivoltato a questa corrente demoralizzatrice e distruttrice dell’individualità maschile e credo che la reazione sia ora più che mai necessaria contro questa invadente lairser aller » mascolino che è indice di decadenza. Osservate i Paesi ove la virilità si afferma con nuovo impulso — come l’Italia (N:B: probabile interpolazione dell' intervistatore)— e vedrete che questa virilità si afferma con un sensibile miglioramento nell’ abito mascolino.
Per contrasto voi vedrete qui a Londra — nella capile della moda-
una trascuratezza che rattrista ed impressiona. Sono stato vari anni in America e ritornando qui non
posso quasi credere ai miei occhi .Osservate per esempio — il gran
numero di cappelli mosci che si vedono per le strade. quasi tutti neri:
si direbbe che i nostri uomini abbiano vergogna di mostrarsi eleganti come
lo erano i loro padri e i loro nonni e preferiscano nascondersi nell ‘oscurità della massa; Gli stranieri che una volta ci ammiravano
debbono pensare
che Londra abbia perduto il genio della moda mascolina e che Savile Row — con i suoi sarti ultra-aristocratici dove non si ricevono che clienti di marca — sarà ben presto una curiosità del passato.
Non esagero. Oggi gli uomini inglesi ben vestiti si contano sulle dita di una mano: anche l’ex Re Edoardo
— un vero amico della moda mascolina — se n’è andato e se non facciamo presto non ci sarà più nessuno a conservare la vecchia tradizione.
Bisogna reagire e per mio conto lotto con l’esempio. Dalla scena che è il grande specchio del mondo ove la vita sociale si riflette nella più limpida verità — io mi sforzo di guidare il pubblico sulla necessità di un ritorno all’eleganza nella toeletta mascolina . Quanti dei nostri attori fanno altrettanto? E quanti fra i grandi artisti del cinema possono dirsi vera mente ben vestiti? A Hollywood
dove sono stato lungo tempo — ho trovato che i buoni sarti mancano quasi completamente e che gli artisti — a forza di sentirsi dire che i loro abiti non hanno importanza finiscono
per crederlo e per vestirsi in conseguenza. E pure non soltanto il taglio ma anche la scelta di una stoffa è di estrema importanza per un attore cinematografico: vi sono certi tessuti che — alla luce del mercurio e degli spotlights » — cambiano assai e fotografano malissimo, mentre altri sembrano assai più adatti. Vi è tutta una esperienza da fare in questo campo e chissà che un giorno non si fabbrichino stoffe fotogeniche e i nostri registi s’inducano a dare all’abito
maschile l’importanza che gli spetta.
Per il momento io affermo che l’uomo non deve rinunciare all’individualità del suo abito perchè ciò facendo egli rinuncia alla sua personalità e s’avvia fatalmente alla decadenza. Ciò sarebbe un controsenso proprio nel momento in cui più si parla di maggior prosperità e di maggior benessere nel mondo
Così conclude Paolo Cavanagh — artista e uomo di mondo — che può per mettersi il lusso di spendere ogni anno una piccola fortuna a Savile Row — la strada dei sarti per milionari.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 30-09-2005
Cod. di rif: 2165
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Regimental della Guardia Nobile Pontificia.
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Egregio Gran Maestro, Ottimi Cavalieri, Gentili Scudieri ed Esimii visitatori,Chiedo il vostro ausilio per reperire notizie o immagini della cravatta regimentale portata a Roma dai membri della (ahimè)disciolta Guardia Nobile Pontificia.La Guardia era un corpo armato pontificio a difesa della persona del Papa(fu istituito da Pio VII nel 1801),ed era composto da una singola compagnia comandata da un tenente-generale (sempre un principe romano). Veniva reclutata tra le grandi famiglie dell Urbe ed era composta da una cinquantina di guardie in tunica rossa ,o in corazza dorata nelle grandi cerimonie, con un casco a cimiero in testa. Faceva servizio nelle anticamere pontificie e accompagnava il Papa nei suoi spostamenti. fu soppressa da Paolo VI nel settembre 1970, ma in realtà ancora oggi lo spirito della Guardia Nobile non è morto: smilitarazzato il corpo, si è puntato sulla Messa domenicale per tenere uniti gli appartenenti, e corre voce che le leve più giovani ambirebbero a ritornare ai fasti del passato, ancora pronti a donare la loro vita pur di salvare quella del Romano pontefice.Il noto sarto Capitolino,Roberto Capucci disegnò negli anni 60 per i membri della Guardia Nobile una cravatta regimentale a bande "arancio bruciato e prugna".Sarei grato a chiunque potesse fornire materiale iconografico o informazioni sullo straordinario indumento,raro esempio di regimental italiana.Grazie,Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 03-10-2005
Cod. di rif: 2168
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Dai taccuini:Italia-Inghilterra.
Commenti:
Egregio Gran Maestro, Ottimi Cavalieri, Gentili Scudieri ed Esimii visitatori,riporto in queste lavagne il testo appena inserito nei taccuini. Continuo la pubblicazione in queste pagine degli estratti più significativi dal numero di "Arbiter" dell agosto 1937.L'articolo che riporto più sotto potrebbe a prima vista sembrare frutto del deprecabile clima di ostilità venutosi a creare tra L'Italia e l'Inghilterra dopo la campagna d'Etiopia del 1936 e le conseguenti sanzioni al nostro paese.Tuttavia dobbiamo considerare che per sua stessa natura "Arbiter" era,negli anni 30,una rivista piuttosto "anglofila",e che nel 1937 i rapporti con la Gran Bretagna parevano in miglioramento.Il pezzo sembra peraltro molto equilibrato , per nulla sciovinista,ed in parte condivisibile.Credo che,lasciando da canto la politica esso costituisca un importante testimonianza della nascita di un gusto ed uno stile Italiano.Non dimentichiamo che vent'anni dopo saranno i sarti Inglesi più giovani e dinamici a "sciacquare in Arno" (anzi, in Tevere)i loro panni. “SI DOMANDA SE È PROPRIO VERO CHE GLI INGLESI SIANO ARBITRI DELL’ABBIGLIAMENTO MASCHILE. L ‘amore per il proprio Paese ed il desiderio di vederlo primeggiare in tutti i campi, non debbono far velo agli occhi e fuorviare le coscienze fino al punto d’innalzare lo sciovinismo al rango di dogmatica religione. In altri termini: non esagerare nel trovar bello tutto ciò che si fa in casa propria e detestabile tutto ciò che si fa in casa altrui. Che i sarti italiani siano in prima linea fra i migliori del mondo è indubitato e in dubitabile. Che tutti i buoni sarti siano italiani sarebbe ridicolo affermarlo. Che gli uomini italiani vestano bene ed abbiano innato il senso della raffinata eleganza è certissimo. Che gli inglesi vestano male o siano cafoni nessuno lo può seriamente affermare. L’Inghilterra ha sempre goduto meritata fama di essere all’avanguardia in fatto di abbigliamento maschile. Negare questa verità vorrebbe dire farsi coni- patire! Noi, dunque, non negheremo niente e lasceremo agli inglesi la fama di primeggiare sulla scena dell’eleganza maschile. Soltanto contesteremo ad essi il diritto di erigersi ad arbitri dell’eleganza stessa e ciò per il fatto che su quella medesima scena sulla quale gli inglesi dovrebbero primeggiare ci siamo anche noi italiani con la nostra chiara, assoluta ed inequivocabile pretesa di non essere inferiori a nessuno. Se si dovesse fare un concorso per stabilire una graduatoria dell’eleganza mascolina molto probabilmente noi italiani vinceremmo specie per quello che riguarda la raffinatezza ed il buon gusto. Ma un concorso simile non è facile farlo, ragione per cui dobbiamo riconoscere agli inglesi i meriti che hanno senza per questo dimenticare i mariti nostri. E’ puerile togliere merito a chi lo possiede, ma è ancor più puerile genuflettersi come tanti fanno davanti ai pretesi meriti altrui specie quando si può avere la coscienza di possederne altrettanti. C’è ancora molta gente che va in sollucchero quando parla della capacità britannica in materia di abbigliamento maschile: e fra tale gente vi sono quasi tutti i negozianti di articoli del genere. Non pensano, costoro, che riconoscendo la superiorità altrui (anche se giustificata dalla mag giore disponibilità di mezzi) riconoscono la propria inferiorità e danno a se stessi una patente di incapacità che certo non li onora. E’ tempo di finirla con le genuflessioni davanti ai pretesi altari britannici dell’eleganza maschile. L’ltalia possiede altari altrettanto luminosi e solenni. Ora ecco, dopo le parole della pagina precedente i fatti che stanno a dimostrare il realismo di quanto affermiamo. Guardate queste quattro fotografie inglesi. Potrete scorgere anzitutto il trionfo del classicismo ovverossia una dimostrazione inoppugnabile del celebre conservatorismo britannico. Presi nel loro assieme questi quattro capi di vestiario sono tutt’altro che malvagi: anzi sono fatti molto bene e l’esecu zione non consente il minimo rilievo. Come taglio e come arte sartoriale siamo perfettamente a posto e sarebbe ridicolo voler muovere delle critiche ai sarti che li han confezionati. Esaminiamoli anzi brevemente uno per uno per metterne in evidenza le caratteristiche. Co minciamo dal soprabito: il risvolto è ampio come la moda d’oggi richiede, però in quei tre bottoni scoperti piazzati lì come tre fanali c’è dello stile di carattere umbertino. La spalla è lavorata bene ma il soggetto fotografato darebbe l’impressione di non calzare a pennello il soprabito. Guardate poi com’è inglese quell’enorme pattelletta e che ampiezza di manica al polso! Non si può dire che sia un brutto soprabito. E’ un soprabito inglese. Molti nostri sarti ne farebbero forse di peggiori e di meno moderni ma però più aggraziati e più gustosi. Osservate ora la velada (Nota-“Velada ,vocabolo riesumato pare da Gabriele D’Annunzio.Nel XVIII secolo indicava un tipo di giubba a code.Durante la campagna per l’italianizzazione dei termini stranieri venne adottato,con scarsissimo successo,per indicare il Tight.L’ altro vocabolo italiano per definire l’abito da mattina con giacca a code,”Finanziera”,non venne preso in considerazione perché sembra ricordasse un po’ troppo la deprecata “Italietta” umbertina.-Fine Nota). della figura a destra in pagina 388. E’ tagliata da maestro, eppure chi l’indossa sembra vestito come colui che pronunciò il discorso inaugurale della fabbrica d’aeroplani dei fratelli Wright che è stata fra le prime del mondo. Conservatorismo al mille per cento. Ed eccoci alle due giacche delle figure qui sotto. Il doppiopetto di sinistra non fa una grinza con le sue tre coppie di bottoni di cui una (la superiore) perfettamente inutile. La lu è rigorosamente classica, la montatura sobria, le tasche vanno proprio dove sono, l’attillatura è sufficiente: ma una giacca simile il sarto... potrebbe averla fatta anche per il nonno del signore che la porta. Il monopetto tre bottoni di questo giovanotto è un poco alto sul davanti ma la spalla è ottima, il risvolto modernamente alto, tutto il complesso buono. In quanto alle conclusioni tiratele voi, egregi lettori perchè a noi basta l’avervi date le indicazioni sufficienti per stabilire che se i sarti inglesi lavorano bene e godono perciò di meritata fama quelli italiani posseggono un gusto ed un senso artistico che non temono nessun confronto”.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-10-2005
Cod. di rif: 2170
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Lampi sul passato.
Commenti:
Gentile Gran Maestro,ottimi Cavalieri,esimii visitatori,Inserisco in queste lavagne un testo a mio giudizio estremamente interessante tratto dal numero di "Arbiter" dell agosto 1937 in mio possesso.Esso pare dimostrare che la lunga strada verso quella che il Gran Maestro chiama giustamente "dittatura della praticità e della giovinezza" ha avuto inizio molto prima di quanto non pensiamo.Il testo quì presentato,e riportato anche nei taccuini,era a corredo di un figurino raffigurante un completo estivo doppiopetto accompagnato da paglietta:"La figura qui a sinistra disegnata da Walter Molino riesce a fondere in una piacevole linea e in un’assieme molto signorile i canoni della modernità con quelli del miglior classicismo. Si tratta di un completo in tessuto leggerissimo (tipo fresco o gabardina) tinta grigia unita, nocciola chiaro o azzurro: giacca doppiopetto ad una sola coppia utile di bottoni; abbottonatura in linea vita; risvolto e montatura assai pronunciati di foggia moderna. Badate poi alla paglietta la quale proprio non stona anche se, a voler essere cronisti sinceri, si potrebbe dire che ha qualche cosa d’altri tempi. Povera paglietta! forse non presentavi caratteristiche di praticità tali da conferirti la forza di vivere in un’epoca come l’attuale che esige all’abbigliamento tre fondamentalissime virtù: praticità, praticità e praticità! Davanti al trionfo della praticità, tu, povera paglietta, hai dovuto cedere le armi. Peccato che la tua eredità non possa essere raccolta nemmeno da quei buoni prossimi parenti che sono i cappelli di paglia! Altro che paglietta, al giorno d’oggi! Gli uomini non vogliono più nemmeno la giacca d’estate anche se è leggera, comoda, ed elegante come quella del disegno qui accanto. Dove si andrà a finire a furia di togliere, di semplificare e di sacrificare sull’altare della dea praticità? Forse al più o meno integrale nudismo? Nudismo (o quasi) per le donne, beh! non saremo proprio noi uomini ad osteggiarlo. Ma, diciamolo in tutta confidenza, il nudismo mascolino, forse è meglio lasciarlo ai nudisti di professione. Una donna più si sveste e più aumenta il proprio fascino perchè è la nudità che veste la donna. Ma gli uomini? evvia, non esageriamo. Gli uomini stan meglio quando son vestiti anche se han le forme di Antinoo. Una donna nuda è come un’opera d’arte: può essere discussa, può essere brutta ma è sempre un’opera d’arte. Un uomo nudo non sta bene neanche scolpito nella pietra. Figurarsi in carne ed ossa! Bando al nudismo per noi uomini e non esageriamo nel bandire gli oggetti del nostro abbigliamento. Dite quel che volete ma un uomo sommariamente vestito perderà sem pre l’ottanta per cento della propria autorità anche se acquista il cento per cento della comodità. Un uomo senza giacca sarà sempre uno scamiciato. Ed il senso di quest’ultimo termine lo conoscete troppo bene. Morale: procuriamo di alleggerire fino all’impossibile i nostri indumenti, rendiamoli comodi, togliamo ad essi ogni costrizione, ma non denudiamoci troppo perchè saremmo noi stessi ad averne la peggio".



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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 13-12-2005
Cod. di rif: 2255
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: I vestiti nuovi dell'Imperatore.
Commenti:
Gentile Signor Tarulli,obbiettivamente la visione di una una mostruosità come quella portata dal Montezemolo è estremamente rara.Luca Cordero si diverte,Mariano Rubinacci si diverte (anche perchè immagino che la "ciofeca" di cui sopra sarà stata ben pagata),contenti loro contenti tutti.Vorrà dire che la prossima volta che un "sartino" consegnerà una giacca di pessimo taglio invece di riconsegnarla affinchè corregga i difetti diremo che anche noi abbiamo voluto divertirci.La divertentissima giacca di Montezemolo richiama alla mia memoria due racconti :il primo è il bellissimo e ben noto "i vestiti nuovi dell'Imperatore" ,più che una favola un apologo geniale,il secondo è un aneddoto narrato alcuni anni fa da Giulio Andreotti.Al termine di un soggiorno in Costa Azzurra,lasciando l'albergo che lo aveva ospitato,l'attenzione di Andreotti fu attratta da un Signore piuttosto male in arnese in atteggiamento pauperistico.Costui aveva giacca e calzoni gessati di buon taglio ,ma tutti schizzati di calce quasi che il suo fosse un vestito smesso e donato ad un muratore che lo aveva adoperato come tenuta da lavoro.Pochi secondi dopo il signore in questione saliva su una lussuosa Rolls Royce con un sorriso beffardo.Chieste spiegazioni ad Andreotti veniva detto trattarsi di un ricchissimo miliardario (in Sterline) Britannico che trovava estremamente "divertente" ordinare al propio sarto dei completi in stoffa schizzata di calce o vernice.Il nostro ex Presidente del consiglio concludeva il suo racconto dicendo che forse un vero muratore o pittore edile avrebbe potuto insegnare a quell'uomo a vivere ed a vestire.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 20-12-2005
Cod. di rif: 2266
E-mail: carpu54@hotmail.com
Oggetto: Monopetto di strabiliante bellezza!
Commenti:
Esimio Gran Maestro,vorrei ringraziarla per l'immagine dell'abito monopetto di Puppato,da lei inserita nei taccuini:Entusiasmante!A mio parere non soltanto esso è oggettivamente quanto di più umanamente possibile vicino alla perfezione,ma è anche (concordo perfettamente con il suo giudizio)il degno erede di quella scuola Italiana che negli anni 50 e 60 contese con successo a Londra la palma dell'eleganza maschile del mondo intero.Bellissime le spalle,lirico oltre ogni dire il rollare dei revers,dinamici ed italianissimi i pantaloni dalla linea asciutta come il taglio di una spada.Sappiamo adesso chi in Italia è ai vertici circa il monopetto.Vorrei ora chiederle,a suo parere, chi è oggi nel nostro paese il mago indiscusso nel doppiopetto? P.S. sarebbe possibile inserire nei taccuini la foto dell'abito di puppato in formato più grande?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 22-12-2005
Cod. di rif: 2271
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Doppiopetti e classifiche.
Commenti:
Egregio Gran Maestro,comprendo perfettamente e la ringrazio per la sua precisazione.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-01-2006
Cod. di rif: 2288
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Doppiopetti.
Commenti:
Formidabile Gran Maestro,La ringrazio per l'interessantissima galleria sul doppiopetto.Ho contemplato a lungo le immagini da Lei inserite,e più volte ho gustato il Suo dotto commento (trovo il parallelismo tra gli ordini architettonici classici e la sartoria di una verità sfolgorante). Dovendo assegnare la palma per il doppiopetto più bello non avrei dubbi nell'incoronare Pirozzi;tuttavia la giacca a due petti che mi piacerebbe indossare è quella di Solito.La prima infatti è come una donna perfetta,di algido splendore,lontana e luminosa come una Dea,la seconda è paragonabile ad una femmina di differente bellezza ,più carnale e sensuale.Interessante il capo di Sciamàt.Come ben sappiamo l'allacciatura a quattro bottoni stirati a due ha una sua gloriosissima tradizione.Giacche simili erano quelle portate dal Duca,giacche simili quelle proposte da "Esquire"ed "Apparel Art".Personalmente eliminerei la coppia più alta di bottoni (quella di mostra),inoltre mi trovo perfettamente in accordo con l'esimio Cavalier Villa nello stigmatizzare le lance un pò troppo alte,e gli spacchi così profondi non sono di mio gradimento.Tuttavia la principale critica che credo si può muovere ai doppiopetti di Sciamàt mostrati nei taccuini è l'aver usato tessuti un pò troppo leggeri per una siffatta tipologia e foggia di giacca.Probabilmente una flanella cardata avrebbe sortito un effetto totalmente diverso. Approfitto del presente gesso per porgere ad Ella,Esimio Gran Maestro,al Rettore De Paz,ai Cavalieri tutti ed ai Visitatori i migliori voti per un sereno 2006. Buon anno.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 03-01-2006
Cod. di rif: 2292
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Ordine ionico.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,Ella ancora una volta mi stupisce.In architettura infatti ho sempre avuto una spontanea predilezione per l'ordine ionico ,rispetto a quello dorico o corinzio.Allo stesso modo ho sempre amato la prima età ellenistica (III secolo A.C.)rispetto al mondo della grecia classica o a quello di Roma.Vi è nel meraviglioso doppiopetto di Pirozzi qualcosa della "gravitas",della solenne maestà della Toga Repubblicana ,mentre la giacca di Solito ricorda certamente un "Himation",il mantello drappeggiato con cui i nostri antenati passeggiavano nelle Agorà delle Poleis dell'Italia meridionale,o del mondo ellenico reso più vasto dalle conquiste di Alessandro.Il due petti di Sciamàt mi rammenta invece una "toga picta" della tarda antichità,un capo che se da un lato semplificava i drappeggi dall'altro li rendeva più drammatici, e parimenti veniva reso sontuoso da ricami, inserti ed effetti vari.Concordo con Lei sul fatto che si tratti di una giacca interessante,una possibile porta sul futuro. Un futuro che tuttavia corre il rischio d' essere più Bizantino che Dorico.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 03-01-2006
Cod. di rif: 2293
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Errata corrige.
Commenti:
Errata corrige." Un futuro che tuttavia corre il rischio d' essere più Bizantino che Corinzio".



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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 08-01-2006
Cod. di rif: 2297
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tendenze in boccio.
Commenti:
Esimio Avvocato Ricci,col termine "tronisti" vengono designati quei baldi giovanotti che nelle trasmissioni pomeridiane della popolare conduttrice televisiva Maria De Filippi ,seggono appunto su di un trono al centro dello studio facendosi corteggiare da uno stuolo di avvenenti fanciulle.Il tronista generalmente segue in modo scrupoloso le mode del momento.egli è stato il gran sacerdote della giacca a tre bottoni pennellata sul torace,della camicia con colletto alto a due bottoncini dalla grande trama a spina di pesce,del pantalone a sigaretta con scarpa dalla tripla suola.Fatte le debite proporzioni i tronisti possono considerarsi discendenti dei gagà degli anni 40. Negli ultimi mesi vari elementi,alcuni dei quali emersi e discussi propio quì al Castello,inducono a pensare,anzi a fiutare l'arrivo di una nuova tendenza nel campo della silhouette maschile.Fino ad ora si tratta di capi di alto profilo,addirittura opera di grandi Maison,Tuttavia è possibile riconoscere in essi gli antesigniani di una nuova moda nel vestire.L'Egregio Gran Maestro ha definito questa tendenza "Corinzia",ossia tesa ad un risultato estetico artificioso ,il chè non comporta necessariamente una connotazione negativa,ma rende l'esercizio particolarmente delicato e complesso come un triplo salto mortale eseguito senza rete di sicurezza.La tendenza cui accennavamo consiste in giacche doppiopetto piuttosto accollate ,dall'abbottonatura bassa e dai revers larghissimi ed altissimi,tanto alti che la punta sembra quasi sfuggire alla forza di gravità per lanciarsi oltre la spalla.Si tratta di una linea che aumenta,diremmo "carica" le caratteristiche peculiari della tradizionale silhouette Napoletana.Come tutte le linee "drammatiche" è facile prevedere un grande successo di pubblico che infine porti,magari esasperando ancor di più alcuni particolari (ipotizzo,l' aderenza della giacca,l'altezza delle punte dei baveri,la larghezza dei revers)fino al tronista.Venendo a Sciamàt,riscontro nella linea della casa un indiscutibile alta qualità.Vi ravviso il disegno di uno stile a me molto caro,quello di cui si fecero portavoce negli anni 30 del XX secolo le riviste Americane "Esquire Magazine" ed "Apparel arts".Tuttavia per il mio gusto (altamente opinabile,naturalmente),vi trovo delle note stonate.La nettezza della giacca sarebbe maggiore,se la coppia di mostra dei bottoni (un pò alta in verità) venisse abolita.Si avrebbe così un "Kent double breasted" puro,come quelli cari al Duca di Windsor,al giovane Gianni Agnelli,ed ai sublimi,già citati, Magazines d'oltreoceano.Una minore altezza degli spacchi laterali ed una più ridotta ampiezza dei revers renderebbe più snella la silhouette della giacca,ed alla bellezza e pulizia di questa contribuirebbe un posizionamento meno alto delle lance.Si tratta,ripeto di gusti ed opinioni personali.L'ottimo Gran Maestro ha del resto sagacemente rilevato come io propenda per l'ordine Ionico piuttosto che per l'ornato Corinzio.Mi permetta di porgerLe i più sinceri complimenti per la Sua attività.Cordialmente,Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 08-01-2006
Cod. di rif: 2300
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Ornato lussureggiante.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,il suo ultimo intervento mi trova concorde.Ella,da par suo ha saputo rendere chiaramente la differenza tra artificiosità e mancanza di dissimulazione dell'artificiosità.L'ultima giacca di Sciàmat inserita dal Avvocato Ricci appare invero molto bella, (complice forse un tessuto più corposo).Sono sicuro che questa bottega avrà molto da dire nel panorama dell'abbigliamento di alta qualità.Tuttavia propio perchè ne riconosco il valore e le potenzialità,mi piacerebbe che da essa uscissero ,se non volute Ioniche,capitelli Corinzi dall'ornato meno lussureggiante.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 09-01-2006
Cod. di rif: 2304
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Portanza e spinta.
Commenti:
Gentile Signor Tarulli,lungi da me il voler criticare la Maison Sciàmat,o le sue scelte modellistiche.Rileggendo i miei interventi potrà notare,anzi,il mio apprezzamento per una qualità artigianale non comune,incomparabilmente più elevata di molte sartorie dell'odierna Saville Row.Le mie non volevano dunque essere critiche,ma un semplice parere dettato da un individuale (ed opinabilissimo) gusto estetico.Esistono in campo aereonautico molti differenti tipi di velivoli,e molte diverse configurazioni d'ala.Sciamàt ha (per me,beneinteso)un apertura alare troppo ampia,il che non vuol dire che non possa librarsi elegantemente a grandi altezze.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 15-04-2006
Cod. di rif: 2412
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Cupio dissolvi.
Commenti:
"A Los Angeles più sei potente e peggio ti vesti.Nessun uomo veste un abito completo,se poi ti metti la cravatta ti prendono per un inserviente che parcheggia le auto"-"Eravamo una nazione giovane e piena di energie e siamo diventati degli adolescenti idioti.Abbiamo il culto della giovinezza e non ci siamo accorti di esserci ammalati di Alzheimer,di essere una paese che sta rapidamente dimenticando il propio passato".A.M. Homes-scrittrice Americana.2006.

