L'abito
che indossiamo non si limita a ripararci dal freddo o a soddisfare
l'elementare necessità del pudore. Esso più che coprirci
ci disvela. Più che nasconderci parla di noi.
L'Abbigliamento
è un linguaggio, evoluto e complesso, che possiamo gestire
a nostro vantaggio, trovando nel suo arcano frasario il Piacere di
esprimere pienamente noi stessi. Come accade per le forme "maggiori"
di comunicazione, nel silenzioso avvicendarsi di generazioni ed esigenze
la storia e l'uso hanno creato delle regole. La padronanza di tali
norme ci permette di cogliere nell'apparente rigidità degli
schemi lo spazio di libertà, e di essere veramente arbitri
del nostro Stile. Oggi si tende a pensare che le regole del vestire
tendano a formare un'immagine eccessivamente rigida e che siano una
limitazione all'espressione individuale. Di conseguenza le parole
d'ordine sono diventate: dissacrare e sdrammatizzare. A nostro avviso
questo atteggiamento è troppo semplicistico, e nasconde sotto
un'apparenza liberatrice due pericolosi errori.
Consideriamo
- ci si perdoni l'esempio un po' ardito - un artista come Dante. Egli
non solo non si sentì limitato dalle regole della metrica,
ma anzi volle imporsi, oltre allo schema dell'endecasillabo, anche il cilicio
delle terzine concatenate. Questo non gli impedì di consegnarci
una poesia tra le più alte che l'umanità abbia conosciuto.
Non bisogna quindi temere il paradigma, quanto la mancanza di cose
da dire. Ricordiamo che il linguaggio dell'Abbigliamento parla di
noi con o senza l'intervento di una volontaria determinazione. Chi
ha qualcosa da esprimere, troverà nei suoi aurei dogmi una
spinta piuttosto che un limite, un metodo più che un impedimento.
Il taglio di un diamante rimpicciolisce la pietra, la mette a rischio
di rotture, ma solo la sua precisione ci rivela la luce che la natura
voleva darle. Si tratta di una questione di stile e di proporzioni,
dove ogni minimo particolare può avere la sua rilevanza espressiva.
Il "dissacratore" trova comodo esibirsi con il rozzo stridio
di una cravatta sgargiante o di un capo firmato. Tamburi nella foresta.
Consapevole maestro di un'orchestra ben più complessa, l'Uomo
Elegante rivela ai suoi pari la propria classe nella giusta misura
di un risvolto o nella compostezza di un polsino.
In secondo luogo riteniamo che di nulla l'Uomo abbia meno bisogno
che di essere sdrammatizzato e dissacrato. Tutto quanto esso ha creato
di grande e duraturo è stato infatti prodotto in nome del sentimento,
e quindi del dramma, ovvero della fede in un ideale, e cioè
nutrendo il senso - laico o religioso - del sacro.
Colui
che sottovaluta o trascura tali principi si troverà inevitabilmente
ad incorrere nei vizi e nella patologia di ogni linguaggio: la banalità,
l'imprecisione, la volgarità e giù giù sino al
blasfemo. Al contrario, chi giunge a dominare pienamente questa nobile
materia, potrà accedere ai più alti traguardi dello
stile: la correttezza, l'eloquenza e finanche, ci sia consentito dirlo,
la Poesia.
Poiché
Vestire non meno di Parlare, Scrivere o Dipingere, è insieme
tecnica ed arte, i risultati individuali dipendono da un duplice ordine
di fattori: da un lato la disposizione personale, che è innata
e che ciascuno può avvertire o meno dentro di se, dall'altro
la tecnica, la scienza, la conoscenza della grammatica, della sintassi,
dei materiali e dell'opera dei Grandi che l'hanno preceduto e ispirato.
A
coloro che si sentono chiamati alla grande e quotidiana sfida dell'Eleganza,
intendiamo dedicare questa Porta. Essa vuole introdurre alla conoscenza
dei tessuti e dei materiali, delle occasioni e delle loro regole più
sottili, dei capi e degli accessori. In definitiva di ogni cosa si
indossi e del perché e come essa possa o debba essere indossata.
Non si
veste o si vive con sole giacche e cravatte. La Porta dell'Abbigliamento
offrirà a chi li richiede suggerimenti per ogni occasione e
cercherà di rispondere ad ogni singola richiesta ed esigenza.
Nello spazio dedicato alla corrispondenza sarà gradito ogni
suggerimento, così come cercheremo di rispondere ad ogni domanda,
il tutto nel rispetto di quell'unitario indirizzo estetico che consideriamo
come Buon Gusto.
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