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Nome: carmelo pugliatti
Data: 02-05-2006
Cod. di rif: 2423
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tu vuò fa l' americano !
Commenti:
"Ci volete proibire,volete punirci perchè portiamo i Jeans,senza mai considerar questa nostra età"-Adriano Celentano-"Blue Jeans Rock"-1959."Sei piccolo,troppo piccolo,per mettere i blue jeans,non correre devi attendere per mettere i blue jeans"-Quartetto Cetra-"troppo piccolo per i blue jeans"-1960.Annoso problema quello dei pantaloni di denim azzurro.Nati,come tessuto,in quel di Genova, vengono impiegati nel XIX secolo per confezionare pantaloni da lavoro, principalmente per portuali e marinai.Il vecchio lupo di mare Garibaldi Giuseppe li apprezzava moltissimo ,tanto da ordinarne mille paia da abbinare ad altrettante camicie rosse per vestire i suoi volontari.Arrivati nei porti di oltreoceano le pezze di ruvida stoffa azzurro cielo vengono incettate da produttori locali,come Mr. Levi Strauss per divenire indistruttibili calzoni,con tanto di rivetti e doppie cuciture, per bovari,operai,cercatori d'oro ed agricoltori.Il passaggio dal mondo del lavoro alla vita civile avviene principalmente per due ragioni.La prima è la grande epopea del cinema Western che trasforma gli ottocenteschi mandriani della prateria Americana in eroi favolosi amati dai semplici di tutto il mondo.La seconda la grande depressione degli anni 30.Durante la depressione i jeans,poco costosi ed indistruttibili, divengono la perfetta tenuta di ogni giorni per milioni di ragazzini Americani, rendendo felici genitori in ristrettezze e pargoli ,entusiasti di poter vestire come gli eroi del vecchio West.In Italia i jeans arrivano nell'immediato dopoguerra,insieme ai film di Hollywood,alla gomma da masticare,alla penicillina,ed al boogie woogie.Inizialmente hanno successo presso i giovani del sottoproletariato perchè "fanno America",sono robusti,costano poco (si trovano solo di seconda mano nei mercatini che vendono roba d'oltreoceano),.Nel frattempo oltre che dei cowboys (non ancora gay)incarnati da John Wayne,Gary Cooper e James Stewart, i Jeans divengono anche la "divisa" dei giovani "bruciati" "ribelli senza motivo" di Hollywood,Marlon Brando e James Dean.Alberto Sordi li fa indossare al suo Nando Mericoni "Americano der Kansas city",mentre Renato Carosone parla di un giovanotto che a Napoli "Passe scampanianno pe' Tuleto
con o cazone cu 'nu stemma arreto".I Jeans sono ancora roba da "poveri ma belli",Tuttavia i vari Maurizio Arena e Antonio Cifariello d'Italia non si sognano neanche di indossarli di sabato sera o la Domenica , e sono felici di sostituirli col vestito buono e la camicia bianca con cravatta."Quando è lecito indossare i Jeans"? si chiedono le rubriche di moda dei rotocalchi Italiani."Non a sproposito", è la risposta;"I blue Jeans sono appropiati in campagna,simpaticissimi per il giardinaggio o per piccoli lavori domestici".In realtà nel nostro paese fino alla fine degli anni 60 i Jeans sono poco portati .Sono quasi tutti d'importazione ed esiste una sola marca Italiana,la "Rifle".Come ricordato sono severamente banditi da scuole ed università,guardati con estremo sospetto da famiglie,parroci,marescialli dei Carabinieri, e persino dal Pci .Fanno "Teddy Boys" o personaggio di Pasolini.All'inizio dei 60 poi sembrano addirittura fuori moda e sono sostituiti da più garbati modelli estivi in denim bianco.A metà del decennio gli ancora rari "beat" e protocapelloni "je je" preferiscono i modelli a sigaretta, in vellutino mille righe o in cotone rigato.Per andare a ballare al "Piper" d'obbligo il completo alla "Mod".Il gran ritorno del jeans avviene nello sciaguratissimo 1968,reimportato dall'America dei campus in fiamme contro la guerra del Vietnam,dalle comuni "Hippy",dai ghetti in rivolta.Sono Jeans stinti e sfilacciati,diversi da quelli ottimisti e solari degli anni 50,blù deciso e con risvolti. La moda "casual",nata dal caos della contestazione decreta il definitivo trionfo del blue jeans.Nei malsani 70 divengono a zampa di elefante,in versione hot pants (chi non ricorda il celebre "Jesus,chi mi ama mi segua"),patchork,e vengono "sdoganati"da Gianni Agnelli che li indossa con il blazer (subito imitato da legioni di pecoroni entusiasti).Il resto è storia recente;inutile dilungarsi sulle stilistiche , periodiche riproposizioni, in pessimi tessuti che avrebbero indignato qualsiesi onesto fattore dell'Ohio,o qualunque solido cercatore d'oro del Klondike.Ora è tempo di interrogarsi sulla inteligente provocazione dell'ottimo Cavalier Forni:come comportarsi con questo amato-odiato convitato di pietra in stoffa, che ci ha accompagnati per parte del XIX e per tutto il XX secolo? Per conto mio il consiglio più saggio è quello,pieno di buon senso borghese e buon gusto, che ci viene dalle rubriche di moda dei rotocalchi degli anni 50:"Quando è lecito indossare i jeans? Non a sproposito"."Simpaticissimo" per un barbecue in campagna la Domenica mattina,certo non adatto per una cena,per una serata,o per il teatro.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 02-05-2006
Cod. di rif: 2424
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tu vuò fa l' americano !
Commenti:
"Ci volete proibire,volete punirci perchè portiamo i Jeans,senza mai considerar questa nostra età"-Adriano Celentano-"Blue Jeans Rock"-1959."Sei piccolo,troppo piccolo,per mettere i blue jeans,non correre devi attendere per mettere i blue jeans"-Quartetto Cetra-"troppo piccolo per i blue jeans"-1960.Annoso problema quello dei pantaloni di denim azzurro.Nati,come tessuto,in quel di Genova, vengono impiegati nel XIX secolo per confezionare pantaloni da lavoro, principalmente per portuali e marinai.Il vecchio lupo di mare Garibaldi Giuseppe li apprezzava moltissimo ,tanto da ordinarne mille paia da abbinare ad altrettante camicie rosse per vestire i suoi volontari.Arrivati nei porti di oltreoceano le pezze di ruvida stoffa azzurro cielo vengono incettate da produttori locali,come Mr. Levi Strauss per divenire indistruttibili calzoni,con tanto di rivetti e doppie cuciture, per bovari,operai,cercatori d'oro ed agricoltori.Il passaggio dal mondo del lavoro alla vita civile avviene principalmente per due ragioni.La prima è la grande epopea del cinema Western che trasforma gli ottocenteschi mandriani della prateria Americana in eroi favolosi amati dai semplici di tutto il mondo.La seconda la grande depressione degli anni 30.Durante la depressione i jeans,poco costosi ed indistruttibili, divengono la perfetta tenuta di ogni giorni per milioni di ragazzini Americani, rendendo felici genitori in ristrettezze e pargoli ,entusiasti di poter vestire come gli eroi del vecchio West.In Italia i jeans arrivano nell'immediato dopoguerra,insieme ai film di Hollywood,alla gomma da masticare,alla penicillina,ed al boogie woogie.Inizialmente hanno successo presso i giovani del sottoproletariato perchè "fanno America",sono robusti,costano poco (si trovano solo di seconda mano nei mercatini che vendono roba d'oltreoceano),.Nel frattempo oltre che dei cowboys (non ancora gay)incarnati da John Wayne,Gary Cooper e James Stewart, i Jeans divengono anche la "divisa" dei giovani "bruciati" "ribelli senza motivo" di Hollywood,Marlon Brando e James Dean.Alberto Sordi li fa indossare al suo Nando Mericoni "Americano der Kansas city",mentre Renato Carosone parla di un giovanotto che a Napoli "Passe scampanianno pe' Tuleto
con o cazone cu 'nu stemma arreto".I Jeans sono ancora roba da "poveri ma belli",Tuttavia i vari Maurizio Arena e Antonio Cifariello d'Italia non si sognano neanche di indossarli di sabato sera o la Domenica , e sono felici di sostituirli col vestito buono e la camicia bianca con cravatta."Quando è lecito indossare i Jeans"? si chiedono le rubriche di moda dei rotocalchi Italiani."Non a sproposito", è la risposta;"I blue Jeans sono appropiati in campagna,simpaticissimi per il giardinaggio o per piccoli lavori domestici".In realtà nel nostro paese fino alla fine degli anni 60 i Jeans sono poco portati .Sono quasi tutti d'importazione ed esiste una sola marca Italiana,la "Rifle".Come ricordato sono severamente banditi da scuole ed università,guardati con estremo sospetto da famiglie,parroci,marescialli dei Carabinieri, e persino dal Pci .Fanno "Teddy Boys" o personaggio di Pasolini.All'inizio dei 60 poi sembrano addirittura fuori moda e sono sostituiti da più garbati modelli estivi in denim bianco.A metà del decennio gli ancora rari "beat" e protocapelloni "je je" preferiscono i modelli a sigaretta, in vellutino mille righe o in cotone rigato.Per andare a ballare al "Piper" d'obbligo il completo alla "Mod".Il gran ritorno del jeans avviene nello sciaguratissimo 1968,reimportato dall'America dei campus in fiamme contro la guerra del Vietnam,dalle comuni "Hippy",dai ghetti in rivolta.Sono Jeans stinti e sfilacciati,diversi da quelli ottimisti e solari degli anni 50,blù deciso e con risvolti. La moda "casual",nata dal caos della contestazione decreta il definitivo trionfo del blue jeans.Nei malsani 70 divengono a zampa di elefante,in versione hot pants (chi non ricorda il celebre "Jesus,chi mi ama mi segua"),patchork,e vengono "sdoganati"da Gianni Agnelli che li indossa con il blazer (subito imitato da legioni di pecoroni entusiasti).Il resto è storia recente;inutile dilungarsi sulle stilistiche , periodiche riproposizioni, in pessimi tessuti che avrebbero indignato qualsiesi onesto fattore dell'Ohio,o qualunque solido cercatore d'oro del Klondike.Ora è tempo di interrogarsi sulla inteligente provocazione dell'ottimo Cavalier Forni:come comportarsi con questo amato-odiato convitato di pietra in stoffa, che ci ha accompagnati per parte del XIX e per tutto il XX secolo? Per conto mio il consiglio più saggio è quello,pieno di buon senso borghese e buon gusto, che ci viene dalle rubriche di moda dei rotocalchi degli anni 50:"Quando è lecito indossare i jeans? Non a sproposito"."Simpaticissimo" per un barbecue in campagna la Domenica mattina,certo non adatto per una cena,per una serata,o per il teatro.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 05-05-2006
Cod. di rif: 2426
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Bruciare la vita.
Commenti:
Egregio Signor Mattioli,può anche esserci del vero nei suoi reiterati inviti ad una maggiore attenzione per la contemporaneità,ma in tutta franchezza devo dirle che ,da visitatore di lunga data di queste pagine,non ho mai visto,nè vedo quì al Castello quella fascinazione per la "necrofilia" di cui Lei parla.Esiste, interessantissima,una ricerca storica per meglio capire il presente,esiste una meritoria attenzione per la qualità;purtuttavia non vedo "abiti del nonno",ma solo completi e giacche ben tagliate e sapientemente cucite che valgono ciò che costano,al contrario di molta costosa paccottiglia esposta in tante vetrine del centro.Pagare un abito (magari di fattura e stoffa mediocre)soltanto per sbattere in faccia al prossimo il propio potere di acquisto? Non crede sia una soddisfazione un pò infantile o... da "parvenu"? Non comprendo il suo riferimento al mondo della prostituzione,voglio pensare che sia una semplice "boutade".Tutti ammiriamo le belle donne,ma impostare la propia vita , i propi interessi ed i propi gusti per "conquistarne l'apprezzamento" mi pare preoccupazione da adolescente.Circa il suo appagamento nella vita non posso che essere contento per Lei,e porgerle i miei più sinceri auguri.Concordo sulla non opportunità di presentarsi ad una festa in jeans,anche se "griffato" e costoso. Cordiali saluti Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 12-06-2006
Cod. di rif: 2481
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Due o tre?
Commenti:
Ho letto con enorme interesse il bel gesso del Signor David Abravanel de Veiga sulla dicotomia due bottoni/tre bottoni e sugli interrogativi che eesa pone.Personalmente mi trovo a militare nel "partito" opposto a quello dell'ottimo Abravanel de Veiga.Ho sempre considerato la giacca a due bottoni assai poco divertente,anzi addirittura noiosa.Trovo che sarebbe un inconcepibile spreco di talento ordinarne una presso un grande atelier ,come ordinare ad un genio della pittura una cartolina,.La giacca a tre bottoni è poco elegante? rende tozza la figura maschile? solo se è mal tagliata.Nel buon tre bottoni,allacciando solo quello di mezzo,i revers devono "rollare" con la loro tipica curva pastosa permettendo appena di occhieggiare l'estremità interna dell'occhiello superiore.Insomma il tre bottoni "veste" e diletta,il due mi appare "piatto",sia come stiratura dei revers che come personale sensazione di appagamento.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 28-06-2006
Cod. di rif: 2509
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Rasatura per pelli sensibili:i primi passi.
Commenti:
Gentile Signor Borio,mi permetto anch'io darLe qualche suggerimento.In primo luogo non deve scoraggiarsi.Tenga presente che passare da un sistema di rasatura ad un altro è sempre traumatico per la pelle.Ci vogliono da un minimo di venti ad un massimo di trenta giorni per abituare l'epidermide,e una pelle irritata è lo scotto da pagare per questo necessario periodo di transizione.I consigli del Signor Tarulli sono dotti e saggi,ne faccia dunque tesoro.Mi sia consentito tuttavia integrarli con qualche nota propedeutica.Lasci perdere per sempre il rasoio elettrico,che sicuramente è stato la fonte primigenia dei suoi guai, e si concentri con buona volontà soltanto su quello a mano.Il Mach-3 va benissimo,ma si ricordi che per le prime volte va usato con mano leggera.Si procuri anche un secondo rasoio, semplice ,ad una sola lama.Servirà a raggiungere e rifinire quei punti dove il più massiccio Mach-3 non può arrivare(ad esempio la zona sotto le narici).Le consiglio di acquistare i seguenti prodotti:Normaderm gel detergente della Vichy (lo può reperire in farmacia),una confezione in vasetto di Proraso crema,un gel da barba per pelli sensibili (attenzione,gel non schiuma),e un dopobarba nel suo caso assolutamente non alcolico (andrà benissimo Nivea men lozione sensitive ,un prodotto che personalmente giudico miracoloso).Proceda nel seguente modo:lavi il viso con acqua tiepida adoperando Normaderm gel,poi spalmi sulla pelle bagnata Proraso crema, massaggiando lievemente.A questo punto applichi il gel ed inizi la rasatura(Le ripeto che,almeno inizialmente,dovrà usare una mano leggera).Terminato,rifinisca gli angoli con il rasoio ad una lama e torni a lavare il viso con Normaderm gel.A questo punto asciughi, ed applichi la lozione Nivea men sensitive (mi raccomando,lozione;la bottiglietta contiene un liquido trasparente,come acqua).All'inizio faccia la barba un giorno si ed uno no.Sono più che certo che dopo circa un mese sarà in grado di radersi tutti i giorni (nell'improbabile caso che così non sia, sarà meglio consultare un dermatologo).Mi faccia sapere,ed auguri.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 12-10-2006
Cod. di rif: 2618
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Il dilemma di Mattioli.
Commenti:
Gentile gran maestro,confesso di essere rimasto molto colpito dall'osservazione del Signor Mattioli circa l'abito di sartoria e quello di confezione industriale medio-alta.Cosa dice in sostanza il Mattioli? Niente di meglio della sartoria,ma a patto che essa sia in grado di fornire un grande prodotto,altrimenti è preferibile un (poniamo) "Attolini",un "Kiton" o un "Sartoria Partenopea" piuttosto che un completo legnoso tagliato da un sarto di capacità medio-basse.Riconosco che in questa posizione c'è del vero,anche se dobbiamo necessariamente interrogarci su cosa si intenda esattamente per "sarto mediocre",e discutere sulle capacità del cliente di ottenere da un artigiano un bell'abito o una bella giacca.Vi sono molti ottimi artigiani in grado di confezionare un eccellente completo monopetto,ma con una mano poco felice riguardo il due petti;sono "sarti mediocri"? vanno evitati sempre e comunque? D'altronde potremmo anche rilevare che, costando un Attolini o un Kiton quanto un abito di grande sartoria non avrebbe senso rivolgersi a questi ottimi confezionisti se per la stessa cifra si può avere un prodotto uscito dalle mani di un eccellente maestro.Come si vede il discorso è molto più complesso di quanto non sembri,e non è possibile semplificare o tagliare con l'accetta.Forse potremmo convenire che chi abita lontano dal circuito delle grandi sartorie,non riesce a trovare un buon artigiano vicino casa,e non è in grado di seguire la lavorazione dell'abito aiutando il sarto a servirlo al meglio,bene farebbe a rivolgersi al su misura industriale di alto livello,o addirittura ad un buon confezionista?A mio parere la questione resta aperta.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-10-2006
Cod. di rif: 2638
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Commedia all'Italiana.
Commenti:
Egregio Gran Maestro,come al solito le sue parole individuano importanti temi di discussione.Ella si chiede:"i campioni dello stile italiano furono gli attori e i personaggi da rivista, o piuttosto i silenziosi capifamiglia borghesi"? Bene, io credo che in questo caso la dicotomia tra uomini di spettacolo e onesti padri di famiglia non sussista.A differenza del divo anni 30,lontano ed irragiungibile come un astro remoto persino nel suo guardaroba favoloso ,l'attore Italiano degli anni 50-60 vestiva esattamente come un qualunque connazionale borghese della sua epoca.In nulla differivano i completi,le giacche,gli abiti da sera di un Alberto Sordi di un Walter Chiari,o di un Marcello Mastroianni da quelli del Notaio Caio o dell'Avvocato Tizio,o del Dottor Sempronio.Vittoro De Sica,Totò,Paolo Stoppa,Gino Cervi avevano nei loro armadi vestiti,camicie,cravatte della stessa tipologia e foggia di quelli indossati da un cittadino benestante della loro fascia d'età di una qualsivoglia città Italiana.In campagna,allo stadio,al mare un Gassman,un Tognazzi,un Nino Manfredi portavano le stesse giacche sportive,gli stessi pullover,gli identici short del commerciante sotto casa.Persino le fasce affluenti piccolo borghesi degli anni del "Boom" e della "Congiuntura" erano perfettamente rappresentate dai "vestiti buoni" di un Paolo Panelli,di un Nino Taranto,di Macario, di Franchi e Ingrassia.La magia del cinema di quegli anni fu quella di creare una identificazione pressochè totale tra i personaggi sullo schermo e gli spettatori in platea,perchè gli attori non intepretavano i borghesi ,grandi o piccoli, dei loro tempi. Lo erano.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-10-2006
Cod. di rif: 2646
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: La fine di un mondo.
Commenti:
Gentile Signor Ricci,credo che Lei abbia perfettamente individuato nel fatale 1968 lo spartiacque che inesorabilmente divise due epoche, non soltanto nel campo dell'abbigliamento.Per motivi complessi ai quali sarebbe fuori luogo accennare in questa sede (ed in cui gioca un ruolo non secondario la sciagurata guerra Americana nel sud est asiatico), venne a crearsi alla fine degli anni 60 una imponente frattura tra le generazioni più giovani ed i loro padri e fratelli maggiori.Tale frattura ,inizialmente riguardante il costume e non la politica venne ben presto a polarizzarsi in chiave marxista ed antiborghese.Nacque una sorta di "boheme" di massa,ben presto cavalcata (come lucidamente riconosciuto all'epoca da Pier Paolo Pasolini)da media e mercato per i quali i giovani più o meno ribelli costituirono una più che appetibile fascia di consumatori.Per rimanere nel campo dell'abbigliamento, negli anni dal 1968 al 1980 tutti i codici ed i valori delle precedenti generazioni furono sistematicamente derisi e distrutti.Quando negli anni 80,cambiato il clima, iniziò la "restaurazione" era ormai troppo tardi,e gli stilisti dell'epoca cercavano di indorare la pillola ai loro clienti ex contestatori parlando di "classico svecchiato" o "rivisitato nei pesi e nelle proporzioni".Dal formidabile colpo del 1968 il mondo dell'eleganza maschile non si è più risollevato. Oggi il completo da uomo giacca-pantaloni, nato alla fine del XIX secolo e gloriosamente trionfante per quasi tutto il XX , è visto quasi unicamente come una sorta di uniforme da lavoro da togliere appena possibile.Sono convinto che la sua agonia sarà ancora molto lunga,e che probabilmente il ciclo non sarà compiuto prima di altri trenta o quarant'anni,tuttavia malgrado alcune "estati di San Martino"il destino appare segnato.Da tutto ciò proviene un monito che in tempi perigliosi come i nostri può ben applicarsi a molteplici aspetti della nostra Civiltà. Creare è un processo lungo e difficile che spesso si dipana attraverso lunghi secoli e generazioni, distruggere in modo irreparabile è invece semplice e rapido.E molto, molto stupido.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 15-11-2006
Cod. di rif: 2680
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: E' goffo solo ciò che è mal tagliato.
Commenti:
Gentile Signor Caprari,Come è noto agli Egregi Cavalieri ed ai frequentatori di vecchia data dei taccuini, anche chi le scrive ha una netta ed invincibile propensione per la linea e la silhouette asciutta tipica degli anni 50-60.Malgrado ciò tuttavia mai definirei "goffo" il taglio modellato anni 30.Si tratta di un estetica basata su volumi ampi,barocchi,drammatici.Lo scopo ultimo è quello di creare una ideale figura virile che occupi ,imponente, il propio spazio.Se ben tagliato un abito siffatto non è mai "goffo";si veda ad esempio Gianni Agnelli,per tutta la vita rimasto fedele (sia pure in modo creativo) allo stile della sua giovinezza,la seconda metà degli anni 30.Non possiamo inoltre nascondere che anche la linea da noi prediletta può presentare pericolose insidie.la silhouette anni 50-60 infatti se esagerata nelle sue peculiari caratteristiche può dar luogo ad abiti striminziti,rattrappiti,squallidi.Concordo con lei sull'estremo interesse del guardaroba "Mod-Eduardiano" di John Steed.Intendo dedicare a Steed una esauriente serie di taccuini.Un altra serie illustrerà numerose immagini tratte dalla rivista di moda "Vestire" anno 1966.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 16-11-2006
Cod. di rif: 2688
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: A proposito di Edoardiani.
Commenti:
Gentile Signor Caprari,Negli ultimi anni della sua vita Gianni Agnelli portò effettivamente alcuni pantaloni di linea per lui insolitamente asciutta,ed immagino che Lei si riferisca ad alcune fotografie scattate intorno agli anni 90.Tali proporzioni furono per lui solamente un eccezione,e di contro migliaia sono le immagini che lo ritraggono con calzoni con gamba e fondo ben più generosi. Certo,l'Avvocato non indossava "zoot suit" nè "baggy pants",ma l'ispirazione anni 30 dei suoi completi mi sembra incontestabile.Non tutti gli abiti le giacche ed i pantaloni cuciti nel terzo decennio del XX secolo erano informi o di larghezza mostruosa.Se osserva i molti figurini di "Esquire" pubblicati nei taccuini vedrà che,pur essendo lontani dalla linea da noi amata,essi erano ben proporzionati e tutt'altro che goffi.I grandi eleganti dell'epoca,come ad esempio Fred Astaire,non hanno mai portato calzoni di ampiezza inusitata.Naturalmente accanto ad una minoranza di ben vestiti vi era una larga massa equipaggiata con abiti mal tagliati,informi,cascanti,ma è ovvio che parlando di quegli anni si fa riferimento agli esempi migliori,ai sarti più dotati,ai figurini più "smart".Per quel che riguarda lo stile neo Edoardiano,si tratta di un fenomeno tipicamente Inglese,nato alla fine degli anni 40 presso alcuni giovani ufficiali della Guardia.Ecco come si esprimeva nel 1950 sulla rivista "Club" il corrispondente da Londra C.M. Franzero:"Oggi mi, diceva un celebre sarto, si vorrebbe addirittura tornare alle linee Edoardiane del primo novecento.Calzoni che si stringono verso le caviglie,anche perchè fanno le gambe più lunghe,giacca attillata a vita ad un solo petto per mostrare panciotti fantasia (ne ho visti da togliere il respiro)o nello stesso tessuto della giacca,ma con piccoli risvolti.Ma attecchirà"? E' interessante notare che insieme a questa moda Edoardiana "upper class" se ne sviluppò un altra parallela per così dire proletaria,quella dei cosidetti "teddy boys".Questa foggia nel vestire rimase assolutamente confinata all'Inghilterra,rivolgendosi in quegli anni il resto del pianeta alla linea Italiana,anch'essa fatta di linee asciutte,giacche ad un petto e calzoni stretti al fondo.La foggia degli abiti di Steed (parliamo ovviamente del John Steed della stagione 1963-inizio 1966 in quanto quello delle successive stagioni "Avengers in color" tardo 1966-1969 veste prevalentemente con abiti eccentrici disegnati da Pierre Cardin)nasce per l'appunto dall' incontro della moda neo Edoardiana con lo stile Italiano.Le giacche hanno revers sottili,i pantaloni si fanno a sigaretta e sono privi del risvolto,le spalle sono morbide.Particolari "Edoardiani" sono i colletti di velluto,i gilè da "valletto" (ossia tagliati dritti al fondo),i piccoli paramani stondati alle maniche della giacca ,o le maniche a svasare,i bottoni ricoperti dalla stessa stoffa del vestito,la splendida bombetta dalle tese piccole ed arcuate ai lati.Per quanto adori lo stile di John Steed è tuttavia necessario notare che nelle strade della Londra anni 60 pochissimi,per non dire quasi nessuno,era vestito come lui.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-11-2006
Cod. di rif: 2697
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: McNee e Steed.
Commenti:
Nel gesso N 2694 il Signor Caprari parla di "gusto personale" a proposito dell'abbigliamento di McNee-Steed.La sua osservazione è molto arguta e rispondente al vero. Patrick McNee disegnò e curò personalmente gli abiti indossati da Steed nelle stagioni 1963-1966.McNee dichiarò in seguito di essersi principalmente ispirato al suo comandante nella Royal Navy "un dandy ed un Gentiluomo di puro stampo Inglese".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 22-11-2006
Cod. di rif: 2711
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Carabinieri e martingale.
Commenti:
Egregio Signor D'Agostino,credo di poter spiegare io l'allusione del Signor Caprari ai "Carabinieri del dopoguerra" a proposito di soffietti e martingale.Nel periodo 1948-1975 truppa e graduati (fino al grado di appuntato) dei CC indossavano nei mesi invernali un uniforme in panno pettinato turchino scuro,simile come foggia all'attuale ma con la schiena a "quartini" (di derivazione ottocentesca ,come quella dei Frac e dei Tight civili)e con finte tasche (dette "mostre")orizzontali sagomate a zampa d'oca,chiuse da bottoncini in metallo bianco e divise da piegoline.La confezione era un pò laboriosa,ma l'effetto molto marziale.Dal 1975 fu adottata per tutti i gradi (prima era riservata soltanto a sottoufficiali ed ufficiali) l'uniforme in diagonale di lana nera con schiena dritta.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-12-2006
Cod. di rif: 2787
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Come era verde la mia valle.
Commenti:
Egregio Signor Granata,le cose che Lei dice sono giuste e condivisibili.Tuttavia gli abiti Inglesi del passato ,un passato non remotissimo,diciamo fino a trenta anni fa,erano anche belli (reiserisco nei taccuini le immagini di due completi del 1960,il primo in tweed grigio di Henry Poole,il secondo di Lesley & Roberts,si vedrà l'abisso che li separa da quelli attuali).Gli Anderson & Sheppard cuciti per Fred Astaire,i Kilgour French and Stanbury fatti per Cary Grant,gli Herny Poole tagliati per Gary Cooper erano abiti che al di là delle caratteristiche tipiche della sartoria Britannica erano prima di tutto favolosamente belli e di grande linea. Non più così oggi.Da ciò che possiamo vedere,a parte probabili eccezioni,gli abiti di Saville Row hanno per la maggior parte una linea non dissimile da quella che potrebbe uscire dal laboratorio di un sarto Italiano di non eccelsa mano.Le grandi Botteghe Italiche,i Marigliano,i Solito,i Rubinacci,ecc ecc navigano a livelli siderali rispetto alla Row di oggi.Il fatto è che nel ricambio generazionale gli Inglesi non sono riusciti a mantenere il precedente livello qualitativo,gli Italiani si,almeno per ora.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-12-2006
Cod. di rif: 2791
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sulla crisi della sartoria inglese
Commenti:
Impareggiabile Gran Maestro,credo che Ella abbia ancora una volta colpito nel segno individuando come causa principale della attuale crisi di Saville Row,la decadenza della clientela.Un tempo neanche troppo lontano il cliente si rivolgeva ad Anderson & Sheppard per una bella giacca,oggi si rivolge ad Anderson & Sheppard per avere un "Anderson & Sheppard" cioè una firma,uno staus symbol,una patente che attesti la propia ricchezza ed il propio successo, indipendentemente dalla bellezza intrinseca del capo acquistato,bellezza che probabilmente non è neanche in grado di percepire.In ciò,e nel mancato ricambio generazionale della mano d'opera sta l'odierno dramma della sartoria Inglese.In tali condizioni è comprensibile,ancorchè grave ed imperdonabile, che le botteghe della Row si limitino a fornire brutti abiti a clienti parvenue ,incompetenti e mediocri, disposti per di più a pagare fior di quattrini. lo stesso concetto di farsi confezionare un abito per poi rivenderlo su Ebay come una macchina usata parla eloquentemente della mentalità,dell'ideologia e dei gusti di siffatta clientela.Naturalmente Londra rimane un imprescindibile punto cardine della tradizione virile;ma ahimè sempre più ideale.Essa è una sorta di Platonico "mondo delle idee" che sempre meno corrisponde alle forme del mondo sensibile.Per quel che concerne l'Italia,attualmente ai vertici della tradizione artigiana nel campo della sartoria,temo che fortissimo sia il rischi di ripercorrere la china delle botteghe Britanniche (il caso Panico,da Lei rammentato e fenomeni tipo "antichi ateliers Napoletani di nonno Ciro" costituiscono segnali inquietanti in questo senso).Tuttavia credo sia necessario sottolineare che mentre la sartoria Britannica è Londra e Saville Row,quella Italica alberga sotto cento campanili,si divide in molte scuole regionali,ha i suoi santuari in varie città ed anche in provincia. Questa parcellizzazione,oltre che una ricchezza in termini di tecniche e tagli,è forse un anticorpo che permetterà per più tempo di resistere al male.Un altra linea di difesa può paradossalmente consistere nella tanto deprecata mancanza di mobilità sociale del nostro Paese,che nel settore che ci interessa consente la presenza di una clientela di miglior qualità rispetto a quella attuale della Row. Attualmente mi preoccupa più il difficile ricambio generazionale che non la mercificazione selvaggia che pure ,non illudiamoci,verrà.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-12-2006
Cod. di rif: 2796
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Agitato o mescolato?
Commenti:
Nobile Cavaliere Villa,pavento che oggigiorno la maggior parte dei clienti delle botteghe della Row possa pienamente ritrovarsi nella folgorante,ma dolorosamente lancinante,battuta che nel film "Casinò Royale" Daniel Craig,novello James Bond, pronuncia all'indirizzo di un cameriere che domanda se preparare il martini agitato o mescolato:"ti sembro forse il tipo a cui gliene freghi qualcosa"? Detto questo temo che ben pochi cacciatori abbiano ancora una buona mira;Non è colpa loro,per anni sono stati abituati a tirare al pollame.Certo però che una o due carabine formidabili dovranno ancora pur esserci.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 21-12-2006
Cod. di rif: 2809
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Elkann in dinner jacket.
Commenti:
Egregio Signor Corbey,credo la risposta sia molto più semplice.Come ho cercato di dimostrare sui taccuini lo smoking in questione non è stato fatto per Lapo Elkann,ma apparteneva al nonno e fu confezionato presumibilmente alla fine degli anni 50.La tonalità marina rientra perfettamente nei gusti dell'avvocato (inserisco un altra immagine di Agnelli con uno smoking sciallato,questa volta a doppiopetto,in una sfumatura simile),ed è pienamente in linea con i dettami dello stile "alto" Internazionale dell'epoca, cui faceva riferimento l'Avvocato (inserisco un figurino di Esquire con un dinner Jacket praticamente identico).Circa l'immutabilità dello smoking,sono parzialmente d'accordo.Non dimentichiamo che questa fu smentita già negli anni 30 dal Duca con l'introduzione del modello a doppiopetto,del colore blue midnight, e della camicia con collo basso.Concordo tuttavia con Lei nel giudicare orribile l'abbinamento con cravatta nera lunga (tra l'altro nel caso di Elkann annodata anche in modo sciatto).Un uomo elegante e di grande nome può permettersi molto,ma non tutto.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-12-2006
Cod. di rif: 2817
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Ancora su Lapo Elkann.
Commenti:
Egregio Signori,Personalmente considero Lapo Elkann un uomo elegante. Pur avendo Egli soltanto dieci anni più di me sento che appartiene,ideologicamente e per struttura mentale, ad un altra generazione;particolare questo di non secondaria importanza per cercare di comprendere il suo stile.Vi è in Elkann non il tentativo,ma direi quasi la naturale esigenza di adattare il classico al nuovo millennio,non "sdrammatizzandolo" (parola d'ordine degli stilisti degli anni 80)ma cercando una naturale evoluzione.La parola "immutabile" riferita all'abbigliamento virile "classico" mi fa terrorizza,perchè solo ciò che è morto è immutabile.Se vogliamo che il costume da uomo giacca-pantalone-cravatta,nato alla fine del XIX secolo sia vivo e vitale anche nel XXI dobbiamo essere pronti ad accettare cambiamenti nelle regole,nei tagli e negli accessori,altrimenti esso cederà il passo a felpe e giubbotti.Tornando ad Elkann,è una bricconata indossare mocassini da guida in camoscio verde muschio con il tight? certo che lo è,ma la tonalità di verde di quelle scarpe si sposava in modo supremamente elegante con la sinfonia di grigi del morning coat.E' sbagliata la cravatta nera lunga con lo smoking? A me non piace nè mai piacerà,ma dobbiamo ammettere che l'effetto ottico creato dai tre tagli orizzontali neri,revers destro-cravatta-revers sinistro,effetto sottolineato dalla camicia bianca e dal colore blue midnight dell dinner jacket è interessantissimo ed esteticamente piacevole.Facendo le dovute distinzioni tra i due personaggi,siamo certi che all'inizio degli anni 30 il Duca con i suoi smoking a doppiopetto con camicia dal collo floscio,gli accostamenti righe-quadri-pieds de pouls,i due petti a quattro bottoni, non suscitasse nei gentiluomini Edoardiani le stesse perplessità che suscita oggi Lapo? Pur riaffermando tutta la mia repulsione verso la cravatta lunga con lo smoking devo dire che se questo espediente portasse nuova linfa ad un capo destinato all'estinzione,ben venga.Ben venga la giacca nera a larghe righe bianche,con camicia bianca e cravatta nera,sui pantaloni di cotone a stampe etniche nere su fondo bianco. Ben vengano i vestiti del nonno,sia pure di una misura più piccola,se riusciranno a fornire dei parametri estetici alle nuove generazioni.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 22-12-2006
Cod. di rif: 2814
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Smoking sciallato.
Commenti:
Egregio Gran maestro,giunti a questo punto è forse possibile tirare qualche somma riguardo allo smoking con collo a scialle (tipologia che,non posso negarlo, esercita su di me un certo fascino). Ricostruendo quanto da Ella detto sull'argomento nei gessi immediatamente precedenti ed in quelli più remoti, potremmo preliminarmente convenire che sarebbe opportuno far confezionare questo tipo di dinner jacket con giacca corta,e che i revers dovrebbero essere non sottili come acciughe,ma pastosi come quelli di una vestaglia o di una giacca da camera, tagliati leggermente "a pera".Fin quì i punti fermi.Pur consapevole che questo luogo è fiero nemico di ogni riduttiva schematizzazione e di ogni facile formula, ardisco chiederLe:In un modello come quello indossato da Lapo Elkann,quanti centimetri dovrebbero idealmente essere larghi i revers e quanto corta dovrebbe essere la giacca? Parlando della giacca indossata da Elkann, quando Ella ci dice che "ci si chiede dove sia il punto centrale che la rende “giusta”. Ebbene, si tratta del fatto che si ferma piuttosto in alto",intende forse che l'allacciatura deve essere posta in alto sopra l'ombelico? Quale ritiene sia il colore ed il tessuto più elegante per un dinner jacket con collo a scialle? Nel caso di un blue midnight di che colore i revers? Lascio per ultima la vexata questio dell'asola al rever.Il Duca,David Niven e molti eleganti la facevano tagliare.Agnelli e molti altri ancora ne facevano a meno (con condivisibili argomentazioni tecniche inerenti la natura del bavero sciallato).Potremmo concludere che la scelta in merito è facoltativa? Conscio di attentare alla Sua pazienza,ma fiducioso nella Sua cortese indulgenza la saluto.Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 30-01-2007
Cod. di rif: 2866
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "The Avengers" e Cardin.
Commenti:
Circa il guardaroba di Patrick McNee/ John Steed nella serie "The Avengers" va rammentato che Cardin disegnò gli abiti di Steed nelle stagioni a colori 1966-1968. Ricordiamo alcuni doppiopetti di linea estremamente snella ,a quattro coppie bottoni tutti allacciati e dalla "gonna" leggermente a svasare,e l'uso del plastron in luogo della cravatta.Nell'ultima stagione (1969)Steed tornò al tre pezzi con giacca monopetto ad un bottone e baveri di velluto tipici degli episodi in bianco e nero 1963-1966.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-02-2007
Cod. di rif: 2875
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Saville Row su YouTube
Commenti:
Gentili Signori.Nell'ambito dell'argomento "Saville Row" credo non sia inopportuno segnalare alla vostra attenzione questo collegamento con il sito YouTube dove è stato inserito un interessante filmato sulla sartoria Henry Poole. http://www.youtube.com/watch?v=QEuOUs4-OGg

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 13-02-2007
Cod. di rif: 2885
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: L'orribile doppiopetto.
Commenti:
Egregio Signor Bellucco,la ringrazio per le sue parole gentili,ma alquanto immeritate.La mia reazione nei confronti del doppiopetto da Lei inserito nei taccuini infatti non è dettata dalla "conoscenza",ma da una repulsione a pelle,immediata,istintuale.Osservando l'immagine appare chiaro che l'abito è volutamente allacciato al rovescio,in una posa che forse ambirebbe essere di elegante noncuranza,ma che invece risulta semplicemente sciatta e sciocca.Al di là del modo di abbottonare la giacca,l'abito è uno dei più brutti doppiopetti che io abbia mai visto,talmente orrido da risultare quasi affascinante nella sua grottesca mostruosità.In particolare spiccano i revers informi,la plumbea,altissima, chiusura della giacca su camicia e cravatta,la legnosità dell'insieme.Per quanto ci troviamo senza alcun dubbio di fronte ad un "monstrum" assoluto ,è giusto ricordare che casi del genere non erano affatto isolati negli anni 20 e 30.Il fatto che una rivista come l'"Uomo Vogue" pubblichi un immagine del genere come epitome dell'eleganza di un epoca dimostra ancora una volta,qualora ce ne fosse bisogno,l'assoluta mancanza di buon gusto dei cosidetti "giornalisi di moda".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 13-02-2007
Cod. di rif: 2887
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Giacca chiusa in alto.
Commenti:
Egregio Signor Bellucco.Ho reinserito l'immagine del "monstrum" a due petti invertendone il senso e spostando il taschino da destra a sinistra.Vedrà immediatamente che l' allacciatura al contrario non influisce direttamente sulla assoluta bruttezza della giacca,che resta invereconda anche se abbottonata correttamente.Ritengo che il Gran Maestro Maresca sia molto più qualificato di me per consigliarla circa l'abito che intende far realizzare.Una chiusura molto alta su camicia e cravatta non è di per se sbagliata,sopratutto in un capo tagliato per una figura snella e slanciata.Tuttavia il rischio è quello di conferire all'insieme una certa "legnosità".Per la giacca che ha in mente penso che il migliore modello di riferimento sia la giubba a due petti degli ufficiali di marina.Recentemente una persona che conosco se ne è fatto cucire una versione civile presso una sartoria militare della mia città con risultati molto interessanti.P.S. Circa il titolo di "Cavaliere" che la sua bontà ha voluto attribuirmi è mio dovere precisarle che esso non mi compete. Sono infatti un semplice frequentatore,ospite di queste auguste stanze.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-02-2007
Cod. di rif: 2907
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Messaggi "cifrati".
Commenti:
Egregi signori,la dotta disquisizione sulle cifre mi ha fatto tornare alla mente un aneddoto relativo al compianto Presidente degli Stati Uniti John F.Kennedy,e riportato nel bel libro di William Manchester "Morte di un Presidente".Manchester racconta che nel vestire per l'ultimo viaggio la salma del grande leader caduto, il suo valletto George si soffermò per un attimo sulle inconfondibili iniziali "JFK" ricamate sulla spalla sinistra della camicia.Kennedy infatti non amava mostrare le cifre,ma non riteneva giusto rinunciare a questo grazioso tocco personale.Così,facendole posizionare sulla manica le nascondeva allo sguardo indossando la giacca.Confesso,non senza imbarazzo,che la mia ammirazione per il Presidente era tale che,poco più che ventenne ebbi l'ardire di farmi confezionare una camicia bianca a righine grigie (come quella che Egli portava a Dallas nel giorno fatale),con le mie iniziali ricamate nella stessa posizione.Era forse un modo un pò ridicolo di rendere omaggio ad una grande figura.Tornando all'oggetto del nostro dibattere,dirò che personalmente non saprei rinunciare alle cifre su camicie da indossare con giacche e completi.Mi pare infatti che quelle due minuscole lettere ricamate siano un simpatico,ed esteticamente piacevole, sigillo al lavoro della camiciaia.Confesso però che non faccio mai cifrare le camicie in lino destinate ad essere portate d'estate senza giacca.Questo da un lato per una sorta di pudore difficilmente spiegabile ,dall'altro perchè mi sembra che la cosa finisca per sottolineare la scamiciatura.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 20-02-2007
Cod. di rif: 2911
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Spoon River di stoffa.
Commenti:
Incomparabile Gran Maestro.Plaudo alla sua dotta anamnesi del doppiopetto illustrato dal Signor Bellucco nell'Appunto n. 3048 dei taccuini.Come Nick Charles,Ellery Queen o Philo Vance Ella ha riunito i vari capi della matassa, infine dipanandola.Accogliamo il suo garbato richiamo ad ascoltare ciò che gli abiti hanno da narrarci.Essi come un antologia di Spoon River fatta di stoffa ci raccontano della vita,dei desideri,dei sogni,degli ideali di chi li indossa. Nessuno ride di quelle vite,nè di quei vestiti,Farlo sarebbe sciocco e vile. Di nessuno è la colpa se alla fine della storia il ranocchio non si è trasformato in Principe ma rimasto un ranocchio.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 20-02-2007
Cod. di rif: 2914
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Il rispetto dei ruoli.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,ancora una volta la ringrazio.Cercherò,compatibilmente con i miei limiti,di attenermi scrupolosamente alle dieci regole da Ella riportate.Esse sono non soltanto sagge,ma costituiscono ,mi sembra, un ottimo strumento per giungere alla conoscenza.Non sono un Maestro nè tale mi considero.Ho troppo rispetto per questa parola per pensare soltanto di attribuirmela.Ciò che cerco di fare ,ospite in questo maniero,è soltanto condividere materiale adatto per la ricerca,apprendere,scambiare opinioni.Essere "un Maestro",come pure essere un Cavaliere, comporta un ben diverso bagaglio conoscitivo,ben altra autodisciplina,ben differente statura morale.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 12-03-2007
Cod. di rif: 2963
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "Che bello ò cafè".
Commenti:
Esimio Rettore De Paz,il suo accenno alla tinta caffè per gli abiti primaverili ha riportato alla mia memoria uno dei più begli abiti estivi mai visti.Un completo monopetto tre bottoni in shantung di un ineffabile color caffè, tagliato da un grande Maestro sarto di Messina,ahimè ormai scomparso,Giocchino Pirri.Oso troppo se le chiedo (sempre se la cosa sia possibile,e se Ella lo ritiene opportuno) di inserire nei taccuini una scansione o la foto di qualche scampolo di stoffa di questo magnifico colore? Grazie per aver riportato alla mia memoria un immagine di non comune bellezza ed armonia.Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-04-2007
Cod. di rif: 3018
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: La parabola dello stile modellato.
Commenti:
Gentile Signor Bellucco,inanzitutto pur ringraziandola per la sua gentilezza devo precisare che riguardo alla mia persona non vi sono nè "grandi" nè "inesauribili" fonti.Frequentando il Castello ,ed altri luoghi sperimento quotidianamente la vastità delle mie lacune su queste appassionanti tematiche.Circa il taglio modellato,esso fu sviluppato da alcune sartorie,sopratutto Londinesi (ma non dimentichiamo il nostro Domenico Caraceni a Roma,e la Sartoria Prandoni di Milano)alla fine degli anni 20.La paternità del taglio modellato,a torto o a ragione è attribuita a Frederick Scholte,sarto Olandese trapiantato giovanissimo nella capitale Britannica,con bottega prima a Cork Street e poi in Saville Row.Fino alla seconda metà degli anni 20 la silohuette maschile prevedeva giacche a sacchetto,con spalle naturali petto non imbottito e vita poco segnata.I pantaloni erano piuttosto affusolati.E' importante tener presente che in aggiunta alla linea sopracitata l'Uomo dei primi decenni del XX secolo,sia per scarsa dimestichezza con gli sport,sia a causa di un alimentazione meno ricca e di un minor apporto vitaminico aveva un fisico un pò scarso e poco tonico.Dalla metà degli anni 20 i canoni estetici cambiano,e la fisicità acquista un importanza prima mai avuta.Scholte fu uno dei primi a porsi il problema di dare al propio cliente un aspetto più forte e virile.Tagliando le tuniche scarlatte per gli Ufficiali della Guardia di Sua Maestà si era accorto che le controspalline che allargavano le spalle,le pieghe profonde al giromanica che allargavano il torace, e la cintura che stringeva la vita creavano l'illusione di un fisico atletico.Compiendo vari esperimenti Scholte riuscì a replicare tale effetto anche su una civile giacca da uomo.Introdusse del tessuto superfluo sul petto e sulla schiena,restrinse il girovita con delle pinces e nel contempo lo alzò di qualche centimetro (insieme alle tasche) ,usò un imbottitura larga e quadrata per allargare la linea delle spalle,rese i revers molto generosi e pastosi,e tagliò le maniche in modo che esse andavano restringendosi dal giromanica al polso, creando così l'illusione di un braccio muscoloso.I fianchi e il didietro della giacca erano piatti,i pantaloni prevedevano un gambale molto più ampio,che si restringeva impercettibilmente sul fondo cadendo infine morbidamente sulla scarpa.Il risultato era una V che creava l'illusione di un virile atleta.Il grande testimonial di Frederick Scholte fu il suo famoso cliente,Edoardo VIII futuro Duca di Windsor.Il Duca fece conoscere al mondo il taglio modellato,ed esso fu immediatamente ed entusiasticamente adottato dalle grandi Star di Hollywood divenendo in breve,dalla metà degli anni 30 lo stile alla moda.In Italia,come dicevamo l'alfiere del taglio modellato fu Domenico Caraceni.I suoi abiti per quanto ben tagliati pare non fossero comodissimi.All'inizio degli anni 90 ebbi una breve conversazione col Signor Michele Percopo,un anziano gentiluomo "arbiter elegantiarum" Napoletano trapiantato a Belluno e divenuto noto per le sue apparizioni al Maurizio Costanzo show.Percopo,che abitualmente vestiva da Rubinacci,mi raccontò che alla fine degli anni 30 si era fatto confezionare dei completi a Roma da Caraceni.L'impressione da lui avuta una volta indossate quelle giacche era quella di essersi improvvisamente calato in una "corazza".Tornando al taglio modellato bisogna rilevare che esso fu accompagnato da un esplosione di disegnature e colori prima di allora inediti nel campo dei tessuti da Uomo.Grandi finestrature,larghe righe di gesso,stoffe operate e chevron contribuirono a dare imponenza alla figura maschile,se vogliamo ad "allargarla orizzontalmente nello spazio".I vestiti modellati trasformavano un fisico modesto in una statua greca,in un potente simbolo di virilità.Uomini come il Duca o Gianni Agnelli rimasero fedeli a questo stile per tutta la loro vita.Tuttavia in tutte le cose del mondo esiste un ciclo di nascita-crescita-declino-morte.All'inizio degli anni 40,specie in America dove esisteva un importante industria di confezione (all'epoca di sorprendente qualità)il taglio modellato iniziò a "degenerare".Se si poteva rendere un uomo simile ad un atleta allargando ed imbottendo le spalle ed il petto della sua giacca,allora aumentando ancora l'imbottitura ed allargando i revers si poteva renderlo simile ad un semidio!Si arrivò così a capi come quelli illustrati nel taccuino 3192 (ancora più esagerato era lo "zoot suit" portato da neri ed ispanici).Vi sono indizi che fanno ritenere che già intorno al 1939 vi fosse l'inizio di una reazione al taglio modellato,e la tendenza verso uno stile più leggero e pulito,tuttavia la II guerra mondiale con le sue immani tragedie fece passare in secondo piano ogni dibattito stilistico.Dopo la guerra,e quasi fino al termine degli anni 40,vi fu una ripresa dello stile modellato.In America si chiamò "Bold Look",e prevedeva larghe spalle imbottite,larghi revers dalla lunga sciallatura ,ampi pantaloni.Alla fine degli anni 40 i sarti Italiani più dinamici (sopratutto quelli della "scuola Romana")elaborarono un nuovo stile netto,fresco e snello che prevedeva spalle naturali,giacche morbide,monopetto a tre bottoni con revers asciutti,pantaloni snelli spesso privi di risvolto.Le grandi disegnature scomparvero dai tessuti,ed al regno dei cardati seguirono stoffe pettinate,brillanti ed in tinta unita o a microdisegni.L'Eracle di prima della guerra si trasformò in un leggero ed agile Hermes,alla colonna dorica fece seguito la grazia dello stile Ionico.Anche questa nuova linea,dominante nel mondo per tutti gli anni 50 e la prima metà dei sessanta conobbe intorno al 1967 una parabola discendente,raggiungendo un eccessivo minimalismo e venendo infine abbandonata per uno stile che si rifaceva ai paggiori anni 30.Spero,Esimio Bellucco, di aver risposto alle sue domande,e la saluto cordialmente.Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 17-04-2007
Cod. di rif: 3058
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "Dandysmo" vintage.
Commenti:
Egregio Mocchia di Coggiola,ho letto con estremo interesse il suo intervento sul "dandysmo Americano ed il suo rapporto col "vintage".Alla luce di quanto scrive mi è più chiara la filosofia che sottende ad un sito molto interessante (sia pure a suo modo) come "The Fedora lounge".Come raccontavo in un taccuino di qualche settimana fa,gli adepti al sito ricercano (in negozi dell'usato o nel mercatino virtuale di Ebay) abiti vintage del periodo 1930-1949,che poi indossano con grande entusiasmo anche se questi dovessero essere più piccoli o più grandi di parecchie taglie.E' qualcosa di più vicino al feticismo ed a quello che gli anglosassoni chiamano "renacting" che alla ricerca di un eleganza classica,tuttavia esso è estremamente affascinante.Mi chiedo se una delle cause del fenomeno sia l'impossibilità ,negli Stati Uniti, di far riprodurre da un artigiano la foggia e lo stile desiderato o se invece siamo di fronte ad una precisa scelta,per così dire, "ideologica". Cordialmente,Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 17-04-2007
Cod. di rif: 3060
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: ideologia Vintage?
Commenti:
Esimio Nocera,non vi è dubbio che la mancanza di artigiani validi negli USA sia una delle cause del fenomeno.Tuttavia leggendo "the fedora lounge" ho appreso dell'esistenza di molte piccole sartorie in grado di eseguire modifiche agli abiti vintage della "golden age".In effetti guardando le foto inserite nel forum bisogna ammettere che molti di questi capi hanno un decente aplomb.Naturalmente i nostri amici non si fanno problemi ad indossare anche completi impossibili da aggiustare,perchè di taglia molto più piccola,ma il dato interessante è forse un altro.Per noi un abito è bello se possiede determinate caratteristiche estetiche e tecniche,indipendentemente dal'epoca nel quale fu prodotto.Pur apprezzando gli anni 30 non ci sogneremmo mai di indossare un capo di quel periodo che fosse brutto o anonimo ,potremmo tutt'al più apprezzarne certi aspetti nell'ottica di ciò che il Gran Maestro Maresca chiama "la filosofia del vestito buono".Per gli aderenti al "Fedora lounge",ed immagino anche per gli altri "vintage dandy" d'oltreoceano il valore è dato dal fatto che la giacca o il completo sono d'epoca.Un infame confezione venduta nel 1939 nel più modesto negozietto di una polverosa cittadina dell'Oregon vale quanto un completo doppiopetto uscito nello stesso anno dalla migliore sartoria di New York.L'importante è che abbiano la giusta "aria",che il giromanica sia alto,che la stoffa sia più corposa di quella "tasmanian ed affini" degli abiti moderni.Sono i nostri amici incapaci di distinguere ciò che è bello da ciò che non lo è? forse,ma mi sembra una spiegazione un pò semplicistica.E' probabile che alla base vi sia il rifiuto,più o meno conscio,per un America sempre più massificata verso il basso,e la nostalgia per una società più umana,e perchè no,elegante.In ogni caso molti aspetti del "Fedora lounge"sono da lodare,come ad esempio il meritorio lavoro di ricerca sul tessuto "Palm beach",meraviglioso cocktail di lino,mohair e rayon,dalle caratteristiche di traspirabilità,freschezza ed ingualcibilità tutt'ora insuperate.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 27-04-2007
Cod. di rif: 3091
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: The Shape of Things to Come
Commenti:
Esiste nella lingua Inglese una bellissima espressione:"The Shape of Things to Come",ossia "La forma delle cose a venire".Questa frase viene adoperata tutte le volte che si tenta di squarciare il velo del tempo per intuire il volto di un futuro più o meno prossimo.L'operazione,sempre rischiosa,risulta più agevole nei momenti di passaggio,in prossimità di una cesura tra un epoca ed un altra,tra un decennio e quello successivo.Da qualche tempo a questa parte ho la sensazione (o forse soltanto l'illusione) di aver colto ,relativamente all'abbigliamento classico virile,la forma di una di queste cose future.Naturalmente non parlerò di "moda",cioè di qualcosa di effimero e consumistico destinato a durare una breve stagione,ma di una "new shape",ossia una nuova foggia che verosimilmente potrebbe caratterizzare un epoca,gli anni 10 del XXI secolo.E' mia opinione che la stagione del monopetto a tre bottoni stia per chiudersi.Il tre bottoni,a lungo negletto,conobbe la sua rivincita intorno al 1989-90,dapprima come abito di "nicchia" (penso in particolare al Massimo Piombo delle origini),poi sempre più diffuso fino a diventare il Principe dell'armadio maschile negli anni 90 e 2000.Nel corso di questi anni la silhouette del tre bottoni è tendenzialmente divenuta più snella,passando da una prima ispirazione anni 50 ai pieni anni 60. Da qualche tempo si avverte il presentimento che la parabola del tre bottoni si stia avviando alla sua fase discendente.A mio giudizio la nuova foggia che si imporrà nei prossimi anni,in sartoria come in boutique,potrebbe essere il monopetto a due bottoni con revers a lancia (o per dirlo alla Napoletana "il due petti e mezzo").Meno triste e banale del "notched lapels" ,il due bottoni con petti lanceolati avrà probabilmente nella sua versione più "smart" spalle naturali alla napoletana e punte dei revers dritte verso l'alto a lambire la scapola.Circa la silhouette è verosimile che essa resterà asciutta,con revers contenuti (ma non ad "acciuga")e pantaloni snelli (che non improbabilmente potrebbero perdere i risvolti).Il passaggio da una linea all'altra sarà lento e graduale.Quando i pionieri di oggi saranno percepiti come "sofisticati ed eleganti",la massa seguirà.Fino a quando all'interno dello stile classico esisteranno dei cambi di foggia,dei nuovi tagli destinati ad essere ammirati,desiderati e replicati esso sarà vivo e vitale,e la fine ancora lontana.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 02-05-2007
Cod. di rif: 3102
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sulle "Cose future".
Commenti:
Impareggiabile Rettore,La ringrazio per le sue gentili parole nei miei confronti.Come Ella giustamente ricorda la frase "The Shape of the things to come" deriva da una tarda (1931) novella del grande H.G. Wells,che dallo stesso adattata per il grande schermo e contaminata con un suo altro scritto("Il lavoro, la salute e la felicità del genere Umano")divenne nel 1936 il potente e visionario film "Things to Come" ("Cose future");uno dei classici del cinema di fantascienza.La frase " The shape of things to Come" divenne da quel momento proverbiale,tanto da trovarsi in molti articoli e pubblicità degli anni 30 e 40 (come ad esempio la bellissima serie sui prodotti in alluminio Bohn)ogni qual volta si cercava di intuire la "forma" che oggetti o anche situazioni della vita quotidiana e sociale avrebbero potuto assumere in un vicino futuro.E' dunque in questa accezione che ho scelto "The Shape of the things to come" per parlare di possibili "cose future" relative al campo dell'abbigliamento classico.Giustamente ,Esimio Rettore,Ella dichiara la sua diffidenza riguardo alla stabilizzazione delle tendenze.Cosa effettivamente accadrà nei prossimi anni,e quali direzioni prenderà il gusto è impossibile da predire con certezza.A volte tuttavia è possibile ,per così dire,cogliere la direzione del vento,naturalmente tenendo ben presente che il vento può sempre cambiare direzione.Ora,da veri indizi la mia sensazione è che la foggia del monopetto due bottoni con revers a lancia potrebbe nei prossimi anni ricoprire il ruolo di protagonista principale nell' armadio Maschile,ruolo oggi riservato al tre bottoni "notched lapels".Questo ovviamente non vuol dire che se tale evento dovesse verificarsi le persone saranno private della libertà di scelta circa il taglio dei loro abiti;io stesso continuerò a chiedere al mio sarto monopetti a tre bottoni.Spero di poter fornire altri argomenti di discussione e riflessione sul tema "Things to come",in un mio prossimo taccuino.Con stima ed osservanza,Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-05-2007
Cod. di rif: 3105
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Revers lanceolati.
Commenti:
Egregio Cavalier Villa,effettivamente la tipologia del monopetto con revers a lancia non è mai stata molto comune,specie nel nostro paese.In Italia questa foggia ha incontrato un certo successo intorno alla seconda metà degli anni 50,sopratutto negli abiti da cocktails (uno dei suoi grandi estimatori fu il principe Antonio De Curtis,in arte Totò).E' probabile dunque che una certa perplessità derivi propio dal fatto che a monopetti di tal fatta non si sia ancora fatto l'occhio.Tuttavia propio questo registro inedito potrebbe costituire uno dei motivi del montante successo del "single breasted peak lapels".Il rischio è semmai che il due bottoni coi revers a lancia possa finire col diventare un pò lezioso.Recentemente dal mio sarto ne ho visto uno in un bel fresco Principe di Galles.Le lance,su espressa indicazione del cliente,puntavano verso il cielo lambendo le scapole,le spalle naturali alla napoletana avevano l'attacco alle maniche a camcia,e gli spacchi laterali erano generosi.Confesso di aver guardato quell'abito con una certa perplessità iniziale;tuttavia l'effetto di insieme era fresco e piacevole,con una lieve,gradevole, atmosfera retrò.In ogni caso ritengo che il variare di foggia all'interno dell'abbigliamento virile classico (non uso il termine "moda" perchè esso ha ormai acquistato un accezione effimera)possa essere considerato un positivo segno di vitalità.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 04-05-2007
Cod. di rif: 3110
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Lance all'Happy hour".
Commenti:
Esimio Cavalier Villa,può darsi benissimo che la tipologia del due bottoni con revers a lancia rimanga un diversivo sartoriale,un alternativa alle attuali tipologie di giacca.Tuttavia non credo ad un suo impiego nel campo del "cocktail dress" come nei tardi anni 50,perchè oggi la categoria "abiti da mezza sera" non esiste più (anche perchè purtroppo non c'è più quel modo di concepire la "sera").Inoltre tutti i due bottoni "peak lapels" da me visti finora sono o abiti da giorno (con disegnature Principe di Galles, gessati chalk stripe su fondo grigio chiaro,simil solaro beige) o rientrano in quella categoria ibrida portata dai giovani professionisti e che potremmo definire all'americana "buisness suit" (e quì a farla da padrone è il gessato o il rigato).E' propio l'improvviso successo del "single breasted peak lapels" presso costoro uno degli indizi che mi fanno pensare ad una possibile grande diffusione futura di questa tipologia di giacca.Il giovane avvocato la commissiona al propio sarto (o la compra presso confezionisti come Isaia o Ralph Lauren),indossandola con vaporosi fazzoletti da taschino piegati a tre punte dalla cimosa colorata ,dal mattino in Tribunale fino al rito serale dell'"Happy hour".E propio in questa occasione che traspare in loro evidentissima la sensazione di avere un tocco in più rispetto ai loro colleghi in tre bottoni "notched lapels".Quando questi ultimi se ne accorgeranno il cerchio sarà chiuso, e vedremo "peak lapels" per i prossimi anni a venire.Con stima Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 09-05-2007
Cod. di rif: 3118
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sul "Dorico".
Commenti:
Egregio Signor Caprari,pur non amando affatto lo stile Dorico,non lo definerei una "foggia villana",e neanche "greve".Al massimo chi è incapace (in ciò nulla di male) di comprenderne i significati potrebbe definirlo come "pesante","ingessato","legnoso".Circa il "Facis anni 70",sinceramente il paragone mi sembra impropio.Lo stile degli anni 70 può semmai definirsi (secondo la teoria degli ordini architettonici applicati all'abbigliamento) un Corinzio estremizzato,quasi al limite del Rococò.Cordialmente,Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 10-05-2007
Cod. di rif: 3127
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Statico-dinamico
Commenti:
Egregio Signor Caprari,il taccuino n 3273 mostra una previsione azzeccata,ma il passaggio da una linea basata sul taglio modellato (più o meno felicemente interpretato ) ad un altra più snella e leggera sarà un processo ancora lungo,ed avverrà circa dieci anni dopo.L'abilità del giornalista o del figurinista sta nell'aver colto una tendenza,nell'aver fiutato il cambiamento del vento molto prima che il vento effettivamente cambiasse.Trovo piuttosto interessante il Suo accostamento tra taluni esempi di taglio modellato e quel particolare stile architettonico,tipico delle dittature di ogni segno, come pure delle democrazie liberali, che può essere definito come "neoclassicismo degli anni 30" .Il "neoclassicismo degli anni 30" cerca di coniugare le tendenze razionaliste con lo spirito della classicità Greco-Romana.Ne risultano linee orizzontali,semplificate,squadrate e massiccie.Il messaggio che si tende a veicolare è di grandezza ,autorevolezza,solennità.La giacca modellata di impostazione dorica occupa anch'essa un volume orizzontale nello spazio.Anche quì il messaggio ,più o meno conscio,è di virile,solenne autorevolezza.Tuttavia la invito a non confondere taglio modellato con stile dorico.Le due cose,pur accompagnandosi spesso non sono sinonimi,ed esistono molti esempi di giacche modellate in puro,fresco, stile ionico (ad esempio i doppiopetti"flessibili" a quattro bottoni),come pure in stile Corinzio.Non bisogna poi dimenticare che i grandi Sarti che tra la fine degli anni 40 e l'inizio dei 50 crearono il nuovo stile Italiano snello e dinamico (come pure quei loro colleghi Londinesi che tornarono a guardare alla foggia Edoardiana) si formarono tutti negli anni 30 durante l'indiscusso regno del taglio modellato.Fu propio allora,e grazie ad esso,che venne acquisito un know out tecnico capace di dar poi vita ad un nuovo stile (si confronti un autentico abito di epoca Edoardiana con un completo dei primi anni 60 per capire quali enormi progressi in termini di taglio avesse fatto la Sartoria maschile). Cordialmente,Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 10-05-2007
Cod. di rif: 3130
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Lancia in resta.
Commenti:
Egregio Signor Caprari,ovviamente la foggia due bottoni con revers a lancia ha molte più possibilità di affermarsi nella tipologia dell'abito completo che in quella dello spezzato sportivo.Tutti i (molti) esempi da me osservati finora riguardano quasi esclusivamente abiti da giorno.Vedremo comunque ciò che il futuro ha in serbo per noi.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 21-05-2007
Cod. di rif: 3157
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Una giacca non seconda a nessuna.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,propio oggi pomeriggio per singolare coincidenza riflettevo sul due bottoni.L'occasione mi era stata fornita da un riposizionamento di vestiti e giacche negli armadi dovuto all'avvicendarsi delle stagioni.Durante tale operazione mi ritrovavo davanti tre completi cucitimi dal sarto nel lontano 1985,tutti con giacca monopetto a due bottoni.Il ventenne di allora aveva due taglie in meno rispetto al quarantaduenne di oggi,così quegli abiti (una flanella grigio-blù,un saxony grigio,ed un pettinato grigio con minuscola spina di pesce)giacciono da lungo tempo al secondo piano dell' armadio più come un caro ricordo che per la speranza di un (improbabile) dimagrimento.Nell'osservare quelle giacche riflettevo come la linea del due bottoni (da me dismessa a favore del tre fin dal 1987)fosse tutto sommato piacevole e pulita.Fu forse propio per la sua semplicità che essa mi venne a noia.Finii stupidamente per considerare il due bottoni una "scorciatoia",un compitino facile facile.Esso,al contrario, oltre ad avere una grande tradizione è a mio avviso una tipologia di giacca che non ha minore dignità rispetto alle altre ,vi sono anzi dei casi in cui in linea di principio il due bottoni sarebbe preferibile al tre,penso ad esempio a certi completi estivi in lana leggera o in shantung.Plaudo dunque senz'altro alla sua decisione di far confezionare il suo nuovo completo in mohair da viaggio (che spero ardentemente di vedere illustrato in un prossimo taccuino)in questa nobile configurazione.Non so se anch'io,dopo lungo peregrinare,ritornerò un giorno al porto dal quale sono partito,di certo pur avendo una netta predilezione per il tre bottoni temo di non poter condividere il severo giudizio dell'impareggiabile Mariano Rubinacci. Con Stima,Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-07-2007
Cod. di rif: 3254
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: All'Esimia Cancelleria dell'Ordine.
Commenti:
Vorrei pregare la Cancelleria dell'Ordine,e l'Egregio Dante De Paz,rettore della porta dell'abbigliamento, di eliminare il taccuino n 3406,perchè contenente delle ripetizioni lessicalmente infelici.Ho già provveduto a reinserire,opportunamente corretto il mio intervento.Chiedo inoltre rispettosamente a codesta Esimia Cancelleria se sia il caso di valutare,qualora venga giudicato opportuno e tecnicamente fattibile,un sistema di correzione degli interventi già inseriti nei taccuini e nelle lavagne."Scripta manent".Con deferenza,Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-09-2007
Cod. di rif: 3537
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: L'estetica preferita.
Commenti:
Egregio Signor Caprari.anch'io mi riconosco in una linea asciutta,netta e pulita,un ideale ponte di stoffa che dall'età Edoardiana ci conduce fino agli anni 50 e 60 del XX secolo.Confermo anche una personalissima idiosincrasia per revers larghi,spalle modellate,pantaloni dall'abbondante gambale,triple pinces,e alti risvolti.Tuttavia mi permetta di non essere affatto d'accordo col tono del suo ultimo intervento.La moda maschile degli anni 30 ha rappresentato uno dei momenti più alti nella storia dell'eleganza virile,e dileggiare le proporzioni che di tale estetica furono propie mi sembra operazione piuttosto discutibile.Allo stesso modo non mi sentirei di criticare chi,riconoscendosi pienamente in tale glorioso patrimonio estetico adottasse oggi quelle proporzioni.Al di là dei gusti personali bisogna storicizzare e riconoscere che il taglio modellato fu reazione,e voglia di cambiamento di una generazione rispetto all'asciutta moda Edoardiana dei propi padri,ed il taglio asciutto (se vogliamo "neo Edoardiano") del dopoguerra fu a sua volta reazione a quel taglio modellato tipico di un epoca,a torto o a ragione,allora percepita come "di ferro".Non mi sentirei dunque di parlare in assoluto di superiorità estetica di uno stile rispetto ad un altro.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-09-2007
Cod. di rif: 3550
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Naturale-modellato.
Commenti:
Egregio Signor Caprari,condivido in gran parte le sue opinioni,ed il mio lavoro di ricerca sull'estetica maschile degli anni 50-60,direttamente collegata a parer mio a quella che va dai tempi di Re Edoardo VII fino ai primi anni 20,credo lo dimostri.Tuttavia non tutti gli abiti modellati erano "freaks" di stoffa;se ben eseguito un abito modellato conferisce un allure superba e valorizza non poco il corpo maschile.Certamente si tratta di un estetica nella quale non mi riconosco,preferendo una linea più snella,leggera,naturale,direi quasi "organica",ma tanto di cappello a Scholte,Huntsman,Caraceni,Ciro Giuliano ed ai gloriosi figurini di "Esquire".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 03-06-2008
Cod. di rif: 3818
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Alla cortese attenzione della Cancelleria dell'Ordine.
Commenti:
Alla cortese attenzione della Cancelleria dell'Ordine.

Egregi Signori,

Nei taccuini la spaziatura tra le righe risulta troppo ampia.
Accade così che, andando a capo dopo un periodo, si ottenga un effetto esteticamente orribile.
L'eccessiva spaziatura inoltre rende molto lunghi gli interventi diminuendo il numero di post inseribili all'interno della stessa pagina.
Ardisco pertanto chiedere alle Signorie Vostre se fosse possibile porre rimedio all'inconvenirente.

Con Osservanza,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 26-11-2008
Cod. di rif: 3928
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: L'inizio della fine.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,
In realtà non vedo antinomia tra la sua tesi e la mia piccola ricostruzione di un episodio o di un sintomo, se vogliamo adoperare un espressione mutuata dal vocabolario medico.
Sappiamo che le grandi date che per convenzione segnano il trapasso da un epoca ad un altra sono molto spesso convenzionali;
nel 476 D.C. i contemporanei non si accorsero neanche della fine dell'Impero Romano d'Occidente,e per molti il secolo decimonono è terminato nel 1914 a Sarayevo.
Io non sostengo che il 1966 sia stato l'anno finale per l'Homo Elegans,e se ciò è parso dal mio scritto non mi resta che scusarmi per una mia colpevole poca chiarezza.
Io sostengo che il 1966 sia un anno importantissimo,direi fondamentale nel processo che ha condotto dal dominio dell'Homo Elegans a quello dell'Uomo delle palestre.
Parafrasando Winston Churchill siamo di fronte all "princpio della fine",fine che può benissimo essere individuata in quella fredda mattina di Gennaio del 1981.
Guardando all'abbigliamento, per tutto il 1966 il linguaggio del Classico è accettato universalmente da tutte le generazioni e da ogni categoria sociale.
I "capelloni" dei primi complessi beat,malgrado le loro acconciature alla paggio vestono completi a due o addirittua a tre pezzi,i proletari Pasoliniani considerano il bel vestito un punto di arrivo,uno status symbol.
I codici formali del vestire fino al 1966 sono sostanzialmente rispettati,lo smoking è indossato nelle serate di prammatica,e vi è ancora una distinzione netta tra abito sportivo,da giorno,da pomeriggio,da mezza sera.
A partire dal 1966-67 sono in atto grandi trasformazioni che porteranno nel 1968 ad una profonda soluzione di continuità con il passato,all'inizio di un cammino di dissoluzione di un certo modo di intendere l'Uomo e la Civiltà.
Per essere ancora più chiaro usando una metafora il 1966 è l'ultimo anno in cui "il paziente" non è ancora (o non sa ancora)di essere malato.
Dall'anno successivo esploderà ,già gravissima, la malattia che lo condurrà alla morte in quel fatale Gennaio dell'81.
Se come Ella ha giustamente suggerito allarghiamo la nostra visuale dal campo del vestire ,non possiamo non vedere ancor più netto il profondo cambiamento avvenuto in quasi ogni ambito della società.
Ad esempio nel cinema il modo di rappresentare l'Uomo i suoi valori e le sue certezze è radicalmente differente tra prima e dopo la cesura dell'inizio della seconda metà degli anni 60.
Il "politacally correct" inizia la sua dittatura propio nel 1968,ed è propio in questo anno che,verificatasi la rottura radicale tra il mondo degli adulti e quello dei ragazzi (divenuti ,o convinti di essere, irrimediabilmenta "altro") il giovanilismo inizia la sua cupa tirannia.
Persino nella società,nei gangli vitali della Nazione ( ed in misura più o meno accentuata di ogni Nazione dell'Occidente)avvertiamo il passaggio dalla vecchia alla nuova morale dall'epoca della serietà a quella della mera rivendicazione con lo scadimento di istituzioni e servizi,con la messa in discussione di ogni forma di autorità e di autorevolezza.
Anche il progresso,autentica divinità alla quale negli anni 50 e 60 veniva rivolto un vero e propio culto è messo in dubbio,sottoposto a feroce e spesso ingiusta critica.
Per tutto il decennio 70 la civiltà dell'Homo Elegans viene sottoposta ad un durissimo attacco da parte di ampi settori della società,e si arriva finanche al paradosso che la sua fine viene auspicata e desiderata persino da esponenti di quella stessa gloriosa civiltà.
Ciò non vuol dire che,continuando ad usare la mia metafora,il "paziente" non sia ancora vivo,o che non mostri a tratti addirittura momenti di vitalità.
Pure la malattia,eplosa nel 67-68 è senza scampo.
Infine,all'alba del nuovo decennio, Ronald Reagan e Margaret Thatcher non uccideranno l'Homo Elegans,ma semplicemente ne seppelliranno le spoglie,essendo egli defunto dopo lunga ed estenuante malattia.
Ed anche in ciò vi è una sublime ironia della storia,perchè sia il grande comunicatore che la Lady di ferro non percepivano se stessi come gli iniziatori di una nuova civiltà,ma bensì come i restauratori dei vecchi valori e delle vecchie regole.
Reagan intendeva tornare all'America di un tempo,a quella pre-Vietnam ("It's morning again in America").
La Casa Bianca di "Ronnie" è caratterizzata dal recupero di regole formali (sia pure filtrate attraverso un ottica Hollywoodiana) come non si vedeva dalla breve, scintillante, presidenza di John F. Kennedy.
Ma come la storia ci insegna,da Giustiniano al Congresso di Vienna ogni restaurazione è un sogno impossibile.
Molti chierici di Reagan e della Thatcher sono dei convertiti che nei lustri precedenti hanno strenuamente combattuto la civiltà dell'Elegans (non a caso il termine "yuppie" viene da "hippie"),altri semplicemente non vogliono rinunciare alle nuove comodità conquistate negli anni post 1968.
Il resto è compiuto dai nuovi apprendisti stregoni della finanza che si muovono all'ombra del Presidente Americano e del Premier Inglese.

Sperando di aver chiarito il mio pensiero,
Le rinnovo i sensi della mia più profonda stima.

Cordialmente
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-12-2008
Cod. di rif: 3934
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Unicuique suum.
Commenti:
Esimio Signor Lucchetti,
La ringrazio per aver ricordato quel mio ormai lontano gesso nel quale cercavo ,per così dire di "fiutare il vento".
Ritengo tuttavia doveroso precisare che non sono un Cavaliere delle Nove Porte,
ma mi onoro di essere un simpatizzante ed un frequentatore di queste stanze.
Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-12-2008
Cod. di rif: 3944
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Uccisi dal chiaro di luna.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,
Per un ironica legge del contrappasso, non vi è nulla di meno "futurista" allo sguardo d'oggi delle fotografie dei maestri e vati di quel movimento.
Nulla è più lontano dal concetto di "futuro" di quegli buffi ometti dai baffi a manubrio,con panciotti sgargianti sotto abiti primo novecento,corredati di bombetta, colletto duro e ghette.
La maggior parte della produzione artistica di quei signori,non meno della loro roboante retorica,è finita incredibilmente presto tra il polveroso bric à brac dei trovarobe ,insieme con fonografi a tromba,tendaggi cari alle dive del muto,reclàme liberty di ischirogeni e purgativi vari.
Nessuna meraviglia, del resto.
I baldi "uccisori del chiaro di luna",prima utili idioti dei "governi passatisti" che avevano già deciso l'intervento nella grande guerra alle spalle del popolo e del parlamento Italiano,poi giullari di corte del nuovo regime,fino a che questo non ritenne più consono ai "fulgidi" destini Imperiali un neoclassicismo da operetta, non avevano capito nulla del futuro.
Emblamatica a questo proposito è l'assoluta incomprensione,direi quasi provinciale crassa ignoranza, di quale potente incubatrice di futuro fossero,nel bene e nel male, gli Stati Uniti d'America.
Anche volgendo il nostro sguardo al campo dell'abbigliamento futurista troviamo figurini datatissimi quanto quelli in redingote e tuba otto riflessi.
Certi colori "dinamici",certi tagli asimmetrici, più che all'anno 2000 fanno pensare al Signor Bonaventura,ai pupazzi di Depero,ai costumi dei balletti Russi,alle illustrazioni per ragazzi di Antonio Rubino.
Esiste una sola eccezione,costituita dal futurista Ernesto Michahelles meglio conosciuto col nome d'arte di Thayaht.
Nel 1919 Thayhat inventò l'unico capo veramente futurista,la "Tu-Ta (dalla lettera T,somigliante come forma al modello del nuovo abito) "ossia la tuta.
Razionale,economica (per confezionarla occorrevano solo quattro metri e cinquanta di tessuto alto settanta centimetri, e sette bottoni),comoda,declinabile in una infinità di materiali e colori, secondo Thayhat la tuta sarebbe divenuta il capo dell'avvenire.
Il giovane futurista non riuscì a soppiantare per "la folla grigia" l'abito borghese,ma in compenso la sua creazione ebbe un eccezionale fortuna tra gli abiti da lavoro e tecnici.
Forse non è un caso se nel secondo dopoguerra Thayhant si dedicò a studi scientifici astronomici e spaziali,fondando il CIRNOS (Centro indipendente raccolta notizie osservazioni spaziali);la sua tuta infatti divenne un capo insostituibile per gli Astronauti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-03-2009
Cod. di rif: 3999
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Archivio fotografico LIFE.
Commenti:
Egregio Gran Maestro Maresca ,
Esimio Rettore De Paz,
Gentili Cavalieri e visitatori,
Ritengo utile ed opportuno segnalare uno straordinario mezzo di ricerca iconografica messo a disposizione su internet dal gruppo Time-Life.
Si tratta dell'intero (e continuamente aggiornato con nuove scansioni) archivio fotografico della celebre rivista "Life",centinaia di migliaia di foto dagli anni 30 fino agli anni 80.
Vi si trovano non soltanto le immagini scelte per la pubblicazione, ma tutte quelle effettivamente scattate .
Il veicolo usato da questo meraviglioso archivio è il motore di ricerca Google.
E' necessario inserire nella barra di ricerca di Google le parole "source:life",precedute dalla voce che si vuole indagare e dal decennio o anno che ci interessa.
Ad esempio se vogliamo avere delle fotografie di abiti estivi degli anni 30 scriveremo : 1930s summer suit source:life
Attenzione,perchè il materiale è molto più numeroso di quanto sembri ad un primo sguardo.
Continuando l'esempio precedente,e cioè gli abiti estivi anni 30,troveremo molte altre immagini impostando ulteriori parametri di ricerca,ad esempio:
1939 los angeles source:life
Un ulteriore accorgimento:
Una volta cliccato sulla fotografia che ci interessa (disponibile anche in alta definizione) ed entrati nella pagina di detta fotografia,bisogna guardare la piccola galleria di immagini disponibile sulla destra sotto la voce "related images".
Vi troveremo tutte le fotografie scattate nel corso di quel particolare servizio,anche quelle non visualizzate (per motivi di spazio)nella pagina di ricerca principale.
Con pazienza,un pizzico di pratica e buona fortuna è possibile mettere le mani su autentiche chicche.
Per fare un ulteriore esempio cercando alla voce 1940 rome source:life ho trovato una fotografia dei Conti Borromeo D'adda "relaxing in their home in Rome" particolarmente interessante su più livelli.
Vediamo uno splendido smoking monopetto con revers a lancia di taglio incredibilmente moderno,indossato dal Conte Emanuele.
Si apre al nostro sguardo una finestra su un mondo dagli orizzonti non provinciali e strettamente correlato per gusti,stile di vita,ed aspirazioni a Londra,Parigi ma sopratutto a New York.
Comprendiamo lo straordinario potere delle pellicole Hollywoodiane nel plasmare gusti ed atteggiamenti persino tra le (giovani) elitès Europee.

Signori,
buone ricerche.

Cordialmente
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 29-05-2009
Cod. di rif: 4078
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: A proposito di doppiopetto.
Commenti:
Egregio Signor Caprari,
Mi permetto di formulare la mia opinione circa le sue domande.
La posizione delle lancie in orizzontale non è sbagliata,ed è la cifra stilistica di molte botteghe artigiane e case di moda (ad esempio a Roma, Piattelli).
Allo stesso modo non può considerarsi errato neppure un posizionamento (ragionevolmente) basso del cran.
Personalmente non amo queste soluzioni,e preferisco che le lancie siano orientate verso l'alto a conferire maggior slancio alla giacca (inserisco nei taccuini l'immagine non inedita ma sempre splendida di un doppiopetto Napoletano del 1962 i cui revers sono la perfetta esemplificazione delle mie preferenze in questo campo).
Negli ultimi tempi,da quando alcuni particolari stilistici della sartoria Partenopea hanno varcato le porte degli atelier per giungere al pubblico più vasto,molte giacche a due petti (specie quelle cosidette "di confezione sartoriale")sono state tagliate con il cran altissimo,in alcuni casi addirittura sopra la spalla.
Ritengo questo effetto concettualmente irritante e esteticamente orribile.
A proposito del posizionamento dei bottoni,la bottoniera ravvicinata è divenuta una cifra della moderna sartoria Britannica (e Americana).
Anderson & Sheppard taglia le sue giacche a due petti in questo modo,ed il Principe Carlo preferisce questa soluzione.
Il doppiopetto con bottoniera ravvicinata è di linea piacevole e conferisce slancio alla figura.
Non possiamo tuttavia nasconderci che per molti si tratta di un escamotagè per far aprire sufficentemente la giacca su camicia e cravatta,in un epoca in cui pochissimi sartorie sanno come tagliare e lavorare sapientemente i revers.
Circa la sua preoccupazione che il doppiopetto doni solo a giganti longilinei,le dirò che a differenza del monopetto la giacca a due petti non conosce vie di mezzo: o è stupenda o è orribile;anche in ciò consiste la sua "difficoltà".
Un doppiopetto ben tagliato e di grande linea starà benissimo anche ad una persona non alta e corpulenta;viceversa una giacca mediocre farà sembrare insaccato in una scatola di fiammiferi svedesi anche il più prestante degli adoni.
Inoltre chi avrà la fortuna di servirsi presso una di quelle sartorie ancora sapienti nell'arte dei revers,potrà ulteriormente slanciare la figura allacciando la coppia più bassa di bottoni.
Vorrei rispondere anche al Signor Barone.
Negli ultimi tempi ho notato una maggiore presenza di giacche a doppiopetto nelle vetrine delle boutique.
Le più interessanti,sia in versione estiva che invernale, sono quelle di Massimo Piombo.
Sono certo che indirizzandosi verso quel nome potrà reperire l'abito o la giacca sfoderata che cerca.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 10-06-2009
Cod. di rif: 4096
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Giacche sportive e petti a lancia.
Commenti:
Egregio Signor Abravanel,mi permetta una piccola notazione.
Ho veduto le immagini molte giacche sportive in tweed dai revers a lancia,risalenti per lo più agli anni trenta.
Le giacche erano tutte a tre bottoni,mai a due (credo che il due bottoni con lunghi revers a lancia si sposi piuttosto infelicemente con il tipo di giacca di cui parliamo),al massimo un tre bottoni con revers stirati fino al bottone di mezzo,a mostrare la prima asola.
Il Gran Maestro comunque saprà commentare meglio di me la soluzione che Ella ha in mente.
Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 13-06-2009
Cod. di rif: 4101
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Anni 60.
Commenti:
Egregio Signor Caprari,
Inanzitutto non sono un Cavaliere,ma un semplice simpatizzante e frequentatore di queste auguste sale.
Nell'archivio dei taccuini potrà trovare moltissimo materiale dedicato agli anni 50 e 60;
la quantità delle immagini probabilmente equivale o si avvicina di molto al numero di quelle dedicate ad "Esquire" o "Apparel arts".
Circa le riviste dell'epoca ve ne erano molte,ma oggi di difficile reperimento.
In Italia c'era "Arbiter",poi la raffinata "Costume","Petronio","Vestire",Boy's club","La moda maschile" (quest'ultima dedicata sopratutto ai sarti,con pochi e brutti figurini e molti cartamodelli).
In Inghilterra c'era "Man about Town" e Tailor & Cutter",in Francia "Adam",negli Stati Uniti,oltre allo storico "Esquire" c'erano "Gentleman Quarterly" e "Men's wear".
Il materiale è parecchio,ma a meno di essere un grande appassionato dell'estetica del periodo (come me e Lei)piuttosto monotono:
Monopetti tre bottoni,revers stretti,pantaloni snelli,camicie bianche o a righine,cravatte sottili.
Fa eccezione la produzione Italiana perchè gli abiti presentati sono tutti di sartoria (anche i figurini ritraggono dal vero gli abiti di questo o di quel sarto).
Quì,pur nella comune linea snella,le differenze si vedono nelle spalle,nella rollatura dei revers,nei vari tipi di tessuti proposti.
Inoltre fino a tutti gli anni 60 in Italia rimane netta la divisione tra abiti da mattina (interi,interi sportivi,spezzati),da pomeriggio,da cocktails,da sera.
Insomma abbiamo la stessa varietà e qualità degli anni 30 sposata al taglio asciutto dei 60.
Interessanti anche le riviste Inglesi,ma già viene privilegiata l'artisticità della fotografia alla chiarezza nella presentazione del modello.
Così abbiamo abiti poco visibili a fronte di foto "d'autore".
Pubblicherò in questi giorni qualche immagine interessante da "Man about town",ma la prevengo che già in quest'epoca linea e qualità Italiane sono incomparabili con quelle Britanniche.
Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 12-07-2009
Cod. di rif: 4119
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Brioni ed i tempi nuovi.
Commenti:
Ringrazio il Signor Nocera per la preziosa segnalazione.
Avevo già avuto modo di seguire il dibattito su "The Fedora Lounge" e di leggere l'articolo di Boyer.
Quest'ultimo è senza dubbio interessante,ma temo che l'autore sopravvaluti il ruolo di Brioni nella nascita del nuovo stile.
La ragione di ciò si trova senza dubbio nella perfetta macchina pubblicitaria dispiegata fin dagli anni 50 dalla celebre maison Romana per la conquista della clientela,ed in seguito del mercato Americano.
In realtà Brioni fu una delle case Italiane promotrici del nuovo stile,ma certamente non è soltanto ad essa,che dobbiamo la creazione di quella che fu chiamata "la linea Italiana".
Non possiamo dimenticare altri importanti nomi Romani,come Datti,Zenobi,Litrico,Cucci,Battistoni,Del Rosso,Cifonelli,nè Napoletani come Blasi,Schiraldi o Gallo,nè ancora molti altri in tutte le principali città d'Italia.
Non possiamo inoltre non rilevare che nell'epoca considerata la maison Brioni usava differenziare la linea degli abiti proposti alla clientela straniera,in specie Americana,da quella,un pò più tradizionale, riservata ai clienti Italiani,e neanche che a metà degli anni 50 vennero da essa proposti abiti modellati,doppiopetto o monopetto, con ampi revers a lancia.
Nel suo ultimo intervento il Signor Caprari faceva notare come dopo la rivoluzione romana non si potesse più tornare indietro.
In realtà così non è ,e gli abiti proposti da Brioni negli anni 70-80 stanno a dimostrarlo.
Ho più volte espresso la mia prefernza per la linea asciutta degli anni 50 e 60,per la raffinata semplicità degli accostamenti cromatici ,per le proporzioni di cravatte,scarpe,colli di camicia tipici di quel felice periodo.
Purtuttavia mi permetto di far notare l'inutilità di un atteggiamento partigiano o di una aperta avversione per una data foggia piuttosto che per un altra.
Va tutt'al'più stigmatizzato (dopo averlo analizzato e compreso) l'abito di cattivo gusto,quello mal tagliato,quello di brutta qualità (magari decantato da giornalisti ignoranti o compiacenti e venduto a grande prezzo).
Vi sono giacche e completi modellati stupendi ,come pure superbi abiti di linea asciutta.
Vi sono capolavori sartoriali degli anni 30 ed altri altrettanto magnifici degli anni 60.
Adottare una soluzione oppure un altra dipende dai gusti,dalla sensibilità,dalla cultura di ciascuno.
Tutte ,nell'ambito del classico,sono perfettamente legittime.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 13-07-2009
Cod. di rif: 4122
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Giochiamo agli anni 30.
Commenti:
Egregio Signor Caprari,
Intorno al 1968 circa si assistette ad un massiccio ritorno di fiamma per le linee e le proporzioni in voga durante gli anni 30.
Le prime avvisaglie del fenomeno possono rintracciarsi già intorno alla fine del 1966-inizi del 67,periodo in cui il taglio snello del dopoguerra esaurisce la sua spinta propulsiva (gli Americani definiscono questo momento come "the end of Ivy cicle").
Nel 1968-69 vediamo imporsi una nuova silhouette che si richiama decisamente all' anteguerra.
I baveri sono ora notevolmente più larghi ,le spalle da naturali divengono dritte ed a sella,
le giacche ,e sopratutto i pantaloni, si allargano mentre nel campo degli accessori i colli delle camicie divengono sempre più chiusi e lunghi e le cravatte sempre più ampie ,con grandi disegnature o larghe bande colorate.
I tessuti secchi e scattanti,i pettinati brillanti tipici degli anni 50-60 cedono il posto a tessuti matti e follati,mentre si passa dalle tinte unite o dalle microdisegnature, a fantasie a riquadri evidenti
a gessature forti e spaziate,
a grandi spine di pesce.
Nel campo sempre più ampio dei fruitori delle boutiques e del pret a porter la moda degli anni 30 viene ripresa, e notevolmente peggiorata,con pantaloni scampanati,risvolti altissimi,sciancrature da fachiro,accostamenti cromatici accesi.
In campo più classico il ritorno al terzo decennio del XX secolo è invece più accuratamente filologico e preciso;
Anche sartorie che nelle decadi del boom e della congiuntura erano stati i templi della linea netta,tagliano adesso per la loro clientela doppiopetti in flanella e monopetti dagli ampi revers che non avrenbbero sfigurato in pieno 1936.
Gli anni 30 si riservano la parte del leone anche nel decennio successivo.
Nell'ambito del classico l'abito di Caraceni assurge in questo periodo a status symbol del manager di successo,
mentre i nuovi idoli del tempo,gli "stilisti" dichiarono a ogni piè sospinto di ispirarsi ai "roaring thirties",citandoli anche a sproposito nelle loro collezioni.
Temo quindi che definire la moda di più di un ventennio"espediente modaiolo che non ha lasciato traccia" sia leggermente riduttivo.
Ho paura di non essere d'accordo neanche sul suo giudizio perentorio riguardo ad un completo di linea anni 30 o 40 indossato oggi.
Non comprendo il suo riferimento alle corazze.
Se ben tagliato,un abito modellato degli anni 30 non è più scomodo da portare di un completo di oggi,e del resto aumentare pollici di stoffa,tagliare i pantaloni con triple pinces e a vita alta andava propio nel senso di una maggiore comodità , mobilità e confort rispetto agli abiti attillati dei decenni precedenti,venendo incontro alle esigenze di un nuovo tipo di uomo, dinamico,amante degli sport e della velocità.
Molti vestiti di scuola Napoletana dell'epoca (ma non solo,si pensi ad esempio ad Anderson & Sheppard i sarti dell'aereo Fred Astaire)sono poi comodi quanto una maglia.
Oggi vedo molta gente elegante,clienti di un Rubinacci,di un Panico,di un Solito,di un Pirozzi, di un Giovanni Celentano adottare quelle linee e proporzioni ,senza che nessuno (e men che meno se stessi) li consideri abbigliati in costume d'epoca.
Non vorrei,Egregio Signor Caprari che la sua legittima idiosincrasia (in parte da me condivisa) verso gli anni 30 la portasse a stigmatizzare ogni tentativo di ricerca storica e di analisi di soluzioni adottate in quel periodo.
Non è necessario ripetere ad ogni piè sospinto che "Carthago delenda est";
ne prendiamo atto.

Con stima,

Carmelo Pugliatti.




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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 15-07-2009
Cod. di rif: 4126
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Su eleganza e minimalismo.
Commenti:
Egregio Signor Caprari,il discorso si fa complesso,ma oltremodo interessante.
Sarà bene inanzitutto (credo sarà d'accordo con me) sgombrare il campo dagli equivoci.
Lo stile "neo Edoardiano",non è mai stato nè semplice,nè lineare nè minimalista,ma anzi a, dispetto di una linea più snella ed accostata al corpo esso era piuttosto barocco,e per adoperare un appropiato temine Inglese "fancy" (ossia "frivolmente fantasioso").
Gli abiti neo-Edoardiani avevano baveri di velluto,generose pattine diagonali come quelle delle giubbe da equitazione,risvolti alle maniche,bottoni ricoperti,ed una silohuette leggermente a trapezio con giacca molto lunga.
I panciotti nel più sobrio dei casi presentavano revers,bottoni ricoperti,pattine,mentre il più delle volte erano fantasia,in broccato,in damasco,in seta o velluto ricamati.
Le camicie potevano avere il colletto staccabile alto ed arrotondato,lo sparato a larghe pieghe orizzontali e particolari stravaganti come "polsini foggiati a forma di bocciuolo di rosa".
Persino nella versione più essenziale "contaminata" dalle influenze mods di inizio anni 60,quella Edoardiana continuò ad essere una moda eccentrica ed eccessivamente ricercata (basti vedere il John Steed di "The Avengers" per rendersene conto,
e mi riferisco alle serie 1963-1965 tralasciando la svolta "Carnaby street" della serie a colori).
Se discutiamo di linearità,semplicità,minimalismo (e perchè no,di buon gusto),non è certamente ai neo-Edoardiani che dobbiamo guardare.
Io credo che im massima parte quando Lei parla di "stile Edoardiano",Esimio Caprari,abbia piuttosto in mente gli abiti di linea Italiana 1961-1966.
A parte il taglio e la lavorazione già al tempo incomparibile con quella Britannica (un Giocchino Pirri di Messina vale cento volte un Anthony Sinclair),giacche e completi Italiani del periodo,oltre ad essere realizzati con le migliori stoffe Inglesi, presentano quelle caratteristiche di pulizia e nettezza,quel taglio armoniosamente accostato al corpo (e non striminzito)che Lei,caro Caprari tanto apprezza.
Sarebbe dunque meglio lasciare in pace il buon Re Edoardo e riferirsi piuttosto alla "Linea Italiana degli anni 60.
Disgraziatamente ottenere oggi quella silohuette è molto difficile,molto più che avere un buon abito modellato.
Vero è che la confezione nell'ultimo decennio ha riscoperto il tre bottoni e che i pantaloni si sono fatti più snelli,ma la sartoria,sopratutto le migliori botteghe,rimangono oggi saldamente ancorate a linee e proporzioni mutuate dagli anni 30 (salvo forse per l'ampiezza dei calzoni).
Da questi Maestri ottenere un abito dalle caratteristiche genuinamente anni 60 è piuttosto complesso.
Non basta infatti richiedere tre bottoni dai revers più sottili per raggiungere l'effetto voluto.
Le spalle devono essere piccole
(naturali,dritte o ad uovo non importa),
la giacca leggermente sciancrata,
la manica non larga,
gli spacchi (se presenti) non altissimi).
I pantaloni devono essere snelli,ma non striminziti,non troppo a vita bassa e,cosa importantissima,devono avere almeno un pince.
Questa,pur non compromettendo la pulizia del capo da una parte rende più agevole i movimenti,dall'altra "accompagna" la riga dei pantaloni,destinata nel caso di calzoni "flat front" a scomparire ben presto per essere sostituita da antiestetiche pieghe (a meno,beninteso, di non avere a disposizione un valletto che stiri i calzoni tutti i giorni).
Il fondo va tagliato a "scalino" ed appoggia sulla scarpa senza far pieghe; il modello a "zompafosso",corto al tallone, non ha cittadinanza nella buona tradizione Italiana.
I risvolti possono essere presenti o meno,ma sono sempre assenti negli abiti scuri da pomeriggio.
Fino ad oggi,Esimio Caprari ho veduto solo due Maestri eseguire perfettamente una giacca che si avvicina alla migliore tradizione Italiana degli anni 60.
Una è al taccuino n 4576,ed è quella di Pirozzi per il Cavalier Savarè,l'altra è al taccuino 2206,opera di Franco Puppato per il Signor Giorgio Bonsembiante.
In entrambi i casi i revers dovrebbero essere più stretti;solo mezzo centimetro per Savarè,parecchio di più per Bonsembiante.
Circa gli anni 30,Caro Caprari,torno a dirle che non si tratta di difendere o di sminuire questo o quello stile.
Prendiamo atto che i nostri gusti in ambito classico sono,come dire... "di nicchia".
Detto questo ribadisco l'estremo interesse (e piacere) di occuparsi della moda del terzo decennio del XX secolo,
e che in linea di principio un completo che si rifaccia a quelle linee e proporzioni non può considerarsi nè "barocco" nè "stravagante"ma, se ben tagliato,semplicemente "elegante".

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 15-07-2009
Cod. di rif: 4128
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "Sangue blù".
Commenti:
Egregio Signor Caprari,
colgo l'occasione per segnalarLe l'uscita all'inizio di agosto del DVD in edizione Italiana del film "Sangue blù" ("Kind Hearts and Coronets"),interpretato dal grande Alec Guinness.
La pellicola,capolavoro assoluto dell'umorismo nero Britannico è ambientata nella Londra d'inizio XX secolo.
Il film fu realizzato nel 1949 in concomitanza del revival neo-Edoardiano, è una sorta di summa sartoriale della moda maschile dei tempi di Re Edoardo VII.
La ricchezza ed accuratezza dei costumi fu lodata dalla rivista "The Tailor & Cutter" in un numero speciale,ed influenzò non poco lo stile "New Edwardian".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 15-09-2009
Cod. di rif: 4168
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Saville Row 1963.
Commenti:
Gentili Signori,
Mi permetto di segnalare questo interessantissimo documentario Inglese del 1963,a tutti coloro i quali sono interessati alla silhouette dell'abito maschile anni sessanta:
http://www.britishpathe.com/record.php?id=1609

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 26-11-2009
Cod. di rif: 4209
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Estati in giacca bianca.
Commenti:
Egregio Signor Corbey,
lo smoking spezzato con leggera giacca bianca (o avorio,o crema,o bianco sporco) conobbe in Italia una lunga stagione di splendore negli anni 50 e 60.
Esso veniva adoperato esclusivamente nei mesi estivi,da giugno a settembre,secondo lo stesso criterio che regolava (ed ancor oggi regola) l'adozione della divisa in tela bianca degli Ufficiali della Marina Militare.
Il "contesto" era per l'appunto l'estate.
Chi avesse "decontestualizzato",ovvero indossato "lo smoking bianco" fuori da questa finestra temporale sarebbe stato immediatamente identificato come una "mezza calza" (per adoperare un saporito termine Napoletano)o come un oriundo italo-americano (senza uso di mondo) in vacanza.
Nella stagione estiva,i festival cinematografici di Venezia e Taormina,gli eventi mondani,le feste più esclusive erano tutte un fiorire di giacche bianche su pantaloni neri.
Vero è che in Inghilterra,paese meraviglioso ma dal clima alquanto infelice,la dinner jacket bianca è stata sempre vista come un capo tropicale.
Tale impostazione è stata condivisa dalle altre maggiori Nazioni del Commonwealth.
A questo proposito esiste un gustoso aneddoto.
Nell'estate del 1959 una delegazione Italiana si recò in Australia per discutere i dettagli della partecipazione delle squadre di quel paese alle Olimpiadi di Roma del 1960.
Gli Italiani,essendo a Roma estate, si presentarono a Canberra con gli smoking bianchi nella valigia offendendo mortalmente gli Australiani che secondo i parametri Britannici consideravano questi indumenti come riservati a nazioni esotiche e paesi coloniali.
In più,trovandosi nell'emisfero meridionale con le stagioni opposte a quelle Europee, si era in pieno inverno Australiano.
Non condivido le sue limitazioni spaziali sull'uso dello smoking bianco,certamente non in Italia.
Ad esempio a Roma nei tempi gloriosi se ne è fatto un gran uso,anche per ricevimenti molto importanti.
Considererei piuttosto provinciale per un Italiano in Italia seguire l'uso Inglese.
Non vedo inoltre cosa c'entri la "mess jacket", che è una marsina senza code,con il "dinner jacket".
In ogni caso il problema oggi non è più all'ordine del giorno.
Essendo la civile usanza di vestire in giacca da sera ormai quasi estinta, pochissimi provvedono di dotarsi di una versione estiva di questo capo.
Di ciò ha preso atto anche il nostro Esercito,abolendo l'uniforme estiva da sera e da cerimonia con giacca bianca (introdotta nel 1956)e sostituendola con una versione nera,in lana leggera adatta a tutte le stagioni.
Sic transit.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 27-11-2009
Cod. di rif: 4212
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Bianco di sera.
Commenti:
Egregio Signor Corbey,l'uso del dinner jacket bianco estivo in Italia (territorio metropolitano,non solo colonie)è ben attestato e documentato anche per gli anni 30 (seconda metà).
Non vi è però dubbio che il grande e generale successo dell'abito da sera estivo è databile dai primi anni 50 alla metà degli anni 60.
Ritengo che un impulso decisivo nell'adottare questa foggia sia da attribuire all'influenza degli Stati Uniti (ed al cinema Americano), piuttosto che a quella della Gran Bretagna.
Lo "smoking bianco" infatti fu eletto a versione estiva del "tuxedo" nell'America degli anni 30.
Tale variante stagionale venne recepita nel nostro Paese anche perchè essa si sposava felicemente col clima Italiano nei mesi caldi.
"Cuori di tenebra" e vecchi coloniali Inglesi non hanno nulla a che fare con tutto ciò.
Per quanto al giorno d'oggi desueta,questa soluzione estiva è perfettamente inserita (al di là di legittime idiosincrasie personali) in quel sistema che al Castello viene definito "Il Classico".

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.





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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 29-01-2010
Cod. di rif: 4255
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Alcune precisazioni.
Commenti:
Egregio Signor Masci,
Inanzitutto la ringrazio per avermi gratificato col titolo, nobilissimo ma usurpato, di Cavaliere.
Tale titolo non mi compete essendo io un semplice frequentatore di queste sale ed un simpatizzante.
Mi permetto soltanto alcune precisazioni:
Non ho mai detto che la fine del Classico risale agli anni 70.
Ho semplicemente espresso l'opinione che il sistema che quì viene chiamato "Classico" (sistema non soltanto vestimentario,ma di valori)era negli anni 70 già mortalmente malato.
Mentre l'incubazione di tale malattia può farsi risalire a molti decenni prima (per taluni è conseguenza della II guerra mondiale),l'esplosione del male è a mio parere precisamente databile al 1966.
Fino a quell'anno infatti il linguaggio del classico era intergenerazionale,e persino certi fenomeni bohemien erano in esso ricompresi,così come i dialetti sono ricompresi nella lingua madre.
Concordo con il Gran Maestro Maresca nel datare la morte del Classico agli anni 80,in coincidenza con la Presidenza Reagan ed il Premierato della Signora Thatcher.
Non comprendo perchè Ella pone L’inizio della fine del classico come fenomeno di abbigliamento al 1954,con la presentazione in passerella dei modelli della casa Brioni da parte del Signor Vitucci (in realtà la prima sfilata di Brioni nella Sala Bianca mi risulta essere avvenuta nel 1952,credo propio con la partecipazione del Vitucci).
Già prima di quella data si erano tenute sfilate di moda maschile,sia pronta che di sartoria.
L'Inglese John Challenge fu uno degli indossatori più noti,e dagli anni 30 presentò su varie passerelle e riviste (come "Adam")gli abiti di alcune tra le più note sartorie Londinesi e Parigine.
Se Ella invece allude all'eccentricità dei modelli proposti dalla casa Romana,tenga presente che capi altrettanto eccentrici erano già stati proposti fin dall'inizio del secolo da molti atelier.
Inoltre la stragrande produzione della sartoria Brioni riguardava irreprensibili abiti e giacche classiche;
certe fantasmagorie di stoffa erano più che altro trovate pubblicitarie per far parlare di sè sui giornali stranieri ed attirare facoltosi clienti d'oltreoceano;
un pò come quando negli anni 20 Domenico Caraceni tagliò un completo per l'attore Douglas Fairbanks avendolo visto soltanto in foto (in realtà era riuscito a procurarsi le misure precise)e fece divulgare ad arte la notizia sui giornali.

Ovviamente questo è soltanto il mio personalissimo parere.

La saluto cordialmente,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 29-01-2010
Cod. di rif: 4257
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Maison Creed.
Commenti:
Egregio Cavalier Villa,
Oltre che profumeria eccelsa ,la maison Creed fu sartoria,tra le migliori di Parigi.
In questa veste ,anzi,Creed era principalmente rinomato negli anni che vanno dai 20 ai 60.
La linea della casa seguiva molto da presso quella di Saville Row,ma con un piacevolissimo tocco di edonismo Francese.
La rivista di eleganza maschile "Adam",di cui ho in collezione diversi numeri degli anni 30,40 e 50,mostrava ai suoi lettori tramite figurini la silhouette dei grandi sarti di Parigi (Larsen,Sigvald,Lanvin,Kriegck,Opelka,Andrè Bardot,Knize).
Creed era tra questi una presenza fissa.
Ignoro quando la maison cessò di essere una sartoria,ma sono pronto a scommettere che ciò avvenne tra la fine degli anni 60 ed i 70,quando la letale malattia dell'Elegans era già esplosa in tutta la sua gravità.
Di certo la rivista "Adam" inizia il suo declino intorno al 1962-63,quando cominciano ad essere mostrati sempre più abiti pret'a porter e sempre meno capi di sartoria.
Dal 1964 "Adam" diviene una sorta di versione casta di "Playboy",inframmezzata da pubblicità di abiti pronti,per tramutarsi definitivamente in una rivista soft per adulti verso il 1968.
Nel 1966,lucidamente,un servizio della ormai defunta rivista "Adam" titolava:
"Nostalgia per gli anni 50"?
"Assolutamente si",vien voglia di rispondere.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 30-01-2010
Cod. di rif: 4260
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sulla morte del Classico.
Commenti:
Egregio Signor Masci,
La ringrazio per la Sua squisita cortesia nei miei confronti.
Trovo il sistema teorico da Lei proposto molto interessante,e mi auguro che in prossimi interventi possa ulteriormente ampliarlo.
Concordo con Lei sulla difficoltà di configurare una datazione precisa per fenomeni dinamici come quelli di cui parliamo;
spesso fissare una data rischia di essere esercizio puramente convenzionale.
Purtuttavia può a volte aiutarci in tal senso la chiara percezione del cambio di atmosfera a partire da un certo anno.
Nel nostro caso ciò che ,per l'appunto, mi porta ad individuare nel 1966-67 l'inizio della "malattia" che porterà il "Classico" alla sua "morte" è un netto,avvertibile,profondo,drammatico cambiamento a cavallo dell'anno in questione.
Ciò non vuol dire che non possano esservi state delle tappe di avvicinamento precedenti,
anzi il contrario.
Temo tuttavia di non concordare con Lei sull'importanza della sfilata del Signor Vitucci alla sala bianca.
Nulla di male,solo una diversità di opinioni.
Ovviamente,anzi sicuramente,potrebbe sfuggirmi qualche elemento.
Sarebbe interessante ed utile sentire a tal proposito l'opinione del Gran Maestro.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 03-04-2010
Cod. di rif: 4311
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: La nobile impresa.
Commenti:
Egregio Gran Maestro,Gentili Cavalieri e frequentatori.
Plaudo alla richiesta del Cavalier Pollicelli.
Sarebbe fantastico poter disporre di un canale di approvvigionamento per una grande flanella,un Saxony come quelli di un tempo, un 3 ply , uno Shantung o ancora per il "Frigidus" della Zegna, magari nelle meravigliose sfumature "color mare di Capri".
Una bella impresa certo degna del Castello e dei suoi nobili Cavalieri.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 09-06-2010
Cod. di rif: 4354
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Le parole del Duca.
Commenti:
Egregio Gran Maestro,Esimi Cavalieri,
Gentili Frequentatori di queste auguste sale.
Trascrivo in questo taccuino il testo di un articolo scritto dal Duca di Windsor,e pubblicato in esclusiva per l'Italia dalla rivista "L'Europeo",nel numero 37 del 10 Settembre 1961.
La parola al Duca:

"Vi sono alcuni atteggiamenti del costume contemporaneo che più degli altri mi lasciano perplesso e sono contento che anche la Duchessa sia della mia opinione.
Spesso mi dice che, secondo lei, il mutamento più evidente che il mondo ha,subito negli ultimi cinquant'anni riguarda il modo di vestire, cioè l'abbigliamento, sia degli uomini che delle donne.
"L'uomo e la donna del giorno d'oggi",dice la Duchessa, "hanno verso gli abiti un atteggiamento assolutamente nuovo, un atteggiamento che mi preoccupa".
Io cerco di spiegarle, per tranquillizzarla, che si tratta di un fenomeno che ha molti precedenti nella storia.
Le dico che, in fondo, noi stiamo assistendo all'ultimo atto di una commedia il cui prologo è stato recitato molti secoli fa.
Ma i miei argomenti non sembrano convincerla.
"Noi siamo dell'opinione",mi ribatte, "che l'uomo civile debba soprattutto preoccuparsi di vestirsi e non già di svestirsi, come invece succede".
Davanti a questo argomento non so più che cosa dire perché i fatti parlano contro la mia sincera buona volontà di difendere, entro limiti ragionevoli, la società contemporanea. Noi infatti cerchiamo, di frequentare, In tutti i paesi del, mondo dove il caso ci porta a soggiornare o a vivere, buone compagnie, cioè gente consapevole dei suoi obblighi sociali e rispettosa delle convenzioni che sono la forza dell'ordine civile e la garanzia dell'umana convivenza.
Ma anche nel nostro ambiente piuttosto ristretto è ormai avvertibile questa generale tendenza a considerare gli abiti come
degli obblighi insopportabili, una costrizione dalla quale è giusto e utile liberarsi al più presto possibile, alla Prima occasione.
Ai miei tempi ci sì toglieva un certo numero di abiti soltanto per andare a letto, e veramente nudì sì rimaneva in una sola occasione, quando cìoè sì faceva il bagno nel segreto della propria toìlette.
Oggi invece l'uomo e la donna inventano occasioni continue per spogliarsi.
Ammetto che alcune di queste occasioni esercitino un certo fascino, ma nella maggior parte dei casi è assolutamente evidente che si tratta di pretesti.
La Duchessa dice che ci troviamo di fronte a un vero e proprio atteggiamento rivoluzionario, capace di sovvertire l'ordine civile del mondo intero.
Io non vedo un pericolo tanto grande in questa Insofferenza per gli abiti, ma ammetto che il fenomeno ha molti lati preoccupanti.
Per cena indosso sempre lo smoking, anche quando siamo a tavola soltanto la Duchessa e io, e così faccio, ovviamente, ogni volta che sono invitato a pranzo da qualche amico, anche molto intimo.
Non potrei presentarmi a tavola senza l’abito adatto e quell’ abito lo indosso anche in quelle rare occasìoni in cui mi capita dì pranzare o cenare da solo.
Credo infatti che si debba avere per se stessi il medesimo rispetto che sì ha per la propria moglie e i propri amìcì.
Quando invece mì reco a cena ìn un ristorante dì poco conto, in qualche locale più rinomato per la sua cucina che per la sua clientela, evito ormai di mettermi in smoking e preferìsco indossare un abito severo, ma da pomeriggio.
Mi comporto così per uniformarmi al mìeì vìcini di tavolo, per mimetizzarmi con gli altri clienti del locale.
E' risaputo che il vero gentiluomo, il vero uomo elegante, è quello che scompare fra la folla dei suoi similì, che non, si fa notare, che non esige, al suo apparire, né la critica, né la lode. Il mio ingresso in abito da sera in una trattoria della Costa, Azzurra, là dove si cucina il pesce come in nessun'altra parte del mondo, susciterebbe sorpresa e metterebbe forse in imbarazzo qualcuno dei gentiluomini già seduti a tavola.
La duchessa dice che questo mio scrupolo è assolutantente eccessivo perché, sono idee sue, i costumi sono ormai tanto decaduti che la maggior parte della gente non si rende più conto dei suoi errori e delle sue manchevolezze nel campo del comportamento civile e delle buone maniere.
Io non condivido tanto pessimismo e trovo che un buon abito da pomeriggio si adatta meglio dell'abito da sera a quel profumo d'aglio e di olio fritto che tanto piacevolmente ristagna nelle trattorie dì Cannes e di Saint-Tropez.
Se i miei antenati potessero vedere In quale abbigliamento eterodosso io frequento certi locali si scandalizzerebbero moltissimo e non riuscirebbero a comprendere le ragioni per le quali io mi comporto in un modo che loro senz'altro giudicherebbero poco educato.
Ma ìo non dimentico mai, a questo proposito,che Beau Brununel ,il piccolo boghese che insegnò l’arte di vestire a tutta l'aristocrazia Inglese e ha lasciato un segno profondo nell'abbigliamento maschile del mondo intero, non salì mai su un mezzo di pubblico trasporto in tutta la sua vita.
E neppure il Re mio Padre,che pure fu uomo eccezionalmente modesto e alla mano se posto a paragone con i sovrani inglesi venuti al trono prima di lui ,non ebbe mai occasione di porre il suo piede sulla predellino di un tramway, neppure in occasione dì qualche viaggio Inaugurale.
Del resto per le inaugurazioni delle linee tranviarie non si richiede ,infatti, neppure oggi la presenza di un re, ed il ministro dei Trasporti è autorità più che sufficiente.
E se, in limiti ragionevoli, la tendenza contemporanea dell'abbigamento maschile (quello femminile è ,un problema per me troppo arduo che preferisco lasciare al gusto ineguagliabile della Duchessa) mi trova almeno disposto alla giustificazione per quanto riguarda gli abiti da città, la mia perplessità è grande quando mì metto a considerare quella che noì inglesi chiamiamo country fashion, cioè la moda sportiva. L'uomo moderno, anche di classe elevata, è costretto a duri obblighi dì lavoro che i nostri vecchi non ímmaginavano neppure. Ciò impone alcune regole di pratìcità che forse non s'accordano sempre con le buone maniere tradizionali e creano pericolosi cedimenti del buon gusto e della correttezza formale, ma trovano una loro ragione nelle dure esigenze della realtà.
E’ vero che io ricordo l'irreprensibile eleganza dei funzionari del governo di quarant'anni fa e non posso non rattristarmi paragonandoli con i loro colleghi del giorno d'oggí, ma devo ammettere che i decaduti discendenti, di quei coraggiosì gentiluomini sono obbligati ad una vita più intensa e più scomoda, se non proprio piú faticosa. E’ il ritmo dell'esistenza chè,è mutato sotto la spinta di due guerre e di mezza dozzina di rivoluzioni, alcune pacìfiche e alcune cruente, e i tempi nuovi hanno esigenze nuove.

Queste giustificazioni non si applicano però alla moda sportiva.
Oggì sì portano abiti di colori e di fogge che non possono non suscitare in me alcune perplessità e alcuni timori.
E'giusto notare che in questa folle corsa verso la più gratuita e volgare eccentricità i miei connazíonali si stanno fino ad ora comportando con un superstite senso della misura.
Pur senza rífiutare del tutto (e sarebbe atteggiamento stupido e reazionario) qualche esperienza dei tempi nuovi, gli inglesi sanno mantenere abbastanza saldamente il contatto con la loro vecchia e nobile tradizione.
Anche in Gran Bretagna le ìnfluenze della moda sportiva continentale si fanno sentire, ma il gusto non è ancora del tutto corrotto, i costumi non sono completamente decaduti.
Si tratta, è ovvio, di una condizione di compromesso, ma la constatazione non deve preoccuparci in modo soverchio.
I tempi in cui un gentiluomo poteva sdegnosamente rifiutare, nelle piccole come nelle grandi cose, il compromesso sono finiti per sempre ed è proprio inutile abbandonarsi a recriminazioni e a rimpianti.
lo credo di appartenere all'epoca in cui vivo e non mi piace paragonarmi a quella schiera di pavidí e disillusi (ne conosco moltissimi, in tutto il mondo) che passano il loro tempo a sognare le epoche andate e a ricreare, nel segreto delle loro case, il tempo che è fuggito. lo, inoltre, non credo che gli uomini di buone maniere siano dei sopravvissuti soltanto perché il loro numero s'è andato assottigliando e i modi grossolani e banali informano ormai quasi l'intera esistenza del mondo civile.
lo tengo conto di ciò che è avvenuto e prendo atto di quanto succede attorno a me e continuo a coltivare, spero con profitto, l'educazione e i buoni costumi.
Noi Inglèsi abbiamo una grande fortuna della quale ci rendiamo poco conto: il pessimo clima.
Questo fatto impedisce la pratica in massa degli sport più volgari e pericolosi.
Le nostre spiagge, per esempio,sono tra le più belle dei mondo ma non possono certo emulare, per il sole, quelle infuocate del Mediterraneo. Noi inglesi amiamo moltissimo e da secoli, il sole dell'Europa meridionale.
L'Italia e la Spagna sono nostre mete tradizionali e in questi paesi st contano vere e proprie colonie di sudditi britannici.
Ci piace il paesaggio del sud: il mare, Il cielo, le città e i villaggi,e ci piace la gente del meridione, perché è viva,appassionata, sincera.
La Duchessa lo abbiamo trascorso gran parte della nostra vita sulla Costa Azzurra e consideriamo questa riviera tra le più belle del mondo, come una seconda patria.
Ma non vorremmo certo che Montecarlo, Cannes, Saint-Tropez e Nizza diventassero, per improvvisa magia, città del Regno Unito.
Un mio illustre concittadino víssuto molti anni fa ha lasciato scritto che l'Africa incomincia a Calaís Si tratta, è subito evidente, di una Piacevole battuta che contraddice la geografia come la impariamo nelle scuole, ma come tutti i bon mot felici rispecchia molta verità e testimonía assai bene di uno stato di fatto che non è possibile negare a costo di rifiutare la verità.
Nessun inglese intelligente si reca a Cannes o a Montecarlo con l'animo con il quale Stanley e sir Cecil Rhodes espiorarono l'Africa Nera, ma ciascuno di noi ha ben chiaro, nel profondo del cuore, il senso del limite che esiste fra un luogo meraviglioso e la civiltà britannica.
Sono i popoli gìovani ed entusiasti che tendono a riconoscere se stessi In ogni paesaggio capace di attrarli.
Questi popoli sognano una patria composta di tutti i luoghi dei mondo dove hanno amato vivere.
E' facile rendersi conto che si tratta'di un atteggiamento utopistico e un po' sciocco.
Una patria è quella che è, e tutto Il resto ci è straniero.
E' "Africa", se vogliamo dirla con quel mio illustre e spiritoso concittadino.
Sul piano del gusto un simile atteggiamento è senz'altro deplorevole.
Questo non significa, naturalmente, che tutto ciò che ci viene dalla consuetudine delle spiagge meridionali sia da condannare e da respingere in blocco.
L'esploratore previdente e saggio che parte da Plymouth verso le giungle dell'India o verso le savane dell'Africa centrale non s'imbarca In tight e cilindro, ma rifornisce il suo guardaroba di abiti adatti alla sua Impresa,senza rifiutare quegli elementi dell'abbiglianiento locale che effettivamente rispondono alle necessità del clima e del luogo.
Tutta la storia dell'espansione Inglese nel mondo coloniale è anche una storia meravigliosa di abbigliamento.
Abbiamo Inventato noi cittadini Britannici il costume coloniale ed è questa la ragione per la quale una simile tenuta è, in generale, di squisita eleganza anche se Indossata da gente di modesta levatura morale e sociale.
L'abito coloniale è composto di vari elementi, alcuni di origine europea, altri di origine indigena, ma gli uni e gli àltri sono ormai normalizzati in uno schema che segue quella grande legge non scritta che è il gusto britannico.
Ciò succede fra noi, anche per l'abbigliamento sportivo.
E' bello e saggio accettare dai paesi dei sud alcuni elementi della loro moda solare, ma mi sembra assolutamente sconveniente travestirci, come molti fanno con tutta naturalezza, da marinai nizzardí o da pescatori napoletani per chiacchierare sulla spiaggia o fare un giro in motoscafo.
C'è gente che osa comparire, in questa tenuta folkloristica nelle hall dei grandi alberghi di Montecarlo.
Si annunciano fin dallo scalone per il ciabattio dei loro sandali con la suola di legno e poi, sull'ultima rampa, con la vista non gradevole delle loro gambe storte e pelose.
La sfilata di questi signori non suscita ormai molta meraviglia perché questa è la tendenza generale nei paesi del sud; ma io vorrei invitare uno di costoro a comparire nella medesiMa tenuta in un grande albergo di Brighton.
Mi piacerebbe poi svolgere una rapida inchiesta fra gli altri clienti e il personale dell'albergo.
E mi piacerebbe anche chiedere all' interessato la sua sincera impressione.
credo che la responsabilità della decadenza dell'abbigliamento sportivo risalga soprattutto all'ultima guerra e al modo in cui essa è stata condotta, soprattutto da parte britannica.
Ho un amico molto caro che durante il conflitto ebbe l'onore di far parte dello stato maggiore di Lord Alexander nel corso della campagna d'Italia.
Questo amico mi ha raccontato come si svolgevano le riunioni del Consiglio di guerra convocate almeno una volta al giorno.
"Queste sedute ", racconta, "non erano affatto interessanti per ciò che si diceva ma erano invece molto modo istruttive per ciò che si aveva modo di vedere".
"Ogni Ufficiale compariva infatti nella tenda o nella stanza di Lord Alexander nei più strani, fantasiosi e imprevedibili travestimenti.
Non uno indossava la divisa d'ordinanza, ma tutti si erano creati loro abiti composti dagli elementi più diversi ed eterogenei provenienti dai più differenti corpi:
Uno spettacolo incredibile".
lo voglio aggiungere che anche la divisa d'ordinanza non era, nell'ultima guerra, di disegno dei più eletti e non c'era probabilmente bisogno del contributo personale dei vari ufficiali per dare all'insieme quel tono trasandato che il mio amico così giustamente lamentava.
Se mi guardo attorno sulle spiagge europee scopro facilmente che buona parte degli indumentí più discutibili che ho modo di ammirare hanno propio un,origine militare e sono i figli diretti degli abiti indossati dagli Ufficiali superiori del Maresciallo Alexander.
Rìcordo che durante l'altra guerra c'era fra gli ufficiali una grande disciplina anche in fatto di divise.
Non era tollerata la più piccola modifica alla divisa d'ordinarniza, e ai rapporti e ai Consigli di guerra bisognava presentarsi assolutamente irreprensibili nell'uniforme,in ogni particolare fedeli al famoso disegnc stabilito dal ministero della Guerra.
Io non nego che in certi casi un po di libertà sia utile e un po' di rilassamento inevitabile, ma da quanto ho potuto capire dai racconti dei mio amico, ho l'impressione che durante l'ultima guerra si sia un po, esagerato. Ciò è grave non tanto per l'influenza che un simile stato di cose può aver avuto sullo svolgimento del conflitto (benché mi senta disposto a credere che una maggior disciplina e un clima più severo anche nel campo apparentemente secondario dell'abbigliamento avrebbero consentito una conclusione più rapida della guerra), ma soprattutto per le conseguenze che il fenomeno ha avuto sui costumi civili.
James Laver ha detto un giorno che ormai le guerre si combattono in abiti sportivi.
Io modificherei questo assunto.
Direi piuttosto che ormai io sport si fa, in quasi tutto il mondo, in divisa militare.
L'avvio lo ha dato la prima guerra mondiale.
La seconda ha imposto un gusto che è diventato generale e ha messo molto rapidamente e per ragioni inspiegabili,profonde radici.
La guerra dei 14-18 ha dato all'abbiglianiento sportivo alcuni elementi della divisa militare che hanno avuto subito larga fortuna.
Il famoso impermeabile degli ufficiali britannici, per esempio, quello con fibbie e applicazioni da ogni parte.
la guerra del 39-45 ha riempito il mondo di pantaloni, camicie, giubbetti, cappotti e giacchette che hanno velocemente trasformato i giovanotti di mezzo mondo in tanti GI e tanti Tommy.
Non,è da credere, leggendo queste mie riflessioni sull'abbigliamento maschile dei nostri tempi che io non ami gli abiti comodi che consentono di muoversi e respirare, liberamente. Appena posso io tolgo la giacca, mi sfilo la cravatta,mi slaccio colletto e magari mi rimbocco anche le maniche della camicia. La Duchessa giudica un po' eccessivo questo mio gusto e afferma che nascondo, in fondo al mio animo (sepolto sotto Il peso incombente di tutte le costrizionì che ho ereditato dalla mia famiglia e dall'ambiente dove son nato e vissuto) il complesso dello stríp-tease.
La Duchessa ha quasi sempre ragione e i suoi giudizi sono, di solito, acuti e intelligenti, ma questa volta credo proprio che sbagli.
Non ho mai notato in me, in tanti anni, il desiderio di esibire in pubblico, a suon di musica le mie poco attraenti nudità.
Il fatto che a tempo debito e in luoghi convenienti io mi sbottoni il colletto e mi rimbocchi magari le maniche, non credo denoti
in me sintomi psichicamente allarmanti.
Si tratta di una reazione assolutamente naturale, un moto spontaneo e innocente.
L'importante, io credo, è impedire con ogni mezzo che questi legittimi desideri di libertà prendano il sopravvento.
Nessuno dei miei amici può dire di avermi visto, anche una volta soltanto, in un abbigliamento men che corretto.
Ho sempre cercato di indossare l'abito giusto al momento giusto nel posto giusto.
E qualche volta, naturalmente, quest'abito giusto ha un aspetto un po' sommario, un po' Primitivo,ma è proprio in questo tipo di abiti che si vede l'uomo elegante, l'uomo che sente dentro il suo animo il giusto rispetto per se stesso e per gli altri.
E' facile a tutti coloro che ne abbiano i mezzi farsi confezionare da un gran sarto magnifici abiti da sera; è quasi ímpossibile, a chi non sia naturalmente dedito alle buone maniere, indossare con decoro un paio di calzoncini di tela e una camicia di lino.
Sarei ridicolo se pretendessi di comparire oggi in pubblico con gli abiti che andavano di moda ai tempi della mia gioventù.
Quando io ero ragazzo il cricket non si giocava già più in tuba, ma per il tennis era di rigore una divisa abbastanza opprimente con cravatta, colletto duro Inamidato, giacchetta di fianella e pesanti kniekerbocker, simili a quelli che i ciclisti sportivi indossano ancora oggi.
Anche il golf aveva una divisa abbastanza differente da quella odierna.
A paragone, la nostra sembra addirittura rivoluzionaria e di un'audacia incredibile. Durante la mia gioventù ho praticato molti sport, ma non ricordo di aver mai indossato un paio di calzoncini corti.
La massima concessione, alla praticità erano i knickerbocker, che esistevano di varia forma, a seconda dell'uso al quale erano destinati.
Anche il foot-ball ai miei tempi si giocava con questo tipo di calzoni; quando vedo i calciatori di oggi mi prende molta malinconia".

EDOARDO DI WINDSOR









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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 09-06-2010
Cod. di rif: 4357
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Le parole del Duca-I
Commenti:
Egregi Signori,
Mi scuso inanzitutto per qualche piccolo refuso o per l'episodica mancanza di rispetto del punto e a capo.
L'estrapolazione del testo dalla rivista è stata laborioso,e come si sa una volta inserito uno scritto in queste pagine è impossibile effettuare correzioni.
Ciò da un lato è un vantaggio,perchè ci insegna a vigilare con solerzia su ciò che scriviamo,per il necessario e dovuto rispetto nei confronti di chi ci legge.
D'altra parte, nel caso di interventi molto lunghi,sono possibili deprecabili sbavature,
e di ciò chiedo ancora perdono.
Ciò che maggiormente mi colpisce nelle parole del Duca è per l'appunto (come sagacemente notava il Signor Busacchi)l'ironia,che non risparmia,sia pure in modo affettuoso ed indulgente neppure la Duchessa,mostrataci malgrado la sua origine borghese,"più Realista del Re".
Interessantissima è anche l'opinione del Duca che (ancora all'inizio degli anni 60) il Popolo Britannico è in gran parte fedele alla vecchia e nobile tradizione vestimentaria.
Per noi che sappiamo quale rivoluzione sarebbe partita propio dall'Inghilterra da li a pochissimi anni,queste sono frasi segnate da una sensazione di profonda malinconia.
Significativo anche che le critiche del Duca non riguardino tanto gli "abiti da città",riguardo ai quali un certo rilassamento del "dress code" è imputato alle mutate condizioni di vita ed alle moderne esigenze del lavoro,
ma alla moda sportiva,etichetta sotto la quale è ricompreso anche quello che oggi chiameremmo "casual".
E' propio in questo stile "sportivo",andato progressivamente corrompendosi, e nell'allargamento di esso ad altre sfere e situazioni,che il Duca individua il mortale pericolo.
Precisa come la lama di una spada anche l'analisi che riconduce alle guerre in generale, ed alla II guerra mondiale in particolare, le cause del declino.
I veri "conservatori",gli autentici amanti della tradizione non possono che essere contrari con tutte le loro forze ai conflitti.
Nulla come le guerre ,infatti, scardinano i vecchi equilibri ed aprono la strada ad avventurieri d'ogni risma e sorta.
Per un conservatore autentico non esistono guerre vinte,come del resto la storia ampiamente ci dimostra.
Alla luce di ciò possono forse comprendersi i tentativi,se vogliamo patetici e disperati,ma non meno coraggiosi,effettuati dal Duca alla fine degli anni 30 allo scopo di sondare eventuali strade per evitare la catastrofe.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-06-2010
Cod. di rif: 4359
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Le parole del Duca-II
Commenti:
Egregio Cavalier Villa,
L'analisi del Duca,da me riportata sarà,credo,commentata più autorevolmente ed in maniera ben più profonda dal Gran Maestro Maresca,quando Egli farà ritorno in queste stanze.
Le mie riflessioni sul testo non possono che partire da una premessa:
Il punto di vista del Duca è molto particolare,e di questo non si può non tenere conto.
Egli appartiene al mondo delle teste coronate e dell'alta Aristocrazia,
a quello che con un bel termine ormai desueto si chiamava "High Life".
Alcuni "compromessi" e concessioni ai tempi nuovi riguardano appunto questo elevatissimo ambiente,che dalla I e sopratutto dalla II guerra mondiale ebbe a soffrire un colpo formidabile.
Determinati riti ed abitudini toccano solo in minima parte il mondo anche soltanto alto Borghese:
Ben pochi infatti tra i grandi Borghesi e la "media" nobiltà erano usi ,ad esempio, cenare, da soli a casa in abito da sera.
Fatto questo doveroso preambolo e ristabilite le giuste proporzioni,sottolinerei che pur nel mutato quadro dei tempi nuovi il Duca non ha da lagnarsi di quel che gli Inglesi definiscono "Lounge suit" e gli Americani (con un termine tristissimo) "Business suit",ossia "l'abito da città".
Egli infatti ha contribuito più di ogni altro a svecchiare questa tipologia,semplificandola,alleggerendola,
dotandola di nuove tavolozze di disegni e di colori.
Ancora nel 1961 l'abito da città gode di salute ottima,pur se tra gli appartenenti ai ceti più elevati pochi si cambiano più e più volte al giorno,dati i ritmi sempre più incalzanti (ma nulla a paragone di oggi) del vivere moderno.
Quì il Duca con impareggiabile arguzia pone l'accento sul "lavoro",attività una volta incompatibile con un Gentiluomo,ma nella odierna realtà, necessaria.
Significativo anche l'accenno al Regno Unito come baluardo del corretto vestire ,grazie anche(da notare la suprema ironia del Duca) alla fortuna di possedere un pessimo clima.
Nel 1961 infatti,tutte le bombette sono ancora al loro posto,i sarti del West End innumerevoli e provetti,il dress code rispettato (quasi) alla lettera.
Ironia della sorte la grande rivoluzione partirà propio da Londra (e da Liverpool) pochissimi anni dopo,e nel 1966-67 i giochi saranno fatti,la malattia dell'"Elegans" conclamata (anche se come sappiamo,il malato sopravviverà con alti e bassi per circa un altro decennio).
Gli appunti del Duca si concentrano invece sul mondo dello sport e del "leisure" (ossia tempo libero),la cui decadenza è stata nel dopoguerra infinitamente più rapida dell'abbigliamento formale.
Quel mondo,oggi (nel 1961) non soltanto offre esempi di gusto discutibile (dettati da una prorompente voglia di "fisicità" e perenne giovinezza) ma inizia a sconfinare in situazioni e campi che non gli sarebbero propi.
Ecco dunque nel grande albergo di Montecarlo il Re della City o l'industriale Milanese,scendere ciabattando in zoccoli,short e maglietta alla pescatora, anzichè più correttamente in blazer,pantaloni di lino bianco ed ascot.
Nel 1961,ed ancora per buona parte degli anni 60,lo stesso parvenue però si sarebbe presentato in ufficio,e nei salotti cittadini in irreprensibili abiti scuri,ed all'occorrenza in smoking.
Quella fotografata dal Duca insomma è una tappa, non il punto di arrivo di un fenomeno.
Per parlare infatti di decadenza bisogna stabilire rispetto a cosa.
Certamente il clima del 1961 era meno elegante rispetto a quello del 1931 ,ma questo lo era meno del 1911.
Per contro le maggiori possibilità economiche,in presenza di regole sociali e di buona educazione ancora salde avevano ,per così dire, determinato un generale "allargamento" dell'eleganza e del buon taglio degli abiti.
Nel 61 l'"Elegans" quanto a possibilità di scelta,qualità,e occasioni sociali godeva ancora d una invidiabile situazione.
Ancor più invidiabile era la situazione Italiana;
Nel nostro paese,rispetto all'Inghilterra,alla Francia ed agli Stati Uniti la tassazione era ancora incredibilmente bassa,la manodopera a costi contenuti e largamente disponibile.
L' immensa lungimiranza del Duca sta nell'aver scoperto con precisione le cause del pericolo, e la direzione dalla quale il colpo sarebbe stato vibrato.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 20-06-2010
Cod. di rif: 4360
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Brevi note sulla sartoria Napoletana.
Commenti:
Egregio Gran Maestro,Esimi Cavalieri,Gentili visitatori di queste sale.
Credo sia utile ed interessante fornire alcune noterelle storiche sulla sartoria Napoletana.
i sarti di Napoli furono rinomati fin dal medioevo (per tacere di alcuni riferimenti nelle fonti classiche secondo cui i Greci stanziati in Campania furono i più attenti tra gli Elleni al gusto ed alla qualità nel vestire).
Una delle più antiche associazioni di sarti in Europa fu appunto la Confraternita dell’Arte dei Giubbonai e dei Cositori,costituitasi in Napoli nel 1351.
Nel XV secolo la corte Aragonese richiamò in Partenope alcuni dei più provetti artigiani del tempo,il Francese Bernard Plastet e lo Spagnolo Alvaro di Salamanca.
Da questi due personaggi si dipartirano due tra le più note scuole sartoriali Napoletane.
Particolarmente rinomati furono tale Pietro (il cognome rimane sconosciuto) e Antonio Cota di Castellammare,pupillo di Plastet.
Altri due nomi che ci vengono consegnati dalle nebbie della storia sono quelli di Angelo Sicignanno and Romano di Stefano,i cui ritratti si trovano nella Chiesa di Sant'Eligio al Mercato.
Nel XVI secolo uno delle più note sartorie fu quella di Bernardino Liante.
Un secolo dopo,nel 1611 Napoli contava 607 sarti registrati.
Maggiori sono le informazioni in nostro possesso circa il XIX secolo.
Nella sua opera "La fine di un Regno",ecco cosa scrive Raffaele De Cesare a proposito della Napoli del 1850:
"Napoli è il paese d'Europa dove gli eleganti di professione han sempre vestito bene, conciliando la grazia Francese con la propietà del gusto Inglese.
Erano sarti di prim'ordine e di rigoroso taglio Inglese Lennon,Taylor e Mckenzie.
Plassenel di taglio Francese e Trifari,Casamassima,Diaco e Franzi erano sarti Napoletani che la moda Inglese e Francese adattavano con talento al gusto locale.
Diaco vestiva quel Peppino Fernandez che fu uno dei "Lion" più alla moda.
Il desiderio di vestir bene a Napoli ha qualche volta rasentato la frenesia; anche allora un numero piuttosto considerevole di giovani non dava alla propia esistenza che lo scopo del vestir bene,e i sarti facevano guadagni profumati.
Sarti di qualche fama,ma di secondo piano erano Panarello,Romito e quel Russo,specialista in pantaloni che aveva bottega dirimpetto al teatro San Carlo e serviva gli Ufficiali di Marina.
Cappellai di moda,De francesco,Scalisse e Apa.
Calzolai di prim'ordine Finoia,Spina,e De Notaris.
I migliori guanti vendevano Bossi,Cremonese e Pratico a Toledo,e Amendola a Chiaja".
Con la fine del Reame delle due Sicilie e l'unione al Regno d'Italia,Napoli lungi dal decadere come capitale dell'eleganza divenne se è possibile ancora più ricca di rinomatissime botteghe.
Nella seconda metà dell'ottocento una delle sarorie più famose (in Vico Concezione,Montecalvario),fu quella di Gioacchino Trifari.
Altro famoso sarto del tempo fu Salvatore Morziello (con sede in Piazza Martini).
Nel 1892 si ritrova tra gli appunti di Gabriele D'Annunzio un imponente elenco di vestiti e l'indirizzo di due sarti alla moda:Petroni e de Nicola.
Quest'ultimo,allievo di Tifari, fu insieme al figlio Adolfo uno dei fondatori della moderna scuola Napoletana.
L'atelier di De Nicola si trovava in Piazza della Vittoria,e serviva le famiglie più note dell'Aristocrazia e dell'alta Borghesia.
De Nicola regnò incontrastato fino a tutti gli anni 20.
Nei primi decenni del XX secolo altri importanti artigiani furono Roberto De Sanna,Antonio Caggiula,Giuseppe Giordano,Peppino Miniello,Giuseppe Talarico.
Si andava delineando in quel tempo un preciso linguaggio sartoriale Partenopeo:spalle naturali,pinces estese che attraversavano la giacca fino al fondo della gonna,revers ben scolpiti, largi a metà del petto e con il cran alto.
Nel corso degli anni 20 una nuova generazione di giovanissimi talenti emerse dal duro apprendistato delle botteghe.
Antonio Schiraldi,pupillo di Morziello,Luigi Piemontese,pupillo di Talarico e tagliatore da De Nicola,Giorgio Costantino,Roberto Combattente (famoso per le sue linee pulite e nette),Antonio Gallo,Angelo Blasi (allievo di De Nicola),Giacomo Bruno,Vincenzo Attolini.
Quest'ultimo sarà il tagliatore di Rubinacci,a partire dai primi anni 30 il nuovo sovrano incontrastato della sartoria Napoletana con la celebre "London House".
Il gusto di Rubinacci e l'arte di Attolini crearono il non plus ultra nel campo dell'eleganza maschile Partenopea.
La generazione degli anni 30 dominerà incontrastata la scena fino a tutti gli anni 60,formando le leve successive ( ad esempio,Panico e Manna)e lasciando un indelebile impronta.
Negli anni 30,persino Caraceni aprì una sua filiale a Napoli.
La diresse il fratello di Domenico,Galliano che portò con se da Roma alcuni tra i migliori tagliatori (l'altro fratello,Agostino dirigeva la filiale di Parigi.
Nel 1940 in seguito alla morte di Domenico,Galliano lascerà Napoli per prendere le redini della sartoria di Roma,mentre dopo la dichiarazione di guerra alla Francia,Agostino chiuderà la sede di Parigi trasferendosi a Milano).
Altro celebre sarto Romano che negli anni 50 e 60 tenterà l'avventura Napoletana fu Arocle Datti.

Carmelo Pugliatti.






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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 13-07-2010
Cod. di rif: 4370
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Ivy Jazz,ed altro.
Commenti:
Gentile Signor Savarè,
E' sempre un piacere leggere un Suo intervento,specie dopo così tanto tempo;
Curioso,propio l'altro giorno stavo ripensando al suo splendido completo in Crispair tagliato da Pirozzi.
Ciò che scrive è molto importante:
durante il cosidetto "ciclo della moda Ivy (1950-1967),l'Ivy style fu adottato da molti musicisti jazz (tra l'altro all'epoca presso le Università della costa Atlantica questa ottima musica era molto apprezzata;come si era lontani dagli stracci luridi, e dalla musica Rock degli anni della contestazione)!
Fu propio attraverso il jazz (ed al fascino che gli USA esercitavano nel dopoguerra) che l'Ivy Style approdò ad altre realtà,come l'Inghilterra da Lei ricordata, o il Giappone, Paese cui gli adepti dell'Ivy si chiamavano "Miyuki-zoku".
Fu appunto il Giappone a studiare e comprendere a fondo la cultura Ivy,non fermandosi ad una semplice moda giovanilistica.
Non a caso il Paese del Sol Levante è il maggior importatore di abiti e giacche J Press e Brook Brothers (fin quando quest'ultimo marchio non divenne soltanto un vuoto nome).
Segnalo a tal proposito il sito di una sartoria Giapponese (i Nipponici sono molto versati in quest'arte) specializzata in abiti Ivy League.
Si vedrà che il sack suit tagliato su misura non ha affatto la forma di un "sacchetto",ma malgrado l'assenza delle pinces frontali veste molto bene la figura.
Notare anche tra le icone Ivy la presenza del nostro Marcello Mastroianni degli anni 60,a testimonianza dei punti di contatto tra stile Italiano del dopoguerra e Ivy League.

http://tailorcaid.exblog.jp/

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-07-2010
Cod. di rif: 4371
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Piccole riflessioni estive.
Commenti:
In queste sere ho avuto modo di rivedere il dvd del gradevole film con Robert Redford, che fu tratto nel 1974 dal romanzo di Francis Scott Fitzgerald "Il grande Gatsby".
I costumi furono disegnati e prodotti dall'allora emergente stilista Ralph Lauren;
pur essendo dei begli abiti, essi rispecchiano la linea e la silhouette degli anni 70,con soltanto una leggera (leggerissima in verità) occhiata agli anni 20.
La ricostruzione d'epoca è d'altro canto passabile,anche se dal punto di vista drammaturgico il film del 74 venne giudicato inferiore rispetto alla versione del 1949 con Alan Ladd.
Vi è tuttavia nel film con Redford un particolare azzeccato:
per tutta la pellicola,ambientata in estate, i protagonisti maschili, vestiti impeccabilmente con abiti a tre pezzi in lini,gabardine o lane leggere sono letteralmente madidi di sudore.
Il loro atteggiamento è tranquillo:
chiaccherano, bevono,flirtano con la massima indifferenza,ma i loro visi sono costantemente impregnati di sudore,così come le loro camicie sono bagnate all'attaccatura del collo.
Pure,fanno finta di non notarlo,nessuno di loro accenna minimamente a togliere la giacca;
il fenomeno sembra essere accettato come perfettamente normale.
Nel suo agile libretto "l'ultimo fantasma della moda",lo scrittore Domenico Rea rievoca quando da ragazzo a Napoli nell'immediato anteguerra,si recava in tram al mare con amici,tutti vestiti in cravatta ed abiti di lino.
Rea ci dice che nonostante facesse caldo come oggi (anzi,certamente di più non essendoci ancora l'aria condizionata)ci si sarebbe certo sentiti più freschi in maniche di camicia,ma non a posto nè in ordine.
La percezione del disagio e la capacità di resistervi sono infatti principalmente fattori culturali e sociali.
In città in una giornata torrida e con l'umidità alle stelle,soffriremmo probabilmente l'afa in misura minore se uscissimo completamente nudi,con solo sandali ed un gran cappello di paglia,ma il tremendo imbarazzo di troversi in quelle condizioni renderebbe preferibile,anzi annullerebbe, il disagio di indossare degli indumenti.
Allo stesso modo nei decenni passati l'imbarazzo per non essere abbigliati in modo consono alla propia dignità e posizione sociale era percepito come maggiore ed intollerabile rispetto ai benefici in termini di frescura dell'uscire in maniche di camicia (o anche solo senza gilè).
Anche oggi del resto coloro che in estate indossano gli strettissimi pantaloni di linea "slim" o i jeans di ruvido denim (o ancora i maglioncini "a pelle") non avvertono,o ignorano i disagi procurati da questi capi perchè li considerano (più o meno consciamente) trascurabili rispetto all'accettazione in un gruppo o alla partecipazione ad uno stile di vita.
Del resto gli impeccabili e sudati personaggi Fitzgeraldiani mai si sarebbero sognati di fare un ora o più di cyclette,o altro tipo di ginnastica, sotto il sole rovente di mezzogiorno in un lido balneare.
Non è dunque il disagio provocato dal caldo o da una certa foggia di abbigliamento ad essere stato bandito dai tempi attuali,ma soltanto (oggi come ieri)quei disagi che non comportano un riconoscimento da parte della società contemporanea,per i quali è dunque giudicato "inutile soffrire".


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 20-07-2010
Cod. di rif: 4373
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sartoria Italiana ed Ivy League.
Commenti:
Egregio Cavalier Villa,
Le grandi fortune della sartoria Italiana iniziarono molto prima della fine degli anni 50; per la precisione nella seconda metà degli anni 40,quando una clientela internazionale,e sopratutto Americana, iniziò a frequentare le Botteghe Romane.
Case come Caraceni e Cifonelli erano già conosciute e rinomate fin dall'anteguerra,ma è soltanto alla fine degli anni 40,ed in special modo con l'avvio di quella straordinaria stagione che verrà ribattezzata "Hollywood sul Tevere",che l' Italia e Roma verranno considerate come contraltare di Londra per la moda maschile.
I fattori di questa ascesa sono indubbiamente molteplici.
Al primo posto c'è sicuramente l'eccezionale,indiscussa, qualità dei nostri sarti,già al tempo in media tecnicamente superiori a quelli della Row.
Poi i prezzi decisamente bassi,se comparati a quelli Britannici o Americani,
e dovuti ad un minor costo della vita e alla disponibilità di una enorme manodopera qualificata a basso costo.
Inoltre non bisogna trascurare il fatto che quasi tutti gli uomini sulle copertine delle riviste d'Europa o degli Stati Uniti in quel tempo vestivano a Roma.
Attori come Tyrone Power,Gary Cooper,Clifton Webb,Orson Welles,Robert Taylor,Clark Gable,Henry Fonda,Gregory Peck.
Membri della cafè society internazionale come Aly Aga Khan,Onassis,Porfirio Rubirosa,e ancora diplomatici,politici,teste coronate,intellettuali.
Contemporaneamente,a causa della guerra,Londra aveva perduto parte del suo fascino continuando da un lato a perseguire linee ampie e modellate,dall'altro interpretando la nuova esigenza di leggerezza comunemente sentita un pò da tutti in un linguaggio vernacolare come quello della moda Edoardiana,affascinante quanto si vuole,ma inesportabile fuori dal Regno Unito (anzi,dalla città di Londra).
L'aver felicemente interpretato questa esigenza di leggerezza è un altro dei fattori del grande successo della sartoria Italiana.
Già negli anni 30 e 40 gli abiti delle più rinomate sartorie del bel Paese erano molto più soffici e confortevoli rispetto agli equivalenti Britannici.
Alla fine degli anni 40 i sarti Romani iniziano a tagliare giacche,in prevalenza monopetto tre bottoni,più aderenti al corpo,più corte,con spalle naturali,revers più sottili e pantaloni più snelli quasi sempre senza risvolti.
Alla base di questa scelta estetica vi era certo l'esigenza psicologica di allontanarsi da una silhouette che evocava gli anni bui della dittatura e della guerra,ma anche e sopratutto motivazioni pratiche e razionali.
L'Italiano del tempo aveva un altezza media piùttosto modesta;
accorciando la giacca e snellendo i pantaloni la figura risultava così otticamente più slanciata.
L'abolizione dei risvolti rispondeva alla stessa esigenza,in più gli enormi risvolti degli anni 40 erano divenuti nelle strade polverose dell'epoca degli anti igenici raccattapolvere.
La silhouette risultante da queste innovazioni,coniugata con tessuti pettinati e più leggeri ,come le grisaglie,i gabadine,gli shantung, i 3 ply fresco, era fresca e giovanile,ma allo stesso tempo elegante.
La nuova linea Italiana presentava in effetti molti parallelismi con quella Ivy League esplosa contemporaneamente negli Stati Uniti per rispondere allo stesso bisogno di allegerimento dell'abito maschile.
in entrambi i casi abbiamo giacche ad un petto,tre bottoni,con baveri di larghezza contenuta,
in tutti e due i casi abbiamo spalle naturali,interni poco o punto imbottiti,e pantaloni snelli.
Molte giacche Italiane (specie quelle napoletane) presentano i revers a tre bottoni stirati a due,come nel "sack suit" più tradizionale.
Tutte queste similitudini sono però involontarie; non vi è nella sartoria Italiana alcun tentativo di copiare l'Ivy League,linguaggio per altro praticamente sconosciuto nel nostro Paese.
Inoltre mentre il "sack suit" da al corpo (per altro atletico degli Americani) poca linea,il vestito Italiano si preoccupa con un sapiente gioco di forbice e di cuciture di fornire il massimo della linea.

Circa il clima,Egregio Cavalier Villa,oggi paradossalmente con l'aria condizionata esso è assai più fresco.
Se i condizionatori fossero stati largamente disponibili negli anni 20 e 30,probabilmente ne sarebbe derivato addirittura un innalzamento del peso dei vestiti (già per altro piuttosto alto se comparato non dico con quello odierno,ma con quello dei tessuti del secondo dopoguerra).
Ma a mio parere non è tanto la percezione di se ad essere cambiata,che se la moda lo imponesse moltissimi sarebbero capaci di vestire in spiaggia ad agosto con tute di pelle,ma la Società,le sue priorità , la sua scale di valori,i suoi punti di riferimento.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-11-2010
Cod. di rif: 4441
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sol Levante.
Commenti:
Egregio Signor Tarulli,sono contento che abbia trovato di Suo gradimento il mio piccolo appunto sulle sartorie Giapponesi.
Il periodo di riferimento di Tailorcad e di Batak sono gli anni 50 e 60 Inglesi ed Americani.
Il fatto che all'interno di questo periodo vengano ricercate silhouette particolari,come il più puro "Ivy League",il "Conduit Cut",o il taglio "Mid Atlantic",prediletto da Cary Grant,è segno oltre che di profonda conoscenza della materia,anche di grande raffinatezza estetica.
Mi viene alla mente un paragone:
In una villa di Pompei venne ritrovato tempo fa un affresco murale a trompe d'oil raffigurante un portico colonnato.
Sui muri del "portico" erano dipinti due quadretti,come fossero tavole appese ed incorniciate.
I quadretti riproducevano dei dipinti Greci di stile "severo",ossia quel particolarissimo stile di passaggio tra l'arcaico ed il classico,sviluppatosi per un breve periodo nei primi due decenni del V secolo AC.
Ora,che un aristocratico Romano del I secolo DC facesse decorare la sua casa con riferimenti ad un particolarissimo stile di transizione di cinque secoli prima,durato poco meno di vent'anni indica un gusto raffinato sino alla rerefazione.
Allo stesso modo i nostri amici Nipponici ricercano e riproducono con sapienza determinati tagli conosciuti ed apprezzati da pochi intenditori.
Anche in Occidente,sull'onda di film e serie televisive di successo (oltre che della nostalgia per un epoca felice)si assiste nel mondo della confezione ad un trend di ritorno delle linee dei 50-60,ma il più delle volte si tratta semplicemente di restringere un revers,striminzire un capo,occhieggiare alla moda più banale e dozzinale del periodo.
Per la cultura Giapponese la riproduzione di un oggetto o di un opera d'arte è un valore.
I Templi e gli edifici storici Giapponesi sono per lo più in legno e carta; essi vengono sottoposti a continue sostituzioni.
Per capirci è come se ogni dieci anni al Partenone venissero sostituite, con altre ed identiche colonne,muri perimetrali,frontoni,bassorilievi.
Noi Occidentali grideremmo al falso ( o al kitch);Per i Nipponici se un edificio occupa lo stesso spazio e mantiene la stessa pianta,gli stessi decori e gli stessi materiali costruttivi E'l' originale.
Altra cosa da sottolineare è che il Giappone (come la Cina prima della rivoluzione comunista,e come ancor oggi Hong Kong)ha un importante tradizione nel campo della sartoria su misura.

P.S.
Circa il riprendere in modo maniacale stili del passato,tempo fa venne segnalata su queste pagine un altra bottega: "30s style",devota questa volta alla linea degli anni 30 Americani ed Inglesi. http://www.the30sstyle.com/
Perchè gli USA e il Regno Unito?
Perchè hanno sconfitto il Giappone,e per ciò stesso per la mentalità Nipponica queste Nazioni hanno meritato rispetto ed ammirazione.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-11-2010
Cod. di rif: 4442
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sol Levante
Commenti:
P.S.
Egregio Tarulli,
Complice l'ora tarda,sono incorso nella sua stessa dimenticanza.
Pongo rimedio:

Cordiali saluti,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-11-2010
Cod. di rif: 4447
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Massaua.
Commenti:
Egregio Calvalier Villa,
Non ho mai avuto la fortuna di tenere tra le mani un esemplare di tela massaua.
So che all'inizio degli anni 90 Massimo Piombo,prima di smarrirsi tristemente in una produzione non all'altezza dei suoi brillanti esordi,l'aveva fatta riprodurre per le sue giacche ed abiti estivi.
A quanto mi costa la tela massaua dovrebbe avere una struttura porosa,diversissima in questo dalla classica stoffa per "tute da meccanico".
Alquanto rigida al tatto,si ammorbidirebbe solo dopo ripetuti lavaggi.
Attendiamo comunque la parola chiarificatrice del Gran Maestro.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-01-2011
Cod. di rif: 4461
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Chapeau a Ralph Lauren.
Commenti:
Questo pomeriggio ho avuto modo di provare due giacche a doppiopetto di Ralph Lauren.
Con mia enorme sorpresa ho constatato che i revers erano completamente "trasformabili",ossia potevano perfettamente essere allacciati sia alla coppia mediana di bottoni,sia all'ultima coppia.
Fino ad oggi avevo sempre creduto che il due petti "trasformabile" di Lauren fosse in realtà una buona imitazione ottenuta aggiungendo un asola "morta" in corrispondenza del bottone di sinistra della coppia di centro.
Resto sbalordito di come per via industriale si possa ottenere una soluzione propia solo di alcune celebri botteghe.
Per il resto,la linea delle giacche mi è parsa molto felice,con i revers dal cran alto,ma non esagerato,e dalla leggerissima divaricazione tra colletto e lancia,effetto detto "Tautz lapels" (dal nome della sartoria Londinese che rese celebre questa soluzione).
Nel complesso i due petti ricordano le giacche di Fred Astaire e quelle raffigurate sui figurini di Esquire di alta epoca.
Chapeau a Ralph Lauren.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 05-04-2011
Cod. di rif: 4475
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Bianco di sera.
Commenti:
Esimio Cavalier Villa,
Bisogna sempre essere prudenti nel valutare un figurino di alta epoca,specie uno di "Esquire".
Il fatto che uno stile o un vezzo vi si trovi raffigurato non vuol dire che effettivamente questo avesse un seguito nel,per così dire,"mondo reale",o che fosse considerato generalmente accettabile.
Si tratta in buona sostanza di suggerimenti,da parte del figurinista e del redattore.
In questo "Esquire magazine" degli anni 30 era molto differente da "Vanity Fair" degli anni 20: in quest'ultima rivista infatti i figurini illustravano abiti e trend effettivamente visti e registrati in città come Londra o New York.
Detto questo bisogna considerare che in ambito Anglosassone e specie Americano,lo smoking (o dinner jacket,o tuxedo)è percepito come un capo molto meno formale di quanto non sia nei paesi latini.
Abbiamo già visto che un dinner jacket con spacchi laterali è pienamente accettato;
allo stesso modo sono accettate le pattine alle tasche (specie in ambito Statunitense)e addirittura le tasche angolate.
Lo smoking bianco è visto come ancor meno formale;dunque in linea di principio indossare una camicia celeste con questo capo è una scelta pienamente legittima.
A mio personalissimo e sommesso parere sarebbe però meglio rispettare il "genius loci",quello stesso genius loci che non ci farebbe mai indossare il white dinner jacket per una serata a Londra,neanche in Agosto.
Dunque la camicia celeste sotto lo smoking bianco si trova maggiormente a propio agio in un contesto Anglosassone,meglio se Americano,piuttosto che sotto lo stellato cielo dell'estate Italiana o della riviera Francese.
Detto questo,comprendo che possano esistere personali idiosincrasie o simpatie in fatto di colori per le camicie.
Personalmente, amo molto le camicie bianche,in ogni tipo di tessuto e di peso.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-04-2011
Cod. di rif: 4478
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Bianco e celeste.
Commenti:
Egregio Cavalier Villa,
In realtà lo smoking bianco in Italia,pur guardato con una certa perplessità in taluni ambienti,conobbe un immensa fortuna tra il 1950 ed il 1965 circa.
Come potrà constatare guardando i filmati della "Settimana Incom" nel sito dell'Archivio Luce,non vi era serata di gala,vernissage,premio cinematografico che non vedesse un fiorire di candide giacche da sera.
Detto questo,rispondo al suo quesito dicendo che,certamente,l'associazione tra white dinner jacket con camicia celeste chiarissimo e la riva del mare è a mio parere senza dubbio valida.
Bisogna però considerare che nelle ore di utilizzo di questo capo (anche tenendo in conto l'orario legale che pospone di molto il tramonto),l'effetto di richiamo cromatico risulta depotenziato.
In altri numeri di Esquire mi è capitato di vedere figurini di personaggi in tuxedo bianco,con calze in seta bordò,o con papillon verde smeraldo.
A giudizio del redattore vi saranno stati sicuramente motivi più che validi per simili accostamenti,e non nego che esteticamente (complice anche la bravura del figurinista)queste proposte fossero suggestive.
Mi chiedo tuttavia cosa ne avrebbero pensato quegli ambienti,cui si accennava prima,che già mal tolleravano un irreprensibile dinner jacket bianco.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 08-04-2011
Cod. di rif: 4481
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Esquire anni 30 e le camicie celesti.
Commenti:
Esimio Cavalier Nocera,
Non vi è dubbio che "Esquire" fosse negli anni 30 profondamente calato nello spirito della moda del tempo.
In quell'epoca,a differenza di quanto avverrà nei decenni successivi,il grande Magazine Americano non proponeva nei suoi fashion sketch gli abiti di quella tale casa di mode o di quel tale altro sarto,ma dava suggerimenti,forniva suggestioni.
I modelli erano forniti dall'Aristocrazia Europea e dalla Cafè Society internazionale,ma il tutto veniva filtrato attraverso una fantasia creativa e colorata,tipicamente Americana.
Non necessariamente,infatti, tutte le proposte di Esquire trovavano pedissequamente un corrispettivo nella vita di tutti i giorni (sia pure dell'high life),nè fotografavano in modo fedele la realtà.
Sulla rivista gemella di Esquire, "Apparel Arts",che ne ripubblicava il materiale integrandolo con altri redazionali,esisteva un rubrica di scatti fotografici presi per le strade del West End di Londra o in occasione di varie manifestazioni mondane.
Ebbene le fotografie ci mostrano abiti diversi nel taglio e negli accostamenti da quelli che popolavano le splendide vignette di un Lawrence Fellows o di un Hurd.
Con questo non voglio certamente dire che ci troviamo nel regno della fantasia (anche se giudicando solo dalle pagine di Esquire sembrerebbe che negli anni 30 vi siano stati quasi soltanto doppiopetti "Kent",e frac blue midnight privi del taschino).
E' esistita la camicia celeste sotto il white dinner jacket?
Probabilmente si.
Qualcuno l'avrà portata a Palm Beach,in qualche country club per un paty estivo, o in qualche albergo delle Bermuda.
Come sarebbe stata giudicata in quegli anni da un Europeo,secondo la sensibilità del vecchio continente?
Temo, un "americanata".
E'legittimo portare oggi una camicia celeste chiarissimo sotto uno smoking bianco,in una sera d'estate in riva al mare,o ad un ballo a Montecarlo?
A mio parere certamente si,essendo la cosa consentita dal livello di formalità del capo in questione.

P.S.
Concordo con Lei circa la mai sopita vitalità del Castello,e sul livello altissimo del dibattito che si svolge nelle sue auguste sale.

Cordialmente,con stima profonda,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-09-2011
Cod. di rif: 4522
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Un doppiopetto del Principe Umberto.
Commenti:
A questo link del sito "British Pathe" http://www.britishpathe.com/record.php?id=15979
è possibile visionare lo spezzone,tratto da un cinegiornale Britannico del 23 Febbraio 1928,che mostra la visità dell'allora Principe di Piemonte Umberto,erede al trono d'Italia,agli scavi archeologici di Sakkara (o Saqquara) in Egitto.
Il nostro "Prince charmant",dall'elegantissima figura, indossa un bel doppiopetto nella linea proporzionata dei tardi anni 20 (prima dell'aumento dei volumi verificatosi nei 30).
L'abito è probabilmente in flanella,ed è corredato da un cappello con le falde ampie ed abbassate,foggia in gran voga durante gli anni 20.
Un altro membro dell'Augusto seguito indossa un analogo completo.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 03-10-2011
Cod. di rif: 4532
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Raccolta "Arbiter".
Commenti:
Esimio Gran Maestro ed Illustre Rettore
Egregi Cavalieri,Simpatizzanti,Visitatori.
Ritengo utile segnalare che,in base a quanto scritto,nel testo e nelle note bibliografiche del volume "La creatività sartoriale Campana",edito da "Artem", una raccolta pressochè completa,relativa ai decenni 50 e 60, della celebre rivista di moda maschile "Arbiter" è custodita e consultabile presso la Biblioteca comunale Sormani di Milano.
La raccolta risulta oltremodo preziosa sia dal punto di vista iconografico,sia per le informazioni relative al mondo della sartoria Italiana in una delle sue stagioni più felici.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 31-10-2011
Cod. di rif: 4539
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tussor.
Commenti:
Esimio Gran Maestro ed Illustre Rettore,
Come corollario delle nuove immagini della celebre giacca a doppiopetto in Tussor,tagliata alla London House negli anni 30 (taccuini 5725
,5726,5727)vorrei chiedere una disamina su questo tipo di tessuto,quali sono le sue principali caratteristiche ed in che cosa queste si differenziano da altri tessuti in seta per uomo come lo shantung.
E' il tussor più o meno "delicato" rispetto a quest'ultimo?
E' più o meno gualcibile?


Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 29-12-2011
Cod. di rif: 4553
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tussor di seta.
Commenti:
Esimio Gran Maestro,illustri Cavalieri,gentili simpatizzanti e visitatori,
Segnalo due link che potrebbero essere utili nel reperire il famoso Tussor ( o Tussah),quel tessuto in seta selvaggia con cui negli anni 30 fu realizzato alla London House l'iconico doppiopetto di cui ci siamo più volte occupati.

http://www.aurorasilk.com/fabrics/silks_matte_and_peace/tussah_wild/CafeAuLait.html

http://www.offsetwarehouse.com/fabrics/fabric/401/tussah-wild-peace-silk-fabric-a20.83-yd

Colgo l'occasione per porgere i più sentiti auguri per un sereno e lieto 2012.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 26-04-2012
Cod. di rif: 4597
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "Il Napoletano che veste"-da "Costume" Luglio 1956. I parte
Commenti:
Dalla rivista "Costume",numero di Luglio 1956,ecco un interessante articolo di Mario Stefanile dal titolo "Il Napoletano che veste".

Il Napoletano che "veste" può anche somigliare a Don Aurelio Mingone,l'estroso protagonista di un racconto di Giuseppe Marotta: dolcemente ossessionato,cioè,dalla vanità di apparire subito e clamorosamente l'uomo più elegante del quartiere,o addirittura della città; come può anche essere il felice ed invidiato possessore di incredibili camicie,di inaudite cravatte,di sorprendenti soprabiti,capi di vestiario da far voltare le donne per strada.
E può essere ancora lo straordinario collezionista di giacche sportive e di scarpe di antilope,di guanti di cinghiale e di fazzoletti di batista da far strabiliare un eroe mondano di Balzac.
Ma il Napoletano che "veste" non è soltanto l'erede della magniloquenza e della ridondanza Spagnolesca,l'avventurato postero dei Vicerè e dei grandi nobili che vennero quaggiù a far mostra,oltre il resto,di capricciose intemperanze di vestiario, semmai sono i quartieri popolari e periferici a traboccare di tipi prodighi nell'ostentare colori accesi e stridenti in gara con la natura scialona e con le donne più voluttuose nella smaccata vanità.
In verità il Napoletano che "veste",secondo le regole segrete di una raffinata e squisita eleganza,ha creato piuttosto un ideale e composito personaggio al quale somigliare in ogni ora della giornata ed in ogni occasione: un personaggio che somiglia vagamente a un Inglese della fine del secolo scorso,a un signore malinconico e senza figli venuto quaggiù a scoprire i grigi di Napoli,e ad accordar con essi i suoi abiti,i suoi cappelli,i suoi guanti e le sue scarpe.
Non un Inglese restato lassù nella sua patria,che sarebbe tutt'altra cosa,senza gli improvvisi azzurri e i rosa e i gialli caldissimi che venano l'ambiente,il paesaggio e l'animo dei Napoletani e che correggono di un niente la gamma variata dei grigi di quì: e si capisce subito che codesto ideale personaggio,nato più dalla fantasia che dalla realtà,sia sempre pronto ad ammonire ogni suo fedele a rispettare le regole che determinano il difficile gioco d'essere eleganti tra Sebeto e Posillipo,accordando il taglio della giacca al modo di passeggiare,e il colore delle scarpe non soltanto al tono della cravatta,ma al capriccio dei venti.
Gli altri Napoletani,più vulcanici e addirittura sulfurei e marini,cedono invece di colpo alla violenza del colore: e il celeste diventerà un azzurro di cobalto,il rosa si accenderà fino al vermiglione,il giallo striderà fino all'acido del cromo di limone,il verde sarà violento e deciso,ed essi si arrenderanno di colpo al cattivo gusto dei calzoni che sbattono come bandiere intorno alle gambe,delle giacche dalle spalle gonfie come nuvole,delle cravatte assassine delle calze perfide.
Vanno a farsi vestire dai piccoli sarti plebei nascosti all'ombra dei vicoli che scendono a Toledo o a Chiaia,che si intrecciano in mille ghirigori intorno a Porta Capuana o a Porta Nolana: e in una complicità irrimediabile decidono tagli inediti da poter somigliare ai bulli cinematografici,agli eroi sgargianti e atletici della periferia sociale.
Fra le mani dei piccoli sarti questi Napoletani inventano di ora in ora un accordo con il loro paesaggio da cartolina,vestono come il pino celebberrimo,come le trattorie sul mare,come le canzoni più sguaiate,camuffandosi da Algerini e da Newayorkesi,da Marsigliesi o da Madrileni,secondo il canone misterioso che volteggia da bancone a bancone nei loro quartieri.
Qualcuno porta scarpe di antilope grigia e vernice nera sotto strettissimi pantaloni, dalla cintura che taglia il ventre addirittura presso il pube: e una camicia a grosse righe verdi e marrone accoglie una cravatta a ghirigori viola e ciclamino,e un cappello bianco sormonta due labbra di fuoco,una bocca "crudele" che fischietta una serenata ad una bella vestita di seta artificiale.
Qualche altro inventa soprabiti di cammello con martingale o grosse cinture,da indossare la sera per andare al cinema,e l'amico che ha un incisivo d'oro indossa in ogni occasione un completo blù a grosse righe bianche,quelle righe dette "a gesso",che lui corregge con una cravatta arancione a losanghe nere.
Sono ,si, i Napoletani che "vestono",in una imitazione dell'eleganza che toglie il respiro e talvolta pure diverte perchè è ingenua ed originale,tolta da una natura morta di Ruoppolo o di Recco,da un paesaggio di Micco Spadaro o di Salvador Rosa,con chiaroscuri violenti e perentori,con gesti magniloquenti ed enfatici che altrove non si saprebbero ritrovare.
Ma non di questi Napoletani si vuol parlare quì,anche se il discorso si fa tentatore,in fondo il vestire è un modo di essere e di intendere e praticare la vita,e chissà che la verità Napoletana non stia piuttosto negli sgraziati accordi che non invece nella cauta armonia:
Quì si vuol parlare soltanto degli altri Napoletani che hanno capito il valore,la suggestione,la bellezza e il significato dei grigi di quaggiù,e se la riferiscono,questa fondamentale e metafisica verità,articolando la loro eleganza propio con toni smorzati e malinconici,con prudentissimi nonnulla,affermando la loro personalità con discrezione e gentilezza.
Si vuol propio,parlando di loro,dire che hanno inventato un contrappunto difficile e squisito con il colore antico della città che li ospita,con l'architettura ,più essenziale del paesaggio,con le espressioni maggiori dell'arte di tremila anni: e almeno in un certo modo,sono questi Napoletani ad esprimere assai più e assai meglio l'incantevole capriccio di Napoli,il volto più levigato e sicuro di questa città.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 27-04-2012
Cod. di rif: 4598
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: "Il Napoletano che veste"-da "Costume" Luglio 1956. II part
Commenti:
"Il Napoletano che veste"- Seconda parte.

Naturalmente i sarti che debbono vestire questi Napoletani eleganti, a un modo perentorio ed inoppugnabile sono essi stessi artisti più che artigiani: decoratori e musicisti,letterati e poeti,che sanno il valore di una stoffa che deve diventare giacca intorno al dorso di uno che ha da vantare cinque o seicento anni di nobiltà,che deve diventare calzoni intorno alle gambe di un avvocato celeberrimo,di un chirurgo insigne,di un attore eccezionale,di un giornalista di gran fama.
E che sono avvocati,chirurghi,attori o giornalisti Napoletani,di nascita e di vita; che debbono cioè legare i loro gesti con l'ambiente,con una società che li accoglie o li respinge secondo che l'accordo sia perfetto o meno.
Non c'è via di mezzo,non c'è la possibilità offerta magari a Roma o a Londra,a Venezia o a Milano a Genova o a Bologna di poter vestir bene senza essere eleganti e... Napoletani,cioè testimoni e protagonisti,capostipiti ed eredi.
I grandi sarti di Napoli oggi,come ieri,sanno tutto sul loro cliente: non soltanto appena il nome e la professione,il censo e i gusti,ma tutto anche sulle famiglie da cui provengono,sugli amici che frequentano,sul carattere delle loro case e soltanto a questo patto possono interpretare un corpo umano fino a poterlo vestire,fino a rispettarne le esigenze più segrete ed essenziali,fino a calcolare se una manica possa essere corta o una spalla rotonda senza turbare l'armonia di tutta una personalità a Napoli.
Un Napoletano a diciotto carati,dalla personalità dominante come Enrico De Nicola o come Giovanni Porzio,potrà essere elegante soltanto se si farà vestire da un gran sarto Napoletano capace di interpretarne e rispettarne il carattere,la psicologia,il talento e l'estro: e il taglio degli abiti scuri di Don Giovanni Porzio,per esempio,la giacca dai baveri piccoli ed alti,i calzoni che cadono con antica grazia su scarpe nere a punta,tutto sta a testimoniare che quell'abito appartiene a Don Giovanni,come il tono della voce,come il colore degli occhi,come il gesto delle braccia,come il modo stesso di salutare una signora o di abbracciare un amico.
Indosso ad un altro,magari della medesima statura e di identiche misure,quell'abito sarebbe un orrore,un tradimento,stonerebbe violentemente e malvagiamente,e noi vorremmo addirittura dire che molte carriere furono spezzate da uno stupido sarto che non calcolò artisticamente il segreto che vincola un abito ad una creatura umana.
Ed è un segreto difficile da intendere,si sa,e per il quale non valgono schemi fatti,non valgono canoni sempre buoni: cosicchè un gran sarto Napoletano-Rubinacci,Blasi,Schiraldi per esempio-inventeranno di volta in volta,anche per lo stesso cliente,un abito,
e se dovessero tagliare una sagoma in una stoffa di medesima vigogna,del medesimo tono,cento volte vi apporterebbero delle loro imponderabili modifiche pur di obbedire alla sovrana legge dell'interpretazione,contro la quale nulla vale e nulla può sostituirsi,nè bontà,nè stoffa,nè abilità di lavoro.
Il Principe Jean Gerace,per esempio, o il nobile Marcello Orilia,o il patrizio Pietro Capuano,resteranno nella storia mondana di Napoli come autentici ed inimitabili campioni di eleganza non perchè possedessero guardaroba gremiti d'abiti o perchè potessero ordinarsi ogni stagione le più belle stoffe per i loro vestiti,i loro soprabiti,le loro camicie: ma perchè avevano trovato il contrappunto segreto tra taglio e gesto,fra stoffa e carattere,fra baveri e parole,fra risvolti dei pantaloni e modo di scendere le scale.
Sostenuti in questa impresa da grandissimi sarti,gli eleganti Napoletani di ieri e anche di oggi non sono certamente dei "lyons" o dei "dandies" che affidano alle fatue risorse dell'eccentricità il valore della loro eleganza,ma dei veri signori che vestono come vivono,naturalmente,cioè,sottolineando con estrema discrezione il buon gusto lievemente malinconico della loro nostalgia per un età d'oro (che forse non ci fu mai) in cui veramente un uomo Napoletano elegante poteva essere considerato un poeta della propia vita.
Uno di questi sarti famosi-forse il più famoso di tutti-Bebè Rubinacci,trent'anni fa non era un sarto,era soltanto un giovane di buona famiglia Napoletana, che vestiva assai bene,che sapeva scegliere le cravatte da Morziello,i fazzoletti da Serafini,i cappelli da Marinella.
In un gruppo di amici della jeunesse dorèe Napoletana,Bebè Rubinacci dava i punti a chiunque si piccasse di vestire con propietà e secondo l'unico canone immortale della vera eleganza (non esser mai notato per ciò che si porta indosso): e allora un bel giorno spinto anche da Gaspare Casella,il libraio famosissimo che di ogni raffinatezza si intende,Rubinacci pensò di far partecipare gli amici alla propia sagacia e squisitezza in fatto d'abiti e di cravatte,di camicie e di scarpe, e aprì bottega intitolandola "London House".
La sigla minuscola rappresentata da una "L" e da una "H" vicinissime,sormontate da una corona,diventò presto il suggello di un eleganza discreta e finissima,sottile ed ineccepibile,e a dargli il crisma solenne fu Umberto di Savoia,allora Principe ereditario,che si avvalse dei consigli di Rubinacci per vestire a gara con i Brummel di vent'anni fa.
Bebè Rubinacci,che fa collezione di quadri d'autore e di porcellane antiche,passò da Chiaia a Via Filangeri-la old Bond street Napoletana-in una grande bottega dagli stigli severissimi,dalle vetrine sobrie,dalla clientela raffinatissima.
Non era questione soltanto di ordinare le vigogne più morbide,i cashmere più soffici,i gabardine più gentili,i pettinati,i ritorti,i quadrettati,le flanelle,i foulards e quant'altro mai serve nell'abbigliamento maschile d'alta classe: si trattava appunto di interpretare secondo una propia verità artistica il corpo di ogni cliente fino a vestirlo secondo la sua personalità.
Rubinacci vi riuscì,e Don Ciccio Bufi,cronista capo del "Mattino",l'uomo dal ventre più Balzacchiano che mai Napoli avesse visto,fu la vivente incarnazione dell'eleganza Napoletana più intensa e sobria,così come il Duca Mario Vasaturo fu l'incarnazione dell'eleganza più eccentrica e tuttavia più ligia alla verità del suo carattere.
Il fatto è che con Bebè Rubinacci nessun cliente s'attende mai a dire "vorrei la giacca più lunga,vorrei i pantaloni più larghi",perchè sarebbe fulminato,l'incauto,da una gelida occhiata di disprezzo.
La lunghezza o la larghezza sono dimensioni dell'anima,sostiene Rubinacci,non già moduli fissi:quindi una giacca cortissima farà sembrare uno zoticone Tedesco il Commendator Tizio e starà sovranamente bene al Marchese Caio; così i pantaloni larghi staranno bene a Mevio ma non a Sempronio.
Non è,seppure sembra,l'abbicì del mestiere: è invece la metafisica del mestiere questo trovare un accordo profondo tra taglio e colore,fra qualità di stoffa e modello,e fra tutto ciò ed una personalità umana.
Parafrasando Delacroix,Bebè Rubinacci proclama:"Datemi un gobbo,un autentico gobbo, alto un metro e quaranta e ve ne farò l'uomo più elegante di Napoli soltanto se me lo lascerete vestire come dico io.
Se gli metterò dei pantaloni a scacchettini bianchi e neri ed una giacca scurissima forse già ci siamo".
Sotto le sue mani,sotto ai suoi occhi non c'è nessuno che resista a vestir male: altrimenti la porta si apre,il cliente può scegliersi dove vuole un sarto più accomodante,più facile.
Perfino Augusto Cesareo,l'uomo più irrequieto che esiste attualmente a Napoli,a Bebè Rubinacci non oppone alcuna resistenza,obbedisce,dice di si con tutto il corpo,ed è uno dei Napoletani più eleganti che è dato di incontrare nei salotti o per le strade della città.
Sia che vesta di blù rigato,che di grisaille grigio-piombo,che di flanella color fumo che di gabardine nocciola,non c'è gesto di Cesareo-e Dio solo sà quanti milioni di gesti egli compia in un ora!-che non leghi stupendamente con l'abito che Rubinacci gli ha disegnato.
Non vi diciamo di Eduardo De Filippo,il quale sta buono buono ad ascoltare le decisioni dell'amico,e veste come soltanto Eduardo deve vestire.
Il fratello,Peppino,almeno in questo lo imita,e non dice di no,se non per il gusto di vedere Rubinacci diventar feroce e minacciarlo di non fargli più nemmeno un fazzoletto.
Ma da Carlo Nazzaro a Tommasino Leonetti passando per il Principe Pignatelli o per Vittorio De Sica,per Gabriele Ferzetti o per Lucio D'Aquara e per cento altri clienti,Bebè Rubinacci interpreta magistralmente la personalità dei suoi amici e li fa "vestire" al modo che si è detto al principio di queste note,un modo ben Napoletano e tuttavia assolutamente privo di quella magniloquenza coloristica che sembrerebbe essere il carattere peculiare dei Napoletani.
Naturalmente altri sarti di gran nome non mancano a Napoli,capitale di un eleganza sopraffina: e qualche altro nome pure s'è fatto e di altri non se ne fanno solamente per il rischio di non cadere in un articolo di propaganda là dove volevamo propio tenerci ad un articolo di costume,standoci cheti intorno a qualche pensiero che s'è mutato in opinione,si spera non troppo personale ma valida per più vasti aspetti.
E sono sarti bravissimi,i quali tuttavia obbediscono più alle esigenze,magari capricciose,del cliente che non alle propie categoriche intenzioni: fermi però a non lasciarsi prendere la mano dove mai i gusti si facessero più arrischiatamente moderni.
Se in una grande sartoria maschile entrasse un giovanotto in blue jeans e maglione,Blasi o Schiraldi inorridirebbero e sarebbero capaci di trovare il pretesto di un gran mucchio di lavoro,pur di non dover intessere un colloquio col terribile eroe dei gusti fumettistici e meccanici dei nostri giorni.
Perchè ci sembra di dover dire che la vera scuola di sartoria maschile Napoletana oppone salute,non già indifferenza alle avventure della moda: propio come in letteratura e in arte rifiutando le facili avanguardie di cattivo gusto in nome di un alta tradizione,così la grande sartoria maschile Napoletana punta piuttosto sul dato "classico",interpretando il carattere stesso di Napoli attraverso un abbigliamento in armonia con la stessa civiltà della città.
I sarti Napoletani che contano lasceranno sempre ai piccoli artigiani che devono accontentare le esigenze di una clientela amorfa (amorfa anche e sopratutto se "veste")le avventure delle stoffe estrose,del taglio originalissimo,del colore eccentrico,e si terranno,come si tengono,saldamente ancorati ad un interpretazione dell'eleganza maschile che è fatta sopratutto di discrezione e di misura,di garbo e di gentilezza.
La sola avventura che si permise in trent'anni Bebè Rubinacci-e se parliamo tanto di lui è perchè lo riteniamo,a giusta ragione un esempio altamente persuasivo e tale da poter raccogliere sotto il suo nome gli aspetti e le tendenze della maggiore scuola Napoletana-fu lo "spezzatino",come fu argutamente battezzata la giacca di tweed chiaro sui pantaloni di flanella grigia,cucita per Pietro Capuano.
Ma fu un avventura felice,perchè da quel giorno un capo di vestiario maschile, nato piuttosto per ischerzo,cominciò trionfalmente il suo cammino,e non vi fù guardaroba di uomo elegante che non annoverasse una dozzina di giacche dal taglio disinvolto,"sportivo",e una decina di pantaloni in flanella in tutte le sfumature del grigio,da quello caldissimo a quello gelido.
Non tutti sanno che da Napoli partì questa moda rivoluzionaria che dette all'uomo elegante di tutta Italia una tenuta da mattina che potè sostituire finalmente i pantaloni a righe e la giacca scura dei nostri padri.
Dallo "spezzatino" si passò lentamente alle cravatte di lana,ai pullover di cashemire: il guardaroba dell'uomo elegante si arricchì di nuovi capi indispensabili.
Ma ancora oggi Don Giovanni Porzio guarda con disdegno,non privo di ragione,chi gli porge una mano indossando una giacca con due spacchetti laterali e facendo mostra di buona parte del collo: anche se l'automobile ha imposto abiti più comodi e più sbrigativi,la personalità non deve soffrire obblighi di uniforme.
L'uniforme!
Questo è il pericolo che si annida nella moda maschile dei nostri giorni e che si può avvertire con maggior peso a Roma e a Milano.
L'uniforme non nasce soltanto dagli abiti fatti in serie-e contro questo pericolo alcuni sarti Napoletani si sono consorziati in un circolo che vuole opporsi all'abitudine venuta d'oltreoceano-ma da un modo anonimo ed insopportabile di vestire tutti di flanella o tutti di alpagas,tutti di gabardine o tutti di lino e con toni di grigio o di marrone che si somigliano tutti,e che soltanto per mero caso rispondono armonicamente alle esigenze di ciascuna personalità.
Ma come sarebbe orribile vivere tra gente vestita tutta di stracci,così sarebbe altrettanto orribile vivere tra gente tutta elegante,tutta profondamente elegante: e così lasciamo che i sarti Napoletani restino gli ultimi e più validi paladini di una moda maschile che rispetta nel profondo il carattere di ognuno e che non s'avventura mai oltre la discrezione.
Anche dove è raffinata e squisita là ancora la sartoria Napoletana non alza mai la voce,suggerisce con garbo il miglior modo di indossare un abito; fa di ogni Napoletano che "veste" un modello di buon gusto.

Mario Stefanile-Luglio 1956.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 29-04-2012
Cod. di rif: 4600
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Re : "Il Napoletano che veste"-da "Costume" Luglio 1956
Commenti:
Egregio Cavalier Migliaccio,
la ringrazio.
Anch'io ho le lacrime agli occhi,
per un epoca meravigliosa che purtroppo non ho vissuto ( e non mi riferisco soltanto all'abbigliamento).
Come diceva Ennio Flaiano,uno dei tanti grandi di un età grandissima: "coraggio,il meglio è passato".

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.





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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-06-2012
Cod. di rif: 4614
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Il seersucker sui due lati dell'Atlantico.
Commenti:
Egregio Signor Folli,
Nella tradizione Americana,fin dagli anni 30, il seersucker si presenta in tre varianti principali:
Bacchetta azzurra-bianca (dove l'azzurro può essere di diverse sfumature,dal celeste fino al quasi blù),
bacchetta grigia-bianca (questa variante era molto popolare per completi estivi da città),
bacchetta marroncina-bianca (viene descritta come tan-white,ma in effetti la bacchetta colorata è molto più scura del "tan",parola con cui si intendono varie sfumature di beige).
Esiste poi un ulteriore variante,che veniva molto portata negli Stati del sud della confederazione,: il bianco su bianco,ossia una bacchetta bianca (o più spesso panna,o crema) su bacchetta bianca.
L'effetto,molto bello,è quello di un bianco rigato tono su tono.
La bacchettatura inoltre può essere a coste sottili o larghe; in quest'ultimo caso il tessuto si presenta molto più increspato.
Dagli anni 60,ma sopratutto con la nascita della moda "preppy" negli anni 80,si vedono anche seersucker con bacchette colorate (giallo limone,verde menta,rosa,ecc).
Ritengo che il primo esemplare con bacchetta colorata sia stato il rosso,la cui introduzione dovrebbe risalire agli anni 50.
Relativamente usato (ma era molto in voga negli anni 30),il seersucker a quadretti.
Le giacche e gli abiti in questo tessuto possono essere confezionate nello stile "sack suit"/pantaloni flat front),tipico della "Ivy league",o in uno stile più "europeo"(con pinces frontali,spalle più o meno strutturate,pinces ai pantaloni) tipico degli Stati del sud (da ottant'anni la ditta Haspel,basata in Louisiana produce capi in entrambi gli stili,a secondo della moda del momento,ed uno dei suoi cavalli di battaglia è il completo doppiopetto in seersucker).
Fin quì l'America.
In Europa e sopratutto in Italia le cose stanno diversamente.
Bisogna premettere che malgrado le sue doti di leggerezza,resistenza e traspirabilità,il seersucker non ha mai incontrato grande successo nel nostro Paese.
Probabilmente esso veniva considerato troppo "Americano",o addirittura deprezzato perchè somigliante alle giacche in "rigatino" dei facchini e camerieri di un tempo.
Da noi il seersucker è sopratutto una stoffa per giacche,nella variante azzurro/bianco, ha una decisa vocazione informale ed una suggestione marina.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 24-07-2012
Cod. di rif: 4632
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Con le code tra le gambe.
Commenti:
Egregi Signori,
Il disprezzo per i registri più formali del dress code ha origini lontane.
Una delle più virulente campagne contro frac,tight e cilindri fu condotta dal partito nazionale fascista nella seconda metà degli anni 30.
Gli "Italiani con le code" era un espressione Mussoliniana per indicare gli anglofili.
Venivano fuori,nel momento dell'infausto e catastrofico avvicinamento alla Germania nazista,le vecchie componenti antiborghesi,di origini socialista e militaristico/futurista presenti nel regime in generale ed in Mussolini in particolare.
Una vignetta di quegli anni, mostrava un "panciafichista (pacifista amante della vita comoda)borghese piangere calde lacrime sulle tombe del "Lei",del cappello a cilindro,della bombetta,del frac e del tight.
In un film dell'inizio degli anni 40,ambientato in una New York molto approssimativamente ricostruita a Cinecittà,uno dei protagonisti pronuncia la memorabile frase; "lo smoking è il pigiama della deboscia".
Finito il regime nella pattumiera della storia,l'Italia Repubblicana e democratica (cristiana) rispolverò code e tube.
Per tutti gli anni,dalla fine dei 40 all'inizio dei 60,i cinegiornali Incom ci mostrano i politici dell'epoca in tight e frac,durante cerimonie,ricevimenti,pranzi ufficiali,visite di stato,visite al Pontefice.
I giornali di sinistra amavano mostrare Fanfani o Scelba in cilindro e giacca a code,o Segni e Martino in frac; da una parte per accusarli di "provincialismo e volgarità",dall'altra per stigmatizzare le uniformi del capitale.
Nel frattempo,nel Paese reale,mentre il frac veniva riservato soltanto a grandi eventi e speciali occasioni (prime alla scala,feste all'ambasciata di Francia,come quella memorabile del 1963 alla quale partecipò tutto l'high life Romano,in frac),lo smoking conosceva una diffusione senza precedenti: il periodo 1950-1965 è da considerarsi,per l'Italia,l'epoca d'oro di questo capo da sera.
Il centrosinistra,pervicacemente e cocciutamente voluto da Aldo Moro e dalla sinistra democristiana,fu largamente depotenziato dalla sua velleitaria carica riformista degli eventi del 1964,che portarono alla nascita del II governo Moro.
Purtuttavia in quel periodo furono prese parecchie iniziative rivelatesi disastrose per il Paese.
Tra queste, la dissennata apertura delle maglie di accesso all'università,senza che avvenisse una selezione per merito,e senza adeguare le strutture all'arrivo di sterminati numeri di studenti.
I nodi vennero al pettine nel 1968,quando il malessere studentesco della nuova Università di massa,si saldò alle proteste degli studenti d'America e d'Europa contro la sconsiderata (perchè strategicamente sbagliata) guerra in Vietnam.
Il tutto a sua volta si innestava nei profondi cambiamenti in senso giovanilistico,avvenuti dal 1964.
E' fisiologico che la società produca ogni due tre generazioni una generazione di spostati.
In questo senso i ragazzi della "meglio gioventù"sessantottina erano i legittimi eredi degli interventisti del 14-15,dei "rossi" e dei fascisti del 19-22.
Stessa irrazionalità,stessa propensione alla violenza,stesso odio antiborghese.
La storia ci insegna che quando questi fenomeni non vengono severamente repressi e stroncati,per debolezza del ceto dirigente o per maldestro tentativo di "cavalcare la tigre" a fini politici,l'esito è sempre pernicioso.
La "meglio gioventù" del 68 e del 77 costituisce oggi una casta che si trova trasversalmente in tutti gli schieramenti,nelle redazioni dei giornali,saldamente ancorata alle cattedre universitarie.
I suoi "valori" hanno permeato nel profondo la società,e tutto quello che è in contrasto con le credenze di questi formidabili eterni giovani è considerato eretico,strano,sospetto,sovversivo,antisociale,pericoloso.
I reprobi dunque tendono a nascondersi,a dissimulare(ed in fondo un pò di senso di colpa è stato trasmesso anche a loro).
A mettere la pietra tombale su certe abitudini borghesi vi è anche la convinzione che esse non siano "sexy",che invecchino,quindi allontanino le donne,rendendo poco appetibile il maschio che si allontani per gusti dal branco giovanilistico ed informale.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 28-07-2012
Cod. di rif: 4634
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Formidabili quegli anni?
Commenti:
Egregio Signor Volponi,
A differenza di ciò che accadde in altri Paesi(ad esempio la Francia di De Gaulle,dalle cui universita era pur partita la perniciosa infezione),in Italia il 68 durò circa undici anni.
I motivi del fenomeno sono da ricercarsi da una parte nella debolezza della leadership democristiana dell'epoca,per sua natura votata al compromesso,dall'altra nell'egemonia culturale conquistata nel corso dei decenni precedenti dalla sinistra marxista nel mondo del cinema,dell'editoria,dell'informazione,della scuola,egemonia che aveva lentamente ma inesorabilmente finito per plasmare una intera generazione.
Tutto ciò veniva a saldarsi su un antico retroterra cattolico che aveva da sempre diffidato delle ricchezza,e che dopo la svolta del concilio Vaticano II aveva accentuato in maniera notevole le sue critiche al mondo borghese.
Chi ha vissuto gli anni 70 non può non rammentare un certo compiaciuto pauperismo a sfondo moralistico (da cui non rimase esente neanche la TV di stato,con l'abolizione dopo il 1973 di varietà e lustrini).
I cambiamenti avvenuti dopo il 1968 hanno profondamente,e per sempre,inciso sul nostro Paese.
Eventi come,ad esempio, lo straordinario ballo in maschera a palazzo Bestegui nella Venezia del 1951, o il famoso ballo "dei Re a Napoli" a palazzo Serra di Cassano nel 1960,dopo quella data non sarebbero stati più concepibili.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-10-2012
Cod. di rif: 4653
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Vestire secondo Tarquini.
Commenti:
Vorrei ringraziare il Gran Maestro Maresca per la pubblicazione nei taccuini dell'interessantissima serie di pagine in cui il celebre figurinista Luigi Tarquini presentava ai lettori della rivista "Vestire" le sue proposte per la sartoria da uomo, per l'estate 1960.
"Vestire",insieme ad "Arbiter","Costume" e "Petronio" fu tra il 1959 ed il 1966 uno dei più importanti e raffinati periodici maschili.
Di recente sono entrato, in possesso,grazie ad un sito d'aste di un altra interessante pubblicazione illustrata da Tarquini e datata inverno 1960.
Si tratta di "Documento moda" numero unico annuale dell'accademia dei sartori.
La linea degli abiti disegnati da Tarquini per questa rivista,pur avvicinandosi molto a quella che sei mesi dopo presenterà su "Vestire" mostra una gonna della giacca assai meno stondata.
Il monopetto due bottoni presenta uguale allacciatura alta,molto bello e classico nella sua pulizia di linee il tre bottoni.
Grande importanza viene data anche in questa occasione al doppiopetto,che nella versione invernale è a sei bottoni (pure quì abbiamo le pinces frontali lunghe alla Napoletana).
La seconda parte di "Documento moda",sempre ilustrata da Luigi Tarquini si occupa di un iniziativa interessantissima, "Il teatro della moda".
Quattro importanti autori,tra cui Dino Buzzati,hanno scritto altrettanti atti unici.
Gli abiti degli attori ,disegnati da Tarquini secondo i dettami della moda 1960,sono stati confezionati dai sarti dell'accademia (tra essi figurano anche Caraceni e Blasi).
I lavori verranno presentati in quattro teatri nelle principali città Italiane (a Roma,al teatro Parioli).
In questo modo colto e brillante si potrà mostrare al pubblico ed alla stampa la nuova linea della sartoria Italiana.
Molta enfasi viene anche data all'introduzione nella tavolozza dei drappieri del nostro Paese del colore "cieli alti",in pratica una bella e virile sfumatura di grigio-blù.
Prossimamente scansionerò disegni e fotografie della rivista per inserirli nei taccuini.
Si avrà così un panorama completo della sartoria Italiana nel felice,e mai a sufficenza rimpianto, anno di grazia 1960.
Per chi avesse la curiosità di vedere Luigi Tarquini,segnalo ,a questo link, un cinegiornale del 1963,dove nell'ambito di "Documento moda" Tarquini presenta la linea asciutta per quell'anno,ribatezzata "linea dieta",e realizzata da alcune importanti sartorie: http://www.youtube.com/watch?v=p9liu8umG_0

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-10-2012
Cod. di rif: 4654
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tarquini 1963.
Commenti:
Il link corretto:

http://youtu.be/p9liu8umG_0

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-10-2012
Cod. di rif: 4656
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Storia della sartoria Italiana: dalla rivista "Vestire" 1960
Commenti:
Il blog "Irenebrination" riporta,tradotti in lingua Inglese,alcuni interessantissimi articoli,tratti da numeri della rivista "Vestire" del periodo 1960-1963, concernenti la storia della sartoria maschile nelle principali città e regioni Italiane.
Riporto i calce i link agli articoli,fondamentali testimonianze su quanto fino a cinquanta anni orsono fosse ricca,per patrimonio storico ,abilità artigianale e numero di botteghe la sartoria Italiana.

Scuola Fiorentina:

http://www.irenebrination.typepad.com/irenebrination_notes_on_a/2009/01/a-tribute-to-florence-and-to-its-tailors.html

Scuola Milanese:

http://irenebrination.typepad.com/irenebrination_notes_on_a/2009/01/a-brief-history-of-the-early-milanese-style.html

Scuola Napoletana:

http://irenebrination.typepad.com/irenebrination_notes_on_a/2009/07/the-art-of-tailoring-the-neapolitan-school.html

Scuola Siciliana (Sicilia orientale):

http://irenebrination.typepad.com/irenebrination_notes_on_a/2010/05/the-sicilian-tailoring-school.html

Scuola Veneziana:

http://irenebrination.typepad.com/irenebrination_notes_on_a/2010/05/the-venetian-tailoring-school-galletti-and-cecconi.html

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 16-11-2012
Cod. di rif: 4669
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Cucitura Goodyear nella calzature Americane degli anni 30.
Commenti:
Segnalo questo interessante filmato Americano degli anni 30,sulla produzione industriale di calzature da uomo,con cucitura Goodyear.

http://www.youtube.com/watch?v=TZzisSt-wlI&feature=player_embedded#!

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-02-2013
Cod. di rif: 4704
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Involgarimento e Signorilità
Commenti:
Di recente,sul sito del "club di stilemaschile",in occasione della scomparsa dell'ultima voce dell'indimenticabile Quartetto Cetra,la dolce Lucia Mannucci,è apparso un bell'articolo rievocativo a firma del Signor Marco Capriotti. http://ilclub.stilemaschile.it/stilemaschile-n-10-dicembre-2012/%E2%80%9Ce%E2%80%99-scesa-malinconica-la-sera%E2%80%A6%E2%80%9D/
Nel rievocare la bravura del quartetto,lamentando come sia stato rapidamente dimenticato dal grande pubblico,Capriotti toccava un punto a mio avviso assai interessante:
I Cetra non hanno più molto da dire al pubblico di oggi,perchè questo,indipendentemente dal censo e dall'estrazione sociale, non si riconosce più nei loro codici stilistici e formali.
Ciò è "quanto mai emblema di una grande occasione mancata: l’insuccesso della borghesizzazione culturale delle masse italiane, contestualmente al loro arricchimento materiale.
Già Prezzolini, agli inizi del ‘900, e poi Montanelli, proprio negli anni ’70, avevano puntato il dito contro l’incapacità della borghesia italiana di porre un filtro all’ascesa, pur necessaria, del popolino, criticandone la tendenza a farsi, piuttosto, assorbire dalle masse in maniera quasi consensuale.
Nelle loro apparizioni in bianco e nero, i Cetra ci raccontano invece di un’élite che, riconoscendosi ancora chiaramente nei propri simboli e nelle proprie rappresentazioni identitarie, vive il suo massimo momento di apertura inclusiva verso le classi subalterne, proponendosi e agendo tramite un medium sempre più generalista".
In poche parole vi è da parte dei mezzi di comunicazione,fino a quasi tutti gli anni 60, un tentativo di rivolgersi alle masse neo-promosse dal boom economico,in una maniera "signorile",con garbo,educazione,civiltà,cultura.
vi è anche da parte di una larga sezione delle masse giunte ad una soglia di accettabile benessere,il desiderio di accedere alla "signorilità",considerata uno status symbol altrettanto desiderabile alla stregua degli elettrodomestici o dell'automobile.
Ricordiamo a tal proposito le infinite rubriche di galateo e "saper vivere" ,delle varie "Donna Letizie" e "Contesse Clare", sui rotocalchi a larga tiratura dell'epoca.
Ad un dato punto,identificabile credo con la fine degli anni 60 e sopratutto con il decennio successivo,il processo si interrompe,e sarà la borghesia a farsi fagocitare,in modo progressivo ma inesorabile, dalla volgarità di una plebe ormai senza neanche più complessi.
Ritengo che,per quanto evidente in modo particolare nel nostro Paese,per tutta una serie di ragioni di carattere storico e sociale (una parte del mondo politico ed intellettuale ,anche cattolico,è sempre stato fortemente anti-borghese),il fenomeno sia riscontrabile anche in altre nazioni del mondo Occidentale (ad esempio negli Stati Uniti,dove il processo di imbarbarimento della popolazione è ormai avanzatissimo).
Vi è dunque da domandarsi perchè l'innalzamento del tenore di vita non sia andato di pari passo con l'incivilimento,l'acquisizione di codici e di abitudini più signorili da parte delle masse,e sopratutto perchè i gusti della plebe abbiano al contrario fatto ampia breccia nelle classi borghesi.
Perchè insomma i tatuaggi ed i modi di un Corona siano più desiderabili della garbata ed elegante signorilità di un Lelio Luttazzi o di un Johnny Dorelli (per rimanere nel mondo della televisione in bianco e nero,dal quale siamo partiti).

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 22-02-2013
Cod. di rif: 4710
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Revers smoking bianco.
Commenti:
Egregio Signor Gigante,
Nel gesso che Lei ha citato,parlando di assenza di ricopertura,in raso o cannetè di seta, dei revers dello smoking estivo,mi riferivo appunto allo smoking (o dinner jacket) bianco.
Non si tratta di una "regola",ma di una norma di buon gusto seguita dalla maggior parte degli uomini eleganti.
I revers ricoperti di seta infatti appesantiscono lo smoking bianco,rimandando al mondo del teatro o dell'intrattenimento piuttosto che alla sera estiva.
Meglio dunque far confezionare la giacca in shantung opaco (al massimo appena brillante sotto le luci artificiali,ma non lucido),o in tussor di seta,o ancora in tela vaticana,di un bel latte o di un avorio chiarissimo,rinunciando alla ricopertura dei baveri.
Uno smoking di peso adatto all'estate (negli anni 60 ne facevano di bellissimi in shantung opaco o in tussor),ma di colore nero o (meglio) blue midnight,avrà i revers ricoperti di seta.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.



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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 24-02-2013
Cod. di rif: 4713
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Pantaloni smoking bianco.
Commenti:
Esimio Signor Gigante,
I pantaloni di una dinner jacket bianca,saranno neri in fresco di lana,con banda di passamaneria (singola,la doppia è per il frac) laterale.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-04-2013
Cod. di rif: 4731
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Il classico e i capelli lunghi.
Commenti:

Egregio Signor Martino.
Come Lei giustamente ricorda Pier Paolo Pasolini fu un intelletuale schierato,non esente,malgrado la sua grande sensibilità, da un certo fanatismo settario ("noi cultura,loro sottocultura") tipico della sua area di appartenenza.
Molte delle sue idee sono piuttosto discutibili,e personalmente ritengo che il suo ritratto più azzeccato resti quello che ne fece il grande critico d'arte Federico Zeri:
"era un uomo bifronte: da una parte era affascinante, aveva una voce incredibilmente bella la voce di un angelo; dall'altra, accanto a questa voce c'erano dei particolari repellenti..Una faccia dura e acciaccata che muoveva delle mani fredde, sudate, orrende, di quelle che dopo una stretta, uno va subito al bagno e si lava con il disinfettante. Da questo strano miscuglio di persona gentilissima e di persona fisicamente un po' repulsiva, veniva fuori un personaggio straordinario e incredibile".
Pasolini seppe tuttavia comprendere con lucidità estrema i cambiamenti involutivi seguiti alla cosidetta "rivoluzione" giovanilistica della seconda metà degli anni 60.
Il "discorso dei capeli" è uno degli esempi più importanti di questo processo di smascheramento messo in atto all'inizio degli anni 70 dal poeta Friulano.
Mi permetto di citare uno dei passi più interessanti:
"Cosa dicevano, col linguaggio inarticolato consistente nel segno monolitico dei capelli, i capelloni nel ' 66-67? Dicevano questo: «La civiltà consumistica ci ha nauseati.
Noi protestiamo in modo radicale,creiamo un anticorpo a tale civiltà, attraverso il rifiuto.
Tutto pareva andare per il meglio, eh? La nostra generazione doveva essere una generazione di integrati? Ed ecco invece come si mettono in realtà le cose: noi opponiamo la follia a un destino di executives.
Creiamo nuovi valori religiosi nell'entropia borghese, proprio nel momento in cui stava diventando perfettamente laica ed edonistica. Lo facciamo con un clamore
e una violenza rivoluzionaria (violenza di non-violenti!) perché la nostra critica
verso la nostra società è totale e intransigente».
Io credo che quì Pasolini segnali molto bene la data di inizio di quel processo che avrebbe portato alla morte del classico negli anni 80; l'inizio della morbo letale che avrebbe in ultimo condotto al decesso nel decennio "rampante" di Reagan,della Signora Thatcher e degli stilisti.
Che la decade del trapasso sia quella,come per altro ben individuato dal Gran Maestro Maresca,non possono esserci dubbi.
Tra l'altro a chi si interessi alla storia del classico non può sfuggire che la data di chiusura (o di perdita di valori contenutistici) di molti storici negozi (o per meglio dire "templi")dell'abbigliamento maschile,specie Anglosassone,e di botteghe artigiane (anche per una coincidenza anagrafica si registra l'uscita di scena di grandi Maestri che avevano iniziato la loro formazione negli anni 30),coincida propio con gli anni 80.
Tuttavia,sono convinto che quello fu il momento estremo nell'anamnesi di una malattia che aveva fatto la sua prima comparsa intorno all'anno 1966.
Prima di allora il linguaggio del classico era infatti intergenerazionale e pienamente accettato anche dai giovani (sia pure nel variare di linee e fogge).
Fino al 1965,persino i Beatles ed i Rolling Stones portavano sul palco completi e cravatte,ed una sottocultura giovanile,come quella dei Mods,si caratterizzava per lunghe sedute dai piccoli sarti periferici alla ricerca del taglio "perfetto".
Molte delle soluzioni adottate da quei ragazzi Inglesi potrebbero far storcere la bocca ad un uomo di gusto,ma non vi è dubbio che esse siano ancora nell'ambito del linguaggio del classico.
E' dalla seconda metà degli anni 60 che,per una serie di motivi storici,politici e sociali che sarebbe lungo spiegare (cui va aggiunta una serie di accadimenti fortuiti ed imprevedibili),si verificò una frattura,divenuta insanabile,tra giovani ed adulti,prima facenti parte di un unico universo.
Pasolini spiega assai bene nei suoi "scritti corsari" come la ribellione e l'anticonformismo giovanile divenne con sorprendente rapidità nuovo conformismo,e fu assorbito,metabolizzato e reso strumentale ai meccanismi del mercato e del consumo:
"Che cosa dicevano questi loro capelli? Dicevano: «Noi non apparteniamo al numero di questi morti di fame, di questi poveracci sottosviluppati, rimasti indietro alle età barbariche.
Noi siamo impiegati di banca, studenti, figli di gente arricchita che lavora nelle società petrolifere; conosciamo l'Europa, abbiamo letto.
Noi siamo dei borghesi: ed ecco qui i nostri capelli lunghi che testimoniano la nostra modernità internazionale di privilegiati.
Il ciclo si è compiuto ».
Vorrei anche aggiungere che,a mio parere nel nostro Paese ,la messa in discussione e la condanna del classico e dei suoi valori fu anche funzionale al grande processo di (apparente) promozione sociale avvenuto a seguito del boom economico.
Con il nuovo benessere, ed in conseguenza di leggi demagogiche sull'istruzione volute dai primi governi di centrosinistra (1964),leggi che privilegiarono l'arrivo in massa all'università a scapito della formazione professionale, fu avvertità la necessità di un livellamento,o per meglio dire di un azzeramento,di vecchi valori e regole comportamentali che i neo-promossi (spesso con il 18 politico) non possedevano nel loro bagaglio familiare,e che dunque costituivano un ostacolo alla piena "democratica" uguaglianza.
Il tutto con la benedizione dell'industria e della pubblicità,ben liete di avere consumatori relativamente affluenti (in quei tempi) cui vendere prodotti dozzinali,ma "di marca" e nel decennio successivo, modesti stracci disegnati dagli "stilisti" al prezzo di abiti di grande sartoria).


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 07-04-2013
Cod. di rif: 4732
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto:
Commenti:

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 10-05-2013
Cod. di rif: 4743
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: J Press 1961.
Commenti:
Segnalo dal blog ""The Daily Prep" questo catalogo della ditta Americana J Press,per l'autunno-inverno 1960-61.
Il catalogo costituisce una lettura estremamente interessante per capire quale fosse la qualità e la varietà di assortimento di altissimo livello offerta da un negozio di gusto in epoca Classica,prima che la barbarie sommergesse tutto.
J Press forniva (e tutt'ora fornisce ,sia pure con ben altra qualità) abiti nello stile "Ivy League".
Da notare la tripartizione dell'offerta,tipica di tutte le grandi ditte di abbigliamento Americano (ma persino di Sears fino agli anni 50): su misura,su misura industriale,confezione pronta.
E davvero sconsolante vedere a quali abissi siamo caduti,da quelle vette di umanesimo.

http://www.muffyaldrich.com/2013/05/the-j-press-brochure-fall-winter-1961.html

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 21-01-2014
Cod. di rif: 4822
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Le bianche scogliere di Dover.
Commenti:
Gentili Signori,
La discussione sulla sartoria Britannica è a parer mio molto interessante.
Per altro,ciò che accade a Londra puo costituire un utile cartina di tornasole per quanto avviene in Italia: il Gran Maestro ha infatti ricordato come sotto la spinta del suo successo internazionale la sartoria Napoletana stia un poco ripiegando su stilemi gergali,talvolta addirittura esagerati e decontestualizzati (una cosa sono le maniche a mappina e le tasche a pignata su un abito estivo da giorno in lino o in canapa,un altra su un doppiopetto in flanella gessata).
Londra non sta meglio,con le sue linee a clessidra esasperata,le tasche oblique da giacca equestre anche su "lounge suits",le disegnature ultramarcate,i tweed dalle finestrature giganti e coloratissime,le giacche ad un bottone,i baveri di velluto sullo spezzato a quadretti.
Vi è tuttavia a mio sommesso parere qualcosa di ancora estremamente apprezzabile nella sartoria di oltremanica.
Spesso sommerso dagli orpelli di cui parlavamo sopra vi è una complessiva pulizia di linea,una sobrietà di taglio che i tweed coloratissimi e le trovate alla John Steed non riescono a cancellare.
Apprezzabili sono i doppiopetti dalla aria vagamente militare,grazie ad una geometrica bottoniera accostata, che consente di allacciare con grazia tutte le coppie.
Virili e slanciati nella loro sobrietà i monopetto due bottoni,con alti spacchi laterali e taschino portabiglietto.
Insuperabili i completi a tre pezzi, in cui il panciotto si rapporta al pantalone facendosi raggiungere in alto da questo e non scendendo verso il basso come nella sartoria Italiana.
Imbattibili i frac,i tight e gli smoking.
Azzeccate le pinces dei pantaloni rivolte verso lo interno,in maniera da snellire otticamente il bacino.
Felici i calzoni tenuti su dai molti modelli di "Daks tabs",autentica specialità dei pantalonai di Albione,consistente in una cintura elastica piatta cucita allo interno della vita e regolata mediante fettucce laterali.
Ottima la caduta dei risvolti sulle scarpe,assicurata oltre che da un frequente uso delle bretelle (altra soluzione aurea Inglese accanto ai "Daks Tabs") dal particolare taglio di derivazione militare del fondo dei pantaloni: essi sono infatti tagliati a "scalino",più lunghi sul dietro,più corti sul davanti,come nei modelli con sottopiede destinati ai "full dress" degli Ufficiali di sua Maestà.
In ultimo confesserò che anche la aria un pò stiff di alcuni abiti non mi dispiace affatto (e mi perdonino se possono gli epigoni del grande Attolini).
In conclusione credo che la caratteristica maggiormente apprezzabile della sartoria Britannica sia la pulizia (in contrasto a certe linee "Corinzie" che fanno presto a diventare "Barocche" di alcuni nomi Italiani).
Mi piacerebbe ,almeno riguardo a questo punto,che la Italia tornasse a guardare a Londra.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-03-2014
Cod. di rif: 4850
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Ancora sulle giacche "undarted".
Commenti:
Gentile Gran Maestro,
Ella diceva nell'ultimo suo taccuino ,a proposito delle giacche prive di pinces frontali, che uno degli scopi delle pinces è "quello di pizzicare il petto, dandogli una forma capace di accogliere il volume del torace e lasciare spazio sia ai muscoli pettorali che a qualche oggetto da riporre nelle tasche interne. Infatti i sarti che non usano queste pinces posizionano le tasche interne più in basso, in modo che si trovino nella zona della vita".
Ora,osservando la foto inserita nei taccuini del Signor De Negri con una giacca del Maestro Bonello,mi sembra appunto di notare un aderenza marcata nella zona del petto,che mi pare influisca anche sulla giacca facendola aprire in modo un pò arcuato su camicia e cravatta come se i pettorali fossero molto forti.
E' questo dovuto alla mancanza di pinces frontali,o ad altro motivo (ad esempio la postura o un cambiamento di peso intercorso tra la consegna del vestito e lo scatto della foto)?
Devo inoltre rilevare che l'effetto riscontrato nella giacca di Bonello indossata dal Signor De Negri sembra non sustistere (per quanto è possibile vedere nelle fotografie) nelle giacche di Puppato,egualmente "undarted".

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-08-2014
Cod. di rif: 4879
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Tessuti estivi degli anni 30.
Commenti:
Per un caso fortuito ed inaspettato sono riuscito ad aggiudicarmi su ebay un numero di "Apparel Arts"dell'estate 1935.
L'altro ieri il pacchetto col prezioso reperto mi è stato consegnato,ed ho avuto modo di consultare l'albo di grande formato.
I figurini sono tutti già stati pubblicati su "Esquire",non si tratta dunque di inediti (molti si sono veduti anche nei Taccuini commentati dall'ottimo Cavalier Nocera).
Interessanti le pubblicità,ma ciò che rende davvero unico "apparel Arts" è la presenza di piccoli campioni di stoffe accanto a figurini e "advertisment".
Ho così avuto modo di saggiare tra i polpastrelli il celebre "Palm Beach" della Goodall.
Il tessuto appare assai poroso,con una mano che ricorda molto il mohair ( il Palm beach era realizzato in una mescola studiata di cotone e mohair; negli anni 40 venne aggiunto in trama anche il rajon per ottenere una maggiore morbidezza).
Il peso è molto minore di quanto mi aspettassi.
Altro campione della Goddall è un tessuto chiamato "Bangkok",per abiti e dinner jacket estivi.
E' una tela molto fine,pure questo un blend di mohair e cotone ma più battuto del "Palm Beach",secco e scattante.
Anche quì al tatto il peso è molto più leggero di quanto mi sarei atteso per gli anni 30,ed in fondo non troppo diverso da un hopsack estivo di oggi.
Leggermente più pesante è la tela di lino color crema di Mehringer,
Il tessuto è descritto come "sanforizato",un trattamento mirato a rendere la stoffa resistente e non soggetta ad eventuali restringimenti durante i lavaggi.
Interessantissimo è poi un campione di tessuto indistinguibile alla vista da una flanella. In realtà si tratta di "homespuns" della Blue ridge mountains,fresco e leggero.
Sono presenti altri campioni di stoffe prodotte da industrie tessili Americane, tutte hanno caratteristiche comuni:
1-si tratta di mescole in cui vi è quasi sempre la presenza del mohair,sposato ora al cotone,ora alla seta,ora al lino,ora al rajon.
2-sono tele con una trama porosa ed areata ,in un modo che non ho mai visto in nessun tessuto moderno.
3- la mano è piacevolissima al tatto,spesso quasi setosa (benchè i tessuti siano tutti opachi).
4-i pesi sono molto più leggeri di quanto credessi possibile per gli anni 30.

L'impressione è che l'industria tessile Americana degli anni 30 fosse molto avanzata,sofisticata,in grado di fornire perfetti blends di fibre diverse (all'epoca tutte naturali,con l'eccezione del rajon artificiale,ma non sintetico),probabilmente imbattibile nel campo dei tessuti estivi.

Vi sono poi campioni di sete per cravatte; dei reps molto leggeri,e un interessante campione di "taffetà" di seta della Celanese come fodera per abiti estivi.

Mi riprometto,appena mi sarà possibile,di scansionare i campioni di tessuto ed inserirli nei taccuini.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 30-09-2014
Cod. di rif: 4884
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Ciro Palermo.
Commenti:
Egregio Signor Scotto,
Il Ciro Palermo,socio di Claudio Attolini di cui scrive è certamente lo stesso Ciro Palermo intervistato da Gianluca Migliarotti nel bel documentario "O'Mast" (quì potra trovarne un estratto: http://vimeo.com/16443611 ).
Le interviste risalgono al 2010,quindi non so se Palermo sia ancora in attività, tuttavia,anche se nel documentario non veniva esplicitamente detto,credo che egli oggi sia il tagliatore della sartoria Formosa.

Cordialmenre,

Carmelo Pugliatti.

P.S.
Il laboratorio di Attolini & Palermo era per caso in un villino?

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 01-10-2014
Cod. di rif: 4886
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Su Ciro Palermo
Commenti:
Egregio Cavalier Nocera,la ringrazio per le sue precisazioni.
Mi auguro che il Maestro Palermo sia tutt'ora in attività.
Anch'io avevo tentato di reperire informazioni a proposito della sua bottega,ma senza successo.
Da quì l'impressione errata che fosse tagliatore presso un altra sartoria.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.



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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 06-10-2014
Cod. di rif: 4891
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: La grandezza di Attolini
Commenti:
Ringrazio il Signor De Silva per le ulteriori precisazioni.
Circa le competenze tecniche,io sono convinto che Vincenzo Attolini,passato alla storia come l'inventore della sartoria Napoletana moderna,sapesse variare sapientemente taglio e costruzione dei suoi abiti,realizzando secondo le esigenze del tessuto,del cliente e della destinazine del capo,abiti anche più costruiti e di respiro "internazionale",rispetto a quelli iconici "Napoletani".
Dico questo per aver veduto le immagini di storici abiti della London House (ad esempio lo straordinario frac realizzato negli anni 30 per Vittorio De Sica,ma anche certe cose per il Conte Leonetti),e fotografie degli anni 50 (risalenti a quando il sodalizio con Bebè Rubinacci si era sciolto) tratte da varie riviste di moda dell'epoca.
Ritengo quindi che l'identificare (come fanno taluni) la grande arte ed il genio di Vincenzo Attolini solo con la spalla camicia e gli interni destrutturati (in cui peraltro fu grande) sia per certi versi limitativo.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

P.S.
Vorrei segnalare che per qualche inconveniente tecnico da alcune settimane sembra impossibile inserire commenti ed immagini nei taccuini.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 18-11-2014
Cod. di rif: 4900
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: L'antenato del "Kent".
Commenti:
Nei taccuini dal 6499 al 6505 il Signor Mocchia di Coggiola illustrava alcuni esemplari di doppiopetto "anni 20" (ma forse sarebbe più esatto definirli "anni 10")a quattro bottoni,di cui due utili e due di mostra,simili alla tipologia del doppiopetto "Kent".
Nel taccuino 6506 il clarissimo Cavalier Nocera precisava che i due petti illustrati dal Signor Mocchia di Coggiola,per una serie di motivi storici e costruttivi, non potevano essere definiti "Kent",ma risultano essere con questo apparentati solo dal numero di bottoni.
Personalmente sono d'accordo con il Cavalier Nocera,purtuttavia è innegabile che la foggia 2 utili + 2 di mostra sia stata esplorata fin dall'inizio del XX secolo.
Mi preme quì sottolineare come la giacca a due petti,dopo essere stata molto popolare ed indossata negli anni 90 del XIX secolo e primissimi del secolo successivo nella configurazione 4 o 6 bottoni incolonnati e tutti allacciati,sia entrata verso il 1905 circa in una fase magmatica da cui è emersa nella sua definitiva forma moderna solo intorno al 1925.
Il tipo di due petti illustrato da Mocchia di Coggiola nei taccuini,appartiene per l'appunto alla "fase magmatica" degli anni 10 (e primissimi 20),un periodo di drammatica transizione dalle foggie tardo Vittoriane ed Edoardiane a quelle moderne,un era di ricerca non priva di false partenze e di intuizioni che verranno poi diversamente interpretate.
Resto sbalordito dalla precisa ricostruzione stilistica del doppiopetto "anni 20" (ma io lo collocherei tra il 1915 ed il 1919)che il Signor Mocchia di Coggiola ha commissionato al Maestro Capitani;
non avrei esitato a riconoscerlo come un capo originale dell'epoca.
In particolare felicissimo è nel contesto ricostruttivo,il taglio posteriore a quartini e la martingala cucita alle estremità.
Vorrei lodare anche la forma "indefinita" dei revers che rimanda anch'essa a quell'epoca di travaglio stilistico cui si accennava prima.
Idealmente l'abito (di cui mi figuro i pantaloni,stretti,corti sulle scarpe e dagli alti risvolti) andrebbe completato con scarpini dal dal tacco alto e dalle stringhe a nastro piatto,da una fedora grigio chiaro dall'ala rialzata alla D'Annunzio,da una camicia rigata con alto colletto tondo,da un importante cravatta in seta operata sul genere che ancora oggi si trova da Charvet.
D'obbligo,ovviamente,la canna da passeggio.

P.S.
Vorrei segnalare un fatto curioso, non riesco più a postare nulla nei taccuini.
Una volta scritto il pezzo e inserita l'immagine,dopo aver cliccato "invio" vengo mandato in una pagina nella quale è scritto: "Il sistema in questo momento non e` disponibile. Riprovare piu` tardi".
Ho provato a postare da un altro computer temendo un qualche problema al mio portatile: stesso risultato.
Ho allora tentato di cambiare browser passando da Firefox a Microsoft explorer: stessa cosa.
Domando dunque se altri hanno rilevato il problema,se questo ha a che vedere con le annunciate modifiche che sono in corso quì al Castello,e mi permetto di sollecitare qualche consiglio per risolvere l'inconveniente.
Grazie.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 19-11-2014
Cod. di rif: 4902
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Problemi di inserimento nei taccuini.
Commenti:
Ringrazio il Cavalier Nocera per il prezioso aiuto fornitomi.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-12-2014
Cod. di rif: 4908
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sartorie Siciliane.
Commenti:
Egregio Signor Trigona,
la Sicilia non è "affatto morta" dal punto di vista della sartoria su misura,lo è purtroppo la città di Catania,che un tempo vantava un paio di nomi molto rinomati(Oggi su Catania mi dicono bene di Palmisciano).
Altre piazze Siciliane sono decisamente più felici.
Le consiglio la lettura di questi articoli tratti dal blog sleevehead,dedicati alla sartoria Siciliana per reperire informazioni circa botteghe non troppo lontane che potrebbero fare al caso suo.
Altri ottimi nomi,mi pare non citati nel blog, sono quello di Ragusa,a Modica e di Crimi a Palermo (rintracciabili attraverso una facile ricerca su internet).
Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

http://sleevehead.blogspot.it/search/label/sicilian



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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 26-12-2014
Cod. di rif: 4910
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sartorie Siciliane-I
Commenti:
Egregio Signor Trigona.
Bisogna essere molto cauti nel richiedere una "giacca Napoletana" ad un sarto Siciliano;
nel migliore dei casi sarà sempre una reinterpretazione,nel peggiore si rischia di ottenere un capo non all'altezza delle propie aspettative.
La sartoria Siciliana e quella Napoletana sono diverse per impostazione:
la giacca Siciliana è più costruita,priva di quelle caratteristiche, come ad esempio la pince lunga sino in fondo,che costituiscono una cifra stilistica Partenopea.
Prima che internet abbia reso desiderabile la giacca Napoletana,i migliori e più rinomati sarti Siciliani storcevano il naso davanti a pieghe,piegoline,morbidezze e maniche a "mappina".
Oggi alcuni artigiani cercano di venire incontro al cliente fornendo una propia versione,un interpretazione (come si diceva più sopra) del capospalla Partenopeo,ma questo non sarà mai come l'originale,pur risultando magari valido e gradevole.
Tutto ciò trova le sue ragioni nel carattere e nella storia.
Il Napoletano è un estroverso,il Siciliano è schivo e riservato; questa diversità di indole si rivela anche nel modo di vestire.
Circa la storia,è necessario sapere che l'aristocrazia e l'alta borghesia dell'isola sono sempre state inveteratamente anglofile,anche in ragione della nutrita comunità Inglese residente in Sicilia fin dagli inizi del XIX secolo,con cui si erano spesso uniti in matrimonio.
Questa anglofilia ha profondamente influenzato i migliori nomi della sartoria Siciliana,i caposcuola nelle cui botteghe si sono formati quasi tutti gli artigiani dell'isola.
I sarti più rinomati,inviavano i figli a Londra per qualche anno di apprendistato a Savile Row (è il caso del celebre La Parola di Palermo i cui rampolli si perfezionarono presso Poole e Stovel & Mason).
L'unico sarto Siciliano che,per quanto mi consti,abbia fatto tirocino a Napoli fu il Catanese Simone Riccioli ( oggi la famiglia possiede un bel negozio di abbigliamento in Corso Italia),che da giovane fu inviato alcuni anni presso Nicola Blasi,il meno "Napoletano" ed il più "internazionale" tra i sarti sotto al Vesuvio.
Tutto questo ha dato origine ad una giacca molto differente da quella Napoletana,se da un lato più "internazionale",dall'altro molto più composta e meno sciolta.
Mi permetta anche di aggungere che,se la sartoria Siciliana appare,specie al momento, poco sotto ai riflettori è per l'appunto a causa di quel carattere schivo,riservato ed un pò diffidente tipico dei Siciliani.
L'artigiano Siciliano non ama farsi notare (anche per ragioni facilmente intuibili);
a parte eccezioni (che si ritrovano sopratutto tra gli espatriati) è molto poco "prima donna",anzi è piuttosto modesto (a volte falsamente modesto).
Tutto ciò si può vedere anche nell'allestimento molto spartano e funzionale del suo atelier,fatto propio per "non dare nell'occhio".
Se da una parte questo modo di essere ha preservato i sarti di Sicilia da certi irritanti atteggiamenti diffusi altrove,dall'altro ha nuociuto in termini di giusta notorietà ( e nella diffusione di nomi e di indirizzi).

Circa il pick & pick,sinceramente non mi pare molto indicato per un blazer; io mi orienterei sulla flanella o sull'hopsack.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 28-12-2014
Cod. di rif: 4912
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Sartorie Siciliane-II
Commenti:
Egregio Signor Trigona,potrebbe provare alla drapperia Domenico De Pasquale,a Messina, in via Maddalena, 62(vicinissimo a Piazza Cairoli).
http://www.depasqualetessuti.it/
Eventualmente telefoni prima per chiedere se ha già il tessuto in bottega o se ha modo di ordinarlo (T.090 718485 ).
Male che vada una visita all'ottimo e fornitissimo De Pasquale è sempre un esperienza appagante.
Faccia pure il mio nome.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 16-02-2015
Cod. di rif: 4916
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Anarchici coi fiocchi.
Commenti:
Egregio Signor Cherchi,
Sul "fiocco anarchico",o "cravatta alla socialista",o "cravatta alla Lavallierè",esistono varie e diverse leggende.
Di certo è un tipo di cravatta molto semplice,con un nodo facile da realizzare e di bell'effetto.
Inoltre i lembi svolazzanti al vento,suggeriscono un impressione di libertà e di anticonformismo, contrapposta ai nodi eleborati e alle forme composte delle altre cravatte "borghesi" di metà ottocento.
Per questo motivo il nostro "fiocco (che,e questa è una delle tante leggende,ad un certo punto prese il nome da una stella del varietà Francese, Ève Lavallière)divenne di gran moda tra gli artisti,pittori,scrittori,poeti...o presunti tali.
Molti di essi professavano idee socialiste o anarchiche,per questo motivo la cravatta svolazzante fu "arruolata" tra le schiere dei seguaci di quelle ideologie.
Inizialmente,pare che il fiocco fosse di vari colori,o anche fantasia,ma un altra leggenda vuole che nei tragici giorni della "comune di Parigi" (1870) un "comunardo" ne realizzasse uno con il brandello di una bandiera anarchica ( che è di colore nero) strappatasi durante i combattimenti con le truppe regolari.
Da allora,il nero divenne imprescindibile per questo tipo cravatta, come segno di lutto perpetuo per le vittime della comune.
In Italia,oltre che degli anarchici,la "Lavalliere" era la cravatta dei vecchi socialisti,specie Romagnoli o Emiliani,ed era accompagnata da un cappellaccio a larghe tese,dal sigaro toscano e dal tabarro.
Alla fine, questo abbigliamento divenne una sorta di "maschera fissa",utilizzata nelle vignette o anche in teatro e nel cinema quando si voleva mettere in scena uno di questi "tipi".
Tra gli ultimi ad utilizzarla vi fu,nel 1956, Vittorio Gassman,nella gustosa commedia di Federico Zardi "I Tromboni",in cui venivano presentati vari personaggi tipici della società Italiana e tutti dotati di caratteristiche "gigionesche" e "trombonesche" (il regista,il giornalista,lo sportivo,ed,appunto,il vecchio socialista).
Questo è l'aspetto del "fiocco anarchico" una volta annodato:

http://s16.postimg.org/fxqofzd45/fiocco.jpg

Sperando di esserle stato utile,

Cordialmente

Carmelo Pugliatti.
P.S.
Approfittando di questo intervento vorre auspicare un prossimo ritorno del Gran Maestro Maresca tra i taccuini e le lavagne del Castello.




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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 11-03-2015
Cod. di rif: 4918
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Blazer
Commenti:
Egregio Signor Trigona,
La sartoria Arrigo (non "Arrigoni")a Messina è un ottima scelta.
Il Maestro Arrigo,eccezionale nel doppiopetto,propone anche un ottima versione della spalla camicia alla Napoletana.
Circa la sartoria Ragusa di Modica,non ho riscontri personali,ma me ne hanno parlato molto bene.
Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 12-03-2015
Cod. di rif: 4920
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Blazer,
Commenti:
Egregio Signor Trigona,
Ognuno ha i suoi gusti; io per esempio amo il tre bottoni (negli ultimi anni mi sto convertendo sempre più al doppiopetto)ed i pantaloni con le pinces (che faccio fare all'Inglese,rivolte all'interno,perchè snelliscono di più e mi sembrano più "pulite").
Le tasche applicate non mi hanno mai fatto impazzire (per le giacche a vocazione sportiva prediligo il ticket pocket),e sopratutto evito come la peste certi stilemi in voga, come pantaloni troppo stretti e corti,revers troppo larghi,disegnature troppo vistose,colori-colori,insomma tutto quanto evochi "Pitti uomo" e la sua fauna di pseudodandy.
Ognuno ha un suo stile ideale di riferimento;il mio è quello di un borghese Italiano degli anni 50.
Cosa consigliarle dunque?
Segua i suoi gusti personali.
Forse un tre bottoni (magari stirato a due) sarebbe preferibile ad un due bottoni...e a maggior ragione per il fatto che oggi il due bottoni è di moda.
Forse un pantalone con pinces (una o due) sarebbe preferibile ad uno con fronte liscio.
Dipende dalle sue preferenze,da come si vede meglio,da che immagine di se vorrebbe proiettare all'esterno.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 09-04-2015
Cod. di rif: 4923
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Una riflessione.
Commenti:
Gentili Signori,
Rammento che,qualche tempo fa durante un suo dotto intervento in queste lavagne,il Gran Maestro Maresca scrisse (vado a memoria,potrei essere impreciso nel citare,ma il senso è esatto)che Egli è solito seguire un suo progetto con grande e costante impegno, fino a quando questo non perde ai suoi occhi interesse,perchè superato.
Ripeto,potrei non essere preciso nel citare alla lettera,ma il concetto mi colpì molto.
La saltuaria,ed ahimè sempre più rara, presenza dell'Esimio Gran Maestro in queste pagine mi induce a chiedermi se nel suo sentire la forza propulsiva della porta dell'Abbigliamento non si sia esaurita (fermo restando l'importanza non transeunte degli scritti e delle immagini di queste pagine,autentica biblioteca di Alessandria sul mondo dell'homo elegans).

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 16-04-2015
Cod. di rif: 4927
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: A proposito di Scholte.
Commenti:
Gentili Signori,pubblico in questa sede due articoli sul famoso sarto Frederick Scholte.
Il primo è una memoria dello stesso Scholte sui suoi anni giovanili,il secondo è un articolo del Duca di Windsor,pubblicato sul "Daily Express nel luglio 1960 in occasione della definitiva chiusura della sartoria Scholte (sopravvissuta al suo fondatore 12 anni).
Entrambi gli articoli sono in Inglese,prego qualche volenteroso Cavaliere o frequentatore,versato nella lingua di Shakespeare di tradurli:

In April or May 1879 measles broke out at my school and as I was to leave school at the end of that year to learn my trade, I persuaded my father to let me go and start my apprenticeship at once as the school was to close up until the epidemic was over. I was put with one of my father’s workmen who made only Dress and Frock coats of black superfine – all made by hand, saw edge, blind stitching on the edges. The lapel padding took one day to do as it had to be done so finely that no stitches should show on the reverse side. As my apprentice-master was one of the very old school of journeymen tailors, he slept most of the afternoon and started again about 5 o’clock. I soon got tired of the monotony of that work and got transferred to a man who made all sorts of work and the understanding was that I should make a morning coat, (my first one) for myself. I was to go to Paris to learn cutting and the language. In those days I used to have my music lessons from 8am to 9am, after that I went to my apprentice master until 5pm without a break – only some sandwiches in the middle of the day, then to go home to dinner. After dinner, I had private lessons in French and English until 8pm, then home to practice music and do my homework for French and English so I never had to much leisure. I was 15 years old then and when I was 17 and had succeeded in making myself a morning coat I was sent to Paris in August 1881 to learn cutting and French. I got a place as an apprentice through a merchant with whom my father did business, and had to be there at 8am until 8pm – Saturdays a bit later as I had to help taking things home and Sundays until 2pm.

When I got there Joffre was the name of the firm on the corner of Rue Faubourg and Boulevard des Italians. They were not very busy and so to keep me occupied I was given a piece of glass to scrape the cutting board!

They did not teach me much, they only made use of me to sweep the place, scrape the cutting board and take the parcels home! All I learned there was my way about Paris. However I soon got tired of that and through another merchant – a buttons merchant this time, M. Anglade. My father was advised to send me to a professor de Coupe a M. Eaporte – at a regular school for cutting. When I had finished there he found me a place as assistant cutter and M. Versini, at 3 Rue de La Paix – at that time one of the finest houses in Paris although small and when I had been there about 18 months my father insisted I should go to London.



That was in 1882. I got placed at Messrs Whitakers through a friend. Mr. G. Mead from Hove Mead, as trimmer then they let me cut a trouser pattern for the head cutter Mr Donaldson and when he had compared it with his own pattern he told me that I must have done it before. They gave me a bundle of 50 tickets for different customer’s trousers to cut and after some months of that I was promoted to that part of the business and got an offer to go to Johns & Pegg with an increase of salary from 30 shillings to 3.10.0 and 4 pounds per week after a month if I was still with them.

At the end of 12 years I got 10 pounds a week through gradual increases and as they promised me partnership and kept putting me off I started on my own.



Born 19th July 1865 in Amsterdam

Married Emma Lewellen August 1888

Died 1st December 1948


The Tyranny Of My Tailor (HRH the Duke of Windsor):



My wardrobe as a Prince during the nineteen-twenties was by comparison modest with that, for instance of George IV which was valued at his death of 15,000 pounds.

My expenditure amounted nevertheless, to a good deal more than that of the well dressed Regency gentleman, who could in terms of the currency of the time, dress for less than 50 pounds a year.



From 1919 until 1959 – a space of 40 years – my principal tailor in London was Scholte. It is a firm, which, alas, no longer exists.





Mr. Scholte died soon after the Second World War during which his premises were badly bombed and his son, who inherited the business, gave it up on the expiry of the lease last year.

It was one of my equerries who first introduced me to this august establishment in Savile Row.

Scholte, who came originally from Holland, was a tailor of the old school, who had run his own business since my grandfather’s time. He once told me that as a young man he had had to serve ten years of arduous apprenticeship before he was allowed to cut a suit for a client.



He had the strictest ideas of how a gentleman should and should not be dressed. In the Brummell tradition he disapproved strongly of any form of exaggeration in the style of a coat. He steadfastly refused to make clothes for the theatre and later for the film world making exceptions only for the case of Sir Charles Hawtrey and Sir Allan Aynesworth whom he regarded as sufficiently restrained in their tastes to qualify for Scholte suits – and then only off-stage.



I was present in his shop when he refused to cut a suit for Fruity Metcalfe – much to that gallant officer’s mortification and to my own secret amusement.

As befitted an artist and craftsman Scholte had a rigid standards concerning the perfect balance of proportions between shoulders and waist in the cut of a coat to clothe the masculine torso. Fruity, who for all his discretion of costume was always ready for some experiment had sinned by demanding wider shoulders and a narrower waist. Thus for a time he was excluded from Scholte’s sacred precincts.



These peculiar proportions were Scholte’s secret formula. His rivals would aspire in vain to have suits made for them without disclosing their identity, so that they could take them to pieces and, by measuring, discover the secret.



But they never succeeded. Scholte knew his clients, and remained alertly on his guard. He used to recall one Saturday when a flashy gentleman in a sports car drew up before his shop and began to order some suits. But Scholte recognized his type at once and politely refused to make for him. He was, as he afterwards discovered, a wholesale tailor from the Seven Sisters road.



It was for another reason that he refused on one occasion to make for an American Ambassador to Britain. The Ambassador needed a morning coat in a hurry for a royal garden party. But when he came to try it on he made the mistake of bringing his wife along with him. The Ambassadress began to find fault with the cut and hang of the coat and to suggest improvements. Scholte, without comment, removed the coat from the ambassador’s back, flung it on the floor, and refused to complete it.



The Ambassador returned the next day, without his wife and, in view of his urgent need for the coat implored him to reconsider this drastic decision. Scholte relented and agreed to complete the job, adding, however in a burst of undiplomatic Dutch bluntness : “ But don’t bring that damned woman in here again!”



That Scholte could make clothes in a hurry, if need be, I discovered for myself one summer, when I appeared at Ascot wearing a dark grey morning coat with trousers to match.

Unfortunately I had forgotten something: the Court was in mourning for some distant relative. On reaching the racecourse, I thus earned a rebuke from my father who pointed out that in the circumstances a black morning coat was required. But to my dismay I realized that for some reason or other, I did not possess one.



I called Scholte from the racecourse throwing myself on his mercy and telling him that I should require a new black morning coat for the next day’s racing, but that I should be unable to get to London until nearly six o’clock that evening. On arriving I drove straight to his shop, chose the material, had my coat there and then, and handed it to one of his tailors, who had stayed behind after the shop was closed. He sat up half the night making the coat. In the morning it arrived in Windsor complete. It was a perfect fit and I drove over to Ascot secure in the knowledge that I was now correctly and respectfully dressed. With this formal costume I always preferred the grey top hat. I have been told hat I helped make it popular by wearing it at Ascot where a black silk hat is seldom seen today.



It was one of Scholte’s rules that his clients whoever they might be must come to his shop for their fittings. He refused to visit them at home. I always obeyed this rule and never except for some exceptional reason asked for a fitting at York House. I was thus departing from the accepted custom of royalty. I cannot imagine King George V in a London shop. His tradesmen always came to him.



My mother on the other hand, loved to shop, especially for antiques and her Daimler was a familiar sight in London, drawn up by the kerb of some busy shopping street with a small crowd gathered on the pavement to watch her emerge with her upright carriage and her gracious smile. I must have inherited this taste from her since I have always enjoyed popping in and out of stores selecting what I want on the spot.



I never had a pairs of trousers made by Scholte. I disliked his cut of them: they were made, as English trousers usually are, to be worn with braces high above the waist. So preferring as I did to wear a belt rather than braces with trousers, in the American style, I invariably had them made by another tailor.



During the war when I was Governor of the Bahamas, my wardrobe began to wear out, and on a visit to New York I decided to replenish it, I went to a tailor named Harris who had served his apprenticeship in London. I gave him a pair of my old London trousers and he copied them admirably. Since then, I have had my trousers made in New York and my coats in London, an international compromise, which the Duchess aptly describes as “ Pants across the Sea”.

I am, I gather in good company, since Brummell himself had his coat made by one tailor, his waistcoat by another, and his breeches by a third, He had one advantage over me, however. He did not have to go all the way across the Atlantic for the breeches.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-05-2015
Cod. di rif: 4932
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Arbiter,ieri ed oggi.
Commenti:
La gloriosa testata "Arbiter" è tornata da circa un mese nelle edicole,quale trasformazione delle rivista "Monsieur".
Tra i molti articoli preziosi ed interessanti,particolarmente gradita è la pubblicazione in ogni numero di un paio di tavole di figurini tratte dalla colezione "Arbiter" 1935-1960 custodita presso l'archivio Zegna.
Mi permetto di suggerire al direttore Botrè la pubblicazione di un supplemento o,perchè no,di un vero e propio volume,contenente un ampia selezione di questo patrimonio iconografico.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-06-2015
Cod. di rif: 4934
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Menefreghismo?
Commenti:
Il sarto Jeffery Diduch,ha un blog,"Made by hand", nel quale analizza i capi di alcune tra le più rinomate sartorie,e di note firme del pret a porter internazionali.
Giacche di Anderson & Sheppard,Smalto,Poole,Gieves & Hawks,Caraceni, Cifonelli (doni di clienti o reperite sul mercato del vintage) sono passate sul suo tavolo operatorio per un accurata "autopsia",in cui tecniche di taglio,lavorazione,rifiniture,pregi e difetti sono stati onestamente messi in luce,senza riguardo per il nome della bottega.
Nei suoi ultimi interventi Diduch ha sezionato la giacca di "una notissima sartoria Napoletana",ed i pantaloni che l'accompagnano opera di un "altrettanto noto pantalonaio".
L'analisi,tecnicamente dettagliata e piuttosto impietosa (Diduch parla di "disastro")si può trovare a questi link: http://tuttofattoamano.blogspot.it/2015/06/menefreghismo.html http://tuttofattoamano.blogspot.it/2015/06/menefreghismo-part-2-guts.html
Il titolo degli articoli è in Italiano: "menefreghismo".

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.


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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 23-06-2015
Cod. di rif: 4935
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Menefreghismo?-II
Commenti:
Per completezza con la precedente lavagna,ecco come il donatore presenta l'abito fornito per la dissezione:
"L'abito è stato fatto circa dieci anni fa.
Sia il sarto principale che fece la giacca,sia il pantalonaio,erano all'epoca botteghe gestite da padre e figlio.
All'epoca non visitavano altre città,e servivano principalmente clienti Napoletani,o disposti a viaggiare a Napoli.
Oggi entrambe le botteghe hanno un giro di visite,almeno in un caso a livello globale.
Presso un certo tipo di clientela la reputazione di entrambe le botteghe è eccellente.

"The suit was made about ten years ago. Both the primary tailor (who make the coat) and the trouser maker were at that time small, father and son shops in Naples. Neither visiting other cities at that time, and primarily served local Neapolitan customers or those men willing to travel to Naples.
Today, both shops have travel schedules that in one case are global in reach. Among a certain category of customers, the reputations of both shops are excellent. Both have many happy and enthusiastic customers who are often quite knowledgable in bespeaking custom, bench-made clothes".

Diremo,che mentre il nome del pantalonaio è facilmente intuibile (la dissezione del pantalone seguirà in un prossimo articolo) ,quello del sarto si può leggere salvando sul propio computer le immagini della giacca presenti nella seconda parte dell'articolo
http://tuttofattoamano.blogspot.it/2015/06/menefreghismo-part-2-guts.html
Il nostro anatomo-patologo sartoriale rimane sconcertato per l'aspetto "arronzato" (per dirla alla Napoletana) dell'esterno della giacca (la parte visibile) che contrasta con una certa cura riservata all'interno (la parte invisibile).
Vi è,si domanda, una ragione particolare per questo?
Forse un estrema forma di "sprezzatura" che battezza ("menefreghismo")?
Temo che la verità sia più semplice; a volte anche ai più bravi capita di "arronzare",e per taluni la tentazione è più forte là dove ci si trova di fronte ad un cliente "ignorante".
Non ha caso da sempre esiste una sorta di disprezzo del sarto verso il cliente "facile",che "si accontenta","non alla mia altezza".
Ripeto,non dovrebbe capitare mai,anche perchè il propio lavoro rischia di essere malgiudicato ela propia reputazione macchiata.
Come in questo caso.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.




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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 14-07-2015
Cod. di rif: 4937
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Cinema e sartoria.Il caso Italiano.
Commenti:
I rapporti tra il cinema (la vera arte guida del XX secolo) e l'abbigliamento maschile,sono stati al centro di molte ricerche ed analisi.
Il cinema è stato importantissimo per diffondere mode e stili,e nel contempo risulta essere uno specchio di rilevanza primaria per quel che concerne modelli di riferimento ed aspirazioni di una determinata società in un determinato periodo storico.
Oggi vorrei soffermarmi su un aspetto non molto indagato,quello del cinema Italiano tra gli anni 30 ed i primi anni 50.
Nel corso del tempo ho avuto modo di visionare parecchi film Italiani realizzati in questo lungo arco di anni,e vorrei condividere con voi alcune impressioni.
Gli abiti indossati dagli attori di cinema in ruoli moderni,provenivano dal guardaroba degli stessi attori (il cosidetto "corredo"),e nel caso di protagonisti,coprotagonisti,caratteristi di primo piano,erano realizzati da sartorie di primordine delle varie città d'Italia,cui generalmente gli attori, le cui carriere erano quasi per tutti divise tra cinema e teatro,si rivolgevano nel corso delle loro tournè.
I vestiti che vediamo in queste pellicole sono dunque una buona cartina di tornasole per giudicare la produzione e lo stile sartoriale dell'epoca.
Bene,per prima cosa possiamo dire è che,relativamente agli anni 30 gli abiti visti nei film Italiani sono nettamente inferiori quanto a taglio e silhouette a quelli che è possibile ammirare nei coevi film Americani.
Si tratta di abiti di uno stile "legnoso",per la maggior parte con giacca monopetto due bottoni,dai revers larghi e con il cran (punto di giunzione tra collo e bavero) basso,che conferiscono al capo un aspetto tozzo e sgraziato.
I doppiopetti risultano molto chiusi,quasi sotto il nodo della cravatta,e sono anch'essi caratterizzati dal cran basso,che pone le lancie a metà del petto,e da una eccessiva spaziatura in senso orizzontale dei bottoni.
Vi sono ovviamente delle eccezioni lodevoli ,per esempio certi abiti di Amedeo Nazzari,ma nel complesso si tratta di uno stile provinciale e modesto.
Paradossalmente le cose cambiano negli anni 40.
Siamo nel periodo della guerra e del difficilissimo dopoguerra,ma le casa di produzione continuano a sfornare film per offrire agli Italiani momenti di svago e di sollievo dai problemi quotidiani.
Ci accorgiamo che,improvvisamente,il taglio degli abiti portati dagli attori migliora in maniera notevole.
I doppiopetti di Vittorio De Sica nei film degli anni 40,da "Rose Scarlatte" a "Teresa Venerdì",a "L'Ippocampo",i vestiti di Paolo Stoppa,Enrico Viarisio,Giuseppe Porelli,dei nuovi divi come Leonardo Cortese,Rossano Brazzi,sono adesso di un ottimo taglio.
Alla fine degli anni 40,si assisterà al paradosso che gli attori di modeste produzioni Italiane (per esempio il fatuo "Il vento m'ha cantato una canzone"-1947) risultano molto più eleganti degli Americani ormai infagottati in monumentali bold suits dalle spalle gigantesche.
Cosa è accaduto?
A mio giudizio all'inizio anni 40 è arrivata a piena maturazione una nuova generazione di sarti,formatasi nelle botteghe degli anni 30,ma molto più interessata all'evoluzione tecnica rispetto ai loro antichi maestri.
Si tratta di giovani che hanno nel cinema Americano dell'epoca d'oro i loro punti di riferimento estetico,che aspirano a sprovincializzarsi,che hanno occhio ed un maggiore senso estetico ed artistico.
Essi da una parte svuotano la giacca da pesanti imbottiture,dall'altra affinano le tecniche di taglio.
Si tratta in poche parole della generazione che ha fatto grande la sartoria Italiana dagli anni 40 (per l'appunto) fino all'uscita di scena di questi Maestri tra gli anni 80 ed i 90.
Non vi è infatti dubbio che l'epoca d'oro dell'arte sartoriale nel nostro Paese,per qualità tecnica e realizzativa e numero di botteghe e Maestri si situi tra il dopoguerra ed il penultimo decennio del XX secolo.

Cordialmente,
Carmelo Pugliatti.

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Nome: Carmelo Pugliatti
Data: 24-09-2015
Cod. di rif: 4940
E-mail: carpu65@hotmail.com
Oggetto: Esquire cllassic.
Commenti:
Ho il piacere di comunicare una notizia importante,che non mancherà di rallegrare tutti coloro che amano il Classico.
Da alcune settimane è online l'intero archivio della rivista "Esquire"; tutti i numeri dal 1933 ad oggi sono stati digitalizzati e resi disponibili.
Come coloro che frequentano il Castello sanno,la storica rivista Americana rappresenta una fonte di importanza enorme per la conoscenza del mondo dell'"homo elegans" (si parla non soltanto di abbigliamento,ma di un intero stile di vita).
Il sito è a pagamento,ma abbonarsi per un intero anno richiede una somma modesta (43 dollari) inferiore all'acquisto di una sola rivista d'alta epoca su un sito come ebay.
Naturalmente si possono scaricare le immagini;esse sono a buona ma non grandissima definizione (questo costituisce una pecca della per altro lodevole iniziativa).
Tuttavia,essendo possibile ingrandire le immagini online,con un pò di pazienza e un programma di grafica si possono catturare e salvare sezioni dei disegni o delle foto per poi ricomporle a grande formato come un puzzle (in genere per questa operazione è necessario salvare tre o quattro parti della figura per poi rimetterla insieme con paint e photoshop).
Vorrei inoltre segnalare l'interesse estremo dei numeri di "Esquire" degli anni 40.
Si tratta di un periodo scarsamente indagato dagli appassionati della rivista (Si preferisce acquistare sul mercato il magazine degli anni 30,anche perchè a causa della presenza delle splendide pin up di Vargas,i numeri degli anni 40 sono spesso più costosi).
Il sito consente di visionare le pagine di quel decennio,che per raffinatezza dei fashion sketchs e ricchezza delle soluzioni proposte (spesso sorprendentemente in linea con il gusto attuale) costituisce un autentica miniera per chi si interessi di eleganza maschile.
Ecco il link del sito "Esquire classic":

http://classic.esquire.com/

Mi auguro che anche "Vanity Fair" venga presto digitalizzato rendendo così possibile la fruizione di rubriche come "For the well dressed man" e "Letters from London",che per gli anni 20 sono quello che "Esquire" sarà dagli anni 30 in poi.

Cordialmente,

Carmelo Pugliatti.

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